LA TEOLOGIA CRISTIANA. APPUNTI PER UN CORSO SISTEMATICO

A cura di: Vito Sibilio
Entra nella sezione FILOSOFIA

Se vuoi comunicare con Vito Sibilio: gianvitosibilio@tiscalinet.it

PATER NOSTER
Il mistero di Dio Padre nella fede cristiana

ognuno di noi nella vita
cerca sempre un padre
(anonimo)

Il mistero di Dio Padre è il primo dei Tre grandi misteri delle Persone divine. Nella sezione precedente ho cercato al meglio di illustrare il nesso delle relazioni tra le Persone in seno alla Trinità, e le loro specificità operative. In questo contributo, con molta modestia data l’altezza dell’argomento, cercherò di dare qualche indicazione su questo ineffabile mistero, a partire da alcuni dati biblici, liturgici e teologici in genere.

IL PADRE NOSTRO: CIO’ CHE GESU’ CI DICE DI SUO PADRE

Impropriamente chiamiamo l’AT era del Padre e il NT era del Figlio, quasi che nell’AT il Padre fosse già rivelato. In realtà Dio Padre ci diviene noto solo quando Dio Figlio viene nel mondo. Un Padre non è tale se non in relazione al Figlio, e le Due Persone divine non sono esenti da questa regola. Come dice Gesù, nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Questo Padre, che è una cosa sola col Figlio, che mostra al Figlio tutto ciò che deve fare e gli fa udire cosa deve insegnare, è mostrato all’uomo dal Figlio; chi ha infatti visto il Figlio ha visto il Padre, come Gesù disse a Tommaso nei monumentali discorsi dell’Ultima Cena. Essi sono consostanziali, e il Figlio è impronta della sua sostanza e irradiazione della sua luce, per usare le espressioni di San Paolo.

L’amore, che rifulge nel Figlio, ha la sua scaturigine nel Padre. E’ il Padre infatti che invia il Figlio nel mondo per salvarlo, e accetta di sacrificarlo per gli uomini ingrati. Un padre che accetta di vedere un figlio sacrificarsi per amore di gente malvagia, appare eroico nel suo altruismo; ancor più deve colpirci il dono che il Padre fa del Figlio a ognuno di noi. Spesso il Figlio appare come la vittima immolata al Padre, quasi che l’Uno ami e l’Altro cerchi solo una vittima su cui sfogare il suo furore; ma il Figlio è la vittima del Padre, la vittima che il Padre offre alla giustizia della Trinità, che è la sua giustizia ma anche quella del Figlio e dello Spirito, per l’amore che ha per l’uomo, un amore che lo accomuna al Figlio e allo Spirito. Al Padre tocca ricevere il sacrificio del Figlio, perché è infinitamente giusto, ma è dal Padre che inizia anche il dono dell’amore redentivo, perché è Lui che chiede alle Persone a Lui consostanziali: “Chi andrà per noi?”, ed è a Lui, per obbedienza, che il Figlio dice: “Ecco, manda Me !”. Nel voler mandare Uno della Trinità a soffrire nella Carne, il Padre pone dunque un’istanza che è simultaneamente di giustizia e carità. Di giustizia, per espiare; di carità, per salvare. Non di giustizia soltanto, perché per essa sarebbe bastato dannare tutta l’umanità, ma di giustizia e amore insieme, per concedere il perdono e la salvezza meritatamente.

Dunque, come l’amore nasce, nel circuito trinitario, dal Padre, così anche quello redentivo, destinato ad esondare dalla Trinità, nasce da Lui; specularmente la giustizia, che esige il sacrificio e lo riceve, inizia dal Padre, che la comunica alle altre Persone. A Lui arriva la soddisfazione del sacrificio e Lui la comunica alle altre Due Persone.

Gesù dice cose bellissime della Prima Persona Divina. E’ Lui che la chiama Padre. Questo andrebbe ricordato dai teologi e dalle teologhe che considerano la paternità divina una elaborazione culturale o peggio una forma intellettuale di tipo sessista: il nome e la funzione di Padre sono provenienti direttamente dal mondo metafisico, dal seno della Trinità, dal quale il Figlio è uscito, per comunicarcelo. Padre non è determinazione di genere sessuale, ma funzione personale, datrice di forma, attivamente generante. Padre è termine che ricorda la funzione fontale della Prima Persona Divina, da cui tutto deriva. Un Padre il cui amore la Bibbia definisce non solo paterno, ma anche materno, e addirittura più che materno: infatti ogni maternità e paternità terrene vengono dalla Paternità Divina, senza distinzione di genere. Ed essa è più di un Uno platonico, è appunto generatrice: dà vita per amore.

