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Disegnare un occhio è una questione molto delicata.
Da pittore ho provato tante volte di dipingerlo, e ogni volta mi rendevo conto che stavo facendo un altro buco nell'acqua.
Mi sembrava sempre di cogliere qualcosa di parziale e artificiale, anche se mi avvicinavo molto allo sguardo e all'espressione della persona raffigurata o al ricordo di un certo particolare sguardo.
Non era ancora sufficiente.
Dopo molti tentativi capii quale era il problema: stavo cercando di disegnare un organo importantissimo del corpo senza tenere conto delle sue potenzialità, del suo sviluppo futuro, e delle sue peculiari facoltà.
Stavo disegnando qualcosa di convenzionale, un occhio solo come il frammento di una forma molto più estesa; dipingevo la parzialità dell'essere di quel determinato elemento.
Fu allora che mi capitò di vedere alcune immagini delle sculture di Brancusi e nello stesso periodo quelle di alcune sculture indiane.
Chi cerca qualcosa con passione comincia a vedere una linea armonica tra le forme che gli capitano davanti e dentro di queste a volte vede la parte che manca alla sua ricerca.
Così mi è sembrato di intravedere finalmente un modo e una direzione buona per cominciare a disegnare l'occhio umano in modo credibile e realistico, di un realismo ancora più concreto, umano.
Quest'organo delicatissimo, punto di contatto tra l'esterno e l'interno del corpo, può essere visto e rappresentato come forma nel tempo, per "quello che ancora non è" e in vista del suo massimo sviluppo, della sua massima realizzazione! Ad esempio può essere rappresentato come organo del ricevere, o come una deformazione plastica, o come emanazione diretta di passioni umane, o anche, molto semplicemente, come organo principale del "dare". E' questa una forma per l'occhio come emanazione spirituale, nella sua massima capacità di esternazione. Ho immaginato l'occhio come luogo fisico di una architettura della spiritualità. Disegnare l'occhio "per quello che esso diventerà", per la sua funzione futura, per il suo massimo completamento e rapporto con l'esterno, ecco quello che può fare un artista figurativo che intende rappresentarlo in modo realistico una volta per tutte. Ogni altra rappresentazione conduce irrimediabilmente alla falsità o alla parzialità, conduce all'espressione di un momento che passerà un istante dopo e cambierà forma. Disegnare l'occhio in questa luce non è facile perchè presuppone che l'artista abbia un' idea alta della sua funzione e una chiara prospettiva delle sue potenzialità e inoltre abbia anche una idea rivoluzionaria di come un organo umano si modifichi in rapporto all'esterno, in base alla sua funzione, alle sue reazioni e relazioni. Occorre una certa visione in prospettiva che vada al di là delle contingenze e deformazioni formali. Lo si dovrebbe vedere immerso in un tempo infinito, nell'atto peculiare della sua attività, che ovviamente non corrisponde alla massima attività frenetica di un movimento puramente fisico, perchè ciò ricadrebbe ancora nella deformazione; e, nel punto della sua massima espressione, carpire la forma, il suo "essere", come si direbbe in filosofia. Ai pittori basterebbe scoprirne almeno quella forma, quel determinato, unico e determinante momento che dà senso a quella determinata forma. L'occhio è il punto principale di passaggio dei sentimenti umani all'esterno. In Bacon l'occhio è deformazione plastica, ed è organo del solo ricevere; In Giacometti l'occhio viene preso con la volontà di essere "posseduto", e per questo arretra, un pò spaventato; l'occhio grande e dolce del Budda è quanto di più futuristico si possa pensare in arte, è l'occhio vicino alla sua massima espressione compiuta, da semplice organo a organo dell'anima che dà se stessa al mondo; e infine per Brancusi l'occhio è delicata e intoccabile emanazione di amore per tutto il creato scolpita come spinta plastica verso l'esterno: cosa c'è di più bello? Questo modo di rappresentare le cose non è semplicemente futuristico o futuribile, perchè si sono già fatte tante rappresentazioni arbitrarie e poco realistiche nel passato che hanno dato vita ad ibridi incerti e fantasiose mostruosità. Senza la responsabilità dell'artista di porsi coscientemente di fronte alla questione non c'è futuro delle forme ma solo deformazione. Il discorso si potrebbe ampliare anche a tutte le altre parti del corpo umano. E' affascinante, ancora oggi, cercare di capire il "che cosa è" di questa piccola meraviglia che ci permette di osservare il mondo. E magari costruire ogni parte del corpo in questa nuova ottica di senso per riuscire a vedere nuovamente il corpo, oggi che la sua immagine è abusata in tutti i campi della società ed è eccessivamente frammentata. Per ora basterebbe cominciare col vedere nuovamente un solo, piccolo, semplice e fragile occhio. |