LA SFIDA DI CARTESIO E LA RISPOSTA DI VICO
A cura di: Mario Della Penna
Entra nella sezione FILOSOFIA

Se vuoi comunicare con Mario Della Penna: mariodellapenna@theorein.it
VI Lezione

 

SIGNIFICATO DELLA MORALE PROVVISORIA

«Avevo provato così elevate soddisfazioni, da quando avevo cominciato a servirmi di questo metodo, che non credevo se ne potessero ricevere delle più dolci né delle più innocenti in questa vita; e scoprendo tutti i giorni per suo mezzo alcune novità, che mi sembravano assai importanti e comunemente ignorate dagli altri uomini, la soddisfazione che ne avevo riempiva talmente il mio spirito, che tutto il resto non m'interessava affatto».

Cartesio nonostante i rinnovamenti propone un ideale di vita riguardante la conoscenza della verità.

«Senza dire che le tre massime precedenti non erano fondate che sul disegno che io avevo di continuare ad istruirmi: difatti avendo Dio dato a ciascuno di noi qualche lume per discernere il vero dal falso, non avrei creduto di dovermi contentare delle opinioni altrui un solo istante».

Queste massime devono essere viste nell'ottica di queste scelte esistenziali. Questa scelta presuppone un'antropologia secondo cui la persona è l'elemento centrale.

Vico dice che per realizzare pienamente l'uomo bisogna cambiare il contesto storico sociale. Per cambiare l'uomo bisogna cambiare tutta la società. Spesso questa posizione sociologica o pseudo sociologica ricorre con una certa frequenza, quando nel giudicare alcuni aspetti comportamentali si tende ad addossare le responsabilità alla società, si tende molte volte a deresponsabilizzare la persona.

Sotto questa prospettiva le massime cartesiane sono conservatrici. Ma se si entra in un'altra ottica, che potremmo dire nel caso di Cartesio, platonica-agostiniana come radice, allora le massime assumono un altro aspetto.

In sintesi possiamo dire che la prospettiva cartesiana nasce da una visione antropologica in cui l'uomo è visto essenzialmente nel suo rapporto con la verità.

DAL DUBBIO METODICO ALLA PRIMA CERTEZZA RAZIONALE

Dopo aver parlato di dubbio Cartesio aggiunge:

«Ma, subito dopo, posi mente, che mentre in tal modo volevo pensare che tutto fosse falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualche cosa. E notando che questa verità: io penso dunque sono, era così ferma e così sicura che tutte le più stravaganti supposizione degli scettici non erano capaci di scuoterla, giudicai che potevo riceverla senza scrupolo come il principio della filosofia che io cercavo». (14)

Questo punto fermo riesce a superare tutte le stravaganze degli scettici. Si può obiettare che il modo con cui si formula questa prima verità sembra che abbia un andamento sillogistico (la presenza di questo "dunque" dovrebbe essere la conclusione delle premesse: tutti quelli che pensano sono; io penso; dunque io sono) anche se Cartesio sembra escludere questa matrice. Egli potrebbe rispondere: "è certo che io penso; dunque ho trovato una prima verità". Ma che cosa intende Cartesio per verità? La verità sta nel conoscere l'esistenza reale. C'è qualche cosa che possiamo attingere direttamente e non tramite le idee, qualche cosa che non è esterno a noi, e si tratta del pensiero stesso. Facendo il Cogito leva sull'autocoscienza, Cartesio può essere visto come il padre dell'idealismo.

IL CRITERIO DI VERITÀ

Dice Cartesio:

«Dopo ciò considerai in generale che cosa è necessario ad una proposizione per esser vera e certa; perché dal momento che ne avevo trovata una che sapevo esser tale, pensai che dovevo altresì sapere in che consiste questa certezza. Ed avendo notato che non vi è niente in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri che dico la verità, se non che veggo chiarissimamente che, per pensare, bisogna essere, giudicai di poter prendere per regola generale, che le cose che noi concepiamo ben chiaramente e ben distintamente sono tutte vere, ma che vi è soltanto qualche difficoltà nel ben discernere quali siano quelle che concepiamo distintamente». (15)

Cartesio riparte da zero, non dando per scontato neppure la prima regola. Sembra che cerchi di fondare filosoficamente questa prima regola. Alla fine della seconda parte parlando dei geometri dice che questo metodo non lo aveva assoggettato a nessuna materia particolare, e si riprometteva di applicarlo pure utilmente alle difficoltà delle altre scienze, come aveva fatto a quelle dell'algebra. E aggiunge:

«Avendo notato che i loro principi dovevano essere tutti attinti alla filosofia nella quale non ne trovavo ancora di certi, pensai che bisognava, prima di tutto, che io cercassi di stabilirvene». (16)

Nel momento in cui Cartesio ha stabilito una prima verità e indaga le sue caratteristiche, riguadagna teoricamente la chiarezza e la distinzione che prima aveva dato come regola ricavata dalla sua esperienza scientifica, ora lo riguadagna dal punto di vista filosofico.


[14] R. Descartes: Discorso sul metodo - La Scuola pagg. 65-66
[15] Ibidem pagg. 69-70
[16] Ibidem pagg. 53-54

Theorèin - Aprile 2004