Nasce l’Illuminismo borghese. Dall’Inghilterra vengono alla ribalta filosofi come Hume e Locke.
Blaise Pascal diventa uno dei più grandi pensatori religiosi della modernità. Siamo nel 1680 ed il suo pensiero diventa decisivo perché c’è in lui quel connubio fra fede e matematica. C’è una presa di posizione radicale contro la modernità e contro la montante valoristica
borghese; con una riedizione secca di certi aspetti dello stoicismo; (seppur
tenuto a debita distanza perché filosofia pagana) ma c’è anche una riproposizione della posizione platonica. C’è il rifiuto di tutto
ciò che si sarebbe chiamato edonismo della modernità. Il piacere è visto come totalmente
negativo; supera le radici dalle quali proviene; se deriva dal platonismo, supera per certi aspetti il platonismo stesso; se deriva dallo stoicismo, non ripropone modelli stoici, ma li supera a sua volta.
Per Platone l’anima è qualcosa che si contamina nel corpo, ma che nasce prima del corpo, ed è pura; cioè è un pezzo della verità del mondo delle idee. Quale che sia l’anima per Platone, (ragione, mente, intelletto) essa è pura; solo dopo che si contamina col corpo che in qualche modo
si crea il presupposto di una sua decadenza.
Questo elemento per Pascal è superato in questo senso: la visione negativa del corpo coinvolge la stessa anima, perché interviene l’idea del peccato originale. Quindi la partenza di Pascal è totalizzante: tutto l’uomo è inquinato, anche l’anima è inquinata.
Ma subentra un altro mito di origine diversa rispetto a quello greco: il mito semita e cristiano del Dio che si fa uomo e prende il corpo. Attraverso questo elemento l’uomo può riscattarsi. Quindi i due elementi che lo differenzia dal platonismo sono il concetto di anima inquinata pari al corpo, e l’idea del Dio fatto uomo che riscatta l’uomo stesso.
Pascal lascia una serie di pensieri più o meno sparsi che vengono editi in vario modo, con vari criteri. Per noi comunque la sua opera è costituita dai Frammentes (Pensieri). Riportiamo il pensiero 45-83 in cui si legge: "L’uomo è solo un essere pieno di errore naturale e incancellabile senza la grazia. Niente gli indica la verità. Tutto lo inganna. Questi due principi di verità, la ragione e i sensi, oltre a mancare ciascuno di sincerità, si ingannano reciprocamente l’un l’altro; i sensi ingannano la ragione con false apparenze. E questo stesso inganno che recano all’anima, lo ricevono di ritorno da lei; essa si prende le rivincite. Le passioni dell’anima turbano i sensi e provocano le loro false impressioni. Mentono e si ingannano a gara...". Riscontriamo in questo passo una visione totalmente negativa. Se nel Socrate del Fedone platonico erano solo i sensi corporei ad ingannare l’anima, che restava pur sempre un intatto frammento della trascendente verità, in Pascal, invece, anche quest’anima è nelle condizioni d’ingannare i sensi. A questo punto, diventa come per Agostino fondamentale, il Dio che si fa
uomo; con questa condizione automaticamente c’è il riscatto del corpo.
Questo non viene abbattuto o annullato attraverso digiuni o cilici, ma viene
sottoposto prima di tutto su se stesso, a prove anche sanguinose per irrobustirlo e non per annichinirlo.
Pascal è un rivalutatore della visione del corpo robusto. Rafforzarsi per combattere il nemico, ossia il peccato, e tutte quelle che forze che minacciano l’itinerario della mente a Dio, e l’itinerario del corpo stesso a Dio.
Si impone per Pascal la distinzione fra corpo cristiano e corpo stoico. In un passo risponde così ai suoi obiettori: "Le morti generose dei Lacedemoni e di altri non ci toccano affatto, poiché cosa ci arreca tutto ciò? Ma l’esempio della morte dei martiri ci tocca poiché sono membra nostre. Abbiamo un legame comune con loro. La loro risoluzione può formare la nostra, non soltanto con l’esempio, ma perché forse ha meritato la nostra. Non vi è nulla di ciò negli esempi dei pagani. Non abbiamo alcun legame con loro". Pascal vuole dunque resuscitare un corpo stoico che si addolora per resistere a dolori più forti.
Gli avversari obiettano che tanto valeva la pena ricorrere agli stoici senza tirare in ballo il cristianesimo; Pascal risponde che mentre per gli stoici si trattava esclusivamente di dare degli esempi ai posteri, per noi, in forza dell’elemento del Dio che si fa uomo, il martire cristiano che muore e che si irrobustisce, siamo noi, perché c’è una comunione oltre che di anime anche di carne.
Sono due gli elementi che distinguono il cristianesimo dalle altre filosofie classiche soprattutto dallo stoicismo e dal platonismo: il Dio che si fa uomo, e la crocifissione. Facendo propri questi due elementi Pascal si ripara dalle obiezioni degli avversari sia laici che cattolici facenti parte della gerarchia.
Pascal prende ulteriori distanze dagli stoici con un altro pensiero (146-350): "Gli stoici concludono che ciò che si può talvolta lo si può sempre e che perciò, dato che il desiderio di gloria fa pur fare qualcosa a coloro che esso domina, gli altri potranno ben farlo egualmente. Si tratta di movimenti febbrili che la salute non può imitare". Lo stoicismo è una stupidità per Antistene, una sciocchezza per Erasmo da Rotterdam, una specie di astrazione mentale per Labruyere, una malattia per Pascal. In un altro pensiero (407-465) Pascal parla degli stoici e degli epicurei: "Gli stoici dicono: rientrate in voi stessi, là troverete il vostro riposo. E questo non è vero. Gli altri (gli epicurei N.d.R.) dicono: uscite fuori e cercate la felicità in un divertimento. E questo non è vero, le malattie vengono. La felicità non è né fuori né dentro di noi; è in Dio, fuori e dentro di noi". Theorèin - Gennaio 2004 |