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Showrooms
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Iconografie dell’era digitale:
20–21–22 maggio 2005 Spoltore via dietro le mura 16/1 Stefano D’Ettorre - Videoproiezione
In un piccolo e bellissimo spazio espositivo una (purtroppo) breve (mostra ?) esperienza di grande intensità poetica e stilistica. Se i lavori di Appignani e le sue ambientazioni su tela e foto caricano di tensione emotiva ( e perché no) sacrale l’umanesimo di ogni tempo, martoriato come sempre dalle logiche di potere e del profitto, lo spazio condiviso da D’Ettorre e Grunert si carica invece da una aspirazione a trascenderlo. Tra le cose belle di questo piccolo gioiellino di poesia possiamo notare che innanzitutto i lavori dei tre artisti si integrano e si riuniscono visivamente e concettualmente in un solo senso, come raramente accade; in secondo luogo, l’insieme e le diverse identità testimoniano oltre la denuncia del dramma, la necessità di vedere oltre esso: in questa installazione, occuparsi delle tragedie esistenziali o sociali non è un modo per spettacolarizzare ma piuttosto un modo per scavare in esse e restituirne una percezione trascesa attraverso l’estetica. In pratica la sapienza dell’installazione complessiva, l’attenzione ai rapporti visivi e spaziali, (attentamente ricercati in particolare dagli interventi di Grunert) tra luce e spazi ha fatto diventare, nella percezione dell’osservatore, l’oggettività drammatica di ciò che è rappresentato, occasione di riflessione e interiorizzazione di un “valore contrario”: la “spiritualizzazione”. Non che gli artisti neghino il concreto, ma il loro modo di operare su di esso ci dimostra come l’agire o il pensare estetico siano in fin dei conti, una via di “sapienza”, di comprensione e di reazione alle strettezze del reale. Particolarmente efficace la sala con il raffinatissimo intervento di Grunert e la proiezione “trasversale” del video di D’Ettorre, quest’ultimo sicuramente interessante più che per “narrazione” per stile visuale. Maggiormente emotiva ma di grande semplicità e intelligenza estetica la “parete” con grandi tele e diapositive di Appignani. Solo un po’ eccessiva, giusto per trovare un appunto, l’ambientazione sonora, di uno sperimentalismo teso che secondo me distoglieva dalla rarefazione e dalla tensione poetica dell’insieme. Ad ogni modo resta un bel lavoro che secondo me, sarà comunque difficile da riproporre con questa intensità e questa suggestione in qualsiasi altro spazio, ma forse, come è, grazie all’arte contemporanea, in un diverso contesto l’insieme prenderà altre connotazioni e proporrà altre suggestioni.
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