Per lungo tempo gli uomini sono stati ignari di economia politica, di sociologia, di psicologia; inoltre mancava ogni pubblicità di ciò che accadeva nel mondo.
Oggi al contrario, abbiamo una conoscenza ampia e precisa dell'estremo pericolo che attraversiamo, del carattere precario della società in cui viviamo.
Confrontiamo questa nostra conoscenza con i grandi sommovimenti del passato.
L'antico senso di crisi aveva una prevalente intonazione religiosa. Si attendeva una prossima fine del mondo come castigo divino.
L'uomo assisteva passivo, cosciente del suo limite, cioè quello di non poter capovolgere la direzione di un processo sociale.
Secondo Joan Huizinga questa convinzione è riassumibile nel concetto di sviluppo, che indica una necessità limitata.
Sviluppo si oppone diametralmente ai concetti di capovolgimento, di marcia a ritroso:
un ritorno all'antico quindi non può darsi, vi è solo un avanzare.
Noi possiamo giudicare il processo storico come un caso chiuso,
dove tuttavia, vi sono epoche ben distinte, contrassegnate da evidenti caratteri di crisi; tali epoche sono:
- Il passaggio dall'antichità al medioevo;
- Il passaggio dal medioevo ai tempi moderni;
- Il passaggio dal XVIII al XIX secolo;
- Le rivoluzioni degli ultimi trent'anni circa;
Tutto cambia. Nulla cambia. Entrambi questi clichè sono veri.
Una delle affermazioni più importanti della sociologia mondiale è che nella storia dell'uomo ci sono grandi spartiacque.
Uno di questi è la cosiddetta rivoluzione neolitica o agricola, l'altro è la creazione del mondo moderno.
Una volta definiti i periodi visti come fasi ascendenti e discendenti è necessario stabilire un asse come punto cardine su cui far ruotare la vita di tutti i popoli.
Quest'asse appare situato intorno al 570 a.C.
Lì si trova la più netta demarcazione della storia.
Karl Jaspers lo definisce "periodo assiale".
In Philosophie (1932) egli afferma che il senso di questa opposizione è espresso dall'accentuazione di uno dei termini che compongono l'antitesi sfida e abbandono.
L'uomo occidentale trovò il senso della propria origine nella ribellione di Prometeo e in Adamo.
L'Oriente non ha mai contrapposto l'uomo all'essere, così da generare quella serie di dualismi in cui si è espressa la metafisica occidentale.
L'uomo orientale non ha accettato la sfida, non ha promosso personaggi che sono andati oltre i propri limiti.
Sempre secondo Jaspers, la potenza raggiunta dall'Occidente consente la soppressione dell'Oriente e la nascita di un uomo
qualitativamente diverso perchè generato dalla techne e non dal logos. La conseguenza primaria, è che il cosmo diventa mondo da dominare, da assoggettare.
Eraclito da Efeso, vissuto fra il VI e V secolo a.C., è il personaggio emblematico del senso dinamico delle cose.
Egli porta a livello adeguato la tematica del "panta rei" ("tutto scorre", "tutto si muove", nulla resta immobile e fisso).
Ad Eraclito si è soliti contrapporre Parmenide, anch'egli vissuto fra il VI ed il V secolo a.C.
Il gran principio parmenideo è questo: l'essere è e non può non essere; il non essere non è, e non può in alcun modo essere.
Pensare ed essere coincidono. L'essere non ha passato perchè il passato è ciò che non è più, e neppure un futuro che non è ancora,
ma è presente eterno, senza inizio nè fine. L'essere di conseguenza è anche immutabile ed immobile.
Alla scuola eleatica quindi possiamo attribuire la rottura dell'unità del logos.
Ebbe inizio così una tendenza di pensiero, che alla fine condusse alla separazione tra spirito e materia,
e ad un dualismo che divenne caratteristico della filosofia occidentale.
Ancor oggi il pensiero, sia esso scientifico, umanistico o religioso, risente ancora fortemente delle matrici dualistiche,
e quest'atteggiamento rappresenta un nostro grande limite.
Non ci si può muovere senza che un tassello dell'intero mosaico non venga coinvolto nel movimento stesso.
Dovremmo prendere maggior coscienza che ad ogni azione corrisponde una reazione.
La costruzione di edifici in ogni luogo senza alcun limite e razionalità,
l'eccesso di popolazione e la tecnologia industriale hanno contribuito in vari modi a una grave degradazione
dell'ambiente naturale da cui noi dipendiamo per intero per la nostra vita.
La nostra salute e il nostro benessere ne risultano perciò gravemente danneggiati.
Le nostre città sono ricoperte da una coltre di smog soffocante.
