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Il 1916 rappresenta una tappa significativa dell' "itinerario" di Pirandello al teatro. Fin dalla giovinezza (già diciannovenne) oscillò tra la chiara volontà di entrare con i propri lavori nei rapporti produttivi e professionali di questo mondo e la progressiva rassegnazione che lo accompagnò negli ultimi tentativi di far rappresentare i suoi numerosi e in gran parte sconosciuti drammi giovanili. Questi tentativi si protrassero fino ai trenta anni compiuti, inducendolo a dire in una lettera ai familiari del 26 luglio 1897:
"Non mi resta che fabbricarmi un teatrino di marionette per mettervi in scena da me tanto
L'Epilogo quanto Una Signora".
Va sottolineato che Pirandello scrisse tra i venti e i trent’anni almeno nove drammi e che tra i trenta e i quarantacinque anni non ne scrisse neppure uno.
Ma c’e ancora un'altra tappa che va evidenziata nell'itinerario di Pirandello al teatro e che è testimoniata dalla collaborazione con Nino Martoglio a cui si deve la rinascita del teatro siciliano.
Personaggio eclettico, dagli svariati interessi culturali, Martoglio fu pubblicista, poeta dialettale, regista cinematografico e scenografo, fertile commediografo, organizzatore di convegni, di poeti dialettali, fu soprattutto un appassionato direttore di compagnie teatrali, scopritore di attori di talento e a lui si deve la rinascita, o meglio la nascita del teatro siciliano.
Sebbene si possa parlare di teatro dialettale siciliano sin dalla seconda metà del ‘700 con le vastasate e la rappresentazione de
I Mafiusi di la vicaria di Gaspare Mosca e Giuseppe Rizzotto nel 1863 la situazione del teatro siciliano, al tempo di Martoglio, era quella di un teatro a cui mancava un repertorio, circolavano soli pochi canovacci drammatico-passionali e mancava un cast valido ed organico di interpreti.
Martoglio si impegna alla realizzazione del progetto di una compagnia teatrale con un repertorio che superi i "drammoni patetico–sentimentali", le "farse" e i semplici canovacci, puntando alla collaborazione con gli scrittori isolani di maggior prestigio.
In una intervista rilasciata nel 1906 Martoglio afferma :
"Io voglio rispecchiare, con la dovizia che ho di lavori paesani dei più illustri scrittori nostri, tutte le facce del brillante poliedro che è l’anima popolare della nostra gente, e nelle diverse classi, e in tutte le gradazioni sociali, soffermandomi d’avvantaggio su tutto quanto vi è in Sicilia di più caratteristico, colorito e mite insieme.
Con ciò non è detto che non avrò anch’io dei drammi passionali e violenti, ma essi non saranno il fulcro del mio repertorio.
Questo sarà, invece, rappresentato da lavori pieni di freschezza e di poesia, pur essendo vivi ed interessanti […].
Ho molti lavori che vado raccogliendo da tre anni a questa parte, pel mio scopo, ne ho di scrittori illustri e darò certe primizie che solleveranno a rumore il campo letterario e teatrale".
Intanto già tre anni prima di questa intervista (1903) era nata la "Compagnia Drammatica Dialettale Siciliana" i cui componenti erano, tra gli altri, Giovanni Grasso, Angelo Musco, Marinella Bragaglia e Totò Majorana.
Gli stessi che nel 1902 erano stati oggetto di una critica positiva da parte di Stanis Manca in occasione di alcune recite di beneficenza al teatro Argentina, in cui per la prima volta il teatro siciliano si impone all’attenzione nazionale.
E’ in seguito a queste iniziative culturali e teatrali che Pirandello decide di collaborare con Martoglio, accogliendo le sue sollecitazioni a comporre opere per la Compagnia Siciliana di teatro.
Nel 1910 Pirandello dà a Martoglio due atti unici, La morsa e Lumìe di Sicilia; quest’ultimo verrà ripreso da Musco nel luglio del 1915 e sarà la sua prima interpretazione pirandelliana.
A spingere Musco verso Pirandello, con la mediazione di Nino Martoglio (che fu lo scopritore dell’attore catanese), fu la necessità di arricchire il proprio repertorio con lavori di autori siciliani significativi evitando testi stranieri spesso tradotti alla meglio.
Ma tale incontro non fu dettato solo da motivi di repertorio.
Infatti, la personalità artistica di Musco non era riducibile ad un modello di attore dialettale comico specializzato in determinate caratterizzazioni farsesche, dato che "la sua attività, i suoi contatti culturali e infine il suo stile interpretativo raggiunsero una dimensione nazionale e sovranazionale che lo sollecitarono ad aprirsi ad un teatro più complesso.
E lo stesso Pirandello, del resto, scrisse le sue opere dialettali più mature pensando ad un attore come Musco di cui aveva intuito potenzialità attoriali adatte ai suoi personaggi.
Nell’ incontro Musco-Pirandello va sottolineato un passaggio da parte di entrambi.
L’attore catanese, divenuto ormai capocomico si diversifica dalle gestioni delle compagnie teatrali precedenti sia aprendosi a prospettive nazionali sia accentuando un rapporto "imprenditoriale" con gli autori che gli permetta di crearsi un repertorio adatto a sé e ai suoi compagni.
Pirandello da parte sua da autore entra sempre più in un ruolo registico imprenditoriale che prima non aveva.
Quindi la svolta vera e propria del teatro pirandelliano va individuata nel 1916, data nella quale si realizza la produzione dialettale più significativa.
Di quest’anno sono Pensaci Giacuminu, ‘ A Birritta cu’i ciancianeddi, Liolà e ‘A
giarra, tutti interpretati dallo stesso
Musco.
Si può dire che Pirandello dal 1916 in poi è definitivamente inserito nei rapporti produttivi del teatro, delle compagnie e dei primi attori.
In altre parole Pirandello si è, ormai, incontrato con la scena vera e propria.
Una delle opere in cui è particolarmente evidente l’incontro di Pirandello con il mondo e gli uomini di teatro è
il Berretto a sonagli.
Opera complessa e significativa nel panorama teatrale pirandelliano permette una lettura che è possibile fare a più livelli.
La sua stessa travagliata genesi sia compositiva che scenica ne fanno un lavoro particolarmente indicativo del rapporto multiforme e spesso contraddittorio di Pirandello con il teatro.
Il Berretto a sonagli si configura come un'importante laboratorio linguistico e scenico.
Le sue stesse varianti testimoniano una serie di operazioni che Pirandello svolse a più riprese avendo come obiettivo una resa sulla scena di maggior sintesi ed efficacia.
Ne è prova l’alleggerimento della struttura linguistica del testo ancora troppo letterario e l’attenzione che mostra verso gli aspetti più concreti del fare teatro come i costumi, la scenografia e lo stile recitativo.
La Birritta cu’ i ciancianeddi si caratterizza pertanto per un accurato ed insistente lavoro di correzione e di rielaborazione che ne fanno una delle più riuscite esperienze del teatro siciliano.
Theorèin - Agosto 2002
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