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Titolo: Lettera a D. Storia di un amore
Autore: Andrè Gorz Editore: Sellerio | ||
Il venticinque settembre dello scorso anno, dopo aver letto della morte di André Gorz e di Dorine, non avevo capito fino in fondo, quel giorno, l’importanza che aveva avuto la moglie Dorine nella formazione culturale, politica e filosofica di Gorz.
Sono passati otto mesi da quel giorno e dopo aver letto Lettera a D. Storia di un amore, l’ultimo libro di Gorz, posso dire di aver colmato quella lacuna.
André Gorz e sua moglie Dorine si sono suicidati. Sono morti insieme come insieme erano vissuti.
“Stai per compiere ottantadue anni. Sei rimpicciolita di sei centimetri, non pesi che quarantacinque chili e sei sempre bella, elegante e desiderabile. Sono cinquantotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai. Porto di nuovo in fondo al petto un vuoto divorante che solo il calore del tuo corpo contro il mio riempie”.
L’incipit di questo straordinario libro che è appunto Lettera a D., offre la prima delle tre possibili chiavi di lettura che potremmo chiamare della condizione amorosa.
Gorz ci fa quasi sentire quei crampi che solcano lo stomaco quando siamo innamorati, quando il respiro si fa affannoso e il mondo attorno a noi non esiste più. Quando l’unica cosa che ci acquieta e stringere le sue mani e perdersi nei suoi occhi.
“La precisione che ho conservato dei ricordi mi dice a che punto ti amassi, a che punto ci amassimo”. Scrive Gorz ripercorrendo a ritroso la sua vita di coppia, come alla riscoperta di una mappa dei luoghi che è anche la traccia del loro passaggio. E quando Dorine prova a rintuzzare André soprattutto sulla sua riottosità al matrimonio e comunque all’ufficializzazione del loro rapporto ed esplicita fino in fondo il suo pensiero, “Noi saremo ciò che faremo insieme”, Gorz non può che ammettere ed ammirare, anche se a posteriori, la grandezza della sua compagna: “Era quasi Sartre”, scriverà.
Lettera a D. è innanzitutto una lettera d’amore ma è anche un monito per tutti noi. Un monito a non “rimandare l’esistenza a dopo”. A saper guardare con occhi nuovi ogni giorno ciò e chi ci circonda, a non lasciare nulla d’intentato sulla strada dell’amore. All’amore inteso come condivisione.
“Ho avuto molte difficoltà con l’amore perché è impossibile spiegare filosoficamente perché si ama e si vuole essere amati da una tale persona precisa con l’esclusione di tutte le altre”.
Domande alle quali non sa rispondere quando nel pieno della sua produzione creativo-filosifica-culturale e tutto concentrato su se stesso e che invece trovano una piena soddisfazione nel suo (ri)pensare all’amore e al gusto che noi avevamo dei nostri corpi non dimenticando la lezione di Sartre che l’anima è il corpo.
“È così: la passione amorosa è una maniera di entrare in sintonia con l’altro, anima e corpo, e soltanto con lui o lei.
Siamo al di qua e al di là della filosofia”.
E quando tutto ciò diviene chiaro, André è consapevole che la sua esistenza e quella di Dorine sono ad una svolta. “Mi sono detto che alla fine dovevamo vivere il nostro presente invece di proiettarci sempre nell’avvenire”.
La seconda chiave di lettura potremmo chiamarla della letteratura.
“Lo scopo primo dello scrittore non è ciò che egli scrive. Il suo bisogno primo è di scrivere. Scrivere, cioè assentarsi dal mondo e da se stesso per farne, eventualmente, materia di elaborazioni letterarie. E solo secondariamente che si pone la questione del soggetto trattato”. Questo è quello che distingue uno scrivente da uno scrittore e sempre a proposito della scrittura continua così, “Cosciente che, quando tutto sarà stato detto, tutto resta ancora da dire, tutto resterà ancora sempre da dire, in altre parole: è il dire che importa, non il detto. Ciò che avevo scritto mi interessava molto meno di quello che avrei potuto scrivere in seguito”.
Un pensiero che è anche una speranza: credere nella potenza della parola e credere nel futuro.
La terza chiave di lettura si potrebbe definire della condizione sociale e della politica. In realtà in tutta la scrittura di Gorz si respira politica e tensione verso il cambiamento.
“Il soggiorno negli Stati Uniti ha contribuito a far evolvere i nostri centri d’interesse. Mi ha aiutato a capire che le forme e gli obiettivi classici della lotta di classe non possono cambiare la società, che la lotta sindacale dovrebbe spostarsi su nuovi terreni”.
Un mondo che si può cambiare a condizione che si cambino, ancora una volta, gli occhi con cui si guarda il mondo.
La struttura olistica della lettera ci riporta al punto in cui è iniziato il nostro viaggio. Adesso però Dorine non sta per compiere ottantadue anni ma li ha appena compiuti e l’epilogo in realtà non è altro che, seguendo il filo dei ragionamenti di James Joyce, un’epifania e insieme una rivelazione.
“Ciascuno di noi vorrebbe non sopravvivere alla morte dell’altro. Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme”.
Un ultimo grande regalo questo che ci lasciano André Gorz e Dorine. Una gemma da custodire in uno scrigno tra le cose più preziose che abbiamo.
Oscar Buonamano Theorèin- Maggio 2008 |