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 IXX Lezione

Un ritorno a modi educativi cinico-stoici lo possiamo trovare in frà Tommaso Campanella il quale nel 1602 scrive la Città del sole

Ci troviamo nell'Italia meridionale posta sotto il dominio spagnolo.

In Campanella troviamo concetti opposti rispetto a Moro. Egli diventa fustigatore dell’aristocrazia.

Campanella darà un paradigma al riguardo dell’educazione dei bambini che è tipicamente spartano:

"S'allevan tutti in tutte le arti. Dopo li tre anni li fanciulli imparano la lingua e l’alfabeto nelle mura, ( le mura servono a difesa nei confronti dei nemici - scienza finalizzata a qualcosa di fisico Ndr) camminando in quattro schiere; e quattro vecchi li guidano ed insegnano, e poi li fan giocare e correre, per rinforzarli, (anche il gioco è finalizzato al rafforzamento Ndr) e sempre scalzi e scapigli, fin alli sette anni, e li conducono nell'officine dell'arti, cositori, pittori, orefici, ecc.; (tutte manuali Ndr) e mirano l'inclinazione [...] Ed in campagna, nei lavori e nella pastura delle bestie pur vanno ad imparare; e quello è tenuto di più gran nobiltà, che più arti impara, e meglio le fa. (il più nobile è colui che sa fare di più; nobili non si nasce Ndr) Onde si ridono di noi che gli artefici appellamo ignobili, e diciamo nobili quelli, che null'arte imparano e stanno oziosi e tengono in ozio e lascivia tanti servitori con roina della repubblica".

In Campanella traspare lo stoicismo più accentrato. Vi sono cinque, otto o dieci capitani di tattica e strategia che comandano questi ragazzi ad abituarsi come dei lupi al sangue. E’ prevista una donna come conforto per il guerriero; dopo la battaglia le donne li abbracciano, li accarezzano e li servono, e loro continuano a mostrare le loro forze; chi sale per primo le mura ha una corona di gramigna (erba vile che comunque viene data a pochi) con applausi militari da donne e fanciulli. Questa di Campanella è aristocrazia pura.

Accanto a queste prese di posizione sale l’atteggiamento critico nei confronti di essa.

Siamo in Francia nel 1632 e Jean de La Bruyère nell’opera Les Caratteres scrive:  "Lo stoicismo è un gioco d'intelligenza e una costruzione mentale simile alla Repubblica di Platone. Gli stoici hanno finto che si potesse ridere della povertà; essere insensibili alle ingiurie, all'ingratitudine, alla perdita sia di beni sia di parenti e di amici; riguardare freddamente la morte come cosa indifferente che non dovrebbe nè rallegrare nè rattristare; non lasciarsi vincere nè dal piacere nè dal dolore; sentire il ferro o il fuoco in qualche parte del corpo senza emettere il minimo sospiro nè versare una sola lacrima; e questo fantasma virtuoso e costante, costruito con l'immaginazione, è piaciuto loro chiamarlo saggio. (Dunque il sapiente stoico per La Bruyère è inesistente e negativo Ndr). Hanno lasciato all’uomo tutti i difetti che in lui hanno trovato e non quasi affatto migliroato alcuna delle sue debolezze. Invece di fare dei suoi vizi una pittura orribile e ridicola, che servisse a correggernelo, gli hanno tracciato l'ideale di una perfezione e di un eroismo di cui egli non è capace e l'hanno esortato all'impossibile". 

Lo stoicismo è bollato per i secoli successivi come una ideologia vacua, che non migliora gli uomini, ma li mortifica.


Theorèin - Dicembre 2003