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EDUARDO INTERPRETE DE
IL BERRETTO A SONAGLI (parte 2)
Eduardo attore Eduardo non fu semplicemente un attore, ma uomo di teatro, immerso da sempre nelle atmosfere, nei rapporti, nella quotidianità di una famiglia che fu il simbolo della tradizione napoletana.
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Fare teatro per Eduardo era dire la vita:
"La mia vera casa è il palcoscenico, là so esattamente come muovermi, cosa fare: nella vita sono come uno sfollato".
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Questo aspetto totalizzante è riscontrabile, tra l’altro, nella complessità della sua recitazione in cui si fondono vari ruoli: l’attore, l’autore e il regista.
Nel suo rapporto d’attore con il personaggio che interpreta, confluivano l’esperienza dell’autore e del regista che gli permetteva una visione, al tempo stesso, complessa eppure differenziata del fatto scenico nei vari elementi che lo compongono.
La sua recitazione rifacendosi ad una antica tradizione che da sempre aveva valorizzato la comunicazione diretta del gesto e della parola, si caratterizzava per il modo originale di esprimersi, prolungando con suoni, borbottii, risatelle beffarde la battuta, caricandola di un’efficacia espressiva che oltre al suono comunicava l’emozione dell’uomo.
La recitazione di Eduardo dava, quindi, sempre un’impressione complessiva di naturalezza che egli stesso tuttavia spiegava così:
"La recitazione naturale è la cosa più difficile e costruita che ci sia".
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ed aggiungeva:
"...l’attore deve misurarsi, controllarsi, costringersi ininterrottamente. Mai commuoversi o immedesimarsi […] se il personaggio gli è estraneo, meglio ancora".
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Eduardo, inoltre, aveva un’arte particolare nel richiamare l’attenzione sul suo volto, senza però mai deformarlo al punto da far prevalere la maschera,
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grazie anche ai continui ma impercettibili mutamenti di espressione che conferivano alla sua recitazione una “ineffabilità” comunicativa.
Eduardo in quello che resta il suo ragionamento artistico più pregnante centrò il problema fin dal titolo: The Intimacy of Actor and Character.
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Il rapporto di creazione, per lui, passava attraverso l’intimità dell’attore e del personaggio. Scrisse in proposito che la profondità a teatro può venire solo dall’intimità, da ciò il seme della sua originalità.
Eduardo e la televisione L’occasione di parlare del particolare rapporto che Eduardo ebbe con il mezzo televisivo è data dal fatto che l’ultimo allestimento del Berretto a sonagli fu realizzato per la televisione. (33) Esso si colloca nel quarto ed ultimo ciclo televisivo di registrazioni de - Il Teatro di Eduardo- 1977-81. Oltre al Berretto questo ciclo televisivo comprendeva Natale in casa Cupiello (1931-34), Il Cilindro (atto unico 1965), Gennareniello (1932), Quei figuri di tanti anni fa(1929), Le voci di dentro (1948), Il Sindaco del Rione Sanità (1960), Il contratto (1967), ed infine Il Berretto a sonagli ultimo ad essere trasmesso il 20 giugno 1981. Questo allestimento televisivo di Eduardo fu soprattutto l’ultima testimonianza dell’evoluzione del suo rapporto con questo mezzo di comunicazione. Evoluzione che partendo dal lontano 1962, anno del primo ciclo televisivo, pose a Eduardo dei problemi sulla natura della relazione teatro-televisione. Fin dall’inizio Eduardo considerava non occasionale il contatto con questo mezzo, ma lo vedeva inserito all’interno di un progetto culturale che diventò un vero e proprio progetto drammaturgico nelle ultime registrazioni, potendo utilizzare anche maggiori conoscenze sul mezzo stesso. In effetti tra il primo ciclo e l’ultimo (1962-1977), il cambiamento di stile si configurò grazie ad una sempre più precisa poetica della teatralizzazione della messa in scena televisiva. Pertanto utilizzò l’immagine televisiva per sottolineare la finzione teatrale, sia attraverso un uso sistematico del primo piano, sia attraverso l’uso del colore in chiave simbolica e antinaturalistica. (34) A Eduardo interessava la televisione come mezzo per diffondere il suo teatro. Egli riuscì a piegare il mezzo televisivo al linguaggio del teatro fino a farne un documento vivo