A questo Padre non basta tuttavia dare la vita a suo Figlio e far procedere da Sé e da Lui il Suo Spirito. Egli è creatore di un mondo non necessario, voluto per amore gratuito, ed è Padre nostro, perché non si limita a creare il mondo, ma adotta come suoi veri figli gli uomini, redenti da Cristo, in modo altrettanto gratuito. E come ogni Padre, nel momento in cui si mostra tale, mostra a se stessi i suoi figli, che assumono la propria identità proprio in relazione a Lui: noi siamo creature di Dio, e figli di Dio Padre, fratelli di Cristo, tempio dello Spirito. La natura trinitaria dell’uomo, fatto di intelligenza, volere e amore, si eleva al soprannaturale. L’uomo è chiamato a vivere come il Padre gli insegna, per essere santo come Lui e vivere con Lui in eterno. A Lui possiamo rivolgerci non più come creature al Creatore, ma come figli: umili e confidenti, con determinata tenacia, con assoluto abbandono, con sconcertante sicurezza, grazie alle quali il nostro sguardo si fissa in Dio stesso. Dal momento che Lo chiamiamo Padre, siamo in comunione con Lui. Ma siamo in comunione tra noi, perché nessuno può dire che il Padre abbia adottato solo lui, o lui separatamente: Egli è Padre nostro, perché tutti siamo innestati in Cristo, suo unico vero Figlio. L’atto dell’adozione divina non è giuridico: è metafisico; la natura umana si riveste di quella di Cristo, spogliandosi di quella di Adamo. Per questo siamo tutti partecipi di questa adozione, anche se non tutti perseveriamo in essa, e non possiamo separarci gli uni dagli altri. Chi crede di poter essere figlio di Dio senza essere fratello dei battezzati non è generato da Dio, ma da Satana. Non è solo una disposizione alla carità, ma la consapevolezza di una mistica unione, più forte di ogni unione naturale, che ci aggrega tutti. Essa ci vincola anche quando il fratello, con una lacerazione, si stacca da noi, perché noi rimaniamo uniti a lui proprio tramite il Padre comune. Noi siamo figli del Padre perché membra vive del Corpo Mistico del Figlio, ossia del prolungamento della sua Natura Umana, a sua volta unita in una sola Persona a quella Divina, che è la stessa del Padre. Nessuna filiazione umana e terrena ha un rapporto tanto stretto con la rispettiva paternità. Noi siamo figli e più che figli, perché membra vive dell’Unico Figlio.

Questo Padre è nei Cieli; Gesù specifica proprio questo su di Lui, e nient’altro. Il Cielo è il luogo simbolico della maestà suprema e assoluta, della sublimità inarrivabile e ineffabile; il Cielo è dunque il luogo di Dio perché è la Sua condizione di grandezza altissima, di divinità piena e fontale. Il Padre nei Cieli è il Dio Altissimo dell’AT. E’ l’Essere pieno rivelato a Mosè, le cui caratteristiche la ragione ha scoperto da Parmenide in poi. Ma se il Padre è nei Cieli, anche i figli possono aspirare a raggiungerlo. Già sediamo con Lui nella gloria invisibile della grazia; poi saremo con Lui in quella visibile, oltre la vita terrena.

