ELEMENTI DI STORIA DELLA LOGICA 3

A cura di: Sara Anna Ianniello
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Alto Medioevo: Porfirio e Boezio

Della vita di Porfirio si sa molto poco, probabilmente nacque a Betanea un piccolo villaggio a sud di Tiro nel 234 d.C., allora provincia romana. Formatosi alla scuola ateniese di Longino, si trasferì a Roma all’età di trenta anni diventando allievo di Plotino, e successivamente autore delle Enneadi e di una biografia del suo maestro dal titolo Vita di Plotino. Nella sua attività più propriamente speculativa egli mostrò forte propensione per l’aspetto etico-religioso del neoplatonismo plotiniano, che contribuì con le sue trattazioni a chiarire: ed è quindi caratteristico come il motivo neoplatonico della sistemazione graduale e gerarchica dell'intera realtà sia stato da lui applicato soprattutto nel campo della classificazione delle virtù, sempre più valutate a seconda che il loro contenuto passionale-pratico cede il passo al motivo della pura contemplazione teoretica. Benché le dottrine logiche della filosofia classica fossero entrare a far parte della cultura altomedievale, tanto che le stesse opere di Marziano, Cassiodoro e Isidoro contengono una sezione specifica dedicata alla dialettica, a testimonianza del fatto che l’introduzione delle dottrine logiche tradizionali fossero patrimonio della cultura cristiana, non vi sono testimonianze dirette sulla qualità e sull’entità reale degli studi dialettici previsti per l’educazione del sapiente cristiano. Una prima testimonianza in merito non proviene dall’ambiente filosofico ma da quello ecclesiastico: per difendere infatti il suo Adversus Jovinianum, Girolamo denuncia l’incompetenza in materia di logica di un suo recensore accusandolo di non aver mai letto alcuna opera Aristotelica in merito o la stessa Isagoge di Porfirio e conseguentemente di inventare falsi sillogismi e false argomentazioni. L’Isagoge quindi viene presentata dallo stesso autore come una sorta di Introduzione all’opera logica di Aristotele nel suo complesso, ed in particolare delle Categorie. Siamo oggi tutti concordi nell’affermare l’importanza che il piccolo opuscolo ha avuto nel comprendere il pensiero logico di Aristotele e conseguentemente la posizione riguardo il problema degli universali: Porfirio si concentra sul significato dei rapporti sussistenti tra generi e specie approfondendo anche altre forme di predicazione come la differenza, la proprietà e l’accidente ritenute importanti sotto l’aspetto formale e considerando le categorie come “generi sommi del reale”. Tralasciando per un momento l’analisi dell’opera a cui ci dedicheremo in seguito, è altrettanto importante capire a mio avviso quale sia lo scopo profondo di tutta l’opera porfiriana che, lungi dall’essere banalmente considerata una “volgarizzazione” del pensiero di Plotino suo maestro, consiste in una mediazione sistematica e in una interpretazione unitaria di Platone ed Aristotele, anche se ciò ha significato il distacco da alcune posizioni del maestro. Nel Commento alle Categorie di Aristotele, Porfirio redige in modo didascalico una spiegazione della dottrina aristotelica cercando di capire innanzitutto in che modo sono state fino ad allora intese le categorie. Ponendosi a metà tra coloro che le hanno inteso solo da un punto di vista strettamente metafisico, e dunque come generi dell’essere, e coloro che le hanno intese come un puro esercizio grammaticale, Porfirio individua nell’ambito della logica filosofica tre possibili chiavi di lettura delle categorie:

  • - Ontologicamente, le categorie costituiscono le originarie divisioni dell’essere, per quanto riguarda l’essere sensibile e in particolare la sostanza e gli accidenti;
  • - Logicamente, le categorie sono nozioni supreme o generi supremi a cui sono riconducibili i termini di cui si compone il giudizio logico ovvero la proposizione (soggetto e predicati)
  • - Linguisticamente, le categorie sono le modalità con cui si struttura una determinata lingua e che corrispondono alle parti del discorso.

