TEORIA DELLA LETTERATURA
A cura di: Luciano Vitacolonna
Entra nella sezione LETTTERATURA

Se vuoi comunicare con Luciano Vitacolonna: vitaco@libero.it
Su testo letterario e interpretazione

1. Spesso si ha l'impressione che il termine 'testo letterario' indichi un'entità astratta, la cui specificazione risulta, se non impossibile, di certo difficile. Inoltre, i testi letterari sono stati spesso identificati o confusi col termine 'letteratura', il che ha creato non poche difficoltà di ordine teorico e ha portato a individuare tendenze e approcci vari:

  1. contenutistica: la letteratura esprime l'universale;
  2. funzionale: la letteratura educa, diletta, fa sognare, ecc.;
  3. mimetica: l'arte, e quindi la letteratura, è imitazione della realtà; si tratta di quella lunga tradizione che - seppur con modalità e teorizzazioni diverse - da Platone, attraverso Orazio e Lessing, giunge fino alla concezione della letteratura come sistema semiotico di secondo grado (v. Lotman [1972]);
  4. sociologico-realistica: la letteratura deve rispecchiare la realtà nel suo dinamico e dialettico accadere;
  5. formale-strutturale: a definire il testo letterario sono la forma e i rapporti strutturali interni al testo;
  6. tipologica: a costituire la letteratura sono solo certe opere e non altre (per es., fanno parte della letteratura La Divina Commedia o Guerra e pace, ma non i racconti per l'infanzia, i romanzi rosa, i polizieschi, ecc.);
  7. pragmatica: la letteratura è un atto linguistico/comunicativo particolarmente complesso.

2. Per cominciare, si può considerare la comunicazione letteraria come un particolare tipo di comunicazione.

2.1. Già nelle Tesi del 1929 del Circolo Linguistico di Praga viene individuata - all'interno di una serie di funzioni linguistiche - una 'lingua poetica', che evidenzia il "valore autonomo" del segno, per cui tutti i piani di un sistema linguistico - che nella comunicazione normale/ordinaria hanno una funzione "strumentale" - vengono ad assumere, nella lingua poetica, valori autonomi più o meno importanti. Pertanto, il testo letterario si configura come una "struttura funzionale", e non meramente "strumentale", e i suoi elementi possono essere compresi solo in relazione con l'insieme. Una posizione analoga fu espressa dal formalista russo B. Tomaševskij [1968: 33], il quale notò che, mentre nella comunicazione quotidiana il linguaggio ha una funzione comunicativa, ossia serve a "far pervenire il nostro pensiero a un interlocutore", nelle opere letterarie si ha "una particolare cura dell'espressione, una speciale attenzione per la scelta delle parole e per la loro disposizione. L'interesse per l'espressione come tale è molto più intenso che nel linguaggio quotidiano. L'espressione è parte ineliminabile della comunicazione che vi è contenuta. Questo accentuato interesse per l'espressione si chiama orientamento [ustanovka] sull'espressione. […] L'espressione diventa in qualche modo fine a se stessa".

Nel testo letterario, insomma, ha più importanza la forma (il "come" ci si esprime) che il contenuto (il "cosa" si esprime). E' in quest'ottica che rientrano, fra l'altro, alcune tecniche specifiche elaborate dai formalisti, come quella dello 'straniamento' (1). Si potrebbe dunque affermare, in termini hjelmsleviani, che nel testo letterario la forma e la sostanza dell'espressione diventano (forma del) contenuto.

I formalisti, però, andarono oltre, sostenendo che "oggetto della scienza letteraria, in quanto tale, deve essere la ricerca delle peculiarità specifiche del materiale letterario, che lo distinguono da qualsiasi altro materiale, anche se esso per i suoi aspetti secondari e indiretti offra giustificazione a chi lo utilizzi come materiale sussidiario anche in altre scienze" (Ejchenbaum [1968: 37]). Come precisò Jakobson, la questione era teorica, non metodologica: "oggetto della scienza della letteratura non è la letteratura, ma la letterarietà, cioè ciò che di una data opera fa un'opera letteraria" (cit. ibid.).

