Le prime scuole per l’infanzia furono, in verità, promosse e sviluppate soprattutto, da alcuni educatori, protagonisti di questo rinnovamento educativo, i quali furono: Friederich Froebel, le sorelle Agazzi e la Montessori.
Il 1800 è stato un secolo che ha visto nascere e maturare una nuova concezione riguardante lo sviluppo della personalità del bambino, attraverso l’utilizzo di un elemento fondamentale, quanto mai importante: il gioco.
Il filosofo e pedagogista Friederich Froebel proclamava la necessità di concedere priorità e centralità alla formazione dell’infanzia, definendola come la fase dell’imprinting decisivo nella connotazione psico-culturale della personalità. Egli scrisse nella sua maggiore opera pedagogica “L’educazione dell’uomo”, del 1826, che: <<tutta la vita futura dell’uomo, fino al momento in cui egli la perderà, ha le sue radici in questo periodo; da lui dipende se la vita stessa sarà serena o torbida, quieta o tumultuosa, pacata o tempestosa>>.
Per Froebel il destino dell’uomo è segnato dagli avvenimenti dell’età infantile, riuscendo a fondare una sorta di scuola, denominata Kindergarten, cioè giardino dell’infanzia, nel 1840, per aiutare a maturare in modo complessivo la personalità spirituale del bambino.
Partendo dalla concezione che l’uomo è il risultato di una costante evoluzione, per Froebel l’educazione non può non essere organizzata che per fasi e avendo ogni fase sue proprie peculiarità, l’educazione infantile deve servirsi delle sue attribuzioni e dei suoi elementi specifici, e su tutti, del linguaggio proprio del bambino: il gioco.
Inteso come fondamentale mezzo di comunicazione e d’istruzione, per Froebel il gioco rappresenta il grado più alto dello sviluppo infantile ed umano, perché è libera manifestazione del mondo interiore. Il gioco, sempre secondo il pedagogista, procura gioia, libertà e soddisfazione, dona tranquillità in sé e fuori di sé. Sarà così che il bambino froebeliano, attraverso il gioco pianificato, coordinato, sorvegliato, con l’uso di materiali idonei, attenderà alla maturazione della sua sfera sensorio-intellettuale, per raggiungere la coscienza mistica, la coscienza di Dio, dello spirito e della natura.
Da ciò deduciamo come il carattere religioso emerga dal pensiero di Froebel, tendente ad idealizzare un bambino spirituale, e pronto a formarne una personalità religiosa.
Altri personaggi, oltre a Froebel, sono comparsi sulla scena a trattare i temi dell’educazione e dell’infanzia, possiamo citare le sorelle Carolina e Rosa Agazzi, le quali nel loro asilo di Mompiano, nel bresciano, avviano un’esperienza destinata a durare negli anni e a caratterizzare la pedagogia italiana fino ai nostri giorni. Le Agazzi hanno realizzato concretamente una riforma educativa dell’asilo in cui instaurarono nuovi costumi educativi, in particolare una vita scolastica d’armoniosa letizia attraverso una rifondata convivenza tra alunni e maestre e una serie d’attività serene e creative.
La maestra rivivrà il rapporto madre-figlio, ritenuto il vero motore propulsore del sano sviluppo infantile. Relazione profonda, questa, che deve essere vissuta necessariamente in un ambiente familiare, in un ambiente pseudo-domestico, dove si riproduce realisticamente la quotidianità. Quest’ultima sarà il paradigma orientativo che guiderà tutte le attività didattiche, che a loro volta saranno solo e sempre ludiche. Oltre ai giochi propriamente detti, tutti gli altri momenti didattici, dal lavoro manuale alle esercitazioni linguistiche, all’osservazione delle cose, alle lezioni di morale, al canto, all’educazione fisica, devono essere svolte sotto forma di giochi. Nell’asilo, la comune e normale vita sarà teatro del gioco del bambino, il quale si servirà delle cose d’ogni giorno, degli oggetti occasionali e non, che poi andranno a costituire il museo didattico di tutto ciò che la vita reale offre. Da esso si attingerà per riprodurre, sempre ludicamente, le attività quotidiane di vita pratica, di lavoro domestico e artigianale, che hanno come finalità particolari l’educazione igienica e fisica, la stimolazione intellettuale, l’educazione morale e religiosa. Il filo che lega queste finalità educative è rappresentato dall’educazione all’ordine. E’, infatti, solo attraverso l’acquisizione concettuale e l’abilità prassica del vivere in ordine, di rispettare ogni ordine, di adoperarsi per l’ordine, che il bambino, da un lato acquista autonomamente la coscienza esistenziale, religiosa e civile, della sua presenza in un ordine di cose che è divino e sociale, e dall’altro, acquisisce le modalità comportamentali per vivere adeguatamente il proprio specifico ordine etico, economico e politico. La vita ordinata cui il bambino deve educarsi ed essere educato, secondo le Agazzi, è la vita che offre il proprio ambiente, domestico e sociale, nel loro caso, quella di Mompiano, vale a dire del mondo contadino.
