BAGNASCO E L’INTOLLERANZA ANTICRISTIANA
Una minaccia per la libertà dell’uomo

A cura di: Vito Sibilio

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Nella cultura laica contemporanea, irenistica, tollerante, indifferente, spesso apatica e distratta, c’è spazio ancora per l’intolleranza, spinta sino alla persecuzione fisica, alla censura delle coscienze, al processo all’intenzione? Sembrerebbe di sì, dati alcuni avvenimenti recenti – peraltro assai diversi tra loro – che negli ultimi giorni hanno avuto come protagonista passivo il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, l’arcivescovo di Genova mons.Angelo Bagnasco.

Il primo è il tentativo di inserire, nella risoluzione del Parlamento europeo contro le discriminazioni agli omosessuali, un passaggio censorio nei confronti del presule genovese, sventato in extremis, e caldeggiato fino all’ultimo da tre europarlamentari italiani – Vittorio Agnoletto e Giusto Catania di RC e la verde Monica Frassoni – i quali sono stati certo fedeli all’italica tradizione plurisecolare di chiamare gli stranieri in aiuto contro i propri connazionali avversari politici, anche se questa volta invano. E tuttavia il loro gesto è un’autentica minaccia della libertà di coscienza, di pensiero e di religione. L’idea che un presule, nell’esercizio delle proprie funzioni, debba essere censurato, peraltro da un’istituzione statale, perché ha ribadito un insegnamento plurimillenario – ossia che il concubinato e l’omosessualità sono un peccato – e ha esortato i credenti ad agire perché non favoriscano una legislazione che addirittura tuteli tali peccati, è obiettivamente un’assurdità. E non solo perché chi scrive, essendo cattolico, condivide in pieno l’insegnamento episcopale, ma anche perché esso, per la sua natura religiosa, non può essere oggetto di censura, se non in contrasto con lo spirito di quella democrazia liberale che è alla base della stessa comunità europea. Non si tratta di condividere o meno ciò che insegna la Chiesa Cattolica, ma di (ri)porre un principio sacrosanto: la valutazione morale di uomini e cose è, nei singoli e nei gruppi, assolutamente libera, e altrettanto libera ne è la diffusione e la testimonianza. Censurare un prete perché insegna la sua dottrina è profondamente illiberale, se non ipocrita in un continente in cui, per viltà o per overdose di pensiero debole, per esempio molti ulema professano alla luce del sole l’idea che un uomo vale quattro donne, senza subire alcuna sanzione e dando un esempio che viene poi tradotto in pratica. L’implicito messaggio della censura abortita – e cioè che i cittadini cattolici siano, potenzialmente, inadeguati alle cariche pubbliche per incompatibilità tra la loro fedeltà costituzionale e la loro professione di fede – estende fino all’inverosimile l’ambito della reprimenda di cui i tre eurodeputati si sentono autorizzati interpreti, investendo non solo chi si riconosce nelle parole della Chiesa, ma chiunque si ritrovi nel verbo di qualunque religione o ideologia o visione del mondo, i cui parametri non corrispondano a quelli del pensiero unico. Esso, modellato sul sentire comune – o presunto tale – trasforma la maggioranza d’opinione in fonte e criterio di verità, e porta le istituzioni politiche ad occuparsi di una sfera, quella della coscienza, che non può mai essere di sua competenza, a meno che essa non si esteriorizzi di atti che nuocciano fisicamente ad altri individui. Tale unanimismo altro non è che una base di massa di un nuovo tipo di totalitarismo: quello che ti dice qual è il bene e il male, modificando in partenza il senso morale di ognuno. E’ una forma nuova, inedita di quel totalitarismo di massa denunciato da Hannah Arendt, in cui, al posto delle forme obsolete del dispotismo di un solo leader o partito politico, c’è un Moloch ingannevole e sfuggente, che s’incarna nel pregiudizio diffuso e che confonde se stesso con la verità, arruolando questo concetto, eminentemente metafisico e quindi afferente alle libertà dell’uomo, sotto le bandiere della democrazia politica, ossia di una concezione dei rapporti esteriori tra gli uomini. Forse se i tre europarlamentari conoscessero e soprattutto condividessero il pensiero della Arendt, saprebbero bene che la critica e la partecipazione alla convivenza umana, specie attraverso la libertà di giudizio e la difformità di esso, è l’anima stessa della democrazia. Ma sarebbe bastato ricordare i classici Voltaire ed Hegel per capire l’odiosità del gesto che hanno tentato di compiere. Lo ritengo totalitario e quindi persecutorio per noi cattolici, e potenzialmente per chiunque, un domani, voglia opporre la sua valutazione, in materia sessuale e non solo, al pensiero dominante. Né mi stupisce di vedere arrivare questa censura dall’estrema sinistra, materialista, atea, da sempre accanita nel perseguitare, almeno moralmente, i seguaci di qualsiasi fede, e che quindi è priva di qualunque legittimità culturale nel suo sforzo di difendere – essa che ovunque ha governato l’ha sovvertita – la base morale della democrazia.

