L'OPINIONE 

A cura di: Antonio Zimarino
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Giacomo Sabatini – Aria Condizionata Ecoteca - Pescara

Operare negli spazi abitati e vissuti, deputati magari al ludico e al disimpegno è una impresa difficile per un’artista: il suo lavoro può scadere facilmente nell’”arredamento” o nella decorazione, oppure imporsi con violenza decontestualizzando lo spazio e invadendolo. In questo intervento in Ecoteca, Sabatini riesce a non cadere in nessuna trappola consegnandoci principalmente due interventi spaziali che sfruttano due “non luoghi” di questo interessante spazio normalmente ad altro deputato.

Il primo è collocato vicino ad un accesso secondario: vede il tendersi su un muro illuminato dall’alto di un fascio di filamenti colorati spuntati da un tubo apparentemente emergente dal muro stesso; le ombre esaltano la spazialità dell’intervento che crea una energia costante continua ma discreta. L’idea è quella di un fascio di tensione che attraversa la banalità, che attrae e comprime le ordinarie strutture architettoniche e che per questo attrae lo sguardo e permette di rendersi evidente nonostante la sua “discrezione visiva”. La tensione diventa un fatto palpabile non comprendendo visivamente se il fascio colorato abbia una direzione o una tensione reale: è aria che percorre che ha una sua mobilità visuale pur restando evidentemente immobile.

Il secondo è composto da una serie di telai rettangolari sospesi nello spazio tra il soffitto e le teste degli avventori. Osservati dai diversi punti dell’ambiente i telai creano intrecci di prospettive geometriche, incastri di segni e giochi d’effetto in relazioni con le pareti, gli scorci visuali e l’illuminazione.

Lo scheletro di un condotto di aria condizionata, indubbiamente, che condiziona uno spazio reale con uno spazio immaginario, suggerito da un disegno nell’aria: è questa possibilità interpretativa lasciata all’osservatore che “smuove” l’aria senza invaderla, che smuove l’attenzione di chi entra nell’ambiente e distoglie, forse anche per un attimo, l’attenzione di chi è li in fondo, per fare altro.

Oggi l’attività dell’artista dovrebbe saper avviare con ironia intelligenza e antiretorica, l’operazione di scavo e di apertura di spazi di senso o di riflessione divergente rispetto ad una convezionale routine di visioni, immagini, relazioni e rapporti. Lo si può fare provocando, gridando, spettacolarizzando, o con più intelligente sottigliezza, attraendo e interferendo. Sabatini sembra aver scelto questa strada con un suo linguaggio minimale, oggettuale molto attento allo spazio umano e reale dove si trova ad operare: si pone in attesa di essere colto, senza reticenze o finte modestie, ma si dà senza invadere, si offre, perchè solo la scelta di vedere provoca nell’osservatore, la richiesta alla propria sensibilità o intelligenza, di “dare senso” a ciò che ha catturato lo sguardo.

Un lavoro molto interessante, che offre pariteticamente la possibilità dell’indagine “speculativa” e il ben più difficile e sottile piacere estetico, la semplice attrattiva del piacere visuale coordinato all’intelligenza e alla sensatezza.


Theorèin - Marzo 2005