HEGEL E L’INDULTO

A cura di: Vito Sibilio

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Hegel, nei Lineamenti della Filosofia del Diritto, sosteneva che nell’applicazione della pena adeguata, il delinquente viene onorato come essere razionale. La politica italiana, con il suo lassismo demagogico alternato a rigurgiti inquisistoriali spesso ideologizzati, segue un percorso opposto, che favorisce il crimine facendone un momento ordinario della vita comune. L’indulto recentemente concesso rappresenta in modo tipico questa tendenza. Se è vero che la popolazione carceraria italiana esorbita di molto la possibilità recettiva delle case circondariali, e se è sacrosanto che anche i detenuti stiano in condizioni decorose, è altrettanto vero che questa situazione dura da trent’anni e passa, che nessuno ha mai fatto niente per veti incrociati, e che la tendenza è stata sempre a ridurre, commutare e condonare le pene, piuttosto che fare qualcosa che vada alla radice del problema. Evidentemente, se ci sono troppi carcerati, deve dipendere o dal fatto che le leggi sono troppo severe – e per i reati minori spesso lo sono, mentre l’ergastolo è stato abolito – o che le carceri sono poche. In un paese civile, i detenuti scontano le pene, e se le carceri sono anguste, se ne costruiscono di nuove o si utilizzano quelle vuote – e in Italia ce ne sono tante, lasciate cadere in rovina. Evidentemente l’Italia non è civile, non perché scarcera i detenuti in soprannumero, ma perché si mette in condizione, tra qualche mese, di ritrovarsi nelle stesse condizioni, perché i crimini sono i medesimi, i criminali e le carceri anche, e perciò il sovraffollamento si riavrà a breve. Inoltre, se l’indulto fosse stato pensato bene, avrebbe escluso non solo i reati di mafia e di pedofilia, ma anche tutti i reati di sangue e contro la persona, come lo stupro. Invece persino serial killer come Luigi Chiatti possono beneficiare di sconti. Andavano realmente esclusi i reati dei colletti bianchi, e invece quest’indulto ha portato benefici per pregiudicati bipartisan che sono indizi forti per far capire da dove viene fuori l’unanimismo delle forze politiche nel votare l’indulto in Parlamento. Infine, non andavano liberati i carcerati che non avevano niente e nessuno ad attenderli fuori, perché sarebbero rimasti abbandonati a se stessi e quindi indotti a delinquere nuovamente. Dal beneficio andavano esclusi poi anche tutti coloro che, indipendentemente da questo, non davano garanzie di reinserimento sociale. Insomma, andava fatto tutto in modo razionale. Evidentemente, l’indulto non lo è. Né lo è la strumentalizzazione delle parole di Giovanni Paolo II, che chiese uno gesto di clemenza temporale in corrispondenza del perdono giubilare, ma non entrò nello specifico, essendo questo legato alle valutazioni contingenti della classe politica. In sei anni c’era tempo per costruire nuove carceri e poi fare un indulto più equo. E invece ci tocca vedere gli ex-democristiani dimentichi che Cristo ha esortato a visitare e non a liberare i carcerati, solleciti più per i carnefici che per le vittime, sentire comunisti, radicali e massoni che improvvisamente citano i Papi defunti, e ascoltare appelli per la soluzione umanitaria dei problemi carcerari da parte del Presidente della Camera, che poi manda gli auguri a Castro, che a Cuba ha ancora detenuti politici e campi di concentramento. In nome di Marx il discepolo, ma non di Hegel, suo maestro.


Theorèin - Novembre 2006