Vale la pena infuriarsi e sentirsi minacciati per una risoluzione mancata? Certo, se il suo succo è stato, surrettiziamente e ambiguamente, fatto filtrare lo stesso nell’impianto della mozione approvata. Con 325 voti favorevoli (socialisti, comunisti, ecologisti, liberali), 124 contrari e 150 astenuti, il Parlamento di Bruxelles ha approvato un testo che, tra le altre cose condanna “i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali”. Mi domando: cosa vuol dire discriminatorio, specie riferito ad un commento, peraltro di un capo religioso? Se un capo religioso dice ai suoi fedeli di non assumere, tanto per dire, un dipendente omosessuale, da un ordine discriminatorio. Ma se dice che gli omosessuali sono peccatori, o che non hanno diritto al matrimonio, e prescrive ai suoi seguaci di adoperarsi contro la legalizzazione delle loro unioni, è discriminatorio? O non è forse proprio l’esercizio di quella libertà di coscienza di gruppo che i tre europarlamentari italici volevano implicitamente limitare, facendo però nome e cognome di chi reputavano degno di censura? Peraltro, se un ordine discriminatorio in religione è censurabile dallo Stato, senza che nessuno si accorga del gravissimo vulnus che viene così inflitto al concetto stesso di autonomia della coscienza e a quello – tanto invocato a parole – della separazione tra Stato e Chiesa, ossia delle rispettive sfere di azione (per cui, con un rigurgito di cesaropapismo senza Dio, tocca alla Comunità politica guidare quella religiosa addirittura nella sfera dottrinale), cosa dire della censura ai commenti? Il commento è un parere non vincolante, che qui si vuole predeterminare, ledendo addirittura la libertà di pensiero ! Nessuno potrebbe più, in teoria, dire di considerare l’omosessualità immorale, peraltro in una società che afferma di essere agnostica in materia di morale, ma che evidentemente ancora ritiene, in subiecta materia, di essere detentrice di una verità da imporre a colpi di maggioranza. Non è qui rintracciato con certezza il germe, anzi l’organismo già sviluppato e robusto di quel totalitarismo democratico di cui ho fatto cenno? L’Europa, in profonda crisi di identità culturale e quindi in distonia con la sua anima, che rimane sempre cristiana – il concetto di diritto umano è un concetto del diritto naturale e quindi della Scolastica cristiana- arriva, in modo grottesco, a cercare di divorarsi, negando nella prassi i principi che si sforza di difendere con una casistica sempre più minuta. Sconcertante appare la doppiezza dei marxisti leninisti, che dopo aver definito l’omosessualità una devianza borghese, ora la interpretano in chiave dialettica, come luogo di conflitto tra sfruttatori – etero – e sfruttati – omosessuali appunto. A parte la follia di una simile lettura sociologica di una questione biopsichica, qualcuno vuole chiedere agli indefessi assertori dei presunti diritti degli omosessuali in Europa di spendere una parola per i veri diritti degli uomini, omosessuali compresi, che in certi Stati, presso cui costoro hanno indubbie entrature – come Cuba o il Vietnam o la Cina – vengono torturati e uccisi per le loro inclinazioni erotiche? E purtroppo questa lettura dell’orientamento sessuale in chiave di lotta di classe fa parte dell’aggiornato – si fa per dire – bagaglio culturale anche del Socialismo europeo. Ad esso certo non può essere rinfacciata la contiguità ideologica con il Castrismo, ma certo va menzionata la mistificazione sottesa ad una simile eziologia dell’omosessualità, e alle sue ricadute politiche. In quanto alla cultura liberale, ci aveva insegnato che i diritti sono dell’uomo in quanto tale, e non dell’identità di genere sessuale. Da ciò ne era derivata l’emancipazione femminile. Ma ne era derivata anche la censura dell’idea dell’omosessuale come non-uomo, in quanto l’orientamento erotico non determina l’identità di genere. Per cui l’omosessuale ha gli stessi diritti degli altri. Ed è questo sacrosanto. Ma come mai ora si è giunti a dei diritti specifici dell’omosessuale? Anche se esistesse il terzo sesso – e non esiste – non avrebbe diversi diritti dagli altri due. E tantomeno potrebbe coartare l’esercizio della libertà di pensiero altrui. Da quale aberrazione dunque il pensiero liberale ha tratto la metamorfosi della lotta dei diritti dell’uomo in imposizione della positività dell’omosessualità? Dobbiamo cedere alla deriva congiurazionista e credere all’onnipotenza della lobby omosessuale, che ha fatto dei propri gusti in camera da letto una bandiera politica, magari a suon di quattrini, per oliare gli ingranaggi giusti e farli girare in un certo modo? Dobbiamo immaginare che voglia saldare i conti con l’odiata Chiesa Cattolica, rea di conservare come Scrittura ispirata un libro del quale uno dei primi racconti è la distruzione di Sodoma per le sue pratiche sessuali? E a quanto la resa dei conti con Protestanti, Ortodossi e Ebrei? E con i musulmani, che mantengono pene corporali nella loro Scrittura contro gli omosessuali? Senza andare troppo lontani con questi provocatori interrogativi, contempliamo con sgomento l’apostasia culturale dei cristiani europei e l’indifferenza dei nostri concittadini continentali dinanzi ai diktat dell’Europarlamento in materia di coscienza! L’apice di questa restrizione della libertà di pensiero è l’uso orwelliano di un lessico arbitrario, incentrato sull’omofobia, divenuto sinonimo di tutto ciò che non corrisponde alla revanche dell’omosessualità di bandiera, ma che, etimologicamente, vuol dire “paura irrazionale dell’uguale”. Non è forse l’omosessualità, antropologicamente, la differenza per eccellenza? Non fu Jacques Derrida, pensatore gay, a parlare dell’essere come differenza? E ora, l’Europa taccia i cristiani di aver paura dell’uguale, in nome di chi ha fatto della differenza una ragione di vita! Ridateci l’omosessualità che dava scandalo e prendetevi quella borghese dei radical-chic, che aspira al matrimonio in un momento storico in cui è in crisi. Ormai è la caricatura culturale di se stessa, e vuole nasconderlo ingrigendo il mondo con la manipolazione delle opinioni.