Al Padre nei Cieli Gesù chiede che il Suo Nome sia santificato. Il Padre appare come la fonte della santità. La santità è la stessa natura divina. Dio concede la santità, chiamando gli uomini a Se’, concedendo l’alto onore di conoscerlo, amarlo e servirlo in terra, per poi goderlo in Cielo. Il Nome del Padre, che è lo stesso mistero della Sua Persona, viene santificato dagli uomini che Lui stesso santifica: in questa domanda il Padre appare come il vero autore della giustificazione degli uomini stessi, avendo deciso di predestinarli alla salvezza, di eleggerli alla dignità della figliolanza, di chiamarli alla fede, di santificarli con la grazia, di glorificarli in cielo. Il Padre ha inviato il Redentore e riceverà gli eletti in Cielo. La Santificazione del Nome del Padre ce lo rivela quale autore della salvezza dell’uomo e, in esso, dell’elevazione del creato all’ordine soprannaturale. In tale santificazione si ricapitola infatti quella santificazione inferiore che il Padre ha deciso di ricevere creando il mondo, il cui splendore è un riflesso, sia pure inconsapevole, della luce divina. Nella Santificazione del Nome rientra anche la gloria che il Padre riceve dagli Angeli, inseriti anch’essi nella giustificazione cosmica, avendo il Padre confermato nella grazia gli spiriti fedeli, rigettando invece quelli ribelli. Il Padre è dunque il Santificatore primordiale e finale, la causa finale e primaria dell’ordine naturale e soprannaturale. Cristo è Colui Che adempie perfettamente al dovere della Santificazione del Padre Suo, divenendo causa di santificazione dei fratelli. Egli è l’unico che, come Uomo, è santo come è santo il Signore suo Dio, che è suo Padre, e che Egli stesso, nel Discorso della Montagna, ha dato come modello agli uomini. La preghiera di Gesù al Padre, sia santificato il Tuo Nome, si realizza in Lui stesso, e la nostra in Lui, quando ci uniamo alla sua intenzione.

La seconda domanda che Gesù fa al Padre, che venga il Suo Regno, ci mostra un ennesimo volto della Prima Persona Divina. Egli è il Reggitore del Cosmo, l’Autocrate – nel senso etimologico, non morale – dell’Universo, l’Artefice di ogni legge. E’ l’Onnipotente, il biblico El Shaddai. Da Lui discende la sovranità sulla terra e nel cielo, come insegna l’Apostolo Paolo. Egli mantiene le leggi di natura, fonda quelle della ragione e della morale, sanziona in esse gli inadempienti. E da Lui scaturisce l’operazione attiva che porta al compimento della salvezza: rimuovendo gli ostacoli che Egli ha permesso che insorgessero contro la Sua sovranità, il Padre realizza la Sua sovranità, trasformando le coscienze, gli uomini, il mondo stesso. Questa Sua Regalità, attiva e trasformante, si compie pienamente in Cristo. Questi è il Regno di Dio, il luogo del Suo dominio incontrastato. Laddove viene il Regno del Padre, lì viene Cristo medesimo. E il Suo Regno siamo dunque noi quando Cristo è in noi con la Grazia e soprattutto con l’Eucaristia, nella cui presenza reale si realizza ciò che insegna la Bibbia: Egli sarà il Dio-con-loro.

La terza domanda, di realizzare la Sua Volontà come in Cielo così in Terra, mostra l’assoluta efficacia della Volontà divina, che sola basta a compiere ogni cosa che sancisce. All’uomo è concesso di uniformarsi ad essa, nel precetto (che prescrive il bene), nella proibizione (che vieta il male) e nel consiglio (che esorta alla perfezione); all’uomo è dato di conoscerne l’ineffabile bellezza e bontà, per cui, uniformandosi – per grazia – ad essa, egli possa raggiungere la piena unità morale con il Padre stesso, così come avviene per i Beati, in cielo. Colui che ha perfettamente compiuto la Volontà Divina, volendo le stesse cose del Padre Suo, e Lui in esse, è sempre Gesù. Questa Volontà si compie proprio nel grande progetto di Dio, che chiama le cose all’essere dal nulla; gli uomini e gli angeli dalla vita naturale alla soprannaturale; i salvati dal peccato alla santità; i santi dalla sofferenza alla beatitudine; i morti dal loro sonno alla vita eterna.

In queste tre domande, Dio Padre è rivelato in relazione a Se stesso: Santo, Sovrano, Determinatore assoluto. Nelle quattro successive, Gesù lo rivela in relazione al mondo.

Chiedendogli di darci oggi il nostro pane quotidiano, Gesù mostra il Padre come la Provvidenza attiva e primaria, che in seno alla Trinità dà inizio e compimento agli atti con cui Dio si occupa, istante dopo istante, con amore e premura, delle sue creature. Il pane per eccellenza che il Padre dà è suo Figlio, attraverso il quale provvede al mondo, e che è nostro autentico nutrimento nell’Eucarestia.

Supplicando di rimettere a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, Gesù mostra il Padre come Colui dal quale inizia il processo di gratuito e benevolo perdono delle colpe dell’uomo, sia come singolo che come genere, storicamente e continuamente. In virtù di tale perdono, Dio Padre mette l’uomo in condizione di perdonare a sua volta. In ragione di ciò, ognuno è obbligato a perdonare, per uniformarsi al dono ricevuto e alla santità del donatore. Nel perdono reciproco, l’uomo imita la gratuità del dono divino e ama come Lui ama. Il Padre perdona l’uomo sempre in Cristo e tramite Lui, e anche noi possiamo perdonare solo grazie a Lui.

