IL MIO INTIMO ACCORDO
ANALISI DEL RAPPORTO FRA PROSA E POESIA NELL'OPERA DI SANDRO PENNA
A cura di: Valeria Masciantonio
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Capitolo 1 (III parte)
Vicenda biografica e fortuna critica di Sandro Penna

 […] ho capito che l’ispirazione è quello che conta, per me […] perché se io volessi, anche adesso, scrivere una lettera, non ne sarei capace. Mentre è accaduto fin d’allora che io mi meravigliassi di una poesia, di come tutto è ben spiegato. Mi sono fatto, perciò, questa idea estetica: che quando preme qualcosa la forma si trova sempre. Credo che sia così.

[…] quello che si trova in me è sempre ‹‹il fiore senza gambo››, come ha scritto Bigongiari, il fatto di cominciare un discorso all’improvviso, così.

A dar retta alle parole di Penna, la sua poesia dovrebbe essere considerata alla stregua di un piccolo miracolo. L’arte sarebbe qualcosa di molto simile alla divina manìa di platoniana memoria, e ogni tentativo di interpretazione non sarebbe dunque che un inutile e vuoto esercizio.

Sandro Penna fu sempre refrattario in effetti ad ogni genere di sistemazione critica della sua opera ma, una volta raggiunta una certa notorietà nella cerchia dei letterati, non poté certo sottrarsi alle attenzioni degli esperti cultori della poesia. In verità l’atteggiamento appartato e diffidente del poeta non incoraggiò molto gli interventi critici che, nel corso della sua vita, furono piuttosto tiepidi e gli tributarono riconoscimenti indubbiamente inferiori al suo effettivo valore. Fra i sostenitori dell’opera penniana sono certamente da annoverare Umberto Saba e Eugenio Montale, senza dimenticare che lo stesso Giuseppe Ungaretti, assieme a Giacomo Debenedetti, sostenne la candidatura del poeta perugino al Premio Viareggio del 1957.

Uno dei più convinti fautori della poesia penniana fu Pier Paolo Pasolini che, nel 1960 , dedicò a Sandro Penna due capitoli del suo volume Passione e ideologia, e arrivò a definire il poeta come migliore lirico italiano del Novecento.

Uno dei primi critici ad occuparsi di Penna fu Solmi che, nel 1941, affrontò le linee essenziali della poetica penniana in Tesoretto. Due anni dopo Anceschi, in Saggi di poetica e poesia, mise in luce fra gli altri elementi le connessioni fra le tematiche penniane e le realizzazioni figurative di Watteau, Matisse e De Pisis, sottolineando così i rapporti di influenza fra il poeta e gli ambienti artistici. Nel 1950 Bigongiari coniò la fortunata formula che definiva Penna un fiore senza gambo in un intervento apparso su ‹‹Paragone›› e poi raccolto in Il senso della lirica italiana nel 1952. Gli interventi della critica si intensificarono mano a mano che aumentavano le pubblicazioni da parte del poeta perugino. La comparsa delle Poesie edite da Garzanti nel 1957, offrì infatti a molti studiosi l’occasione di ripercorrere la carriera di Penna tentando così di individuare i possibili sviluppi interni alla sua produzione. Giuseppe De Robertis fece sentire la sua voce dalle colonne del quotidiano ‹‹La Nazione››. Il suo articolo aveva lo scopo di individuare le caratteristiche dei versi penniani con un occhio di riguardo alle possibili fonti e al loro superamento da parte del poeta. De Robertis fece il nome di Saba, ma rilevò il peso dell’esperienza ermetica, per la velocità e segretezza dei trapassi, e quel saper cogliere, in un’apparente chiarezza, una sostanziale oscurità, salvo considerare poi che la forza espressionistica, la carica vitale farebbero antivedere ulteriori sviluppi soprattutto in forza di accordi nuovi che […] s’arricchiscono di disarmonie . De Robertis si soffermò anche su questioni metriche e tecniche, evidenziando nelle liriche penniane un andamento narrativo ed una semplicità ridotta all’osso . I versi di Penna, agli occhi del critico, si organizzano geometricamente, […] assecondando una stroficità essenziale, scandita, che richiama molto da vicino i modelli greci. De Robertis asserì inoltre che l’affinità di Penna con Corrado Govoni era soltanto apparente dal momento che, se nel poeta ferrarese sono le liete parvenze, i felici errori, in Penna invece è la forza del segno, dell’incisione.