I commentatori antichi di Aristotele considerarono l’Isagoge uno scritto con una funzione più ampia rispetto alle intenzioni dello stesso Porfirio: infatti l’opuscolo può essere letto sia come una introduzione alle categorie in senso stretto, sia come una introduzione al metodo dialettico e alla logica in generale, che come una introduzione alla filosofia in generale. Indipendentemente dalla lettura che le si vuole dare, l’Isagoge ha avuto il merito di stimolare la riflessione contribuendo alla elaborazione della dottrina dell’analogia e della partecipazione dell’Essere.

Come afferma lo storico della filosofia medievale Étienne Gilson, l’opera di Boezio è multiforme e non c’è un aspetto del suo pensiero che non abbia influenzato il Medio Evo: nato a Roma verso il 470 e morto verso il 525, studiò dapprima nella città d’origine, poi ad Atene. Legato alla persona del re goto Teodorico, console, poi magister palatii, fu accusato di cospirazione, vide confiscati i suoi beni e fu imprigionato. È durante il lungo periodo d’isolamento che compose il De consolatione philosophiae, per cercare nella sapienza un rimedio all’avversità. Giustiziato a Pavia, la sua condanna fu dapprima attribuita a motivi religiosi, per i quali lo si considerò a lungo come un martire tanto che il culto che gli si attribuiva a Pavia finì con l’essere confermato ufficialmente nel 1883. D’altra parte, la critica moderna ha messo in dubbio a lungo l’autenticità degli opuscoli teologici che gli sono tradizionalmente attribuiti e poiché tra i suoi scritti questi sono gli unici suoi scritti il cui cristianesimo sia indiscutibile, la loro inautenticità ci lascerebbe senza risorse per stabilire se non fu martire, almeno un autore cristiano. La scoperta da parte dello Holder, nel 1877, di un frammento di Cassiodoro che attribuisce a Boezio, un Librum de sancta Trinitate et capita quaedam dogmatica, sembra aver posto fine alla controversia, e conclusa la questione a favore dell’autenticità degli Opuscola. Al di là di ciò in nessun campo la sua autorità fu più diffusa che in quello della logica . Si può dire che, con l’insieme di questi trattati, Boezio è diventato il professore di logica del Medioevo, fino al momento in cui, nel XIII secolo, l’Organon di Aristotele fu tradotto in latino e direttamente commentato. Del resto, l’opera logica dello stesso Boezio sarà oggetto di una progressiva scoperta: da Alcuino fin verso la metà del XII secolo, si ritroverà successivamente il gruppo di scritti che più tardi si chiamerà logica vetus , a cui verso la metà del XII secolo si aggiungeranno gli Analitici Secondi, inaugurando il nuovo gruppo di opere conosciuto come logica nova . Il suo successo non fu opera del caso, ma egli stesso si era assegnato il ruolo d’intermediario tra la filosofia greca e il mondo latino . Inizialmente fu animato dall’intento di tradurre tutti i trattati di Aristotele e i dialoghi di Platone con lo scopo di mostrare attraverso dei Commenti, il fondamentale accordo tra le due dottrine apparentemente così disparate. Pur restando lontano dalla realizzazione di questo immenso progetto, egli ciò ha trasmesso al Medio Evo l’immagine allegorica della filosofia lasciandone una definizione univoca e al tempo stesso dando una classificazione delle scienze che essa domina. Quello che maggiormente ci interessa è capire il progresso che la dialettica ha compiuto grazie a Boezio. Rispetto alla disposizione delle materie nel De Nuptiis di Marziano Capella , dove la dialettica precede la retorica, e quella delle Institutiones di Cassiodoro , che testimonia l’avvenuta inversione delle due discipline, è con Boezio che avviene una nuova considerazione della dialettica come