Chiedendogli di non indurci in tentazione, Gesù mostra il Padre come Colui Che ha il potere di correggere la corrotta natura umana, di sostenere l’uomo nella sua lotta per la santità, di sgominare le forze del peccato nel mondo, di imbrigliare la potenza di Satana; il Padre riduce, sconfigge e azzera la tentazione, e così rende libera l’uomo così come Lui è libero, ossia incapace di compiere il male, perché non può volerlo. Da questa frase si evince che Dio Padre è la causa prima di ogni cosa: anche la tentazione, che Dio non vuole, può avvenire solo col suo consenso, e quindi Egli può sradicarla. La vittoria sul peccato è dono del Padre, non solo conquista dell’uomo. Lo strumento della sconfitta della tentazione è Cristo Redentore, che resistette alle seduzioni di Satana nel deserto e tuttavia pagò sull’albero della Croce le colpe dei peccati in cui non fu indotto. Egli infatti seppe dominare tanto la sua natura umana, immune dalla colpa e dalla corruzione morale, da affrontare gli strazi orribili della passione e morte, realizzando quel compiuto dominio dello spirito sulla materia che è la strada da percorrere per estinguere la tentazione.

Infine Gesù chiede al Padre di liberarci dal male. Il Padre non ha voluto il male nel mondo; il creato ha dei limiti, inclusa la distruzione e la morte, ma sono parte del ciclo cosmico; all’uomo aveva risparmiato morte, sofferenza, ignoranza e passione costituendolo in uno stato primordiale di beatitudine che elevava e nobilitava la natura, togliendole anche ciò che le toccava. Il male è entrato nella vita dell’uomo ed è dilagato nel cosmo per il peccato, che non solo ha sottratto ai figli di Adamo la loro condizione beata, ma ha peggiorato lo stato base della natura umana e addirittura di tutte le cose nel cosmo. Ma tramite il Figlio Egli sconfiggerà il male definitivamente alla fine dei tempi, e già ora lo sconfigge di volta in volta, arginando, limitando, prevenendo, guarendo e sopperendo a disgrazie, malattie, catastrofi, guerre e violenze. Il massimo trionfo del Padre sul male è il miracolo, fatto per la fede dei credenti, derogando alle leggi da Lui stesso fatte, per amore dei suoi figli. Volto a sopprimere i mali morali e fisici, nella guarigione e nella conversione, il Padre mira anche a perfezionare la natura, liberandola un giorno dalla corruttibilità, ossia concedendole uno statuto ontologico più elevato, pur essendo già buono quello di cui gode, anche se meno perfetto. Il male più potente che Dio Padre deve sconfiggere è Satana. In realtà, il diavolo può fare solo ciò che Dio gli permette, e il Padre alla fine dei tempi lo rinchiuderà nell’Inferno, il luogo in cui tutti i malvagi troveranno nel male da loro fatto la propria punizione. L’ultimo nemico da annientare sarà la morte, con la Resurrezione dei corpi. Il Padre compie e compirà la sua vittoria sul male tramite il suo Cristo, che regna in mezzo ai suoi nemici e siederà alla destra del Padre fino a che essi non saranno come sgabello dei suoi piedi. Quando Gesù avrà compiuto la battaglia finale, consegnerà il regno al Padre. Quello sarà l’amen definitivo, con cui finisce ogni Padre Nostro.

LA PREGHIERA CRISTIANA: QUELLO CHE LA CHIESA CI DICE DEL PADRE

Nel suo Mistico Corpo, animato dallo Spirito Santo, Cristo parla ancora del Padre suo. Gli appellativi riservati dalla teologia al Padre sono di due tipi: quelli relativi a Lui e quelli relativi a ciò che Lui fa per l’uomo.

