Viviamo nel periodo più evoluto della nostra storia, ma i principali problemi che da sempre hanno investito la natura umana, sono ancor privi di soluzioni.
La nozione di crisi della civiltà ha lontane origini ed è oramai ampiamente diffusa.
Fra il Cinquecento e il Settecento da una visione organica si passa ad una visione meccanica della vita.
Come prima conseguenza si genera un dualismo fra spirito e materia.
Nell'Ottocento si perfeziona la macchina del mondo newtoniana e si va oltre con la elettrodinamica. Nel Novecento con la nascita della fisica moderna ci troviamo di nuovo di fronte a grandi mutamenti. Oggi, in piena quarta o forse quinta grande rivoluzione, quella dell'elettronica e dell'informatica, la nascita di ogni nuovo processo porta con sè già i germi di una sua messa in discussione e di un suo superamento.
Cosa comportano questi rapidi mutamenti? Riusciremo ad adattarci a queste veloci variazioni?
La prima industrializzazione ha comportato un passaggio cronologico da una dimensione biologica ad una meccanica.
A processi innovativi continui a fatto seguito un processo di adattamento graduale.
Oggi appare difficile continuare in questa direzione. Troppa è la distanza che ci separa dalle cose di cui tuttavia ci serviamo.
Il processo di adattamento odierno richiede una velocità di risposta troppo elevata in pochissimo tempo.
Nella condizione postmoderna, così come viene definita dai sociologi, la nostra situazione attuale, siamo governati sempre più dall'essere digitali.
Ci troviamo di fronte ad un nuovo passaggio irreversibile ed inarrestabile, ciò che secondo Nicholas Negroponte viene definito il "passaggio dall'atomo al bit".
I maggiori sforzi si stanno concentrando sulla comunicazione di massa. Moderni sistemi consentiranno di trasmettere e ricevere informazioni personalizzati.
Aumentando le "interconnessioni" tra individui, molti dei valori tradizionali propri dello stato-nazione, lasceranno il passo a quelli propri di comunità elettroniche.
Lo spazio fisico sarà irrilevante e il tempo giocherà un ruolo differente.
Se da una parte aumenterà in maniera esponenziale il nostro campo di scelta, dall'altra, vi sarà una selezione spietata fra coloro che sono "utenti" e coloro che ne sono "strumenti".(have; have nots)
Da una parte si diventa cittadini potenziali del cosiddetto "villaggio globale" al tempo stesso chi non riuscirà per ragioni economiche e culturali ad appropriarsi di tali strumenti, ne restà per sempre escluso, dando vita ad un "terzo mondo dell'informatizzazione".
L'impressione che se ne ricava è che ancora una volta, strumenti decisivi, saranno nelle mani di pochi.
Bisogna tuttavia fare attenzione a separare volontà politico-economiche da volontà di scoperta. Scrive a tal motivo Marshall Mc Luhan:
"Siamo troppo propensi a fare degli strumenti tecnologici i capri espiatori dei peccati di coloro che li maneggiano".
L'uomo è il protagonista principale e non la macchina, pur avendo essa conquistato un primato quasi assoluto.
Si tratta di un antico conflitto di corpi. La macchina tende a sottomettere l'uomo, omologandolo e indebolendolo, ma l'uomo è soprattutto volontà, come ci ricorda il sofista Protagora:
"L'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono e di quelle che non sono per ciò che non sono".
Questo principio dell'homo mensura è diventato la magna charta del relativismo occidentale.
Se non esiste un vero assoluto e non esistono beni assoluti, esiste tuttavia qualcosa più utile, più conveniente, e perciò più opportuno.
Il massimo desiderio umano, è quello di raggiungere l'immortalità. Se ciò non si è realizzato, è pur vero che grandi sforzi tecno-scientifici sono stati compiuti.
La tecnologia ci spinge a creare macchine sempre più simili a noi. Dunque, è la macchina artificiale, lo strumento per raggiungere l'immortalità?
La manipolazione genetica e la costruzione di organi vitali di scorta, serviranno ad evitare il logoramento delle cellule e quindi la morte? La questione si complica enormemente, tanto da innescare un problema che riflette soprattutto nella sfera etico-morale.
"Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta".
Così afferma Socrate posto davanti al tribunale che sta per condannarlo a morte. Ma per ricerca l'uomo ha bisogno di fare calma dentro e attorno a se.
Il moltiplicarsi degli stimoli, il succedersi rapidissimo degli eventi, determina in noi uno stato di permanente tensione. Una fretta nevrotica domina la nostra era. Ma al di là delle situazioni oggettive che ci opprimono, l'ansia che ci divora ha le sue radici dentro di noi. Dice Agostino:
"La pace è tranquillità dell'ordine".
Ordine, armonia. La nostra vita è in crisi, perchè ci poniamo in disaccordo con l'universo che ci circonda.
Ponendosi al di sopra delle cose, l'essere umano ha assunto un atteggiamento di antagonismo con il mondo circostante, finendo per concepire il rapportarsi con esso, in maniera conflittuale e bivalente.
All'inizio del terzo millennio, predomina ancora in Occidente, una visione dualistica della vita. Il nostro limite deriva soprattutto da questa predisposizione estremizzante nel rapportarci con l'esterno.
Questa tendenza investe in primo luogo la sfera dei valori culturali, ponendoci in una posizione rigidamente conservatrice, tanto da indurre, in maniera paradossale, a considerare la nostra società come statica.
Secondo lo storico inglese Arnold J.Toynbee la genesi di una civiltà, consiste in una transizione da una condizione statica a una dinamica.
Il sociologo Pitirim Sorokin ha interpretato la storia occidentale come fondata sulla crescita e sul declino periodici di alcuni sistemi di valori, considerati alla base delle culture.
E' opportuno affrontare il tema delle fluttuazioni, perchè ci permette di tracciare un percorso attraverso il quale, possiamo comprendere meglio, l'attuale rivoluzione che stiamo vivendo, e cioè quella legata ad Internet.
Ciò che muta in una trasformazione, è l'oggetto del contendere, ma non il contenuto rappresentativo di esso. Poichè la rivoluzione attualmente in corso, ha una dimensione mondiale, in quanto la "rete" non conosce alcuna sorta di confine, è utile mettere a confronto le dinamiche dell'Occidente con quelle dell'Oriente.
Utilizzeremo a tal proposito, le analisi effettuate da Sorokin da una parte, e il pensiero cinese espresso attraverso il grande libro dei mutamenti dell'I Ching, dall'altro.
Nella parte conclusiva si parlerà brevemente di logica fuzzy il cui compito è quello di inserirsi in un sistema binario, frapponendo fra le due condizioni ammesse da questa logica tradizionale, numerose posizioni intermedie.
Descartes non riuscì ad andare oltre la visione binaria, quando aveva osservato il pezzo di cera mutare di forma e sostanza, così il pensiero Occidentale è rimasto per sempre legato ad una concezione binaria, all'alternarsi di un asserto vero ed uno falso e viceversa, ciò che in logica viene tradotto in cambio di stato da 0 a 1 o viceversa.
Il fuzzy pensiero ci fornisce lo strumento per superare questo limite.
Ci immettiamo così sulla strada del "grigio" o "chiaroscuro", mentre assistiamo al passaggio dall'"atomo al bit".
Theorèin - Aprile 2002