disciplina regolatrice dei procedimenti della ragione e come principio di ogni scienza dell’essere . Non possiamo certo negare che la sistemazione definitiva della dialettica nell’alto-medioevo, sia stata influenzata proprio dall’opera di filtraggio culturale compiuta da Boezio in seguito al progetto di traduzione e commento dell’Organon aristotelico e delle principali dottrine logiche dell’antichità. Già nel De Differentiis topicis, si è assistito al progetto di organizzare in una sola dottrina metodologicamente fondata le differenti concezioni antiche dei tópica, mentre Boezio osserva che gli argomenti provenienti dai tópoi, come da loro sedi naturali, si esplicano immediatamente sotto forma di proposizioni. Dunque per conoscerli è necessario sapere cosa sia una proposizione e dunque aver preliminarmente studiato con completezza tutte le parti della logica che precedono la trattazione degli argomenti, e di cui in questo lavoro ci occuperemo nei paragrafi successivi. Abbiamo visto inoltre che il progetto di realizzare un sistema organico dell’intero materiale logico proveniente dall’antichità era delineato fin dagli inizi della attività boeziana di traduzione e commento. In questo complesso ordinamento sistematico Boezio si propone di armonizzare metodicamente tutte le strutture e le articolazioni fondamentali dei procedimenti della ragione umana . Il filosofo dunque vuole esporre inizialmente le quattro discipline della máthesis, cioè le scienze della quantità numerica e proporzionale che sono fondamentali per la conquista della filosofia. In tal modo può introdurre i Latini al sapere filosofico attraverso la traduzione e il commento di Aristotele, raggruppato secondo i tre modelli della tradizione stoica, logica, morale e fisica, a cui aggiunge i Dialoghi platonici. Ma come già accennato prima, di questo progetto egli porta a termine solo la sezione aritmetica e quella musicale delle discipline matematiche e solo in parte la traduzione con i commenti relativi all’Organon. Quello che emerge dall’opera boeziana è sicuramente un quadro molto articolato delle differenti possibilità di considerazione degli oggetti della scienza e che richiedono pertanto un’attenta valutazione delle differenti facoltà conoscitive utilizzate per portare a compimento le diverse operazioni mentali. Boezio torna su tale argomento nel secondo commento all’Isagoge in cui partendo dal presupposto che la filosofia è un bene superiore a ogni altro, ma naturalmente comparato, ossia proporzionato all’anima, viene immediatamente proposta l’analisi delle potenzialità di cui l’anima stessa dispone. Viene accolta dal filosofo una tripartizione di tipo aristotelico delle facoltà psichiche: vegetativa, sensitiva e razionale che serba in sé stessa tra le sue funzioni anche quella delle attività inferiori portandole a compimento e perfezionandole in un progressivo ampliamento delle capacità di realizzare la natura peculiare dell’anima nella sua totalità, ossia la conoscenza . È solo a questo terzo livello, ossia a quello razionale, che si può parlare propriamente di scienza. Infatti la conoscenza propria dell’anima sensitiva è una conoscenza non di res ma delle sensazioni che esse rivelano, mentre solo la ragione è in grado di domandarsi cosa esista al di là della immaginatio prodotta dai sensi. Il conseguimento della filosofia è proprio dunque di questa sola facoltà dell’anima, che dopo aver acquisito la scientia, è in grado di esercitare il giudizio pratico che amministra la morale. Ma proprio perché alla ratio spetta l’acquisizione della scienza, è possibile che a questo livello si verifichi l’errore dovuto ad una conoscenza non adeguata alla realtà delle cose .