della sua arte, continuando a far vivere i suoi personaggi nati per il palcoscenico, dando alle telecamere il compito di sostituirsi all’occhio dello spettatore. Anche se, in realtà, Eduardo è ben consapevole che queste registrazioni non possono conservare l’unicità del rapporto spettatore-attore. Egli ironicamente sottolinea questa assenza nelle ultime edizioni ricostruendo una finta platea, alla quale dietro le finte quinte si vedono gli attori inchinarsi a spettacolo concluso, ad indicare che il teatro, quello vero non è lì ma altrove. Tutte queste caratteristiche del peculiare modo con il quale Eduardo usò il mezzo televisivo sono particolarmente evidenti nell’allestimento televisivo del Berretto a sonagli. Si evidenzia in questa messinscena particolarmente la rarefatta interpretazione dell’artista napoletano che non poggia più sull’immediatezza del confronto nel dialogo con gli altri personaggi o sull’arguzia dei ragionamenti del protagonista. A Eduardo bastano minimi ed impercettibili movimenti del viso per mostrare i movimenti dell’anima di Ciampa, spesso nel semplice ascolto delle battute allusive di Beatrice, momenti in cui la telecamera inquadra in primo piano il volto di Eduardo. Del resto è significativo che l’attore nell’adattamento in napoletano, con un procedimento drammaturgico autonomo dal testo pirandelliano, taglia alcune battute interlocutorie nel monologo delle “tre corde”, nel primo atto, e in quello finale del secondo atto. Questa operazione di rafforzamento dei momenti di svelamento dell’intimità di Ciampa, rivela la volontà di Eduardo di evidenziare, come per molti suoi personaggi, l’isolamento del protagonista rispetto agli altri. Un isolamento che acuisce anche l’incomprensione e l’ostilità degli altri personaggi. Aumentata la distanza dai suoi interlocutori il Ciampa di Eduardo diventa un uomo rassegnato al suo destino, con dei ritmi interiori che scandiscono un suo percorso trasversale rispetto a quello dei suoi antagonisti. Dal Ciampa di Pirandello al Ciampa di Eduardo
(Un itinerario attraverso le recensioni dal 1936 al 1980)
Il Ciampa pirandelliano costituisce uno dei personaggi in cui maggiormente si realizzò l’intimità con Eduardo, grazie ad una interpretazione che si andò approfondendo nel tempo, ma sempre conservando una dolorosa interiorità, una capacità intrinseca di lettura poetica delle sfumature del dolore, una ironia leggera e disincantata, una raffinata modulazione dell’espressività.
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Eduardo ha iniziato a rappresentare Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello dal 1936.
Scorrendo le recensioni da quella lontana data, alle ultime, risalenti alla fine degli anni Settanta, è possibile recuperare una storia interpretativa di questa opera, originale e per certi aspetti unica, che ci conduce da un Eduardo interprete di Pirandello a un Eduardo interprete di se stesso.
La prima tappa di questo percorso è ben evidenziata nelle recensioni che vanno dal 1936 al 1939
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periodo che coincide con il primo allestimento teatrale, i cui i principali interpreti furono, oltre che Eduardo nel ruolo di Ciampa, Titina De Filippo nel ruolo di Beatrice, Peppino De Filippo in quello di Spanò, Pietro Carloni in quello di Federico e Tina Pica nel ruolo della Saracena.
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In questi anni, Eduardo ha interpretato Il berretto a sonagli in importanti città, come Roma, Napoli, Milano, Genova, Bari e Bologna, ottenendo ovunque l’attenzione della critica. Dalle primissime recensioni
(1936-39) emerge un Eduardo ancora inserito in un repertorio comico che viene avvertito dai critici come suo peculiare. Bastava infatti citare la Compagnia De Filippo per evocare:
"una folla di visioni gaie, colorite, sornione, un’onda di spensieratezza e di buon umore".
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Ma si comincia a notare anche un Eduardo capace di modulare la recitazione verso uno stile più orientato ad esprimere l’umanità del personaggio Ciampa, in linea con la sensibilità di Pirandello.
L’anonimo cronista della Gazzetta del Mezzogiorno nel 1938,
fa notare che:
"è un lavoro, quello pirandelliano, che si distacca nettamente dal repertorio abituale dei De Filippo, ma che pare fatto a posta per la interpretazione di Eduardo e di Titina".
