L'OPINIONE 

A cura di: Antonio Zimarino
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Sensi Contemporanei - La materia, lo spazio, il tempo

Museo D'Arte Moderna Vittoria Colonna Pescara 5 agosto - 31 ottobre 2004

 

La mostra che si sta chiudendo in questi giorni, ospitata negli spazi dell'incredibile Museo d'arte moderna Vittoria Colonna di Pescara, (incredibile perché non c'è collezione né moderna, né antica, né contemporanea che giustifichi il nome di Museo e non c'è stata finora alcuna mostra di arte moderna) è a mio giudizio, un autentico enigma, la cui possibile spiegazione consente una riflessione amara riguardo lo stato delle politiche culturali locali.

Riguardo ciò che è esposto c'è da dire che alcune opere di qualche nome altisonante della contemporaneità italiana non mi sembrano bastevoli a giustificare una mostra (il cui ingresso è comunque a buon, se non ottimo mercato) realmente scarna tanto nella qualità di ciò che presenta che nei contenuti. E fin qui, nulla di male perché effettivamente non sembra che chi l'ha allestita avesse granchè a disposizione; ma se si va a riflettere sulla logica che l'ha realizzata, l'intera operazione risulta quanto meno imbarazzante.

Andando al di là della qualità complessiva delle opere (solo due o tre quelle significative) e degli sforzi di un curatore onesto e intelligente, ai più attenti e impegnati emergerà certamente un dubbio forte sul senso dell'operazione: secondo i suoi promotori (Ministero dei Beni Culturali, Dell'Economia (?), delle Finanze (?), la Regione Abruzzo) la mostra dovrebbe presentare in strutture solitamente decentrate (ovvero fuori dai canali dove la cultura artistica si muove e si costruisce) , alcuni esempi di ricerca artistica contemporanea presentate in passate edizioni delle Biennali di Venezia.

Questa enunciazione (anche se non letterale), se letta bene, fa apparire l'intera operazione a dir poco umiliante: 1) se una struttura è decentrata (cioè fuori dai centri) è dovuto a diversi motivi tra i quali a) Mancanza di fondi che i ministeri in questione e la Regione dovrebbero dare per realizzare una qualsiasi politica culturale; b) incapacità locale di attivare una struttura che promuova e produca occasioni di cultura, ovvero, provincialismo sostanziale nel gestire, conoscere e studiare le proprie "risorse culturali". Consideriamo anche il fatto che la scarsa qualità delle opere presuppone una sostanziale disistima del pubblico a cui le si presenta che è invece nella nostra città, estremamente evoluto (qualcuno sa che cosa è stata la realtà artistica di Pescara dalla fine degli anni Sessanta ai primi degli Ottanta ?): quali deduzioni possiamo trarne ? Lascio libero il lettore …

Realizzare iniziative del genere in particolare nei "musei" del Meridione italiano presuppone una mentalità paternalistica, pelosa e presuntuosa che invece di preoccuparsi di "far essere" ciò che il territorio è, elargisce scarti che si dovrebbero accogliere con gratitudine. Cui prodest? Ai collezionisti che hanno prestato quattro carabattole ? All'Ente Biennale ? Al pubblico ? a quelli che hanno preparato questo bello spettacolo ? Mah ! davvero non saprei. Il fatto è che l'operazione avrebbe un senso se al di là dei nomi (e questa è una deriva tipica del nazional - pubblicitario) presentasse opere credibili. Invece il tutto svela una dipendenza reale, un divario percepito soprattutto dal centralismo ministeriale (che del resto, non ha, non vuole avere, no sa, di interlocutori credibili in loco) e una dipendenza locale ad accettare queste operazioni approssimative. Questi sarebbero i modi per valorizzare i "giacimenti culturali" ?

Unica nota positiva mi sembra riscontrabile nel lavoro del curatore, che si è preoccupato di rendere intelligibili gli elementi fondamentali dell'attività artistica dei diversi autori, ma questo sforzo di schedatura e allestimento che utilità mai può avere se manca di letture, contestualizzazioni, prospettive di indagine e opere credibili ? In definitiva mi sembra una operazione più scolastica che altro.

Evidentemente la Provincia italiana merita questo. Evidentemente incapaci di capire quello che siamo, dobbiamo acculturarci su quello che gli altri dicono e propongono, anche con materiali di seconda mano. Triste, davvero ma forse è quello che ci meritiamo.


Theorèin - Ottobre 2004