Attingendo al primo gruppo, possiamo anzitutto definirlo Creatore del mondo, perché, come abbiamo detto trattando della Trinità, Egli è Colui Che ha fatto il mondo, mediante il Suo Verbo e, in questo, attraverso il Suo Spirito. La Sapienza del Padre, esistente prima ancora di ogni creatura in seno alla Trinità, contiene, come Verbo, tutte le essenze, tra le quali Dio Padre, assieme a Dio Figlio, nell’unità dello Spirito, ha scelto quelle a cui ha voluto unire l’esistenza in un mondo ordinato e creato dal nulla. Infatti, sulle acque originarie aleggiava lo Spirito di Dio. Ed è ancora il Padre creatore che, nel Figlio e tramite lo Spirito, conserva nell’essere tutte le cose, e di esse si prende cura, secondo un piano razionale e misterioso, che fa sì che ognuna di esse raggiunga il suo scopo naturale per sfociare poi nel disegno di compimento ultraterreno per cui sono state fatte. Chiamiamo dunque il Padre Provvidenza ineffabile, della quale cioè nulla può dirsi in modo esaustivo, e che mai può essere sufficientemente lodata, compresa, amata. Il progetto provvidenziale nasce infatti – in senso gerarchico, non cronologico – sempre nella mente del Padre, per poi essere condiviso dalle Altre Persone, nell’unica Onniscienza, Onnipotenza e Bontà divine.

La realizzazione del disegno soprannaturale che è lo sbocco della Provvidenza verso il mondo naturale è la Redenzione, che restaura l’ordine primigenio voluto dalla Trinità mediante l’innalzamento del creato alla sfera della grazia e perturbato dal peccato. Questa volontà salvifica trova nel Padre la sua prima manifestazione. E’ Lui che ha proposto alle Altre Due Persone, e con Loro stabilito, che l’uomo fosse creato e costituito, senza alcun suo merito, in grazia, e che tale grazie ridondasse a vantaggio di tutta la creazione. Sempre Lui ha caldeggiato e voluto per primo, nell’unica Volontà di Dio, la Redenzione mediante l’Incarnazione di Uno della Trinità, perché gli uomini fossero riscattati da un Sangue divino, restaurati nella grazia, giustificati, santificati ed eletti, fino al perpetuo coronamento in Cielo. In questo piano il Padre ha contemplato la restaurazione escatologica della natura creata in un nuovo ordine non più sottoposto alla caducità, per cui il progetto primigenio, frutto di libero dono e rovinato da Satana e Adamo, fosse ricapitolato e realizzato per misericordia e perdono. Il Padre è dunque Colui Che in seno alla Trinità ha propiziato il mondo, sia in senso causativo che operativo: è il Propiziatore del mondo, ossia l’ispiratore del Redentore (il Figlio) e del Santificatore (lo Spirito). In ragione di ciò, Egli è all’origine di ogni cosa: delle relazioni divine nella dialettica eterna della Trinità; delle cose nella creazione; degli eletti nella santificazione; lo chiamiamo dunque Sorgente di ogni cosa.

La Sua funzione fontale permette di affermare anche il vincolo profondo con le Altre Due Persone Divine: il Figlio, in quanto Sapienza generata dal Padre, è la Sua Sapienza, quindi il Padre stesso, non secondo la sussistenza, ma secondo la sostanza, è appunto Sapienza Eterna, contemplata sia in seno alla Trinità (endiàthetos) che fuori di essa in relazione al mondo (proforikòs); lo Spirito Santo, in quanto Amore procedente dal Padre direttamente verso il Figlio, e tramite Lui indirettamente, per ritornarGli nell’abbraccio trinitario, è l’Amore o la Bontà sua, sempre secondo la natura e non secondo l’ipostasi, per cui il Padre stesso è Bonta Infinita, perché infinitamente amante e amata nell’immensità di Dio. Tale Bontà trabocca fuori dalla Divinità, proprio amando gratuitamente tutte le cose create senza alcun bisogno. Questo traboccare produce la Creazione e la Propiziazione come prodromo della Redenzione, ragion per cui il Padre per primo è, secondo la natura, al pari delle Altre Due Ipostasi, Infinita Misericordia. E’ infatti infinita la misericordia che conferisce l’essere al nulla, che lo conserva in esso, che lo redime una volta che, per causa deficiente – ossia per mancanza di perfezione – sprofonda nel peccato. Per tale misericordia a noi è dato di contemplare il Padre come Santissimo e Dolcissimo. Santissimo, perché fonte della triplice santità di Dio, e perché sommamente perfetto nella Sua Natura, che esige da tutte le creature lo sforzo verso la santità, che Egli poi corona; dolcissimo, perché pieno di tenerezza ineffabile per Suo Figlio, tale da far procedere un’Ipostasi tutta d’Amore, lo Spirito; perché capace di conferire l’esistenza e la vita alle cose create; perché capace di fare gli esseri intelligenti a Sua immagine; perché ne decide l’elevazione all’ordine soprannaturale; perché li fa redimere dal Suo Figlio; perché li perdona e li sostiene continuamente; perché se ne prende cura; perché li riempie del Suo appagante amore in terra e in cielo.