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Saverio Procida, dal canto suo, sottolinea nel 1937, che Eduardo era riuscito a rendere:
"la figura patetica ed ermetica [di Ciampa] come l’ha immaginata Luigi Pirandello col dolore senza suono, con l’umanità senza ornamenti".
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Non manca neanche chi compie un vero e proprio confronto con Angelo Musco, riconoscendo ad Eduardo l’arte di avere saputo rendere un Ciampa “umanissimo” rispetto a quello “frenetico” dell’attore siciliano.
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Ma se Eduardo è visto dalla critica ancora come semplice interprete pirandelliano, già si avverte, d’altro canto,un’arte che optando per uno stile più pausato e lento, sembra rivelare uno stile altamente personale che si discosta dalla
"scarna rapida e talora vorticosa dialettica pirandelliana.
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Insomma, già dalle recensioni degli anni 30, emerge un Eduardo, che pur vincolato ad un repertorio comico, e tutt’uno con la Compagnia De Filippo, insieme al fratello Peppino e a Titina, comincia ad imporre una sua peculiare sensibilità artistica ed umana. cresce l’esperienza di Eduardo, tanto più sembra crescere e dilatarsi il suo Ciampa, acquisendo caratteri precisi, fino a diventare una “figura potente” e “umanissima”.
A tal proposito Saverio Procida scrive:
Quale potente figura Edoardo De Filippo ha plasmato iersera! Che toni intensi nella scelta della battuta, dosata con la scrupolosità di un pesatore di sentimenti! Non un tradimento della comicità sulla ingente mole dell’ironia. Non una esitazione fra colorito e accento,
reso con uno stile improntato ad una sapiente “graduazione” del gesto e della battuta:
"[…]lungo i due atti, Eduardo ha dato anima e corpo, voce e intensità dolorosa alla tormentata figura del Ciampa, graduandone il dramma con una misura rara e una intensità stupenda",
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caratteristica che lo stesso Procida sottolinea scrivendo:
Edoardo ha iersera toccato la vetta dell’arte sua, per il disegno del carattere di “Santo Ciampa”, per l’aurea chiarezza dello stile nella semplicità dei mezzi scenici, per la graduazione del tumulto interiore
(45)
Un Eduardo, insomma, che imprime alla messa in scena una “concertazione” che nella:
"rappresentazione aveva raggiunta la sua suprema finalità artistica: lo specchio della vita, nel suono della battuta, nel gesto della parola. Una concertazione, insomma, che i maggiori registi potrebbero invidiare".
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Dato comune alla critica degli anni '40
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è l’attenzione all’arte recitativa di Eduardo. Questo degli anni '40 si presenta come il secondo allestimento teatrale, dove è evidente l’assenza di Peppino che venne sostituito nella parte di Spanò da Giovanni Amato e poi nel 1950 da Aldo Giuffrè.
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In tal modo la Compagnia si configurò come tutta incentrata sulla personalità di Eduardo.
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Dalle recensioni non si evidenzia più il problema della fedeltà al suo repertorio comico, neanche più viene sottolineato il confronto tra il Ciampa eduardiano e la "dialettica pirandelliana".
Quello che emerge, invece, è uno sguardo della critica verso un Ciampa sempre più personale e contestualmente vicino al mondo dell’attore napoletano.
Eduardo è presentato come "un mirabile direttore d’orchestra di se stesso, con una padronanza ammirevole"
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,ed ancora nel "Domani d’Italia" il commento è incentrato su Eduardo che ha fatto
appello a tutte le sue più intime risorse tecniche ed artistiche, superando se stesso"
(51)
Eduardo è ormai presente nei giudizi della critica come interprete "dalle tante corde",
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capace di apportare un contributo tanto originale alla rappresentazione, da arricchirla ulteriormente di quelle numerose sfumature che ci rimandano al suo itinerario sempre più consapevole di autore e capocomico. Vincenzo Talarico a tal proposito scrive nel dicembre del '46:
A questo bizzarro dramma Eduardo e Titina De Filippo hanno prestato la potenza e la suggestione della loro arte singolare, aggiungendovi quell’estro e quella melanconia che sono a loro particolari creando così, un capolavoro del più penetrante umorismo".