Il secondo evento recente è il culmine delle intimidazioni al Presidente CEI, avvenuto con il gentile invio a domicilio di un bossolo, tramite lettera, nella più genuina tradizione della più italica cultura, che non è quella progressista, né la rivoluzionaria, e tantomeno quella liberale – e purtroppo neanche quella cristiana- ma la mafiosa. Si tratta di un gesto del tutto diverso da quello precedente. Peraltro, sotto certi aspetti meno insidioso. E tuttavia è più immediatamente deprecabile. Lo sdegno del mondo politico è stato – ovviamente – unanime. Tanto più che un arcivescovo morto sarebbe molto scomodo, specie per l’eterogeneo schieramento pro-DICO, che, pur essendo un’armata brancaleone, certo non vorrebbe arruolare anche dei criminali assassini. E tuttavia il fenomeno non è da sottovalutare, né da relegare in qualche trafiletto, come fa qualche giornale di partito. Anzitutto, perché il terrorismo politico è un fenomeno profondamente radicato nella fenomenologia politica italiana contemporanea, e nulla vieta che una frangia di estremisti possa nuocere ad un prelato, percepito in se stesso come un nemico, che ora esplicita la sua opposizione attraverso un magistero che ha delle ricadute politiche. Se i terroristi vogliono colpire i cervelli della reazione, come Moro, Ruffilli, Biagi ecc., nulla può loro impedire di farlo con Bagnasco, se lo considerano la mente pensante dell’offensiva clericale.

Inoltre, non va trascurato che questa violenza intimidatoria – la quale è per ragioni ovvie rivolta contro tutti quelli che sono, come l’Arcivescovo ligure, contro i DICO – è in una progressiva escalation, passando dalle scritte ingiuriose a quelle minatorie, alla loro pullulazione, al loro indirizzo allo stesso Santo Padre, fino ad arrivare a questo bossolo, non senza aver trovato dei pubblici estimatori nel popolo dei Centri Sociali. Cosa vieta il grande passo, dalla teorizzazione alla prassi della lotta armata? Assolutamente nulla, dato il clima rovente del dibattito.

E qui siamo al nocciolo del problema: in una fornace ci si brucia. Se il dibattito è forte, il confronto può scappare di mano. In teoria può esserci un estremista cristiano che decide di far fuori la Bindi o la Pollastrini. Il problema è che gli unici estremisti che sono venuti fuori sono contro Bagnasco, la Chiesa e i cattolici, e attingono da un retroterra culturale che altrove è ormai archeologia, ma che qui accende e surriscalda gli animi, mescolando volontariamente ingredienti forniti da cuochi forse sprovveduti, e qualche volta irresponsabili, se non in mala fede: l’anticlericalismo bieco e ottuso del Radicalismo, la nuova retrocessione della religione ad oppio dei popoli da parte dei Neocomunisti, l’offensiva verbale dei media sempre proni al potere, la confusione volontaria dei destini della legislatura con quelli del governo, di questi con quelli del suo programma, e del programma con la filosofia che deve muovere le parti politiche in contrasto nel Paese. Sullo sfondo, la sinistra minaccia di una limitata sovranità della coscienza individuale e della Chiesa nell’ambito suo proprio. E’ per questo che ogni persona intellettualmente onesta non può non essere solidale col Presidente CEI. Inviare un proiettile ad un solo uomo, peraltro inerme per scelta, è facile. Ma se tutti saremo compatti, sarà difficile che ognuno ne possa ricevere. Kennedy, musa ispiratrice del neo-partito democratico, ai Berlinesi oppressi dal Muro krusceviano, diceva con solidarietà: Io sono un berlinese. All’Arcivescovo oppresso dal Muro della viltà e del conformismo diciamo: Quel proiettile è anche per ognuno di noi.


Theorèin - Maggio 2007