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Titolo: Quando torna
Autore: Roberto Pallocca Robin Edizioni 2007 |
C’è un’insolita lettera che irrompe nella vita di Fernando, un passato che ritorna, in qualche modo sopravvissuto e che nella forma romanzo diviene presente stratificandosi in una dimensione surreale. L’ideale di un amore che resiste e pertanto sussiste, dilaniato dalla guerra ma non nelle sue percezioni, semmai assopito anzi, paradossalmente alimentato da quella ineluttabile separazione, un “tempo perduto” che si concretizza nel ricordo, presente onirico che riveste di un’aura epidermica il protagonista, quella del vivere l’ideale senza condividere una più accertabile quotidianità, quanto più facilmente si adagia e compromette nel bivio di un binario morto, di quel che avrebbe potuto essere e non è stato. Fernando e Rossana, così diversi culturalmente e prossimi nel sentire, probabilmente non avrebbero avuto altro da eternare se non quanto lo stesso destino aveva loro riservato. Destino che ricorre nel romanzo, tanto da assumere il ruolo portante di un invisibile demiurgo a cui nulla serve opporre resistenza. Un fato che, alla soglia della terza età, continua a riservare sorprese lasciando impresse le sue orme nella comune necessità di dare un senso alla vita. Fernando ne verrà appieno investito tramite l’inaspettata e tardiva missiva di Rossana, quella che ne suggellerà la morte lasciando allo scoperto il frutto di una lontana e mai appassita stagione dell’amore. Amore che diviene anche atto di fede, “contadino che sparge sementi nel cuore”. Capitoli brevi, scorrevoli ed essenziali. Strutturato con spaccati storici, che ciclici ritornano assecondando il flusso di coscienza di Fernando nel percorso formativo della sua esistenza. Dapprima velata e poi sempre più manifesta e macchinosa, la sequenza dei provvedimenti antisemiti accompagna le vicende amorose di Fernando e Rossana accrescendo paure nelle loro coscienze già inorridite, fino all’epilogo della guerra per arrivare oltre, alla tristemente nota occupazione nazista di Roma. Emergono anche i germi dell’esaltazione del matrimonio e della “famiglia unita e prole numerosa”, stereotipi mussoliniani reincarnati nel bipolarismo catto-fasciocomunista, sottoposti alle falcidiate della guerra prima e decodificati poi attraverso l’implosione della famiglia nella cronaca odierna. Nei dialoghi compare anche Nietzsche, non solo come modello educativo, teso ad immortalare il mito, ma anche come oracolo della condizione sentimentale dei due protagonisti, poiché “ogni cosa è già avvenuta e avverrà nel futuro”. Rossana, che è nata in Italia, è anche figlia di un giornalista americano. Ambientato a Roma, in un’epoca in cui si respira un’aria sempre più prossima alla guerra, questo romanzo palesa l’identità culturale italiana rappresentando la diversità dei costumi familiari della donna, così lontani dal nostro provincialismo e, soprattutto, da Balilla e Azione Cattolica. Le ferrovie fungono da collante tra narratore e protagonista visto che anche Fernando verrà assunto, grazie allo zio Filippo, come casellante (con la morte del padre carpentiere, la figura dello zio Filippo sopperisce alla figura paterna vestendo i panni di allineato al regime della prima ora). Lì, tra un treno e l’altro, si consumeranno gli ultimi fugaci incontri tra i due innamorati, incluso un austero, ma intimo e felice, capodanno trascorso insieme. In questo stesso luogo ricorre ancora, in chiave evocativa, il ruolo paterno, quello di Carlo, l’anziano ferroviere prossimo alla pensione. Libro che “nasce da un incontro”, come chiarisce l’autore, dove si rilevano ascendenze stilistiche americane ma prevale una prosa poetica che risente di un registro monocorde, talvolta prossimo al sentimentalismo sebbene capace di spessore e in grado di proiettare un’esistenza sullo schermo della grande storia.
Enrico Pietrangeli Theorèin- Aprile 2009 |