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Al punto che viene implicitamente riconosciuta l’assimilazione del personaggio di Ciampa al mondo poetico di Eduardo, già così strutturato ed evidente nei personaggi di sua invenzione
(54)
Insomma Il berretto a sonagli è ormai considerato nel 49-50, dal giudizio unanime della critica, un "cavallo di battaglia"
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del repertorio eduardiano, al punto che
"del pirandelliano Ciampa, Eduardo ha fatto uno dei personaggi più dolorosi e irresistibili del suo repertorio.
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Gli anni '60 (stagione 1961-62 e stagione 1964-65) sono caratterizzati dalla presenza di due allestimenti teatrali. Nel primo appare nel ruolo di Beatrice, Regina Bianchi e in quello di Spanò, Ugo D’Alessio, nel secondo appare nel ruolo di Spanò l’ormai affermato Franco Parenti.
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Gli anni '60
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sono gli anni della commemorazione di Pirandello, anni nei quali Eduardo porta il suo
Berretto a sonagli oltre che in Italia anche all’estero.
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Paradossalmente l’Eduardo che commemora Pirandello è ormai un Eduardo che viene posto dalla critica di fronte al maestro siciliano nel suo pieno e ben distinto mondo poetico e creativo.
In tal modo
egli appare in tutta la sua complessità di uomo di teatro, nel quale, accanto al sempre riconosciuto valore di attore, vengono coerentemente evidenziati dalla critica, i pregi della sua regia e delle sue qualità di drammaturgo, trasfuse anche nel suo adattamento in napoletano del Berretto a sonagli.
Nell’allestimento del 1962 appaiono alcuni motivi che ritroveremo anche in altre recensioni successive.
Innanzitutto il riconoscimento della
"Maestria del capocomico, che sa trasmettere ai suoi attori i segreti del vivere artisticamente una parte".
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A Eduardo è ormai attribuito a pieno titolo il suo ruolo registico, tanto che Carlo Terron nel Corriere Lombardo
scrive:
"In una regia nella quale la precisione e la graduazione del concerto sono state poste al servizio della più rigorosa fedeltà alla parola e ad ogni minima indicazione dell’autore, Eduardo ha inserito o,meglio sarebbe dire, ha insinuato la propria creazione di interprete con un arte ormai così decantata, limpida e pura da apparire indifesa".
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Naturalmente dalle sfumature con cui viene definito il suo ruolo di regista si nota che Eduardo viene collocato,come spesso gli accade, al confine fra tradizione e innovazione.
La sua regia, infatti, si configura come organizzata secondo i modi tipici della tradizione che ha nel capocomico la sua figura emblematica. Tuttavia, questa stessa regia negli sviluppi e negli effetti che raggiunge, con l’essenzialità e l’armonia che comunica, tocca punte di evidente modernità.
L’autorevolezza di artista che Eduardo consegue in questi anni, è paradossalmente evidenziata da una critica di De Monticelli, che proprio sottolineando la distanza di Eduardo da Pirandello, in realtà fa risaltare l’autonomia della complessità artistica dell’attore-autore napoletano.
De Monticelli coglie la diversità da Pirandello in due elementi: la trasposizione in dialetto che "vela un poco la lucida consequenzialità, l’inesorabile progredire [del testo pirandelliano in lingua]" e la recitazione "troppo smorzata, intensa sì, ma sommessa; e questo è un dramma che grida"
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In realtà, appunto, in questi elementi la maggior parte dei recensori individua le note originali e positive dell’allestimento. Fulvio Palmieri, nella messinscena del 64, sintetizza proprio nell’incontro con Pirandello la: "[…]definitiva impostazione della personalità di Eduardo, come attore e come autore".
Il titolo stesso del suo articolo Un Pirandello napoletano evidenzia la natura tutta eduardiana cui è giunto lo spettacolo.
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Basta, infatti, considerare il progressivo spazio che occupa nelle recensioni l’operazione di adattamento in napoletano compiuta da Eduardo, per comprendere come questa stessa operazione sia avvertita dalla critica, perfettamente integrata ed in linea con i tempi, le pause e i toni della sua interpretazione.
In altre parole, anche in questa opera non direttamente sua, la critica di questo periodo dimostra di avere compreso e accettato il ruolo dell’adattatore o del drammaturgo, implicito nella definizione di Eduardo “attore che scrive”. A tal proposito Sandro De Feo associa:
"la più gentile e cordiale parlata napoletana", che discioglie: "i duri nodi del passionale raziocinare dell’eroe pirandelliano", al tempo di Eduardo, "i suoi “piano” strazianti, le sue pause dolorose, i suoi silenzi […], la sua amara saggezza, la sua immensa civiltà e grecità". Così: "il suo Ciampa è davvero suo, […] con una forza di verità e di persuasione che deriva più dalla grande verità dell’attore che dai ragionamenti del testo".
