Il “Festival D’Annunziano” e il problema della politica culturale.

A cura di: Antonio Zimarino

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L'amministrazione cittadina di Pescara concentra risorse cospicue economiche e mediatiche, in tempi che vengono detti “di crisi” per la promozione culturale, per un progetto che certamente ha delle sue valenze culturali importanti.

Fuori da polemiche “destra/sinistra” bianco/nero fascista/comunista, (queste sono riduzioni sciocche che servono alle polemiche e le polemiche servono ad alzare polveroni, non a capire le ragioni) proviamo a ragionare su cosa sia o cosa possa essere una “politica culturale” che possa essere fondata su una etica effettivamente “culturale” e possibilmente non ideologica.

Altra premessa necessaria è che l’atteggiamento che andrò a descrivere non è specifico di un area politica, ma di una idea, a mio giudizio limitata di che cosa significhi “promuovere cultura” che appartiene ai comportamenti negativi del “potere” verde, nero, giallo o rosso che sia.

Iniziamo “utopicamente” il nostro ragionamento provando a ridare un senso alle parole che usiamo. Le distorsioni del presente sono date dall’uso scriteriato delle parole: credo che gli intellettuali non siano degli illusi perché semplicemente sono quelli che danno alle parole il senso che gli spetta e non si piegano al loro uso soggettivamente conveniente. Non sono gli intellettuali gli illusi, ma l’esatto contrario: irreali sono coloro che non danno il senso proprio alle cose che dicono, ma lo mistificano in nome della necessità contingente. La mistificazione crea l’indeterminazione di significati e comportamenti, il che è quanto di più instabile e illusorio possiamo fare nella realtà quotidiana. La soggettività utilitaristica crea l’illusorietà di scelte e comportamenti.

Realizzare una proposta culturale è senza dubbio un compito di una Amministrazione, ma nel termine “amministrare” è implicata l’idea di gestire risorse, (e quindi avere il potere di realizzare proposte e scelte) che nel caso specifico appartengono alla collettività che mi ha dato il mandato politico di gestirle per mio conto: “amministrare implica dunque un ruolo di “servizio” cioè, di valutazione e discerimento delle proposte che ci sono su di un territorio che sono chiamato a gestire.

L’idea progettuale e il processo di realizzazione di questo Festival d’Annunziano, ci pone di fronte a molte considerazioni ripeto, non di tipo politico ma esprime una modalità di come il “potere” pensa se stesso rispetto alla realtà delle cose.

Ci troviamo invece di fronte ad una operazione chiaramente soggettiva dell’Amministrazione che esprimendo la sua volontà decisionale e l’impegno economico e mediatico totale su un progetto, automaticamente esclude la pluralità e la possibilità di lasciar esprimere altre proposte artistiche e creative non meno importanti anzi, probabilmente più interessanti in chiave propositiva piuttosto che celebrativa, appunto perché concentra i propri sforzi economici su un determinato e circoscritto progetto. Circoscritto nella sua area di rifermiento non ovviamente nell’offerta del programma, piuttosto vario.

Che l’operazione sia soggettiva non penso sia contestabile così come non è contestabile che un’Amministrazione faccia le sue scelte: è vero che D’Annunzio è nato a Pescara, che la figura ha un certo appeal spettacolare, che consente la costruzione di un progetto efficace, ma scegliere questa figura (utile in funzione del marketing) era una delle possibilità tra le infinite che l’identità culturale del territorio offriva, alcune delle quali storicamente più attuali rispetto a ciò che pure d’importante ha rappresentato D’Annunzio più di un secolo fa. D’Annunzio è per altro un personaggio già ampiamente sfruttato ai fini di marketing da altre realtà espositive che possono vantare un rapporto più stretto (storicamente parlando, in termini di cimeli e documentazione) con lo scrittore: l’operazione si collaca dunque nella linea di una riappropriazione che appare lecita ma forzata rispetto alle scelte che lo stesso personaggio D’Annunzio mostrò in vita.

