La vita del poeta
è trapunta
come te a sera
di nidi d'illusioni
ma t'invidio l'immobile maestà
che ti culla.
Docilità che ritroviamo nell'Ungaretti che si riconosce dolce fibra dell'universo (nei Fiumi), questo abbandonarsi al ritmo delle cose della natura. C'è questa condizione di distacco e di attesa. Nella sua stesura definitiva Ungaretti vi è stata un'opera di asciugatura di eliminazione di tutto ciò che è ridondante, si sono persi certi slanci, invocazioni che rilevano un modello che non sparisce nella poesia i>O notte, un modello che nella stesura definitiva si vede in trama, ritroviamo Leopardi.
I primi due versi presentano una inversione sintattica, soltanto un alleggerimento di un vocabolo, nei primi tre versi viene data con più essenzialità la situazione, quella dell'Ungaretti immerso nella notte che attende l'alba, che rinnova ma affatica. La strofa successiva rimane quasi invariata. La successiva viene eliminata. (Autunni, a capo lasciato solo), Ungaretti che si sente alle soglie dell'autunno della sua vita, è il momento del distacco dalla gioventù, situazione Leopardiana ma che Ungaretti alleggerisce (perso in questa curva malinconia) / questa / motivo di una strada che si intraprende in discesa, l'autunno, etc. della maturità che porta verso la vecchiaia.
C'è un cambio notte-morte, la notte è insita nella morte quindi non c'è bisogno di nominarla. Viene eliminata tutta l'invocazione al fratello oceano e viene recuperata da (questi astrali miti di illusioni) quindi notiamo la sintesi ottenuta per analogia, la prima stesura sembra quasi una versione in prosa, una spiegazione.
Come quasi tutti i componimenti, questa poesia è stata pubblicata più volte. Viene pubblicata nel
Porto Sepolto del '23 e nel dicembre del '24 su Solaria, poi nel '33 nell'antologia scrittori nuovi a cura di Enrico Carpi che è uno dei sostenitori della prosa d'arte, dei capitoli in prosa. Poi viene pubblicata sul Sentimento del Tempo del
1933 a Firenze e Roma, poi in un'altra raccolta antologica sempre curata da Carpi insieme ad Aldo Capasso intitolata Il fiore della lirica italiana dalle origini ad oggi poi nel Sentimento del tempo del '36 poi in quello del '43 Mondadori.
Analizzando l'apparato delle varianti della edizione definitiva della poesia, questa continuerà a subire delle piccole modifiche, però sostanzialmente il grosso salto di qualità lo compie proprio dalla stesura manoscritta alla stesura del '23. Stessa sorte alla poesia dei
Fiumi, sostanzialmente non modificata dalla stesura del '16.
A differenza di ciò che sosteneva Croce, con cui Ungaretti è in aperto contrasto, la poesia non nasce di getto, ma c'è un lavoro di laboratorio, quando il poeta ha trovato la forma, la sua forma, ecco che la poesia rimane invariabile. Nonostante però tutte le trasformazioni vi sono delle costanti. La più rilevante di queste sono gli innesti leopardiani. Vi sono dei segnali spia di tipo lessicale attraverso le quali troviamo questi innesti. (foglie sorelle foglie) ci rimandano ad una poesia di Leopardi Imitazione, che a sua volta ci rimanda ad un libero rifacimento di una favola di
Antoine-Vincent Arnault (fine 1700).
Altri elementi di transfert dei motivi leopardiani lo troviamo nel tema del motivo della perdita, delle illusioni, della giovinezza, filtrati attraverso la ragioni della poesia di Ungaretti. Troviamo in un discorso che Ungaretti fa su Leopardi questa frase: "memoria e innocenza sono gli inscindibili termini della poetica del Leopardi". Questi due termini sono inscindibili anche nella poetica di Ungaretti. La caduta delle illusioni, il distacco dalla gioventù rappresentano perdita dell'innocenza, nostalgia della giovinezza fuggita che sarà tema del Sentimento del tempo, questo segnale leopardiano che è anche perdita non solo individuale ma di intere civiltà e quindi esigenza di un rinnovamento e quindi desiderio dell'alba.
Il mito della gioventù assume una curvatura politica per Ungaretti specialmente nel periodo del fascismo di cui Ungaretti non fu ne un fautore, ne un aperto avversario come molti. In quegli anni andrà in giro per l'Italia parlando dei classici italiani in particolare di Leopardi. Quattordici anni dopo aver scritto O notte in cui il mito della gioventù non è ancora contaminato da ragioni di opportunità politica l'1± gennaio del 193´ a Napoli nel corso delle celebrazioni leopardiane, Ungaretti viene chiamato a tenere un discorso sulla tomba del poeta a S. Vitale Fuorigrotta di cui rimangono pochi brani sul giornale Il mattino di Napoli poi questo discorso sembra che sia ripulito in un saggio che si trova nel volume intitolato Il pensiero di Leopardi in cui però chiaramente i toni più datati si perdono.
Un ultimo ma più importante segnale presente è (la notte sperde le lontananze). Lontano è un delle parole che Leopardi dello Zibaldone cita come poeticissime. Questo lessema così tipicamente leopardiano è già presente nel primo Ungaretti del Porto Sepolto del '16, la poesia è Silenzio.
Silenzio
Conosco una città
che ogni giorno s'empie di sole
e tutto è rapito in quel momento
Me ne sono andato una sera
e dal bastimento
verniciato di bianco urtante come un cigolio
lontanando lucente di solitudine
con in cuore un estremo limio di cicala
strappata all'albero della sua scalmana
col fresco miraggio di quel suo diadema
di rubini al sole
avevo visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell'aria torbida
sospesi
Mariano 27 Giugno 1916
Questa è la tipica poesia che illustra quel concetto di assenza per distacco. Ungaretti sta partendo da Alessandria d'Egitto, assenza uguale distacco uguale passato. La poesia stranamente inizia con Conosco una città e non conoscevo una città perchè con la memoria attraverso la poesia Ungaretti restituisce presenza a questa assenza. C'è un alternarsi di presente e di passato con una predilezione dell'imperfetto, poi anche l'uso degli indicatori di luoghi per indicare la distanza o la vicinanza, la posizione del poeta rispetto delle cose, ma c'è soprattutto questo procedimento tipico di Leopardi di conoscenza per straniamento.
Dice Ungaretti a proposito di Leopardi: "l'uso dell'imperfetto nel Leopardi
è una delle cose più musicali di questo mondo. L'arte del Leopardi consiste nel
insinuare in lontananza cose consuete". Leopardi dice nello Zibaldone a proposito della conoscenza per straniamento: "ho detto tutti vedono ma pochi osservano". "ed accade allo spirito umano o all'individuo ordinariamente, che al primo accennarvisi una cosa ch'egli aveva sotto gli occhi e la vede e pur prima non la vedeva cioè la vedeva ma non la osservava ed
era come non la vedesse", concetto di assuefazione.