|
|
LA TELEVISIONE E IL SISTEMA DEI VALORI 1) LA TV CONTRIBUISCE A MUTARE IL VALORE E LE OPINIONI DEL TELESPETTATORE?
E' stato constatato che chi guarda la Tv per più tempo é in genere colui che meno è disposto ad ammettere di esserne influenzato e che essa sia in grado di influenzare Alcuni intervistati sostengono che si è liberi di usare la Tv come s vuole e sono convinti che essa non sia in grado di manipolare nessuno. Concretamente, con quante e quali persone siamo in grado di comportarci così come ci comportiamo con la TV? Ad essa dedichiamo ore di assoluta passività, senza volontà ed intenzione di reagire e interagire. La pretesa di essere liberi dall'influenza della Tv è illusoria perché è illusorio porsi al di fuori dei Media, come ci suggerisce l'ipotesi dell' Agenda Setting. [3] POLITICA
Rimane il paradosso: tutti desiderano qualcosa di più autentico di ciò che il sistema televisivo propone; la posizione sembra di pieno buonsenso realistico, ma allora perché le Tv non offrono questo ? Perché l'ascoltatore si accontenta passivamente di ciò che gli viene sottoposto ? 2) QUALE SENTIMENTO SUSCITA LA POLITICA ? ( possibili più risposte )
Prevalgono sentimenti negativi: eppure, quanto spazio ha la politica nei notiziari e nei vari approfondimenti giornalistici ? E adesso, persino negli spettacoli di varietà ? Altro problema interessante è che la religione è tenuta sostanzialmente fuori dalla Tv: molti intervistati non vogliono delle trasmissioni che parlino di problematiche religiose in Tv e criticano quelle che ci sono perché ritenute poco attraenti. Secondo il sociologo S. Acquaviva "... l'influenza della Tv nella cultura italiana è stata distruttiva per i modelli sociali preesistenti. La Tv occupa uno spazio enorme, offrendo continuamente dei modelli di comportamento virtuali." La Tv, dal momento che amplifica le situazioni limite della nostra società e delle nostre relazioni sociali, in quanto mira alla "spettacolarizzazione", amplifica e diffonde la secolarizzazione e la scristianizzazione della nostra cultura. La Tv ha delle responsabilità innegabili in questo fenomeno, perché rende rilevante solo ciò che è maggiormente conveniente per la sua esistenza: ma la convenienza della sua esistenza chi ce l'ha ? Innanzitutto allo stato attuale, la televisione è parte integrante ed essenziale del processo di educazione al consumismo. Tutti quegli argomenti che non sono utili a questo scopo tendono ad essere esclusi dal sistema della "cultura" televisiva. L'aspetto "religioso" della vita è per forza di cose tenuto lontano dagli strumenti di comunicazione di massa nel momento in cui esso obbliga a considerare una "percezione ideale, etica e morale" della società in cui si vive. Il ruolo chiave di questo "media" nel sistema dei consumi è chiaramente teorizzato dalla "comunicazione d'impresa" e dalle teorie di marketing, che hanno la necessità di continuare a mantenere il nostro sistema industriale. Se la Televisione si limitasse solo ad un ruolo di "mantenimento" e di controllo dei consumi, potrebbe in qualche modo "autocontrollarsi", ma in realtà il consumismo funziona in quanto è sempre possibile un innalzamento delle capacità di consumare. Non solo, ma devono essere periodicamente immesse il più rapidamente possibile nella società, delle "nuove aspettative" che garantiscano il rinnovo periodico del consumo: le mode, le tendenze, le mentalità in realtà si seguono di stagione in stagione e sono progettate dai teorici della comunicazione d'impresa per rinnovare la richiesta di prodotti consumabili e quindi la possibilità di arricchimento ulteriore delle imprese. Questo modo di organizzare i "media" interessa in realtà a tutti coloro che hanno necessità di "piazzare prodotti" nelle esigenze interiori ed esteriori del pubblico, quindi anche a livello "politico" o più semplicemente, diffondere delle particolari visioni dominanti della realtà che aiutino a porre il Consumismo come struttura guida del vivere sociale.
se la parte più influenzabile della società è anche la più incerta nelle sue decisioni, essa sarà proprio quella più disposta al rapporto diretto con la Tv, è chiaro che essa può, politicamente, convogliare consensi.