L’Amministrazione indirizza le risorse economiche e comunicative su una specifica operazione che può essere detta sostanzialmente “ideologica” in quanto fondata su una idea ritenuta importante ma che appare evidentemente collocata non nell’attuale identità culturale del territorio: essa non è infatti frutto di una analisi di ciò che realmente c’è ma esprime ciò che gli attuali gestori del “potere”ritengono debba esserci. Del resto così hanno tendenzialmente fatto gli amministratori precedenti: l’ideologismo e la soggettività sono dunque vizi del potere in sé non delle parti che a turno lo gestiscono. L’attuale amministrazione non fa che esprimere questa stessa logica con più chiarezza e coerenza.

E chiaro che ciò che dico non nega che il festival d’annunziano sia un “progetto culturale” per il territorio (anche perché si serve anche di realtà associative che operano sul territorio che già hanno lavorato in questa direzione) ma quello che mi interessa focalizzare è che idea di cultura esprima questo tipo di approccio.

Concentrare grosse risorse su un’unica progettualità ritenuta soggettivamente necessaria, significa implicitamente, indirizzare il senso della cultura stessa, intervenire su di essa orientandola, imponendo una identificazione d’immagine su una realtà territoriale che può esprimere “sua sponte” orizzonti d’attualità decisamente differenti o comunque, molteplici.

La scelta soggettiva d’indirizzo dunque non fa altro che “negare” la realtà di ciò che la cultura costruisce nella complessa elaborazione del presente.

Le operazioni “verticistiche” legate al potere gestionale ed economico, escludono implicitamente la possibilità che altre forme si esprimano: si rischia quindi di non cogliere ciò che l’identità e la ricerca culturale esprime nella realtà, ma di indirizzare ciò che si vuole che essa esprima. Si perde cioè l’identità di “amministratori” per dare alla cultura e all’identità della propria azione amministrativa, una struttura ideologica, sorretta dal controllo del potere economico.

Credo che invece una politica effettivamente culturale non sia fare ciò che io voglio e ciò che io posso, o ritenere che ciò che io dico sia necessario da realizzare in quanto per me assolutamente importante, ma piuttosto sia osservare cosa io sono e cosa la realtà mi esprime e provare a valorizzare secondo una mia scelta scaturita dal discernimento della realtà, quello che appare sensato e utile alla costruzione dell’identità nel presente, aiutandosi anche attraverso coordinate di identità storica.

Il “progetto d’annunzio” è chiaramente teso ad re – identificare la cultura locale con ciò che D’Annunzio è, è stato e rappresenta nella cultura italiana. Insomma è una proposta di sostanziale “retroazione” fondata su una figura controversa, nel senso che tutta la struttura dell’operazione immagine che d’Annunzio ha realizzato su di sé, è esplicitamente controversa nel panorama stesso della cultura irrazionalista che lui ha espresso.

Diciamo allora che questa scelta dell’Amministrazione condanna “al passato” (così come altre amministrazioni ci hanno condannato ad altre soggettività) proponendoci stavolta un modello comportamentale, artistico e spettacolare, in definitiva una sensibilità artistica, datata ai primi del Novecento, certamente interessante storicamente parlando e anche di facile approccio (ciò che irrazionale e soggettivo si svincola spesso (e piacevolmente) dalle pastoie dell’analisi e del ragionamento consapevole, responsabile e motivato).

Il problema sta nel fatto di impedire concretamente, per via della concentrazione delle risorse e il conseguente coinvolgimento di diverse associazioni all’unica finalità progettuale che l’Amministrazione intende sostenere, che ci sia una ricerca libera e che la cultura la si costruisca nella difficile arte del vivere nella ricerca di senso quotidiano.

Possiamo prendere atto così di che idea di cultura abbia il “potere”, qualsiasi colore o ideologia lo indirizzi: e potremmo allora cominciare ad interessarci di che cosa effettivamente sia “cultura” e quali orizzonti di libertà di relazione essa implichi nella sua definizione.


Theorèin - Luglio 2010