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Ma dov’è che si conferma il valore drammaturgico della traduzione in napoletano compiuta da Eduardo sul Berretto a sonagli?
Tale questione è particolarmente approfondita da Nicola Chiaromonte in un articolo del 65, che individua nel Ciampa di Eduardo un fedeltà tutta particolare al testo pirandelliano.
Questo, infatti, per essere reso avrebbe avuto bisogno di uno stile recitativo più freddo e distanziato, capace di rendere la particolare concettosità filosofica della dialettica pirandelliana.
Eduardo, invece, scegliendo il dialetto napoletano, pur immettendo una naturalità che svela le ragioni dell’umanità di Ciampa, non gli toglie quelle dell’intelletto e dei concetti.
Ciò che Nicola Chiaromonte mette in dubbio è la capacità del dialetto di esprimere, senza perdere la sua carica naturalistica, alcune parti fondamentali del testo del Ciampa pirandelliano: il passaggio da uno stile farsesco, insito nel monologo delle tre corde, al carattere raziocinante e serio di quello dei pupi, fino al monologo finale della pazzia, così inesorabilmente freddo e grottesco. Eppure Eduardo riesce:
"a graduare mirabilmente il passaggio dalla prima immagine farsesca, alla seconda, che è intellettuale, e poi a tenere in sordina il carattere violentemente raziocinante della tirata, la quale nel testo segna ne più ne meno che l’esplosione della coscienza di Ciampa, l’annuncio della sua verità e, di conseguenza, il passaggio dell’azione dal piano naturalistico a quello intellettuale".
(65)
Giungiamo,dunque, alla fine degli anni '70
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(stagione teatrale 1979-80), periodo caratterizzato dall’ultimo allestimento teatrale di Eduardo. Vi appaiono Angelica Ippolito nel ruolo di Beatrice, Sergio Solli in quello di Spanò, Luca de Filippo in quello di Federico, e Concetta Barra nel ruolo della Saracena.
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L’arte di Eduardo è divenuta ormai così consapevole e grande, che quasi non ha più bisogno di segni esterni per esprimersi. Il dolore di Ciampa, del pirandelliano Ciampa è reso con i silenzi, come se Eduardo non recitasse più. Egli
"smozzica parole, distilla sillabe, nel sussurro di uno sconforto atroce".
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L’arte di Eduardo sta nel fatto che aggiunge sottraendo".
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Eduardo è andato oltre Ciampa.
La sua "interpretazione è più autobiografia che rappresentazione"
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per raggiungere davvero "un’arte dell’essenzialità,
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nella quale "Pirandello resta come una partitura, la cui esecuzione diventa differente ogni sera: e non tanto per i virtuosismi di Eduardo […] quanto perché questo Ciampa è essenzialmente piuttosto un Eduardo al quadrato".
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Le recensioni, dunque, ci hanno permesso di individuare un percorso originale di Eduardo interprete del Berretto a sonagli di Luigi Pirandello.
Dal lontano 1936, quando Il berretto fu rappresentato da Eduardo per la prima volta, insieme al fratello Peppino e a Titina, fino all’ultimo allestimento (1979-80), è trascorso circa un quarantennio.
I primi anni sono stati quelli in cui Eduardo ha cercato di delineare lo stile e i caratteri di una interpretazione propria, che però ha dovuto confrontarsi con un repertorio comico legato alla tradizione e che quindi ha impresso alla sua recitazione un carattere espressivo particolarmente variegato, capace di delineare, nella maturazione della coscienza di Ciampa, un vero e proprio percorso di stati d’animo, varianti dalla mitezza raziocinante alla tragedia vera e propria.
Ma già dagli anni '40 è emerso un Eduardo attore che ha approfondito ulteriormente la coscienza della sua arte, rendendo l’intero allestimento incentrato sulla sua interpretazione, caratterizzata da un tipo di recitazione più sfumata e graduale e perciò perfettamente omogenea all’operazione di “riscrittura” e di ambientazione in dialetto napoletano.
