Le metodologie di base per lo studio
della storia dell'arte e per l'attività critica
A cura di: Antonio Zimarino
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VI Lezione

L'approccio psicoanalitico

Secondo Freud, l'artista ha le capacità di sublimare i suoi scopi irrealistici in idee raggiungibili rivolgendosi al mondo della fantasia. 

Ciò è causato dai suoi fortissimi bisogni istintivi impossibili a realizzarsi nella realtà pratica: essi trovano sfogo in questo mondo sublimato. 

Con questa "capacità di sublimazione", l'artista evita per se stesso le "malattie", ma spessa si ritrova collocato in un mondo fittizio cadendo così in forme di psicosi. 

Egli tuttavia mantiene la possibilità di tornare nella realtà perché conserva la flessibilità che gli consente di alternare il distacco dal mondo dei fatti e di riprendere contatto con esso. 

Freud non esamina affatto questa capacità che l'artista ha di passare dalla realtà al mondo sublimato, che di per sè sarebbe ciò che interessa di più a capire l'opera d'arte, ma si applica a definire il rapporto che la società finisce per avere con il mondo fittizio che l'artista ha realizzato. 

Egli infatti crea un mondo di appagamenti percorribile e accettabile anche dal suo "pubblico": secondo Freud, l'umanità soffre degli stessi mali di cui l'uomo artista soffre ed è per questo che anche altri trovano capacità di "sublimazione" e "redenzione" nell'opera dell'artista. 

L'artista diventa colui in grado di esprimere i sogni vani dei non - artisti, perché è un uomo cosciente della sua sconfitta nella vita e del suo precario rapporto con la realtà. 

Tutti gli esseri umani vivono questa condizione, l'artista è colui che ne prende coscienza: sentendo la propria solitudine e quella degli altri, si consola consolando. 

L'artista, a differenza del sognatore comune, ha la capacità di rappresentare le sue fantasie: le sue illusioni diventano percepibili e reali. 

L'arte non sarebbe altro che un mezzo sostitutivo per l'appagamento egoistico; la bellezza formale diventa semplicemente il "premio allettante", l'esca che procura un assaggio di piacere. 

Il fine ultimo di questa attività non sarebbe altro che la liberazione dalle tensioni presenti nella nostra anima. 

La "forma" è quindi solo un prodotto secondario di una attività che mira ad altro; la bellezza non è l'obiettivo immediato dell'artista: ciò che veramente importa, sono i problemi della vita: la bellezza è arma, sedativo nella lotta contro la realtà. 

Il principio veramente nuovo delle idee freudiane sull'arte è quello della "sublimazione": questo processo che avviene nell'artista è semplicemente una "conversione psichica". 

Per Freud "sublimazione" ha una accezione sostanzialmente negativa. Significa: deviazione di un istinto da obiettivo diretto che non può essere ritenuto pienamente "accettabile". 

L'istinto viene trasferito nell' appagamento indiretto, socialmente incontestabile. Ciò vuol dire che la creazione artistica sarebbe una forza istintiva di carattere biologico deviata dalla sua direzione normale e che quindi nella "forma" artistica vediamo solo gli obiettivi accettabili, senza comprendere nulla del processo che l'artista ha realizzato. 

Questa teoria è assolutamente insufficiente a spiegare il "processo" per cui questo accade: come mai in alcuni esseri umani la "libido" si manifesta in modi totalmente diversi? 

Cosa induce l'artista a questa forma di sublimazione e non ad un altra? 

In realtà, la sublimazione può essere solo uno dei tanti stimoli del processo creativo ma non è l'atto creativo. Questo processo di sublimazione si realizza anche attraverso l'attività di "simbolizzazione": proprio in essa c'é il maggior aggancio possibile con l'attività artistica in quanto la stessa psicoanalisi si serve del bagaglio culturale di "simboli" evidenziato dalla stessa storia dell'arte. 

Il simbolo è una immagine "superdeterminata", la cui efficacia si fonda sulla molteplicità e sull'apparente inesauribilità dei suoi elementi di contenuto; è una forma di raffigurazione indiretta che si studia di mascherare certi tratti e di evidenziarne altri. 

Esso è suscettibile a molteplici connessioni possibili (quindi ad usi e interpretazioni aperte) sia nell'artista che nel fruitore: ciò significa che il simbolo non appartiene solo alla vita "psichica" ma anche a quella razionale ed avere in parte delle origini di cui ne l'artista, ne il fruitore sono completamente consci . 

I simboli possono derivare da fonti di cui, di quando in quando, il soggetto creativo non è cosciente, ma essi non sono creazioni dell'inconscio. 

E' insostenibile che lo scopo del simbolo consista semplicemente nel nascondere e nel velare, invece che nello spiegare e nello svelare: ogni forma d'arte che non sia un semplice scherzo o un caso di follia, si sforza di fare considerazioni valide su fatti reali. 

Ciò che in un simbolo appare confuso non è la sua idea fondamentale ma il nesso delle implicazioni che sono legate a questa idea: le vere caratteristiche della forma simbolica sono le ambiguità e le mutevoli possibilità di interpretazione, cioè i residui di un continuo variare di significato. 

Una conquista della psicoanalisi nel campo dell'arte è quella di aver spiegato che le creazioni spirituali nascondono lo sforzo di mascherare i veri moventi di un atteggiamento psichico, ma essa fraintende il significato sostanziale delle creazioni artistiche, innanzitutto perché considera le opere d'arte come "enigmi" e poi perché non considera che i simboli che tenta di interpretare non hanno significati univoci, ma sono relativi alla cultura, alle credenze e alla società che li ha elaborati. 

Non solo, ma questi simbolismi vengono tutti rimandati alla loro supposta origine sessuale, mentre invece l'arte nasce soprattutto dalla volontà di figurazione diretta, da una intenzione di propaganda mediata o immediata; oppure essa è interpretazione formale, che può avere senso simbolico, ma non è obbligata ad averlo. 

L'esagerazione che ha portato ad interpretare le opere d'arte esclusivamente attraverso simbologie sessuali, riducendo totalmente la dimensione complessa entro cui l'arte si realizza, permette di realizzare che il "senso nascosto" non deve essere necessariamente il senso proprio dell'opera d'arte. 

Tra l'altro tutta la similitudine delle forme con simbologie falliche o uterine o altro è tutta da essere provata.


Theorèin - Giugno 2003