Oltre che dall'inquinamento dell'aria, la nostra salute è minacciata anche dall'acqua che beviamo e dal cibo che mangiamo,
entrambi contaminati da una grande varietà di sostanze chimiche tossiche.
Al deterioramento si è accompagnato un corrispondente aumento dei problemi sanitari degli individui.
Sul versante psicologico, depressione, schizofrenia e altri disturbi psichiatrici, pare scaturiscano da un parallelo deterioramento del nostro ambiente sociale.
Ci sono numerosi segni di disgregazione, fra cui l'aumento di crimini violenti, degli incidenti e dei suicidi, l'espansione dell'alcoolismo, dell'abuso di droghe e l'abuso di farmaci.
La popolazione giovanile è quella sottoposta a maggiore esposizione.Il diffondersi dei "baby killer", soprattutto nelle aree metropolitane dei paesi più ricchi, è drammatico.
Al tempo stesso il bollettino che annuncia la perdita di giovani vite in conseguenza di incidenti stradali, soprattutto di notte e di ritorno da serate "danzanti", sembra provenire da un fronte di guerra.
Parallelamente a queste forme di patologia sociale stiamo osservando anomalie economiche.
La continua minaccia dell'inflazione, l'incubo della disoccupazione o dell'espulsione dai cicli lavorativi in età ancora giovane,
la distribuzione ingiusta del reddito e della ricchezza sono diventati caratteri strutturali della maggior parte delle economie nazionali.
Possiamo affermare che qualsiasi argomento di cui si voglia parlare ha in sè, alla sua radice, una stessa dinamica di base.
Provare a chiarire questa dinamica serve ad indicare le direzioni per un mutamento,
ciò che il fisico e filosofo Fritjof Capra chiama "inversione di marea".
Il pensiero occidentale è giunto ad un bivio: o continuare in questa corsa senza limiti con tutti i vantaggi ma anche con le drammatiche conseguenze che abbiamo visto,
oppure cercare un nuovo "paradigma", una nuova visione della realtà, un mutamento fondamentale nei nostri pensieri, percezioni e valori.
L'inizio di questo mutamento consiste nel passaggio da una concezione meccanicistica ad una olistica della realtà.
L'approccio dualistico caratterizza in larga misura il pensiero occidentale, al contrario quello olistico sembra più confacente al pensiero orientale.
Appare utile a questo punto del discorso, farvi un cenno.
Fra le varie espressioni culturali, il pensiero cinese, appare ancor oggi quello che riscuote maggior interesse da parte occidentale.
La Cina rappresenta dal punto di vista socioeconomico una meta privilegiata, grazie soprattutto alle recenti aperture,
e alla conseguente corsa agli investimenti.
Immanuel Wallerstein insegna nel dipartimento di sociologia della State University di New York a Binghampton.
E' autore del libro Il sistema mondiale dell'economia moderna edito in due volumi.
Nel primo capitolo del primo volume intitolato I presupposti medievali, cerca di analizzare e rispondere al perchè la tecnologia si sviluppò in Europa,
quando agli inizi del 1400 il livello tecnologico della Cina era superiore.
Da un lato, si adducono ragioni di tipo culturale, in quanto la cultura confuciana mostrava uno stimolo di rinnovamento minore rispetto a quella europea.
Wallerstein tuttavia riconduce l'origine dell'immobilismo ad una dimensione critica piuttosto che a una culturale.
La differenza fondamentale, fra un economia-mondo ed un impero mondo, è che nella prima forma la dialettica fra unità economica e strutturalità politica è molto dinamica.
Le parti cioè, con una serie di conflitti fra loro, si muovono in maniera più audace rispetto all'impero-mondo.
Il superiore benessere della Cina alla lunga diventa elemento frenante, mentre la maggior parcellizzazione, le tensioni interne all'Europa,
e anche la differente capacità dell'agricoltura di sostenere la popolazione,
obbligano molti stati europei ad andare a cercare risorse all'esterno dei propri confini.
Il capitalismo in Europa, nel Quattrocento, si trova a scontrarsi con un sistema feudale in crisi, abbastanza forte, ma non sufficientemente da bloccarlo.
Da questo nasce la vittoria del capitalismo.
In Cina non abbiamo invece un sistema feudale dove il potere economico, politico, si trasmette in maniera ereditaria.
Il capitalismo cinese si trova con un sistema morbido, con un sistema che non gli impone degli ostacoli ma al tempo stesso non sviluppa una capacità aggressiva,
per cui tale sistema rimane in equilibrio e ha uno sviluppo più armonico, che se da un lato evita una serie di tensioni, al tempo stesso smorzando le stesse,
dall’altro blocca la dinamicità e la possibilità di predominio.
