Alla fine degli anni cinquanta, il primo esperto di traduzione automatica, Y. Bar-Hillel, mise in evidenza tutta una serie di difficoltà ed errori afferenti all'impresa della traduzione automatica, rilevando gli ostacoli che una macchina traduttrice avrebbe incontrato nel tradurre la seguente frase:
[9] The box was in the pen
interpretabile come (1) "La scatola era nel recinto" oppure come (2) "La scatola era nella penna". Naturalmente, qualsiasi parlante inglese opterebbe subito per la prima interpretazione, in quanto sa che un contenitore è sempre più grande del contenuto e che, quindi, una penna non può contenere una scatola. Ora, questi e altri fatti analoghi non possono essere codificati direttamente nel sistema, perché - come osserva Bar-Hillel - "questo suggerimento equivale a chiedere che alla macchina per la traduzione si fornisca non solo un dizionario, ma anche un'enciclopedia universale. Il che è del tutto chimerico, e non vale la pena discuterne ulteriormente" (cit. in Haugeland [1988: 163]). Insomma, una macchina non può conoscere tutto quello che conosce un essere umano
(10). Ed è proprio su questo che ora vorrei soffermarmi, seppur brevemente e schematicamente.
Anzitutto alcuni dati. Il cervello umano contiene circa 100 miliardi di neuroni; dato che ogni neurone può stabilire da 1.000 a 10.000 connessioni sinaptiche, allora si ottiene un totale di 100.000 miliardi di interconnessioni, cioè "almeno 600 milioni di connessioni per millimetro cubo di sostanza cerebrale" (Maffei [1998: 9-10]). Ciò significa, fra l'altro, che, sebbene un singolo neurone non possa svolgere "nulla di simile a un'operazione aritmetica in virgola mobile su operandi a 64 bit", tuttavia, mediante un migliaio di connessioni, un solo neurone registra più di 64 bit di informazione (Haugeland [1988: 158]). Inoltre, mentre quasi tutti gli attuali calcolatori elaborano le informazioni in modo seriale, ci sono molti argomenti per ritenere che il nostro cervello funzioni in parallelo (11). Per dirle con Johnson-Laird [1990: 165]: "Il cervello, diversamente dal convenzionale computer digitale, non è un congegno con un unico processore. Infatti, benché il flusso dell'esperienza cosciente sembri essere seriale, molti processi avvengono in parallelo.
In secondo luogo, possiamo immaginare la memoria come un immenso magazzino di conoscenze, un superarchivio in cui sono registrati miliardi di fatti e informazioni. Ora, in un normale archivio "non c'è nulla di complicato nell'avere tonnellate di classificatori, anche interi edifici pieni di essi; e non c'è bisogno di molta intelligenza per aprire un cassetto ed estrarne una cartelletta. La difficoltà sta nel tenere conto di tutto, in modo che quando il capo vuole una certa cosa (ad anni di distanza, naturalmente), nessuno debba perdere tempo a rovistare fra migliaia di singole cartellette. La soluzione abituale consiste in un'organizzazione precisa con tanto di indici, suddivisioni per categorie e gran copia di rimandi incrociati. Quindi, se il buon senso è davvero analogo a un sistema di archiviazione, la chiave della sua efficienza dovrebbe stare nella sua organizzazione (che in effetti deve essere ben ingegnosa). In IA questo è il problema dell'accesso alla conoscenza o della rappresentazione della conoscenza" (Haugeland [1988: 183]).
La conoscenza, al pari della memoria, non è univoca (12) . Precedentemente si è distinto fra memoria semantica e memoria episodica. E' possibile instaurare un raffronto correlativo - con parziali sovrapposizioni o coincidenze - fra questi due tipi di memoria e i seguenti quattro tipi fondamentali di conoscenze: (13)
- lessicale: è quella conoscenza basata sulle informazioni fornite da un dizionario e che mi permette di sapere, ad es., che "libro" è un sostantivo maschile singolare (ovvero un nome comune di cosa);
- enciclopedica: è quella conoscenza basata sulle informazioni fornite da una enciclopedia e che mi permette di sapere, ad es., che Manzoni è l'autore del romanzo I promessi sposi;
- empirico-pragmatica: è quella informazione basata sulle informazioni fornite da esperienze personali e altrui e che mi permette di sapere, ad es., che non posso andare sull'Everest in bicicletta; questo tipo di conoscenza è connessa a (e dipende da) ciò che si potrebbe chiamare 'memoria pragmatica';
- testuale: è quella conoscenza che deriva da fattori semiotici co(n)testuali, spesso storicizzati e codificati.