E’ l’ambiente contadino che viene offerto come il luogo più rappresentativo della tradizione e delle realistiche aspirazioni di sviluppo sociale del nostro paese, per il quale è sì necessario il moderato progresso industriale e il miglioramento economico e sociale, ma non è desiderabile il progressismo frenetico che arrecherebbe il letale sconvolgimento di sedimentate forme di vita che hanno finora assicurato ai suoi membri la gratificazione spirituale e l’appagamento sociale.
In questa prospettiva il metodo e le finalità pedagogiche delle Agazzi, rappresentano il progetto di una primaria socializzazione contadina, di un’educazione non secolarizzante e non cognitivista, di un’educazione etica e psicologica culturalmente integralista e socialmente statica. La didattica in tal senso risulterà povera dei valori contadini, e si svolgerà attraverso la pianificata ed incontaminata quotidianità contadina, che vissuta per mezzo del gioco sarà interiorizzata psicologicamente, culturalmente ed ideologicamente.
Maria Montessori elabora invece una strategia pedagogica in gran parte antagonista a quella agazziana, ribaltandone alcuni presupposti metodologici e molte delle finalità su cui poggiavano la pedagogia tradizionale e quella dell’istituto infantile di Mompiano.
Il metodo montessoriano condanna ogni adultismo e ogni spontaneismo ludico, reintroducendo nella scuola dell’infanzia la funzione scolarizzante cognitiva. Grazie allo studio della psicologia, la Montessori scopre il bambino psichico, il quale è un soggetto infantile dotato di innumerevoli energie sensoriali e intellettuali che fino ad allora erano state ritenute esclusivo patrimonio degli adulti e del loro mondo.
Invece, secondo la Montessori, per far si che il bambino riacquisti la dimensione giusta del proprio sviluppo occorre ricreare nella scuola la situazione tipica dell’infanzia, la casa, adeguatamente strutturata. Ella fondò la nota “Casa dei bambini”, dove i bambini stessi possono essere in grado di muoversi ed agire liberamente senza le interferenze e le costrizioni degli adulti. Finalità che si raggiungono attivando modelli di laboriosità infantile, libere attività auto-educative, da sviluppare individualmente e senza limiti e imposizioni di tempo, in cui il compito delle maestre è di produrre le opportunità per l’esercizio infantile della mano e del cervello.
Lontano dai trastulli ludici, il bambino montessoriano sarà un piccolo uomo tutto preso da un attivismo serio, graduato secondo le fasi evolutive della psicologia infantile.
La crescita del bambino sarà svolta con esercizi di vita pratica, domestica, riguardanti la cura della persona e dell’ambiente, e con esercizi di più spiccato carattere lavorativo, quali il giardinaggio, la cura degli animali, le occupazioni agricole, il lavoro manuale.
Con questi obiettivi pedagogici, la proposta montessoriana, rispetto a quella agazziana, è più moderna e più adeguata ai tempi, perché più confacente ai bisogni sociali dell’infanzia urbana e delle classi popolari, che crescono con attese lavorative o industriali, non neoruraliste, ma al servizio della società capitalistico-industriale e borghese. Il bambino montessoriano, attivo e laborioso, sembra rappresentare il bambino dell’Italia più progressista, votata al superamento della tradizionale società agricola e slanciata verso quella industriale, concepita su una diversa utilizzazione delle risorse umane da preparare con un’educazione non ideologica e moralista, spirituale e religiosa, ma con un’educazione operativa e cognitivista.