2.2. Pur nella loro (parziale) diversità, le suddette posizioni considerano tutte il testo letterario come un'entità oggettiva e quasi autosufficiente. Questa sembra essere la concezione anche di Jakobson, il quale, individuate le famose sei funzioni linguistiche, afferma che, nel testo letterario, a prevalere è la "messa a punto (Einstellung) rispetto al m e s s a g g i o in quanto tale, cioè l'accento posto sul messaggio per se stesso" (Jakobson [1966: 189]). Ma Jakobson [1966: 186] fa un'importante precisazione (spesso ignorata): "Sebbene distinguiamo sei aspetti fondamentali del linguaggio, difficilmente potremmo trovare messaggi verbali che assolvano soltanto una funzione. La diversità dei messaggi non si fonda sul monopolio dell'una o dell'altra funzione, ma sul diverso ordine gerarchico fra di esse. La struttura verbale di un messaggio dipende prima di tutto dalla funzione predominante". La cosiddetta "funzione poetica del linguaggio", dunque, non impedisce di per sé la compresenza - per quanto ridotta gerarchicamente - di altre funzioni da parte di uno stesso testo: ad es., nel testo epico, oltre alla funzione poetica (predominante), si ha anche quella referenziale.

Contro una visione del testo letterario come entità autonoma e autosufficiente si è espresso, più recentemente, S.J. Schmidt, fautore di una 'teoria empirica della letteratura' (v. Schmidt [1980, 1982, 1983b]). In Die notwendige schmidtkunst ('La necessaria schmidtarte'), così afferma per aforismi: "per antica tradizione l'arte dipende dal consenso", "'arte' è un nome proprio", "i nomi propri non sono scelti da chi li porta", "l'arte si estingue con la vita" (Schmidt [1983a: 29-31]). Vale a dire: la 'letteratura' non è semplicemente un corpus di opere letterarie, bensì un complesso sistema sociale di azioni che ha al suo centro i testi letterari, i quali non sono più considerati ontologicamente autonomi e dotati di uno o più significati e valori intrinseci. Schmidt, cioè, ritiene che la 'letterarietà' non sia una qualità intrinseca a certi testi, bensì una qualità assegnata a determinati testi in base a convenzioni e valori storico-sociali ed estetico-culturali.

3. Una volta premesso tutto ciò, possiamo cercare di definire quali sono le proprietà da assegnare a un determinato testo al fine di poterlo considerare 'letterario'.

3.1. Un testo letterario, dunque, può essere concepito anzitutto come un 'mondo possibile', (2) ossia come un mondo la cui strutturazione e organizzazione può coincidere del tutto, in parte o per nulla con il nostro modello di mondo (reale). Un 'mondo possibile' sta a indicare un mondo come potrebbe essere o avrebbe potuto essere in conformità o meno con le leggi (fisiche, chimiche, biologiche, ecc.) del nostro mondo reale; infatti, un mondo possibile con le stesse leggi naturali del mondo reale è solo un sottoinsieme della classe di tutti i mondi 'logicamente' possibili, i quali includono anche molti mondi fisicamente e/o tecnologicamente impossibili. Pertanto, un testo letterario è un testo il cui mondo costituisce un'alternativa al modello del mondo reale in cui quel testo è (stato) prodotto/creato/costruito e/o ricevuto. Tuttavia, 'alternativo' non significa necessariamente 'opposto', ma indica, più semplicemente, una possibilità diversa di stati di cose o situazioni. Una teoria semiotica della letteratura e del testo, quindi, deve quanto meno esaminare (a) i vari stati di cose che possono darsi in un testo letterario o in vari testi letterari, e (b) i vari modi - sincronici e diacronici - in cui questi stati di cose sono elaborati dai riceventi.

3.2. In secondo luogo, il testo letterario può essere considerato come una (ampia) intensione. A tal fine, occorre anzitutto illustrare il significato dei termini 'intensione' e 'estensione': l'intensione è data da una descrizione, l'estensione dalla classe degli individui di cui è vera quella descrizione in (almeno) un mondo possibile. Per esempio, l'intensione di 'presidente della Repubblica' è (in Italia): 'capo dello Stato che presiede anche il CSM', mentre l'estensione è data, di volta in volta, dai singoli presidenti della Repubblica; nel 1980, in Italia, l'estensione di 'presidente della Repubblica' era "Sandro Pertini". Più semplicemente: l'estensione di un termine "consiste nella classe di tutti gli oggetti a cui il termine si applica correttamente", mentre l'intensione "è l'insieme delle proprietà che una cosa deve avere per essere qualificata come l'estensione di quel termine" (Salmon [1979: 125]).

Dire, quindi, che un testo letterario è una (ampia) intensione significa dire che un testo letterario è concepibile come un insieme di individui, oggetti, stati di cose, avvenimenti, ecc., dotati, sì, di proprietà, ma privi di estensione. In altri termini: il testo letterario può essere descritto (nei suoi elementi costitutivi), ma non ha una (sua) estensione nel mondo reale o in un mondo possibile. Del resto, di tutto ciò era già ben consapevole Luciano di Samosata (125-190 d.C. ca.), che, nella sua Storia vera (I, 4), avverte: "Scrivo di cose che non ho visto né esperito personalmente, né ho appreso da altri, anzi di cose che non esistono proprio né potranno mai esistere".