In ordine a ciò che il Padre fa verso noi sue creature, possiamo contemplarlo come nostro difensore, perché abbatte e ricaccia il potere del male in ogni ordine e grado, prevenendone l’assalto, depotenziandolo, ridimensionandolo e sanandone gli effetti nefasti, esattamente come ogni padre fa con i suoi figli, con la differenza che Egli lo fa con chi ha scelto di fare diventare Suoi figli, non con una prole verso cui avesse obblighi. E così ognuno può invocare per sé, sempre e comunque, l’aiuto del Padre, che è la causa di ogni soccorso, grazia e beneficio per noi. In conseguenza di ciò, e per il possesso che liberamente ha dato di Sé a ognuno e a tutti, riconciliandoci tra noi e chiamandoci alla vita immortale, il Padre è qui e lassù la nostra gioia, così com’è la nostra gloria, ora invisibile e un giorno destinata a rifulgere innanzi a tutti gli Angeli, per il lume concessoci per pura misericordia, nel perpetuo coronamento degli Eletti. Egli è infatti il Padre della Gloria, perché da Lui deriva ogni gloria: il Figlio Suo, Che è il riflesso della Sua Luce; lo Spirito, che Li onora entrambi; la Chiesa, che è innestata in Cristo; i Beati, splendenti in eterno di una felicità luminosa che non si può neanche immaginare e che nessuno avrebbe mai potuto raggiungere.

Nella contemplazione della Sua Provvidenza, del Padre possiamo dire che è ricco per tutte le creature: esse infatti primigeniamente da Lui ricevono alimento, energia e vita, senza esclusione alcuna, dal più minuscolo al più grande, dai viventi agli inanimati, dagli spiriti agli enti materiali. Il Padre celeste non esaurisce mai la ricchezza della Sua liberalità. Quando osserviamo piante e animali che vivono secondo la ricchezza delle loro forme, quando contempliamo la molteplicità degli elementi, quando esploriamo la vastità dei cieli e la innumerevole abbondanza di corpi siderali, noi abbiamo solo un pallido riflesso della ricchezza del Padre donatore e largitore benevolo, Che non chiede nulla in contraccambio, perché nulla può esserGli dato che non sia già suo. E questo provvido donatore, che si è compiaciuto di ampliare misticamente il Corpo umano del Suo Figlio in quello mistico che è la Chiesa, ne diventa la magnificenza, la magnificenza della Chiesa: Egli è Colui Che la magnifica, perché la ingrandisce, nel tempo e nello spazio, nell’eterno e nel contingente; è Colui Che ne è magnificato, perché la Chiesa Lo loda nella liturgia, Lo conosce nella Rivelazione, Lo testimonia su tutta la terra, si onora di essere formata da Suoi figli adottivi, molti dei quali pienamente santificati. Grazie alla diffusione della verità, il Padre restaura la cognizione di Sé nelle menti degli uomini e li affranca dalla schiavitù della menzogna, in particolare quella più grande, che divinizza semplici creature, sovvertendo l’ordine naturale: è dunque il capovolgimento degli idoli, il fondatore della vera Fede, il liberatore delle coscienze, il Dio glorioso che tutti vogliono e devono, una volta conosciuto, adorare, e che è causa di salvezza per i Suoi fedeli; ma è anche Colui Che chiama alla conoscenza di Sé liberando le anime dalle nubi dell’errore che offuscano, col peccato, la piena consapevolezza della Sua Verità: perciò Lo chiamiamo luce di coloro che sono nelle tenebre. Egli è la speranza dei cristiani, perché causa prima della ragione della loro speranza, in quanto primo artefice del progetto della salvezza, e fine della loro vita, oltre la quale Lo contempleranno in Cielo; perché basamento del loro sostegno in terra e in cielo; perché vero fondamento delle promesse divine, per la Sua fedeltà, e dell’efficacia della grazia, con la Sua primigenia potenza.

