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La "fortuna" di Francesco d'Assisi
Il 19 luglio 1228, a meno di due anni dalla morte, avvenuta nella notte tra il 3 e 4 ottobre del 1226, Gregorio IX canonizza Francesco nella cattedrale di Perugia, e con questo atto lo si definiva santo e degno di culto (5). A questo punto ci chiediamo se la fortuna di Francesco sia legata alla canonizzazione, oppure se egli fosse già un personaggio famoso. Per poter rispondere a queste domande dobbiamo ricorrere alle Fonti Francescane (6), che nella raccolta in traduzione italiana (FF) vengono suddivise in: - Scritti di Francesco d'Assisi;
Francesco nelle testimonianze del suoi contemporanei
Bisogna notare l'apparente contraddizione tra la canonizzazione del 1228 che sembrerebbe dovuta alla fama che accompagna il nostro personaggio e le prime testimonianze riguardo al movimento, che però mancano di riferimenti a Francesco. La prima testimonianza sui fratres minores e sulle sorores minores si
trova in una lettera del chierico francese Giacomo di Vitry "avendo frequentato per qualche tempo la Curia, vi ho trovato parecchie cose contrarie al mio spirito. Tutti erano così occupati nelle cose temporali e mondane, in questioni di re e di regni, in liti e processi, che appena permettevano che si parlasse di qualche argomento di ordine spirituale." Egli di seguito elogia il nuovo movimento dei fratres minores e delle sorores minores ma non accenna alle sue origini, e neppure a Francesco, dice infatti: "ho trovato però, in quelle regioni, una cosa che mi è stata di grande consolazione: delle persone. d'ambo i sessi, ricchi e laici, che, spogliandosi di ogni proprietà per Cristo, abbandonavano il mondo. Si chiamavano frati minori, e sorelle minori e sono tenuti in grande considerazione dal papa e dai cardinali".
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Nel 1220 in una lettera ai corrispondenti d'oltralpe Giacomo da
Vitry, che si trovava al seguito della V crociata, parla dei frati minori e della loro presenza in Oriente e dei rapporti allacciati da questi ultimi con i musulmani. Siamo di nuovo di fronte a testimonianze che ancora una volta non pongono attenzione a Francesco, ma soltanto al suo movimento.
Un altro gruppo di testimonianze furono redatte negli ultimi anni venti del sec.
XIII, ma si rifanno ai testi di cronisti presenti alla V crociata. E' significativo che i redattori dei testi definitivi, quali sono giunti fino a noi, mantengono nel loro scritto la genericità e l'assoluta indeterminatezza che dovette connotare i riferimenti a Francesco e al suo compagno fra Illuminato nelle fonti cronachistiche redatte nella loro forma definitiva. Francesco è oramai canonizzato: il cronista non sembra neppure rendersi conto che la fonte da cui sta trascrivendo tratta
dell'assisiate, in quel preciso ed importante passaggio in cui viene registrato l'episodio significativo dei duo clerici (Francesco e il suo compagno fra Illuminato) che si presentano al legato papale nel campo crociato per chiedere il permesso di entrare nel campo dei musulmani. anche in questo caso dunque i cronisti mostrano di non conoscere Francesco, che per loro è solo un quidam clericus
Nel 1221 Giacomo da Vitry nella sua Historia Occidentalis finalmente chiama in causa il fondatore e "maestro" dei frati minori, dice di averlo conosciuto ma ne riproduce il nome nella forma inesatta di "Francinus": inoltre riconferma della nebulosa conoscenza del personaggio. dalle testimonianze di Giacomo da Vitry deduciamo che si era più interessati al movimento dei frati minori che non alla persona del fondatore.
Queste posizioni sono riconfermate dalle testimonianze del francescano Giordano da Giano che per primo descrive i tentativi di insediamento da parte dei francescani in Germania, avvenuti tra il 1218 - 1219, e tratta anche delle difficoltà incontrate nello stabilire contatti con le popolazioni locali soprattutto a causa della scarsa conoscenza della lingua. Una particolare ci fa notare come Francesco risulti in secondo piano rispetto al suo movimento infatti Giordano da Giano ci dice di aver conosciuto Francesco in vita senza però averne ricavato una particolare impressione. In seguito venuto in Italia per prelevarne le reliquie del santo, tornando in Germania, dimentica di averle con sè ed equivoca sull'accoglienza dei confratelli che aspettavano con ansia le sacre reliquie.
[...] frate Giordano, mentre ritornava in Germania, si recò da frate Tommaso da Celano che, felice di rivederlo, gli donò alcune reliquie del beato Francesco. Frate Giordano. giunto a
Wurzburg, mandò a dire ai fratelli della sua custodia che se avevano bisogno di parlare con lui gli andassero incontro ad
Eisenach, perchè sarebbe passato di lì. I Frati, pieni di gioia, vennero nel luogo stabilito, dando al portinaio ordine di non far entrare frate Giordano quando fosse arrivato, ma di avvisare prima loro. Giunto, dunque, frate Giordano, alla porta e bussando, non venne lasciato entrare, ma il portinaio, correndo dai frati, annunciò loro che frate Giordano era alla porta. Essi fecero rispondere che non poteva entrare dalla porta ma dalla chiesa. I frati dunque, esultanti nello spirito, entrando in coro, presero in mano croci, turiboli, rami di palme e candele accese ...[...] fatto entrare frate Giordano, lo accolsero con tripudio e gioia cantando il responsorio ...[...] Meravigliato ed attonito per questo fatto, si ricordò che recava con sè le reliquie del beato Francesco, che per lo stupore aveva dimenticato...[...] E da allora frate Giordano, che avendo conosciuto il beato Francesco ancora vivente, lo vedeva perciò con occhi d'uomo, da quel momento cominciò ad averlo in maggiore riverenza ed onore..."
Diversa è la prospettiva offerta da Tommaso da Spalato nella sua Historia Pontificum Salonitanorum et Spalatensium [...] Mi trovavo, in quell'anno (1222), allo Studio di Bologna ed ho potuto ascoltare, nella festa dell'Assunzione della beata Madre di Dio, il sermone che san Francesco tenne sulla piazza antistante il palazzo comunale, ove era confluita, si può dire, quasi tutta la città. questo era il tema prescelto: "Gli angeli, gli uomini, i demoni". Parlò con tanta chiarezza e proprietà di queste tre specie di creature nazionali, che molte persone dotte, che l'ascoltavano, furono piene di ammirazione per quel discorso di un uomo illetterato. E tuttavia, non aveva stile di uno che predicasse, ma di conversazione. In realtà, tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le inimicizie e gettare le fondamenta di nuovi patti di pace. Portava un abito dimesso; la persona era spregevole, la faccia senza bellezza. Eppure, Dio conferì alle sue parole tale efficacia, che molte famiglie signorili, tra le quali il furore irriducibile di inveterate inimicizie era divampato fino allo spargimento di tanto sangue, erano piegati a consigli di pace".
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Sembra che effettivamente Francesco nel 1222 si trovasse a Bologna, anche se altre fonti non lo menzionano. Questa testimonianza evidenzia Francesco come personaggio noto e ascoltato dalle popolazioni urbane. Le fonti citate in precedenza inducono invece a pensare che egli fosse ignorato o sottovalutato dagli esponenti della cultura scritta, ivi compresi quelli appartenenti al suo gruppo religioso, come dimostrano le testimonianze di Giordano da Giano, di Giacomo da Vitry e degli altri cronisti contemporanei.
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BF I. pp.42-44.
Theorèin - Aprile 2004
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