Ed è proprio a questo punto che si pone (e può esser chiarita) la questione della coerenza dei testi letterari. Se un testo letterario può essere considerato un mondo possibile, allora la coerenza di un testo letterario può essere vista come la coerenza di un mondo possibile in cui nulla è o dovrebbe essere fortuito, casuale, accidentale. Pertanto, questo tipo di coerenza è simile a - o è determinato da - un insieme di 'proprietà necessarie'. Ciò significa stabilire, per es., cosa accade e perché accade in un testo letterario.

La concezione intensionale dei testi letterari serve anche a spiegare - sia pur di sfuggita - il fenomeno della loro de-contestualizzazione e ri-contestualizzazione. Ciò significa che un testo letterario, benché prodotto sempre in un contesto storico-culturale ben preciso, può essere 'riproposto' (letto, interpretato, ascoltato, rappresentato, ecc.) in contesti diversi, magari con finalità dissimili da quelle originarie (cfr. Segre [1985: 35]).

3.3. Un'altra caratteristica tipica del testo letterario è quella della polisemia. Questo concetto viene spesso confuso con quello di ambiguità. Un enunciato è ambiguo se determina più interpretazioni, di cui, però, se ne sceglie solo una. Nel caso della polisemia, invece, dato un enunciato come "m'apparve d'un leone" (Inf. I, 45), è possibile assegnare alla parola "leone" perlomeno due valori: /superbia/ - /violenza/, ma non in modo che l'uno debba escludere necessariamente l'altro: il leone può essere nel contempo sia allegoria della superbia, sia allegoria della violenza.

Questa natura polisemica del testo letterario chiama in causa il problema dell' interpretazione. Anni fa Eco [1962] - sulla scorta della semiosi illimitata Peirce - definì l'opera d'arte (e quindi il testo letterario) come un'"opera aperta", ossia come una generatrice di interpretazioni. Ultimamente, soprattutto in conseguenza della nascita e dello sviluppo del decostruzionismo, Eco ha rivisto la questione e ha precisato entro quali limiti, secondo lui, vada posta l'interpretazione: "L'iniziativa del lettore consiste nel fare una congettura sulla intentio operis. Questa congettura dev'essere approvata dal complesso del testo come tutto organico. Questo non significa che su un testo si possa fare una e una sola congettura interpretativa. In principio se ne possono fare infinite. Ma alla fine le congetture andranno provate sulla coerenza del testo e la coerenza testuale non potrà che disapprovare certe congetture avventate" (Eco [1990: 34]).

Insomma, anche se "ogni epoca applica i suoi codici di lettura" (Corti [1976: 18]), un testo non può significare qualsiasi cosa, ovvero a un testo non possiamo far dire tutto ciò che vogliamo: un testo può "significare molte cose, ma ci sono sensi che sarebbe azzardato suggerire", ossia c'è perlomeno qualcosa che il testo "non può effettivamente dire" (Eco [1990: 9]). In fondo, le parole continuano pur ad avere un significato letterale.

4.  A questo punto, dunque, sembra inevitabile affrontare il problema dell'interpretazione.

4.1. La produzione e l'interpretazione di un testo letterario sono sempre connesse a determinati periodi e culture. Pertanto, perché un lettore possa interpretare un testo letterario, sono indispensabili diversi tipi di conoscenza: (a) una conoscenza 'a dizionario', (b) una conoscenza 'a enciclopedia', e (c) una conoscenza 'pratico-empirica' (in cui si potrebbero far rientrare anche le strategie inferenziali). Di conseguenza, una conoscenza esclusivamente linguistica non è sufficiente per la comprensione/interpretazione di discorsi o testi, ma è necessaria una conoscenza più ampia e complessa. Inoltre, l'interpretazione è condizionata da molti fattori, i più importanti dei quali sono:

  • la conoscenza e la memoria;
  • la percezione: il testo percepito è sempre (alquanto) diverso dal testo-oggetto (testo fisico);
  • i contesti di produzione e di ricezione;
  • l'eventuale diversità dei codici usati dall'autore e dai riceventi;
  • il processo di mediazione (mercato culturale, pubblicità, ecc.);
  • l'elaborazione testuale;
  • gli scopi dell'interpretazione;
  • il pubblico cui è destinata una data interpretazione;
  • le aspettative dei riceventi.