In quanto Primo della Trinità degli Eguali, è il Primo nell’autorità: non ve ne alcuna in terra o in cielo che da Lui non provenga, e che in Lui non trovi la ragione della sua validità e positività. Egli è la saggezza dei capi, Che guida tramite il Suo Logos, e la magnificenza dei Re e di ogni soggetto di sovranità, individuale e collettivo, la cui autorità è un pallido riflesso della Sua. Essa si esplica sul cosmo sia tramite loro che direttamente, per cui Egli solo è la vera guida degli uomini, in qualità di Creatore provvidente e Padre, e la autentica consolazione dei popoli, da Lui voluti nella loro varietà e non abbandonati alla solitudine creaturale in un mondo ostile. La Sua munificenza per la società umana si mostra in particolar modo nel dono che Egli fa di sé alla vita di famiglia: in essa è imitata la Sua paternità e fecondità, l’una e l’altra presenti, in titolo diverso, nel maschio e nella femmina. La famiglia rispecchia, nella sua molteplicità di ruoli, la ricchezza interiore di Dio come Elohim, come Essere plurale. Dio Padre direttamente, e non solo tramite i genitori, educa e dirige i figli dell’uomo, per cui è realmente la guida dei giovani, dei quali ha cura, ottemperando alla Sua paternità adottiva. In modo particolare, con una tenerezza speciale, Egli si fa carico direttamente di coloro i quali non hanno avuto i genitori, di essi è Padre solo Lui, come rifugio degli orfani, o di coloro che hanno perduto il dono della vita sponsale, quale consolazione delle vedove e dei vedovi. Ma il dono della fecondità non è solo conferito agli sposi, ma anche, nell’ordine spirituale, al sacerdozio, che genera alla vita spirituale, dà onore e conduce al Padre ed è reso partecipe della Sua stessa paternità in Cristo: perciò il Padre è la gioia dei sacerdoti.

Dispensatore generoso, il Padre mostra la Sua paternità specialmente verso i bisognosi, che predilige a tal punto, da essersi inchinato verso di loro mandando tra essi il Suo Figlio, e avendoli elevati a Sé mediante Lui: Egli infatti non salì sulla Croce, ma come il Crocifisso ebbe sete dell’umana salute, ed estingue la sua sete nella nostra povertà. Se ne abbevera per trasformarla nella Sua ricchezza. Il Padre dunque è l’aiuto dei miseri, che su nulla possono contare se non su di Lui, e che in Lui, con la fede, trovano tutto; è la letizia e la consolazione dei poveri, che accettano di arricchirsi possedendo Dio solo, e che dalla Sua mano ricevono ogni cosa, per cui sono felici nell’umana povertà di mezzi, perché sanno che riceveranno più di ogni altro ricco; è l’amico dei piccoli, perché a loro ha rivelato i segreti del Regno, e la distruzione dei superbi, a partire da Satana, i cui piani confonde, la cui potenza ottunde e la cui falsa grandezza smaschera; è la libertà degli schiavi, perché ha fatto sciogliere gli uomini dalle catene del peccato, ha proclamato di aver fatto tutti loro uguali e ha debellato nel tempo la piaga del servaggio; è il rifugio di salvezza dei disperati, perché a chi manca qualsiasi appiglio umano mai mancherà quello di un Padre Che è anche Dio, al quale è piaciuto sottrarli dal baratro dell’eterna disperazione, l’Inferno; è la consolazione degli afflitti, di cui conosce ogni pena e a cui è vicino più d’ogni altro, perché è Immenso, e perché, per alleviarne il dolore, ha mandato loro accanto i Suoi angeli, i Suoi profeti e poi Suo Figlio, per poi farli inabitare dal Suo Spirito; è il rifugio degli anziani, che non hanno più nessuna attesa terrena, ma hanno un Padre Che li attende in Cielo, e quello dei moribondi, che in Lui si affidano, per passare l’ultimo, più doloroso e solitario guado; è la saggezza dei giusti, perché a loro, come a Salomone, Egli dona la Sua stessa Sapienza, che è la causa efficiente della loro stessa giustificazione, oltre che la forma della distruzione dell’ignoranza naturale e quella causata dal peccato e dalla morte; è la vita dei morti, che risorgono nell’anima e risorgeranno nel corpo solo per il Suo volere ; è la gloria dei Santi, che Lo vedono come Egli è. Solo dunque nella Sua bontà e per la Sua potenza di Padre noi troviamo il riposo nelle tribolazioni, sia essendone liberati sia perseverando in esse. Solo nella Sua dolcezza e tenerezza, largitrice del Cristo, abbiamo speranza nella desolazione. Solo nella Sua provvida sollecitudine noi troviamo la causa e il mezzo per raggiungere un porto di salvezza nei pericoli, del corpo e dell’anima. Solo in Lui, Padre Che trionfa su ogni male, noi abbiamo pace e protezione nel denudamento, fisico e spirituale, in cui tutti incorriamo in questa vita, sino alla spoliazione suprema della morte.