Gli italiani vi riscontrano in genere, pochissimi valori, Estremamente critici la maggior parte dei giovani. Anche nella stessa fiction è diventato difficile distinguere cosa è bene e cosa è male: questa schematizzazione la si ritrova solo nei vecchi telefilm
Questo è un problema connaturato alla struttura stessa del meccanismo consumista che regge oggi la comunicazione.
E' una illusione che l'aumento di Pay Tv possa corrispondere ad un aumento della qualità televisiva; per capire la questione basta considerare come mai la Fininvest ad esempio non trasmetta la sua programmazione tutta in Pay Tv. Se così facesse, non potrebbe realizzare la raccolta pubblicitaria che gli consente gli investimenti perché la gente non accetterebbe di pagare altrettanti "canoni" per ogni genere televisivo che gli si propone. La Pay Tv può esistere dunque solo in parallelo con la Tv commerciale che diventa la sua promotrice. La Pay Tv non può esistere autonomamente senza avere un amplificatore che ne diffonda l'esigenza. Il problema delle Pay Tv La televisione commerciale organizza metà della sua programmazione giornaliera su cartoni animati, fiction, varietà, film in replica: ciò gli consente di investire i soldi della pubblicità, (che viene venduta a diversi prezzi nelle diverse fasce orarie oppure a "pacchetti" che prevedono passaggi in varie fasce orarie) senza fornire produzioni televisive nuove per l'utente. In questo modo si riesce a concentrare il grosso del "budget" (spese previste per la produzione di nuove trasmissioni N.d.R.) solo su alcune produzioni o sull'acquisto di film di indubitabile successo di pubblico, nelle fasce orarie di maggiore ascolto. Perché invece non destina il suo tempo delle repliche ad una programmazione culturale o sportiva ? Perché economicamente non conviene in quanto quegli orari sono di basso ascolto e non motivano i pubblicitari ad acquistare quegli spazi di pubblicità. Più comodo creare l'esigenza specifica di vedere film o manifestazioni sportive senza l'interruzione pubblicitaria (condizione per altro creata proprio dalla televisione commerciale) costringendo l'appassionato del genere specifico al pagamento di un canone. Tuttavia risulta impossibile costruire una programmazione giornaliera di una Pay Tv con tutte le trasmissioni sportive che l'utente desidererebbe: esse vengono spesso riempite da sport di scarsa tradizione e interesse in Italia che poi viene visto, soltanto perché l'utente giustifichi a se stesso di aver pagato una cifra annuale per vedere quelle tre o quattro manifestazioni sportive settimanali che realmente gli interessano. Per cui l'utente della Pay Tv paga per vedere poche cose che gli interessano realmente e si ostina ( o e costretto) a vederne altre pur di giustificarsi l'acquisto di trasmissioni che in realtà non lo interessano. La Pay tv è un'esigenza nata a causa della Tv commerciale. Secondo il curatore del sondaggio, la Tv ha distrutto ideali e valori della società preesistente, senza crearne degli altri efficaci per rapportarsi con la realtà; ha lasciato un deserto nella coscienza degli italiani. [1] (Pubblicato sul RadioCorriere TV tra l'ottobre e il novembre 1995) - Tutti i dati si riferiscono al 90 % degli intervistati, perché c'é un 10 % che dichiara di non vedere mai o quasi mai la Tv. [2] Per una esauriente trattazione del problema, si rimanda a O. CALABRESE, U. VOLLI, Telegiornali cit., 1995. [3] Rimanda a p. 8 di questo studio. Theorèin - Anno 2003 |