Nella medesima occasione offerta dalla pubblicazione di Poesie, in un breve saggio dal titolo Felicità di Penna apparso fra le pagine de ‹‹Il Mondo››, Arnaldo Bocelli si soffermò a considerare i possibili progressi nel percorso poetico penniano, giungendo alla conclusione che nella produzione di Penna degli ultimi anni non era dato ravvisare nessun profondo sviluppo. Bocelli citava fra i modelli del poeta perugino Saba, Ungaretti, Gatto, Sinisgalli, De Libero, Comisso, i crepuscolari e i poeti dell’Antologia Palatina, secondo un cliché ormai ampiamente condiviso, e ravvisava nell’immobilità la cifra peculiare della sua vicenda poetica. Ad ulteriore conferma delle posizioni critiche dominanti, per caratterizzare l’opera di Sandro Penna nel 1959 Forti formulò l’ipotesi di una linea Saba – Govoni – terzo ermetismo.

Negli anni Sessanta gli interventi critici si moltiplicarono spaziando da Altro Novecento (1962) di G. De Robertis, a Immagini e maniere di A. Giuliani (1965).

Quando, nel 1970, videro la luce Tutte le poesie, vennero a crearsi i presupposti per una valutazione critica più adeguata ed aderente alle effettive realizzazioni penniane. Di Penna parlò Giovanni Raboni in Poesia degli anni Sessanta, mentre Giacomo Debenedetti, in Poesia italiana del Novecento, tentò di mettere in guardia la critica contro il ricorso a troppo facili schematismi, evidenziando inoltre come in Penna la concentrazione del segno fosse tale da far invidia a molti ermetici. Debenedetti cercò anche di superare la visione generalmente accreditata di un Sandro Penna escluso dal consorzio umano attraverso un confronto con l’opera della poetessa Saffo, considerata fra le ispiratrici di alcuni fra i versi più belli della produzione penniana :

Saffo è uno dei massimi esempi di poesia classica e relazionale, di poesia che presuppone la fondamentale omogeneità dell’uomo col cosmo di cui fa parte. Penna, nella sua solitudine, può sentirsi escluso […]. Ma è un escluso momentaneo: si sente escluso perché la sua condizione normale è quella del partecipe.

In occasione della pubblicazione di Stranezze, nel 1976, Sandro Penna delegò a Cesare Garboli il compito di redigere una postfazione alle sue poesie. Per bocca di Garboli Sandro confessò di essere annoiatissimo della sua lunga fortuna di poeta ‹‹alessandrino›› . Garboli ravvisò come né in quella, né in altre raccolte del poeta, fosse ravvisabile una qualche struttura, dichiarando subito dopo che le poesie di Penna vivono isolatamente, separatamente […] come fossero dei quadri allestiti da un pittore per una personale.

La notazione di Garboli ci consente di introdurre una delle problematiche che più hanno intralciato il lavoro della critica nella ricostruzione del percorso artistico di Penna, vale a dire la questione della cronologia. Il poeta ha infatti cercato continuamente e consapevolmente di confondere le proprie carte in modo da impedire una datazione attendibile dei suoi componimenti. Alla luce di un simile atteggiamento, non è dato neppure sostenere con certezza se Penna abbia rinunciato a criteri cronologici al fine di sistemare i suoi versi in raccolte che costituissero al tempo stesso anche dei libri, alla stregua del Canzoniere petrarchesco.

Come ha ravvisato Roberto Deidier, le fasi di preparazione del primo libro nel 1939 (quindi la storia genetica di quella raccolta) sono subordinate alle direttive della censura, il cui intento, anche sotto la specie di amichevoli consigli, sarà ancora attivo nell’organizzazione di Croce e delizia del 1958. Sempre secondo Deidier non bisogna sottovalutare l’importanza della breve introduzione che Penna premette all’auto – antologia Poesie del 1973:

Queste sono le poesie che al di fuori di qualsiasi critico io stimo più di tutte. Sarebbero insomma quelle che io lascerei ai posteri se posteri esisteranno.

Questa testimonianza ha tutto il sapore di una dichiarazione metapoetica che lascia intendere come, probabilmente, gli spostamenti e le datazioni fittizie di alcune poesie rispondano ad una logica interna alle intenzioni del poeta.