Quando un ricevente interpreta un testo letterario ha a che fare con ciò che si può chiamare 'costruzione del testo'. Il termine 'costruzione' indica che un testo esprime/ manifesta un insieme di stati di cose o di situazioni con una specifica configurazione. Nel corso del processo interpretativo si possono distinguere, approssimativamente, tre momenti:

  1. anzitutto, mentre legge (o ascolta) un testo letterario o sue parti, l'interprete assegna - o almeno cerca di assegnare - riferimenti extratestuali agli oggetti, stati di cose, individui, ecc. del testo;
  2. in séguito, l'interprete organizza o riorganizza tutti i riferimenti extratestuali (ammesso che questi esistano) costruendo il mondo interno al testo (o mondo del testo) in modo tale che gli oggetti, gli stati di cose, gli individui, ecc. possano ora trovare o avere i loro riferimenti all'interno del testo stesso; di qui il suddetto processo di 'intensionalizzazione' testuale;
  3. infine, l'interprete può assegnare al testo (o a segmenti di esso) uno o più valori simbolici (3).

4.2. Tuttavia, bisogna sottolineare che è possibile analizzare sia la costruzione di un testo, sia il suo àmbito funzionale (ossia il testo nel suo contesto di produzione e/o ricezione) ed è proprio quest'analisi che si può chiamare 'interpretazione', e si possono distinguere diversi tipi di interpretazione (4). Infatti, sia la costruzione che l'àmbito funzionale possono venire analizzati o staticamente (donde un'interpretazione strutturale) e dinamicamente (donde un'interpretazione procedurale). Nell'interpretazione strutturale una struttura è considerata come un'approssimazione della presunta organizzazione statica intrinseca all'oggetto da interpretare, mentre nell'interpretazione procedurale una procedura è considerata come un'approssimazione della presunta organizzazione dinamica intrinseca all'oggetto da interpretare. E' anche necessario distinguere fra:

  • interpretazione naturale e interpretazione teorica: la prima viene eseguita da un lettore/ ascoltatore medio in una normale situazione comunicativa; la seconda è eseguita da un interprete teoricamente preparato secondo le esigenze di una teoria specifica;
  • interpretazione descrittiva e interpretazione argomentativa: la prima mira alla descrizione di una struttura e/o di una procedura; la seconda fornisce argomentazioni per la validità di tali descrizioni;
  • interpretazione esplicativa e interpretazione valutativa: la prima mira a costruire una struttura e/o una procedura; la seconda valuta una struttura e/o una procedura da un punto di vista storico, filosofico, morale, estetico, religioso, ideologico, politico, ecc.

E' quindi necessario che una teoria dell'interpretazione sappia rendere conto non solo del risultato dell'interpretazione, ma anche dello stesso processo interpretativo, ossia come opera/funziona l'interpretazione. Detto altrimenti: l'analisi deve essere dinamica, cioè deve spiegare in che modo procede un ricevente quando interpreta un testo. Naturalmente, nel caso dell'interpretazione naturale, un essere umano di solito non ha nessun programma prestabilito, e può perciò darsi il caso - e di solito si dà il caso - che un ricevente non rispetti l'ordine delle fasi stabilito da un'interpretazione teorica. Ad esempio, molto spesso la prima cosa che fa un normale lettore quando interpreta un testo letterario è di avanzare un'interpretazione valutativa, ossia esprime un giudizio estetico personale del tipo: "Questo testo è stupendo!", ovvero "Com'è brutto, questo testo!", e così via. Come è ben noto, la cosiddetta 'estetica della ricezione' ha dato molta importanza alla "libertà" del lettore di fare osservazioni personali sui testi letterari. Invero, a scuola, gli studenti dovrebbero essere continuamente invogliati a valutare personalmente i testi che leggono (che sono costretti a leggere), indipendentemente dal riconosciuto prestigio di cui gode un determinato autore. Ciò che va respinto o contestato è che l'interpretazione valutativa venga eseguita prima di (o perfino senza) eseguire gli altri tipi di interpretazione (descrittiva, argomentativa, esplicativa). Con l'assolutizzazione dell' interpretazione valutativa, l'estetica e l'insegnamento della letteratura si trasformano semplicemente in una pratica repressiva e dittatoriale, che impedisce di godere veramente del piacere del testo.


(1) Per quanto concerne lo ‘straniamento’ (o ‘deautomatizzazione’), una posizione in un certo senso analoga a quella formalista era già stata espressa, in Italia, da Pascoli nel famoso saggio Il fanciullino.

