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Nel testamento Francesco parla della sua conversione (I parte)
Francesco nel Testamento (100) non manca di rifarsi alla esperienza della propria conversione. Questo scritto è una esortazione, una ammonizione, un ricordo, che Francesco lascia ai suoi frati nel 1226. I ricordi della sua esperienza personale sono funzionali alle proposte di vita che lascia in eredità a quanti lo circondano, è insomma un testo che ha delle determinate finalità: Francesco è sul letto di morte, e sicuramente non vuole redigere una autobiografia, quello che egli intende lasciare ai suoi frati è chiaramente indicato: Non dicant fratres haec est alia regula; quia haec est recordatio, admonitio, exortatio et meum testamentum, quod ego frater Franciscus parvulus facio vobis fratribus meis benedictis propter hoc, ut regulam, quam Domino promisimus, melius catholicae observemus. Qui il termine parvulus lo si intende evangelicamente, inoltre tutte le espressioni sono opportunamente valutate, e le esperienze personali vengono attentamente selezionate e reinterpretate, perchè possono trasformarsi in concrete indicazioni di vita per i suoi frati. Vediamo come in tale ottica Francesco ricostruisca il proprio itinerario dl conversione: Dominus ita dedit mihi fratri Francisco incipere facendi poenitentiam: quia, cum essem in peccatis, nimis mihi videbatur amarum videre leprosos. Et ipse Dominus conduxit me inter illos et feci misericordiam cum illis. Et recedente me ab ipsis, id quod videbatur mihi amarum, conversum fuit mihi in dulcedimem animi et corporis; et postea parum steti et exivi de saeculo. Le espressioni quia cum esset in peccatis e exivi de saeculo toccano un concetto fondamentale del Medioevo: il senso del peccato; esse indicano il passaggio da uno stato peccaminoso ad una scelta che è l’esatto contrario di questa situazione. Esse in peccatis e esse in saeculo significa vivere nella stessa condizione: essere del mondo. Allo stesso modo Francesco nel Testamento usando l’espressione exivi de saectdo Intende non tanto la fuga monastica dal mondo, quanto il cambiamento radicale di mentalità e di atteggiamento interiore ed esteriore, lo strappo con gli atteggiamenti correnti e l’assunzione di una vita religiosamente impegnata pur rimanendo nella società. Altra espressione forte che ora esaminiamo è: essem in peccatis, in questo contesto l’uso dl ~se indica uno status e non una contingenza pratica, sembra quasi che Francesco veda i] peccato come un modo di essere e non come l’effetto di un’azione, infatti l’esse in peccatts e l’esse in saeculo indicano l’adattarsi ad una mentalità corrente. La complessità del costrutto quia cum esset in peccatis rispetto alla semplice sintassi normale nel testo evidenzia l’importanza del momento che segue: Nimis mihi videbatur amarum videre leprosos. L’essere nel peccato fa sì che Francesco si allinei alla comune mentalità, intatti tutti provano onore e ribrezzo nei confronti dei lebbrosi. Francesco percepisce nel suo rifiuto ad accostarsi agli emarginati sociali il segno del peccato e si autocondanna per questo suo atteggiamento. Ma Dio stesso concede a Francesco di incipere faciendi poenitentiam. I penitentes erano quei laici che vivevano nel mondo e che optavano per un vita cristiana particolarmente impegnata nel sociale: ma esiste anche un senso più evangelico dl intendere la penitenza, può infatti significare cambiamento di mentalità, cioè convertirsi. Dio stesso conduce Francesco tra i lebbrosi e proprio questo atto sancisce il cambiamento di vita; si legge infatti dal Testamento: [...] id quod videbatur mihi amarum, conversum fuit mihi in dulcedinem animi et corporis. I termini videbatur e conversum sono opposti, l’uno indica l’apparenza, l’altro la realtà, l’apparenza amara si trasforma in dolcezza dell’anima e del corpo, che penetra tutto l’essere. Tanto profonda è la metamorfosi che Francesco stesso dice: [...] postea parum steti et exivi de saeculo; questa espressione sintetizza la conversione e assume una tale intensità da far cadere in secondo piano tutti gli eventi che lo seguono. Dopo questa densa esposizione riguardo alla conversione, Francesco pone l’attenzione sul sentimento di fede nelle chiese, Intese come strutture abitative, creando così una sorta di parentesi all’interno del suo itinerario di conversione. Solo nel Testamento, e non nelle biografie ufficiali, emerge il richiamo alla funzione delle chiese come “rifugio”. Dopo la conversione, Francesco riparò Infatti nella piccola e povera chiesa di san Damiano, e proprio questo atto di devozione alla chiesa e ai suoi ministri ha segnato, nell’itinerario spirituale del santo, il cambiamento di vita: ma questo gesto vuole essere anche una norma di vita per quanti lo seguono, quindi i fratres sono chiamati a dichiarare devozione ed obbedienza alla Chiesa e alle sue istituzioni, per testimoniare veramente la loro minoritas e la loro scelta di vita evangelica. Leggiamo infatti nel Testamento: [...] et Dominus dedit mihi talem fidem in ecclesiis. Francesco continua su questo tono, riferendosi alle stesse istituzioni ecclesiastiche, soprattutto quelle gerarchicamente più umili. Parla infatti di paupercolos sacerdos, dove il termine paupercolos indica povertà economica, come anche mancanza di ogni prestigio per i sacerdoti; addirittura K. Esser, editore degli scritti di Francesco, interpreta il termine paupercolos in accezione morale, facendo riferimento a quei sacerdoti la cui condotta li può far considerare, dai laici religiosamente impegnati, non all’altezza del loro compito. Ne riportiamo il passo: [...] Postea Dominus dedit mihi et dat tantam fidem in sacerdotibus, qui vivunt secundum formam sanctae ecclesiae Romanae propter ordinem ipsorum, quod si facerent mihi persecutionem volo recurrere ad ipsos. Et si haberem tantam sapientiam, quantam Salomon habuit, et invenirem pauperculos sacerdotes huius saeculi, in parochiis, quibus moratur nolo praedicare ultra voluntatem ipsorum. (100) Kajetan ESSER, Opuscolo des Hl. Franziskus von Assisi. Neue textcritische Edition. Zweite, erweiterte und verbesserte Auflage besorgt von Engelbert Grau OFM. Grottaferrata, Ed. Coll. S. Bonav. ad Claras Aquas, 1989 (Spicilegium Bonaventurianum, 13) pp.438-444 (Testamentum): FF, pp. 131-134.
Theorèin -
Dicembre 2005
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