|
|
Sul corpo di lettere gonfie, scollegate alle seguenti, m’abbandono al flusso scrittorio in modo rilassato: scrivo i miei angoli, veloce, sul tracciato grafico. Ascendendo nello spazio con un filetto sottile scarico l’accumulata energia discendendo e con un’asta pesante m’arrendo, in frasi slanciate con fare febbrile. Coi muscoli agonisti e antagonisti in perfetta sinergia su allunghi inferiori pronunciati e su ritmi impulsivi dico: calligrafia! Ho subito la pressione di corteggiatrici instancabili senza scrivere per loro una riga di commiato. Con scaltrezza divergente son uscito pulito come un foglio immacolato. Condotto in modo sicuro ma arrovellato nelle loro grinfie griffate. Son lo scompigliato che tutto ha appuntato. Quanto segue potrebbe essere stato scritto su tanti pacchetti di carne avvolti con della carta, in un ricamo di parole diverso dall’uncinetto fatto attendendo l’alzarsi di una sbarra al passaggio a livello, nel livello di un binario della vecchia tratta Firenze-Roma, del vecchio asse Roma-Berlino. Non è una performance glamour. Dopo tanto disinteresse a verificare l’ipotesi di fare l’interventista, il confidente, l’aiutante delle esperienze mai riportate verso la campagna, l’officina, i restauri di case, non mi sono ritrovato il retroindifeso ragioniere di un tempo, venditore di servizi, raccoglitore di quel che c’è o che s’è perso. Ammetto nell’elusione di domande più stringenti che c’è chi cade e chi non si alza, che per non sprovvedere troppo c’è chi si carica solo di un po’ di quanto si può prendere e portare via da un luogo in cui la merce di consumo abbonda ed è d’utilità proficua. Ed io, che se non chioso dovrei almeno ravvedermi, appunto gli errori con la rivettatrice, alla deriva nel disegno generale che mi guida. Li mando verso le idee della prossima fine. Non mi vedo come un accattone di adesivi alla moda, sono bianco dietro alle foto. Dopo ore di esercitazione stando all’interno di un VCC in moto veloce sui sassi del greto del Cellina-Meduna, uscire a sparare era un sollievo per i timpani. Questi sono i riti d’iniziazione alla lettura che ho bruciato nel barbecue: 1. slogarsi un piede in una forma coperta d’erba e poi l’altro in una forma piena di pomata per le slogature; 2. farsi ricoverare e trovare il modo di ricevere il contenuto delle borsa della spesa di uno che ha fatto confusione di buste; 3. nascondere la faccia dietro un mazzo di fiori; 4. fare almeno un esperimento con polpette di carni trovate durante la degenza nel ricovero. Questi sono i consigli dell’unico manuale redatto come manoscritto, sul cosa fare e quando, con cui ho dato fuoco all’erba secca ruspata dalle galline: «1. Se in casa sta male qualcuno lui consiglia di evitare d’accudirlo per non farlo sentire troppo importante, tappargli le narici se respira bene. 2. Se la macchina non parte lui consiglia di sorridere a calotta, di accarezzare l’asticella dell’olio. 3. Se muore il medico di famiglia lui consiglia di recarsi alla sua villa e mostrare i propri titoli di studio. 4. Se muore il cane lui consiglia di seppellirlo prima della morte per non farlo soffrire dopo. 5. Se un bambino prende la scossa lui consiglia di sbatterlo ripetutamente a terra, ma di non usare mai prima della sua nascita fermenti profilattici. 6. Se va a fuoco la casa del vicino lui consiglia di allontanare ogni cosa che può far arrivare il fuoco alla nostra casa, di evitare le telefonate a chi potrebbe venire ad assistere all’avvenimento, di salutare in modo affettuoso chi esce dalle macerie di casa». Al bricolage della carta si assommano anche dei lavori realizzati, documentati fotograficamente. Lavori che avevo utilizzato per feste o convegni, di utilità pratica tendente al discreto. Ci sono i pezzi di un teatrino di burattini improvvisati, allestito per gli anziani di una casa di riposo, con le caricature rispondenti al carattere del personale che li accudiva. Ci sono dei nastri magnetici srotolati, delle musicassette con 21 canzoncine (arrangiate con voce e chitarra, provate con basso, tastiera e armonica a bocca) scritte e cantate da me e mio cugino. Dalla scultura e dalla manifattura di regalini, messaggi, tessuti, prodotti plastici, cartellonistica disparata ho solo recuperato le cose che mi servono per restaurare dei giocattoli per i miei nipotini, per predisporre addobbi e oggettistica varia alle loro feste. Nessuno può dire se l’anno prossimo sarò ancora qui ma il pensiero di aver messo tutto a posto, di essere ancora utile, mi fa apprezzare meglio l’arrosto. Theorèin - Maggio 2005 |