Cina ed Europa nel modello di Wallerstein rappresentano due opposti, perciò lo studio comparativo è molto utile per capire chi era l'Europa e perché abbia avuto un ruolo superiore alla Cina,
pur avendo delle condizioni di partenza nel XVI secolo inferiori rispetto alla Cina stessa.
Nel sesto secolo a.C., i due aspetti della filosofia cinese dettero origine ad altrettante scuole filosofiche distinte, il Confucianesimo e il Taoismo.
Il primo era la filosofia dell'organizzazione sociale, del senso comune e della conoscenza pratica.
Il secondo, viceversa, s'interessava principalmente all'osservazione della natura e alla scoperta della Via, o Tao.
Queste due tendenze di pensiero rappresentano poli opposti della filosofia cinese, ma in Cina esse furono sempre considerate aspetti diversi di una sola e medesima natura umana, e pertanto complementari.
Nei secoli undicesimo e dodicesimo, la scuola neoconfuciana tentò una sintesi del Confucianesimo, del Buddhismo e del Taoismo, che culminò nella filosofia di Chu Hsi,
uno dei maggiori pensatori cinesi, il quale incorporò elementi di tutte e tre le tradizioni nella sua sintesi filosofica.
Il Confucianesimo trae il suo nome da K'ung fu-tzu, o Confucio.
I suoi insegnamenti si basavano sui cosiddetti Sei Classici.
Le sue idee personali divennero note attraverso il Lun Yu, o Analecta confuciana, una raccolta d'aforismi che fu compilata da alcuni discepoli.
Il fondatore del Taoismo fu Lao-tzu, contemporaneo più anziano di Confucio.
A lui è attribuito un breve libro di aforismi che in Cina è chiamato Lao-tzu, mentre in Occidente è noto come
Tao-te-ching.
In particolare il pensiero taoista trova la sua massima espressione nel libro degli
I Ching, o Libro dei Mutamenti, considerato il primo dei sei classici confuciani.
Pare che questo libro risalga al XII secolo a.C., benché nella sua forma attuale sia un'elaborazione di testi anche più recenti, alcuni risalenti fino al 250 a.C.
Nei secoli l'I Ching divenne un libro sacro, studiato anche nelle accademie.
Dobbiamo alla scuola di Lao-Tzu la compilazione della maggior parte dei commentari del testo.
In Occidente la fortuna dell'I Ching deve molto al sinologo tedesco Richard Wilhelm, discepolo di un maestro cinese di nome Lau Nai-Suan.
Il suo volume I King fu pubblicato nel 1924.
L'attenzione dei Cinesi non è diretta verso le cose nel loro essere, come avviene nel pensiero occidentale, bensì è rivolta al mutamento delle stesse nell'atto della loro trasformazione.
Il messaggio fondamentale dell'I Ching è rappresentato dall'eterno mutamento dell'Essere, soggetto a quella legge che regola il Tutto, al Tao.
Il carattere principale del Tao è la natura ciclica.
L'idea di configurazioni cicliche nel moto del Tao acquistò una struttura definitiva con l'introduzione delle polarità opposte yin e yang.
Il carattere dinamico dello yin e dello yang è illustrato dall'antico simbolo cinese chiamato T'ai-chi T'u, o "Diagramma della Realtà Ultima"
Questo diagramma è una disposizione simmetrica dell'oscuro yin e del luminoso yang, ma la simmetria non è statica, ma rotazionale e richiama alla mente un movimento ciclico continuo.
I due punti nel diagramma rappresentano l'idea che ogni volta che una delle due forze arriva al suo massimo, essa contiene già in se stessa il seme del suo opposto.
Per occuparci delle trasformazioni sociali correnti, si ritiene di aiuto, ricorrere al modello di dinamica culturale,
che sarà fondato in parte su idee di Arnold J. Toynbee sull’ascesa e sulla caduta di civiltà, sulla nozione tradizionale di un ritmo universale fondamentale che dà origine a modelli culturali fluttuanti,
sull’analisi di Pitirim Sorokin relativa alla fluttuazione di sistemi di valori, e sull’ideale di transizioni culturali armoniche descritto nell’I Ching.
Come alternativa principale a questo modello, che è ad esso connessa differendone sotto vari aspetti, è la concezione marxista della storia, nota come materialismo dialettico o storico.
Infatti secondo Karl Marx le radici dell’evoluzione sociale risiedono non in un mutamento di idee o di valori, ma in sviluppi economici e tecnologici.
Tuttavia anche questa visione marxista della dinamica culturale, essendo fondata sulla nozione hegeliana di un mutamento ritmico ricorrente, non differisce sotto questo aspetto dagli altri modelli citati.
Theorèin - Giugno 2002