IL VOLTO DEL PADRE: LA MISERICORDIA

Nella sua stupenda enciclica su Dio Padre, papa Giovanni Paolo II Lo definisce Dives in Misericordia, ricco in misericordia. La ricchezza del Padre è la Sua misericordia, per la quale Egli è ricco per tutte le creature. Essa è in un certo modo la cifra jaspersiana che interpreta l’estremo orizzonte del divino, appunto il mistero del Padre. Esso è, in seno al mistero di Dio, realmente la situazione limite, bisognosa di essere interpretata. E il Padre stesso offre la chiave per decodificare il Suo mistero fontale. Egli rivela Se stesso attraverso il Figlio, Che dice: “Chi vede Me, vede il Padre” (Gv 14,9). Ma rivelando il Padre, il Figlio rivela anche la Misericordia: essa è la causa dell’Incarnazione ed è l’essenza del messaggio messianico; l’una e l’altra sono dal Padre, Che manda il Suo Figlio nella carne, la Sua Parola vivente, per salvare il mondo. Il messaggio del Cristo infatti non è Suo, ma del Padre che l’ha mandato, e porta a compimento ciò che già nell’AT i profeti avevano detto di quella speciale potenza dell’amore divino, per cui esso prevale anche sul peccato. Ma Colui Che prevale è proprio il Padre. E Gesù lo mostra nella monumentale parabola del Figliol Prodigo – ampiamente commentata dal venerato Pontefice – tramite cui mostra come il Padre, nell’amore misericordioso, non solo dona ai miseri il cuore, ma restituisce loro la stessa dignità umana. Il trionfo della Misericordia, il mistero della Pasqua, attraverso la Croce e la Resurrezione, è proprio il cuore del disegno del Padre, la dimostrazione della straordinaria potenza del Suo amore che debella morte e peccato, il compimento del processo di riabilitazione dell’uomo mediante l’associazione alla Redenzione della funzione materna di una creatura umana, Maria, Madre della Misericordia. Da questo compimento la misericordia si stende di generazione in generazione, proprio secondo la profezia della Beata Vergine nel Magnificat. Ed è questa misericordia paterna che è causa di speranza per l’uomo in mezzo alle mostruose vicissitudini della vita e della storia. Essa infatti non potrebbe sussistere solo con la giustizia di Dio, ma il Padre proprio per questo ha offerto al mondo un’economia salvifica basata sull’amore misericordioso. Di tale economia è ministra la Chiesa, la cui missione si iscrive tutta nella misericordia del Padre, professandola, predicandola e praticandola, ma soprattutto appellandosi ad essa, per sé e per il mondo.

La misericordia di Dio, che la Bibbia indica con hesed (sostantivo maschile che indica l’amore responsabile di Dio, che è fedele a Se stesso), con rahamīm (sostantivo femminile che indica l’amore materno), con hān (clemenza, benevolenza, grazia), con ‘emet (fedeltà), con hūs (pietà e compassione) e dai verbi hānan e hāmal (aver compassione, risparmiare) – come dottamente spiegato da Papa Wojtyła – non può non trionfare. E l’azione del Padre verso il mondo è un rosario di trionfi – non a caso il rosario in Suo onore li contempla tutti – perché la Sua misericordia non può essere sconfitta: trionfa sul peccato originale, promettendo il Redentore; trionfa nella natura umana con il Fiat della Vergine all’Incarnazione nell’Annunciazione; trionfa ancora in essa dando al Figlio, come Uomo, tutta la Sua potenza, nel Getshemani, per superare la passione interiore e affrontare quella fisica compiendo il Suo volere; trionfa nella vita di ognuno nel Giudizio particolare dopo la morte, salvando l’anima o respingendola dopo averle offerto tutte le possibilità di salvezza; trionfa alla fine dei tempi col Giudizio Universale, quando la materia è pienamente redenta e spiritualizzata con la Resurrezione dei Corpi e il perpetuo coronamento degli Eletti e il giusto respingimento dei reprobi.


Theorèin - Novembre 2009