Giungiamo così agli anni '60. La sua drammaturgia di attore e di autore si presenta orientata più verso le ragioni del cuore e dello svelamento solidale dell’umano, che verso quelle più intellettualistiche e filosofiche di Pirandello, di fronte al quale Eduardo si pone con la coscienza matura di un autore ormai forte della sua scrittura e del suo mondo poetico.
Arriviamo così agli anni '70, anni nei quali Eduardo ha raggiunto l’arte "dell’impassibilità", ovvero un’arte recitativa così sapientemente decantata da apparire quasi distaccata, “impassibile”, nella quale però si concentrano i motivi più profondi e toccanti del mondo poetico eduardiano, quel suo guardarsi recitare, quel senso riflesso della vita, che per Eduardo è il teatro tout court.
L’Eduardo dell’ultimo allestimento teatrale sembra quasi non recitare più, di tanto, infatti, l’uomo è andato oltre il personaggio. Eduardo ha superato Ciampa e così la sua recitazione è diventata più autobiografia che rappresentazione.
cfr.,FEDERICO FRASCANI, Eduardo, Guida, NAPOLI 1974;
ID.Eduardo segreto Delfino, NAPOLI 1982;
G. ANTONUCCI, Eduardo De Filippo, Le Monnier, FIRENZE 1981;
E. GIAMMATTEI, Eduardo de Filippo, La Nuova Italia,
FIRENZE 1982;
F. DI FRANCO Eduardo da… cit.;
M. GIAMMUSSO, Vita… cit. .Importanti anche le autobiografie di: PEPPINO DE FILIPPO, Una famiglia… cit.;
EDUARDO SCARPETTA, Cinquant’anni di palcoscenico, Savelli, MILANO 1982;
AUGUSTO CARLONI, Titina De Filippo, Rusconi, MILANO 1984.
A questo proposito dice V. Viviani sul giovane Eduardo :
"Eduardo De Filippo ha uno strano fascino... Alto di statura, un po’ dinoccolato, dall’andatura stanca; un volto scarno e geometrico:pare una maschera
cafra, sempre immobile, sempre impenetrabile, che, a volte, deforma
atteggiandola ad un sorriso strano, inquietante, riflesso. Quando parla sul serio, la sua voce assume un tono opaco, come un cielo nebbioso, a cui
dietro, però, a tratti, fa capolino il sole scialbo dell’ironia. Quando tace è un perfetto oratore, ma bisogna aver l’orecchio esercitato ai
suoi silenzi, che hanno il valore della sospensione d’animo, del vuoto".
Cfr., V.
VIVIANI, Storia del teatro napoletano, NAPOLI
1969, p. 1901.
anche in I. DE FILIPPO, Eduardo…cit. pp.
169-172; cfr. anche CLAUDIO MELDOLESI,
Fra Totò e Gadda sei invenzioni
sprecate dal teatro
italiano, ROMA 1986, p. 58-59; Anche cfr., ANDREA BALZOLA,
La scena mutante, in A. Balzola-F.Prono, La nuova scena
elettronica,TORINO 1994;) RENATO SIMONI, Il Berretto a sonagli di Pirandello all’Odeon, in Corriere della Sera, MILANO, 26-3-36; E. C., Oje Marì… Oje Marì di Dino Falconi Il
berretto a sonagli di Luigi Pirandello, ne Il Messaggero,
15-11-36; E.F., Un capolavoro pirandelliano e una novità di D. Falconi
dai De Filippo al Quirino, in Il Popolo, ROMA, 17-11-36;
SAVERIO PROCIDA, Interpretazioni pirandelliane dei De Filippo al
Fiorentini, in Roma, NAPOLI, 27-2-37; Le recite dei De Filippo al teatro Piccinni, in
Gazzetta del Mezzogiorno BARI, 2-11-38; E.F.P., Il
berretto a sonagli con i De Filippo al Verdi, ne Il Resto del
Carlino, BOLOGNA, 22-12-38; E.B., Il Berretto a sonagli Una
creatura senza difesa, nel Secolo XIX, GENOVA, 12-2-39. De
Filippo al Teatro Piccinni, in Gazzetta del Mezzogiorno, BARI, 2-11-38. SAVERIO PROCIDA, cit. ibidem TRACAR.,Il Berretto a sonagli al Margherita, ne
Il Popolo,
16-5-45; G:G:, Eduardo commemora Pirandello.Il Berretto a sonagli, in
Domani d’Italia, NAPOLI, 10-12-46; VINCENZO TALARICO,
Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello, in L’Espresso, ROMA, 21-12-46; FRANCO MONICELLI, Pirandello commemorato dai De Filippo,
in Momento Sera, ROMA, 22-12-46; ALESSANDRO D’AMICO, Maschere nude…, cit.,p. 631. La Compagnia infatti si chiamerà Il Teatro di Eduardo . TRACAR., Il Berretto… cit. G:G., Eduardo …cit. VINCENZO TALARICO, Il berretto… cit. Ibidem Ricordiamo soltanto che nel dicembre del 46,
Eduardo ha già scritto e rappresentato Napoli milionaria! (
la prima si ebbe al Teatro San Carlo
di Napoli il 25 marzo del 45), Questi fantasmi ( rappresentata per la prima volta il 7 gennaio
1946), e Filumena Marturano la cui prima rappresentazione si ebbe il 7 novembre del 1946. VICE, Il berretto a sonagli di Pirandello all’Eliseo, ROMA, 23 aprile
1949.