Accanto a queste conoscenze si pongono i vari processi inferenziali (inferenza, deduzione, induzione, abduzione,implicatura, implicitazione, sillogismo, ecc.) (14). Non mi sembra necessario dilungarmi troppo su questi processi inferenziali, anche se ad essi dovrò fare ricorso più oltre.
Invece ritengo opportuno - o perlomeno interessante - soffermarmi sul concetto di frame. Questo concetto si è affermato nell'àmbito dell'IA e grazie a determinate strategie testuali.(15)
Un frame - scrive van Dijk [1980a: 243] - "denota una struttura concettuale della memoria semantica e rappresenta una parte della nostra conoscenza del mondo". E Minsky lo definisce così: "Si tratta di una inquadratura rimemorata che deve adattarsi alla realtà, se necessario mutando dei dettagli. Un frame è una struttura di dati che serve a rappresentare una situazione stereotipa, come essere in un certo tipo di soggiorno o andare a una festa di compleanno per bambini. Ogni frame comporta un certo numero di informazioni. Alcune concernono ciò che qualcuno può aspettarsi che accada di conseguenza. Altre riguardano quello che si deve fare se queste aspettative non sono confermate" (cit. in Eco [1979: 80]). E così, ad es., il frame 'RISTORANTE' includerebbe certi oggetti, individui, fatti, azioni, comportamenti, situazioni, ecc. di questo tipo: camerieri, tavoli, sedie, cibo, ordinare, mangiare, bere, pagare, ecc. Pertanto, entrando in un ristorante, ci possiamo tranquillamente aspettare di vedere delle bottiglie in fila su uno scaffale, o magari anche un piccolo acquario al centro della sala da pranzo; resteremmo invece sorpresi se, entrando, trovassimo al centro della sala un elefante. Infatti, l'elefante non rientra nel frame 'RISTORANTE'.(16)
Vorrei proporre, ora, un esempio per mostrare come la nozione di frame, da una parte, e i vari tipi di conoscenza e di processi inferenziali, dall'altra, contribuiscano - anzi, siano indispensabili - all'interpretazione di un testo. L'esempio è costituito da un breve testo anonimo in inglese, intitolato Castaway (traducibile con 'Rifiuto')(17):
[10] He grabbed me round my slender neck,
I could not shout or scream,
He carried me into his room
Where we could not be seen
He tore away my flimsy wrap
And gazed upon my form ---
I was so cold and still and damp,
While he was wet and warm.
His feverish mouth he pressed to mine ---
I let him have his way ---
He drained me of my very self,
I could not say him nay
He made me what I am. Alas!
That's why you find me here…
In base alle nostre conoscenze del mondo, nonché a inferenze di vario tipo, possiamo costruire (o meglio, possiamo sfruttare) per questo testo il frame 'STUPRO' (o qualche frame analogo). Questo perché il testo contiene elementi/situazioni come "strappar via un indumento", "baciare con violenza", "cedimento", ecc., ossia elementi/situazioni tipici di un atto di violenza sessuale. Quando però leggiamo gli ultimi due versi della poesia, siamo costretti a una Umdeutung, a una reinterpretazione, che ci porta a ristrutturare il frame da noi appena costruito/sfruttato. Ecco, infatti, gli ultimi due versi del testo:
[11]A broken vessel --- broken glass ---
That once held Bottled Beer (18).
A questo punto, dobbiamo costruire/sfruttare un nuovo frame, ossia 'BERE UNA BIRRA (DIRETTAMENTE DALLA BOTTIGLIA)'. Individuato questo nuovo frame, l'intero testo acquista un nuovo significato.(19)
La nozione di frame sembra particolarmente interessante e utile anche in rapporto ad altre due questioni strettamente connesse alla memoria, quella relativa ai riassunti dei testi e quella relativa ai modelli mentali. Anche qui la trattazione sarà più di natura informativa che analitico-argomentativa.