Lo stato giuridico e le aggregazioni monastiche di S. Maria Arabona
Nel 1259 il monastero di S. Maria Arabona ottenne da papa Alessandro IV il privilegio di badia nullius diocesis che la rendeva esente da ogni giurisdizione vescovile.
Generalmente lo stato di nullius diocesis conferiva all'abate il potere di amministrare le cresime, di conferire gli Ordini sacri minori, di rilasciare il nulla osta per gli ordinandi al sacerdozio, di concedere la facoltà per le confessioni, di nominare i parroci, i coadiuvanti e rettori delle chiese, di assegnare benefici economici al clero e di infliggere censure.
Nel corso del XIII secolo la struttura giuridica, amministrativa ed economica dell'abbazia si andò consolidando per effetto delle numerose annessioni di altre comunità religiose. Il 1° giugno del 1257 papa Alessandro IV, venuto a conoscenza delle condizioni di abbandono in cui versava l'antico monastero benedettino di S. Stefano ad Rivum maris, decise di aggregarlo a S. Maria Arabona, insieme alle chiese di S. Maria di Melanico (1) e della SS. Trinità di Castro Bono. Il 9 agosto 1257 presso Lagopesole, Manfredi principe di Taranto e balio di Corrado II nel Regno di Sicilia, decise di dare l'autorizzazione sovrana.
I monaci della badia di S. Stefano, pur godendo del privilegio nullius diocesis, manifestarono segni di ribellione nei riguardi del monastero arabonese, il quale il 9 marzo 1259 ottenne con un nuovo privilegio emanato da Manfredi, maggiore autorità sul monastero di S. Stefano e i suoi vassalli.
La chiesa di S. Maria Maggiore di Bucchianico in provincia di Chieti, venne associata ad Arabona entro la fine del XIII secolo (2). La chiesa oggi intitolata a S. Urbano faceva parte di un monastero benedettino fondato due secoli prima; del primitivo complesso poco è rimasto.
Durante la seconda metà del XIII secolo il monastero arabonese raggiunse il culmine della sua estensione territoriale. La posizione dell'abate era pari a quella delle più alte personalità civili ed ecclesiastiche. In questo periodo la politica territoriale del monastero si rivolse oltre alla zona costiera e nel Chietino, anche nell'area della Valle Peligna. Qui si hanno testimonianze di una donazione ricevuta nel 1239 da parte di Odorisio di Anversa, abate di S. Vincenzo al Volturno e signore di Introdacqua, della chiesa di S. Maria de Frascariis. Successivamente i monaci di Arabona ottennero la chiesa di S. Maria di Pietrafitta 1250, oggi ancora esistente sia pure sconsacrata.
Nei primi anni di dominazione angioina l'abbazia arabonese continuò ad aumentare i suoi possedimenti in questo territorio, ottenendo un numero notevole di donazioni e lasciti da parte di privati.
L'attività dei monaci si concentrò anche per arginare la decadenza del monastero benedettino di S. Maria de Monte Balneoli nella diocesi di Andria e quella di S. Maria de Stirpeto nella diocesi di Trani. Tra le dipendenze pugliesi si annoverava anche la chiesa, oggi non più esistente, di S. Margherita in Salpi (