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Autore: Marco Dolcetta
Titolo: Gli spettri del Quarto Reich Edizioni: BUR 2007
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| Marco Dolcetta, giornalista, scrittore e autore d’importanti serie televisive sul Terzo Reich, torna alla ribalta con un altro consistente lavoro dopo quello sul Nazionalsocialismo esoterico pubblicato per Castelvecchi. Il libro include anche un’interessante postfazione sviluppata da Giorgio Galli, che conclude con una congrua riflessione sul postmoderno. In questo nuovo saggio si percorrono vie molto più tangibili, a partire dalle numerose interviste ed indagini giornalistiche portate avanti dall’autore, ma la leggenda non viene mai meno, incontra la storia e si fa sintesi e spunto per importanti considerazioni. Le strade che si diramano alla volta dell’ipotetico “Quarto Reich”, sembrerebbero più che mai trasversali e pericolosamente concrete nel loro forgiarsi attraverso la “mitostoria”. Apparati economici e servizi segreti sono le principali risorse usate per operare nel “sole nero”, quello dell’attesa, pianificando il tutto prima della fine della guerra nel saldo riferimento dell’archetipo innescato nella leggenda. Simon Wiesenthal, colloquiando, precisa come i nazisti fossero “assassini rapinatori”, tanto da giustificare un’enorme ricchezza sottratta durante la loro espansione. La Rete Gehlen con la Cia, Bormann e Muller con il Patto di Varsavia, Skorzeny che funge da ponte tra USA, Peron e Franco, ma anche figure come Alois Brunner a Damasco e altresì in Egitto con Nasser, lasciano intendere quanto vasto e potente sia l’operato spionistico lasciato sulle orme del Führer. La Maison Rouge è il luogo storico dove industria tedesca e partito nazista posero le basi organizzative del loro dopoguerra. Si parte dalla storia, quella degli ultimissimi giorni, dall’oggettiva incertezza sulla fine del Führer, per arrivare agli indizi di fuga e gli omessi confronti scientifici sulle poche prove certe rimaste. Dönitz, imprevisto successore, e le vicende degli ancora efficienti U-Boot traghettano le fondamenta per quella che sarà meglio nota come organizzazione della “rete di Odessa”. Il continente latinoamericano, da lungo tempo al centro delle attenzioni naziste, ne divenne anche la principale destinazione nella disfatta. Il Paraguay di Stroessner, a lungo considerato il paradiso dei fuggitivi, è già antica patria oltre la patria delle comunità dei mennoniti, dell’embrionale utopia ariana, e vede il passaggio, tra gli altri, di personaggi come Mengele, “l’angelo della morte”. L’Argentina di Evita - inquietante trait d’union tra Peron e i nazisti - manovra capitali in Svizzera e lì affiora il profilo di Genoud, banchiere elvetico, già prodigo di missioni in oriente per conto del Führer. Il faccendiere contatta Ami al-Husseini, muftì di Gerusalemme “che contribuisce a creare due divisioni SS di soli musulmani”, ma anche Bose in India, integralista indù della prima ora. Con le migrazioni dei cervelli del Terzo Reich, non saranno solo Stati Uniti e Unione Sovietica a giovare di accresciute prospettive di ricerca spaziale. Attraverso Richter, infatti, l’Argentina tenterà un’impennata da superpotenza entrando persino in programmi nucleari che falliranno prematuramente per mancanza di un’adeguata struttura industriale. Una ravvicinata replica, in questo senso, sono i tentavi nel campo missilistico operati dagli egiziani negli anni Cinquanta. Ricche di significativi dettagli sono le interviste incluse con Leon Degrelle e Horia Sima, entrambi personaggi con radici tra il cattolicesimo più integralista e il mito nazista. Rocambolesco, romantico e ridondante, fino a confondersi con lo stesso Hilter nel suo epico avventurismo che lo vide, infine, approdare in Spagna, è il profilo che contraddistingue lo stravagante “mancato figlio di Hilter”. Sima, protagonista della stagione nazional-legionaria rumena, arriva a teorizzare un vero e proprio stato teocratico con tanto di monaci guerrieri. Insieme costituiscono le due icone di riferimento dell’estrema destra internazionale degli anni Settanta. Il regime franchista ne diverrà il punto d’incontro per vecchie e nuove generazioni. Basti pensare che, nella già evoluta e democratica Spagna di Juan Carlos dei primi anni Ottanta, spille, bandierine e svariata chincaglieria nazista sono ancora in vendita pressoché ovunque. Affascinante e allarmante è lo studio dell’ “hitlerismo esoterico” da parte di Miguel Serrano, filosofo, scrittore, poeta e diplomatico cileno, che, a sua volta intervistato, parla di cadaveri di monaci buddisti rinvenuti nel bunker di Berlino e di segreti sulla clonazione. Il Cile, poi, riporta a “Colonia Dignidad”, già comprata dai nazisti nel ’43, definibile come vera e propria isola extraterritoriale controllata da Paul Shaffer. Sul piano culturale, figure come quella di Leo Strauss, allievo di Carl Schmitt, ma anche ebreo costretto a fuggire negli Stati Uniti, configurano la filosofia politica di uno stato autoritario e decisionista che, a quanto pare, è anche parte formativa di Bush e di un’intera generazione di conservatori americani. Il filo conduttore con l’est, a partire dal patto Molotov-Ribbentrop del ‘39, ha tentacoli d’intelligence anche dopo l’ “Operazione Barbarossa”; supporterà, poi, la resistenza comunista nell’Europa occidentale dell’immediato dopoguerra per facilitare l’accesso a vie di fuga come la Grecia e l’Italia. Quest’ultima, nel ’46, conoscerà anche l’amnistia di Togliatti, accanto alle misericordie vaticane. Oltre ai Sette anni in Tibet, c’è un “mondo perduto” nel cuore dell’Antartide che addirittura sfocia nel fantastico con gli “ufo nazisti” e prende forma dalla storia delle missioni che, nel ’39, portarono anche qui gli artigli della croce uncinata. Altrove, lo stesso Dolcetta, fa riferimento anche ad una più incredibile spedizione di sola andata su Marte. Simili leggende, dall’inverosimile, lasciano spazio alle più folli inventive, tanto biologiche quanto astrali, che partono, rispettivamente, da Auschwitz e dalle V2. Ciò che emerge, in sostanza, è un vivido disegno di un’ ”internazionale nazista” che, nelle contrapposizioni tra imperialismo, economie emergenti e mondo islamico, gioca tuttora un ruolo determinante accrescendo tensioni anche se operante tra maturate frammentazioni. Di fondo, ma anche di fatto, resta quel potente coagulante della mitopoiesi, frutto della stessa mistica del nazismo. E’ Singolare che Goebbels, nel libro Das Reich, già scriveva “la terza guerra mondiale comincerà nel 1948”; forse neppure immaginava risvolti da guerra fredda, ma non per questo è tornata meno congeniale nella strategia di covare tensioni regionali poi degenerate in veri e propri nodi di crisi mondiale. Resta la strana coincidenza tra il suicidio di Himmler e il piano “Operazione Impensabile” respinto da Churchill, che suggeriva un attacco contro i Sovietici riciclando i tedeschi. Monito della storia, ma anche epitaffio adottato dalla signora Gertrude Herr, un verso del poeta nazista Anacker: “Chi non si è dato per vinto non ha perso”.
Nota di Enrico Pietrangeli - 2007 Theorèin- Novembre 2008 |