VINCENZO TALARICO, cit. ALESSANDRO D’AMICO, Maschere…, cit. pp., 631- 632. A.F., Il berretto a sonagli di Pirandello al Nuovo, in
<<Sole>>, MILANO, 17-2-62; DOMENICO MANZELLA, Pirandello
napoletano n.2, in <<L’Italia>>, MILANO, 17-2-62; E.P., Il
berretto a sonagli due ati di luigi Pirandello, nel Corriere della
Sera, MILANO, 17-2-62; ROBERTO DE MONTICELLI, Ritorna il tragico
Ciampa di Eduardo, ne Il Giorno, MILANO, 17-2-62;
Pirandelliana con Eduardo, MILANO, 17-2-62; CARLO TERRON, Eduardo nel
Berretto a sonagli. Lirica vertigine di un personaggio, nel Corriere Lombardo, MILANO, 17-2-62; L.L., Il berretto a
sonagli, MILANO, 17-2-62; G FULVIO PALMIERI, Un
Pirandello napoletano, in Vita, MILANO, feb.,1964; SERGIO
BAJARDI, Maiuscola interpretazione di Eduardo nella versione del Berretto
a sonagli, in Gazzetta del Sud, MESSINA, 16-5-64;
NICOLA CHIAROMONTE, Eduardo e Pirandello, ne Il Mondo,
ROMA, 25-5-26; ALFREDO ORECCHIO, Più che Eduardo che Pirandello, in Paese Sera, ROMA, maggio 1964; A.L., Eduardo ha riaperto
il suo teatro a Napoli, ne La Stampa, TORINO, 4-11-64;
DOMENICO FARINA, Novità di Eduardo presentata a Napoli, nel Giornale di Sicilia, PALERMO, 4-11-64; GIAC., in
Gazzetta del Mezzogiorno, BARI, 29-1-65; GIORGIO PROSPERI,
Eduardo pazzo e savio nel Berretto a sonagli, ne Il Tempo,
ROMA, 13-5-65; Per vedere Eduardo de Filippo, ne "Il Giornale
del Mattino", FIRENZE, 17-2-65; SANDRO DE FEO, Pirandello senza
spine, ne L’Espresso, ROMA, 30-5-65. Cfr., FERDINANDO TAVIANI, Uomini di
scena. Uomini di libro, BOLOGNA, Il Mulino, 1995. p.18. DOMENICO REA, Eduardo e i drammi dell’anima, ne Il Mattino,
NAPOLI,14-4-1979; SERGIO COLOMBA, Un caldo abbraccio per Eduardo, ne La Nazione e
Il Resto del Carlino, NAPOLI/BOLOGNA,
14-4-79; ROBERTO DE MONTICELLI, Pirandello è diventato Eduardo, nel Corriere della Sera, MILANO, 25-10-79; RENZO TIAN, Il
gioco delle tre corde, ne Il Messaggero, ROMA, 25-10-79;
GUIDO DAVICO BONINO, Eduardo ritorna sulla scena, ne La Stampa,
TORINO,
FABIO DOPLICHER, Il berretto a sonagli, in Sipario, n. 403, dicembre 1979; SERGIO COLOMBA, Arriva
Eduardo: un trionfo, ne Il Resto del Carlino, BOLOGNA,
24-1-1980. Theorèin - Dicembre 2002 |