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Questo interno-esterno dell’architettura mi è stato certamente suggerito dal San Carlone di Arona; …Come nella descrizione del cavallo omerico, il pellegrino entra nel corpo del santo, come in una torre o un carro governato da una tecnica sapiente. Salita la scala esterna del piedistallo la ripida ascensione all’interno del corpo rivela la struttura muraria e le saldature delle grosse lamiere. Infine la testa è un interno-esterno; dagli occhi del santo il paesaggio del lago acquista contorni infiniti, come un osservatorio celeste. Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, Pratiche editrice, Parma 1990 La condizione dell’abitare (le case, le automobili, le città, le nostre vite) è funzione del tempo e dello spazio. Del tempo perché questa condizione muta col mutare dei periodi storici, delle abitudini, delle mode e dello spazio perchè è funzione del punto di osservazione della realtà. “…La chiusura planetaria compiuta dalla mondializzazione economica, le frontiere che si annullano una ad una, non solo tra globale e locale ma soprattutto tra mobile e immobile, ci portano allora ad assistere ad una specie di rovesciamento topologico in cui, per la prima volta alla scala del globo terrestre, non c’è più differenza tra esterno ed interno, non c’è più distinzione chiara e netta tra il dentro e il fuori: il globale è ormai l’interno di un mondo finito, la cui stessa finitudine pone numerosi problemi e il locale è l’esterno, la periferia… In questo modo, “l’esternità” non è più quella della superficie di un territorio qualsiasi, ma è tutto ciò che è in situ, più precisamente localizzabile qui o là, fermi così come in movimento, allo stesso modo…l’animale braccato, l’uomo o i suoi veicoli”. L’urbanista francese Paul Virilio così descrive, in un saggio di alcuni anni fa, ciò che possiamo considerare interno e ciò che invece si può considerare esterno in un mondo che abita un altro tipo di movimento rispetto a quello dello stare sul luogo. Il tempo che viviamo e che “abitiamo”, il tempo della globalizzazione economica ha come prima conseguenza una globalizzazione anche culturale: ci pone perciò nuove domande e ci restituisce una realtà di volta in volta diversa sia nella forma sia nella funzione. Le categorie del Novecento, individuate, indagate ed applicate, non sono più adeguate per analizzare e studiare la realtà e nuovi studi non sono ancora sufficientemente condivisi o forse non è più possibile condividerli, per analizzare dinamiche e condizione contemporanee. Risulta perciò difficile definire o semplicemente delineare ciò che oggi rappresentano le definizioni interno-esterno, dentro-fuori e il rapporto di entrambe con la relazione pubblico-privato. Parafrasando Virilio potremmo dire che se abitiamo il mondo dello stare sul luogo allora possiamo provare a dare delle interpretazioni. Il punto di osservazione della realtà ci può aiutare nella interpretazione di ciò che possiamo considerare interno o esterno e del ruolo compositivo di forme e funzioni. Se parliamo di forma e funzione applicata all’architettura o all’architettura della città la riflessione di Aldo Rossi sul San Carlone di Arona diviene un elemento fondante del pensiero che qui si vuole esprimere. In questo caso il punto di osservazione è fondamentale per definire ciò che è interno e ciò che è esterno. Il paesaggio del lago, che possiamo ammirare dagli occhi della statua del santo, diviene l’orizzonte infinito ammirato da un esterno che diviene momentaneamente interno, e che ci permette di ammirare una esternità che è in situ. In senso ancora più esteso possiamo pensare al grande agglomerato urbano costituito dai Sassi di Matera. Un luogo molto studiato le cui unità di vicinato, cellula embrionale dell’intero complesso, rappresentano una forma di abitare collettivo ante litteram. Se proviamo ad osservare dalla Gravina dei primi insediamenti umani di cui si ha traccia in occidente, l’intero nucleo urbano, vediamo un grande, unico spazio privato costituito proprio dalle singole unità di vicinato disposte l’una accanto e sopra/sotto all’altra a formare quell’imbuto rovesciato di cui Carlo Levi ci parla nella splendida descrizione della città che fa nel Cristo si è fermato ad Eboli. Questa condizione, sicuramente domestica, è però nello stesso tempo una condizione collettiva in relazione alla tipologia dell’insediamento e certamente pubblica per l’uso che tutti, turisti, visitatori occasionali, residenti, ne fanno. Questi stessi spazi possiamo poi guardarli dalle grate delle finestre delle singole abitazioni e ciò che prima ci sembrava essere un interno, il grande spazio pubblico e privato di un’unica unità, diviene invece un esterno, l’interno nell’esterno appunto. Analoga considerazione credo possa farsi per Piazza del Campo a Siena dove si svolge l’evento culturale più importante della città, il Palio. L’arena, teatro della pluricentenaria manifestazione, diviene un interno quando si svolge lo spettacolo e gli spettatori sono nel catino o ai balconi e alle finestre delle case che su di essa si affacciano e si trasforma in ambiente esterno quando la piazza torna ad essere una piazza e i balconi e le finestre tornano ad essere balconi e finestre. La forma anfiteatro si trasforma in quella di città, quella di città in un palazzo. Così succede anche a Spalato dove Diocleziano si fa costruire una delle architetture più belle e studiate del mondo, che occupa una superficie di 30.000 metri quadri, che oggi coincide con il centro della città stessa. Ecco perché quando parliamo di interno ed esterno parliamo innanzitutto di forma e di funzione. L’architettura, le architetture, hanno sempre un interno ed un esterno, una dimensione privata ed una dimensione pubblica, un dentro ed un fuori: sono gli occhi di chi guarda a determinarne la collocazione.
Theorèin - Ottobre 2007 |