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La risposta di Vico
GLI "INFERMI OCCHI MORTALI" E LE VICENDE DELLA VITA Vico invia la prima edizione della SN al Padre Giacco e l'accompagna con una lettera 1725 in cui fa riferimento alla "disavventura", per la quale la sua università lo aveva "riputato immeritevole" della "cattedra primaria mattutina di leggi (...) con salario di scudi seicento l'anno". Ben presto il Vico venne a sapere "dell'infelice evento" per cui non ebbe la cattedra di Diritto. Vico vive questi eventi di cui non può prevedere gli sviluppi e li giudica negativamente "inveire contro la corrotta moda delle lettere che mi ha fatto tale avversa fortuna". Ma qualche anno dopo lo stesso Vico arriva a giudicare in una prospettiva ben diversa quelle circostanze che prima gli sembravano solo negative per la sua vita. Coloro che gli hanno negato la cattedra giuridica gli hanno dato l'agio di meditate la SN, nella quale Vico vede adempiuta la vocazione di tutta la sua vita intellettuale e scopre il senso della sua missione. "Vorrei non aver lavorate tutte le altre mie deboli opere d'ingegno, e che rimanesse di me questa sola; perché le altre erano state da me lavorate per avere io alcuna cattedra prima in questa università, ed ella giudicandomene indegno, mi ha in un tacito modo comandato che io travagliassi questa sola, alla quale dovevano menarmi tutte le altre opere innanzi della mia vita. Se c'è stata ingiustizia, essa rimane tale, ma non può più essere considerata una "disavventura", né un "infelice evento". Tutto il resto passa in secondo piano, il vero significato di quegli eventi per la sua vita sta nel fatto che gli hanno dato l'agio di meditare la SN. Ma ciò non si può capire se non riconoscendo un disegno superiore. Nella lettera a padre Giacco il Vico lunge dal lamentarsi, si apre alla gratitudine e alla lode ammirata: "Sia per sempre lodata la Provvedenza, che quando agli infermi occhi mortali sembra ella tutta rigor di giustizia, allora più che mai è impiegata in una somma benignità!". Vico ricorda una sua caduta da piccolo, a causa della quale andò ad urtare violentemente con la testa contro il suolo, "onde rimase ben cinque ore senza moto e privo di senso e perse molto sangue, il cerusico, osservato rotto il cranio e considerato il lungo sfinimento, ne fa’ tal presagio: che egli o ne morrebbe o sarebbe sopravvissuto stolido".
Theorèin - Marzo 2006 |