Poiché: «scientia enimi est rerum quae sunt comprehensio veritatis», ossia dal momento in cui deve esistere una corrispondenza assoluta tra le forme del discorso e la natura delle cose, bisogna verificare quando e in che modo una tale corrispondenza possa verificarsi. Ciò avviene in particolare nell’ambito delle scienze matematiche, dove la natura dell’oggetto anche se sottoposto ad astrazione rispetto alla sfera sensibile, si riflette immediatamente nella ragione. Qui infatti ogni calcolo operato dalla mente è direttamente confermato dal riscontro immediato con l’oggettiva realtà quantitativa delle cose . L’apparire della scienza è strettamente collegato al determinarsi di normative logiche, tuttavia ciò non significa che il discorso scientifico trae la propria esattezza dalle regole generali del discorso vero: vuol dire che la natura dell’oggetto scientifico espressa da quel discorso, deve venire a coincidere perfettamente con la natura stessa dell’oggetto dialetticamente determinato . Una volta acquisita e ferma restando l’esistenza dell’oggetto, la scienza viene assunta con i caratteri della stabilità e della immutabilità solo nella misura in cui esso sono propri dell’oggetto stesso .

L’operazione della ragione con cui realizziamo la permanenza e l’adeguatezza del conoscere si chiama significatio, e consiste nell’ attribuzione convenzionale ad un termine del linguaggio della capacità di esprimere un significato, ossia di rinviare con il solo essere pronunciato, udito o letto, e compreso in ogni caso dalla mente, ad una certa realtà o ad un certo modo di essere. Tuttavia comprendere l’oggetto è cosa ben più diversa dal significarlo: la comprehensio è l’inclusione in termini definiti della capacità semantica di una parola. Fondante è dunque sul piano conoscitivo, l’operazione mentale della definitio il cui compito è quello di dichiarare l’esistenza e la natura della cosa che viene definita. Ovviamente maggiore è l’ambito della definizione conosciuta, più vasta sarà la scienza: infatti la possibilità di costituire la scienza è subordinata a quella di conoscere in forma determinata i vari tipi di definizioni con le loro estensioni. Ora poiché gli individui sono infiniti, ed infinite sono le diverse sensazioni possibili con cui la loro esistenza è rivelata, una conoscenza determinata deve partire dalle definizioni più estese di tutto in cui i significati sono ridotti alla maggiore semplicità possibile, ma al massimo grado di determinazione. Si tratta dei generi supremi che Aristotele ha identificato nelle categorie e Boezio nei predicamenta. Affinché la scienza possa articolarsi a partire dai principi generalissimi, è necessario applicare la regola della divisio, in base a cui è possibile all’interno di una definizione già nota introdurre nuovi elementi per determinare maggiormente la realtà da essa designata in maniera totalizzante e dunque generica. Riprendendo la concezione di Porfirio, Boezio sostiene che la determinazione della specie avviene per mezzo dell’introduzione nell’ambito semantico delimitato dal genere, delle differenti specifiche che lo dividono in ulteriori ambiti più ristretti e più precisati nel significato. Dell’individuazione dunque e delle sue proprietà, non può esservi altra definizione oltre a quella che è propria della sua specie, poiché tutti gli ulteriori caratteri che distinguono un individuo da tutti gli altri, sono accidentali, pertanto mutevoli, non estraibili e dunque inconoscibili.


Bibliografia essenziale:

  • MANLII SEVERINI BOETHII, Opera Omnia, Patrologiae Cursus Completus, Series Latina, tomus 63-64
  • In Isagogen
  • In Categorias
  • De Institutione Arithemtica
  • In De Interpretatione
  • De Hypoteticis Syllogismis
  • Introductio ad Syllogismo Categorico
  • De Syllogismo Categorico
  • Francesco BOTTIN, Le antinomie semantiche nella logica medievale, Antenore, Padova 1976
  • Francesco BOTTIN, Logica e semantica ed altri saggi, Antenore, Padova 1975.
  • Francesco CORVINO, La filosofia nell’alto medioevo, in Storia della filosofia, (collana diretta da Mario dal Pra), Villardi, Milano 1976.
  • Giulio D’ONOFRIO, Fons Scientiae. La dialettica nell’occidente tardoantico, Liguiori, Napoli 1986.
  • Giulio D’ONOFRIO, La teologia nel medioevo, Piemme, Casale Monferrato 1986.
  • Giulio D’ONOFRIO, Storia del pensiero medievale, Città Nuova, Roma 2011.
  • Alain DE LIBERA, Il problema degli universali: da Platone alla fine del medio evo, La Nuova Italia, Firenze (Scandicci) 1999.

Theorèin - Luglio 2012