(2) Sui testi letterari come ‘mondi possibili’ v. Albaladejo [1986], Doležel [1999] e Vitacolonna [1989: 17-47; 1991]; cfr. anche Pavel [1992].

(3) A questo proposito v. Petöfi [1984] e Petöfi e Olivi, eds [1988].

(4) Per una trattazione più approfondita e formale si rinvia a: Petöfi [1986, 1996], Petöfi e Olivi [1989], Petöfi e Sözer [1988], Vitacolonna [1993].

Riferimenti bibliografici 

  • Albaladejo, T., 1986, Teoría de los mundos posibles y macroestructura narrativa, Alicante, Univ. de Alicante. 
  • Corti, M., 1976, Princìpi della comunicazione letteraria, Milano, Bompiani. 
  • Doležel, L., 1999, Heterocosmica. Fiction e mondi possibili, Milano, Bompiani. 
  • Eco, U., 1962, Opera aperta, Milano, Bompiani. 
  • Eco, U., 1990, I limiti dell'interpretazione, Milano, Bompiani.
  • Ejchenbaum, B., 1968 [1928], "La teoria del 'metodo formale'", in Todorov, ed. [1968: 29-72].
  • Jakobson, R., 1966, Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli.
  • Lotman, Ju. M., 1972, La struttura del testo poetico, Milano, Mursia.
  • Pavel, Th. G., 1992, Mondi di invenzione, Torino, Einaudi.
  • Petöfi, J.S., 1984, "Interpretazione di un testo e attribuzione di significati simbolici. Annotazioni al 'Frammento XXXVII' di Leopardi", in Galli, G., ed., Interpretazione e simbolo, Genova, Marietti: 133-154.
  • Petöfi, J.S., 1986, "I parallelismi di Jakobson dalla prospettiva di una teoria testuale semiotica", in Lingua e Stile, XXI, 2-3: 397-426.
  • Petöfi, J.S., 1996, "La lingua come mezzo di comunicazione scritta: il testo", in Petöfi, J.S., e Vitacolonna, L., eds Sistemi segnici e loro uso nella comunicazione umana. 3. La Testologia Semiotica e la comunicazione umana multimediale (= "Quaderni di Ricerca e Didattica", IX), Macerata, Univ. di Macerata: 66-107.
  • Petöfi, J.S., e Olivi, T., 1989, "Understanding literary texts. A semiotic textological approach", in Meutsch, D., e Viehoff, R., eds, Comprehension of Literary Discourse, Berlin-New York, W. de Gruyter: 190-225.
  • Petöfi, J.S., e Olivi, T., eds, 1988, Von der verbalen Konstitution zur symbolischen Bedeutung From verbal constitution to symbolic meaning, Hamburg, Buske.
  • Petöfi, J.S., e Sözer, E., 1988, "Static and Dynamic Aspects of Text Constitution", in Petöfi, J.S., ed., Text and Discourse Constitution. Empirical Aspects, Theoretical Approaches, Berlin-New York, W. de Gruyter: 440-477.
  • Salmon, W.C., 1979, Logica elementare, Bologna, Il Mulino.
  • Schmidt, S.J., 1980, Grundriss der Empirischen Literaturwissenschaft, I: Der gesellschaftliche Handlungsbereich Literatur, Braunschweig-Wiesbaden, Vieweg.
  • Schmidt, S.J., 1982, Grundriss der Empirischen Literaturwissenschaft, II: Zur Rekonstruktion literaturwissenschaftlicher Fragestellungen in einer Empirischen Theorie der literatur, Braunschweig-Wiesbaden, Vieweg.
  • Schmidt, S.J., 1983a, La comunicazione letteraria, a c. di C. Marello, Milano, Il Saggiatore.
  • Schmidt, S.J., 1983b, "The Empirical Science of Literature ESL: A New Paradigm", in Poetics, 12: 19- 34.
  • Segre, C., 1985, Avviamento all'analisi del testo letterario, Torino, Einaudi.
  • Todorov, T., ed., 1968, I formalisti russi, Torino, Einaudi.
  • Tomaševskij, B., 1968 [1928], "La costruzione dell'intreccio", in Todorov, ed. [1968: 305-350].
  • Vitacolonna, L., 1989, Per un paradigma semiotico del testo, Chieti, Vecchio Faggio.
  • Vitacolonna, L., 1991, "Los textos literarios como mundos posibles", in Castilla. Estudios de literatura, 16: 189-212.

Theorèin - Aprile 2004