Sempre seguendo il discorso di Deidier, ravvisiamo che le poesie di Penna non presentano problemi di datazione fino al volume Croce e delizia, edito da Longanesi nel 1958. Cesare Garboli, inoltre, fa notare che Penna non evitava di datare le sue poesie, quanto manipolava tempi e date un po’ per stanchezza, e un pò per ragioni pratiche. […] È col tempo che Penna cominciò a mescolare le carte e a usare con le sue poesie di quella medesima pratica di ‹‹rimozione›› che era diventata ormai per lui un’abitudine e uno strumento di vita.

Non disporre di un’esatta sistemazione cronologica dell’opera penniana costituisce un problema che si ripropone con forza nel momento in cui si voglia affrontare il sistema di richiami e di influenze fra i versi e la produzione in prosa del poeta perugino. Sarebbe molto più semplice infatti individuare i prestiti e i rimandi fra le poesie e il materiale prosastico costituito dai racconti di Penna se si disponesse di un sicuro riferimento temporale.

Ugualmente, esplorare e portare alla luce il rapporto che intercorre fra le diverse espressioni della scrittura penniana potrebbe contribuire a delineare un quadro certamente più completo dell’attività del poeta e a illuminarne alcuni punti oscuri. Nei paragrafi precedenti si è già cercato sommariamente di mettere in luce come fra gli scritti in prosa e i versi intercorra un sostanziale rapporto di continuità per il quale la voce che annota le impressioni sul bianco taccuino è quasi sempre destinata a levarsi in canto. Se è vero, come argomentava Giacomo Leopardi, che la prosa rappresenta la fucina della poesia, non ci si può sottrarre all’affascinante compito di indagare le radici interne e quindi più profonde del poetare penniano, affondando le mani nell’humus ricco e fecondo della sua produzione prosastica. Per compiere una simile operazione, è necessario individuare le principali tematiche affrontate dall’Autore perugino nel corso della sua attività poetica e analizzarne conseguentemente le modalità di resa sul doppio binario costituito dalla prosa e dalla poesia. Il percorso valutativo che partirà nelle pagine successive, si snoderà dunque in varie tappe tematiche, la prima delle quali riguarderà la personale concezione che Penna dovette formulare riguardo al trascorrere del tempo e all’avvicendarsi delle stagioni. Sullo sfondo temporale verranno quindi innestati lo scenario paesaggistico e i personaggi che lo animano, per poi giungere alla considerazione complessiva che Penna concepì per l’amore e la poesia. La trattazione di tali contenuti sarà condotta proprio attraverso il confronto serrato fra la scrittura prosastica e quella poetica di Sandro Penna, al fine di individuare i vari livelli di interazione fra le due modalità espressive. L’analisi è finalizzata innanzitutto ad individuare la coerenza tematica fra i brani e le liriche attraverso il rilevamento di immagini ed elementi ricorrenti. Contestualmente, il raffronto contenutistico consentirà di cogliere la dimensione formale del rapporto fra i racconti e i versi al fine di stabilire l’intimo accordo sussistente fra di essi e soprattutto i criteri di derivazione nell’uno o nell’altro senso. Ciò che maggiormente preme, infatti, è l’esigenza di indagare sull’autentica matrice della scrittura penniana. È auspicabile, cioè, cercare di stabilire se per Sandro Penna la prosa fu effettivamente fucina del verso e in che misura. L’impostazione di un confronto tematico – formale consentirà di ricostruire con buona approssimazione anche l’impianto teorico sotteso alla produzione penniana, scaturita verosimilmente da una pratica di riflessione ed elaborazione condotta dal poeta attraverso un duplice modello di scrittura. Nell’ultima sezione del presente lavoro, si tenterà infine di misurare la validità delle conclusioni raggiunte attraverso l’analisi di Peccato di gola, un testo la cui natura risulta ancora poco chiara. Le liriche presenti nell’opera in questione, infatti, sono state raccolte postume e appartengono ad un corpo testuale costituito da un gruppo di lettere. La collocazione originaria delle poesie, dunque, in questo caso implica necessariamente un rapporto genetico con il discorso prosastico, e offre interessanti spunti di riflessione per un’indagine che voglia occuparsi del rapporto intercorrente fra i due diversi generi di scrittura nell’opera di Sandro Penna.


Theorèin - Giugno 2007