Per moneta sostitutiva intendiamo una moneta che ha la stessa liquidità del
denaro ma non è carta
moneta. E' stato fatto uno spoglio degli atti privati del sud della Francia e del centro Italia da parte di uno
studioso inglese che dice che tra metà X e XII secolo, circa il 40% dei pagamenti avviene in moneta
sostitutiva. Ciò ha un effetto benefico perchè l'Europa medievale soffre della mancanza cronica di metalli preziosi,che gli impedisce di coniare
moneta. Qualcosa di simile accade quando Carlo in seguito Magno, sconfitti gli Avari riscatta il tesoro che questi avevano accumulato durante i
secoli. Il cortocircuito provocato da questa immissione è il movente al
rinnovamento.
Per i tesori ecclesiastici si dice che molti pezzi erano confezionati divisibili, cioè spezzettabili e messi sul mercato un pezzo per volta, se fosse stato
necessario. Una fase di tesaurizzazione dicono gli storici, si contrappone ad un periodo di distesoreggiamento.
Dal secolo XI prevale una maggiore vivacità economica. In generale parliamo di Chiesa
ricca, presa nel suo insieme, cioè mediamente.
Perchè comunque le ricchezza come nella società
laica, sono distribuite in maniera diseguale? Elio Conti nel 1965, ha studiato il contado
fiorentino, dimostrando che in quest'area la disegualianza di ricchezze è
enorme, tra i monasteri ricchissimi e basso clero rurale quasi povero. Nel suo complesso comunque la
Chiesa è ricca: lo dimostrano i capolavori artistici di crocifissioni, martiri
ecc. commissionati dal clero.
Com'è diventata ricca la chiesa? Attraverso i trasferimenti di redditi volontari o
coatti. Quelli volontari sono tipici del Medioevo, e sono la carità e le
donazioni, tipiche della mentalità dell'Europa preindustriale da imposizioni fiscali e decime.
Tutti i donativi effettuati quando ci si sente vicini alla morte, pro salvatione
animae, o quando sono diffuse pericolosamente calamità naturali. C'è dunque in
questi casi, un picco di donazioni: a St.Germaine, tra il 1340 e il 1348 immediatamente precedenti alla
peste, si ricevono 78 donazioni. Dopo il 1348 all'arrivo della peste,in otto mesi,le donazioni diventano 419: si ha un'impennata
incredibile. In Castiglia tra il 1347 e 1351 si diffonde la peste: si fanno enormi donazioni alla chiesa. Finita la fase disastrosa
dell'epidemia, Pedro I ritiene che le donazioni sono state eccessive ed ordina alla
Chiesa di restituirne una parte. Le donazioni comunque,non provengono solo dai
ricchi, ma anche da un livello medio basso, ciascuno proporzionato alle proprio possibilità. Il guaio è che l'entità del fenomeno donazioni non si può
determinare, perchè quasi mai sono registrate delle cifre e i cronisti medievali sono
vaghi. La proporzione del movimento donativo è difficile da determinare: certo è, che la carità fatta dai laici agli ecclesiastici, trasferisce ricchezza alla
Chiesa, che ridistribuisce solo una piccola parte ai poveri. Ad esempio i ricchissimi monasteri inglesi
davano ai poveri dall'1 al 3% del loro reddito. Visto che i donativi sono
trattenuti, la carità di fatto favorisce la concentrazione e non la ri-distribuzione della ricchezza. Il flusso assistenziale
poi, nei paesi protestanti, si ridurrà enormemente; è stato calcolato che nei cento anni primi della Riforma tra il 1480 e il 1580 nei contadi inglesi il 74% delle donazioni è ridistribuito; dopo
il 1580 si passa al 15%. Nei paesi rimasti cattolici ciò non avviene. Un'altro fenomeno che dimostra come gli Enti ecclesiastici partecipino all'economia monetaria è l'attività creditizia documentata dal X secolo e fino al
Trecento massimo. Prevalgono i prestiti dal 1100 fino a tutto il Duecento e poi,
data la crisi, tendenzialmente chiedono prestiti più che darli.
I proventi dell'attività creditizia sono destinati non
all'investimento, ma all'acquisto di nuove terre, quindi i capitali sono
immobilizzati. Analogamente, i laici che ottengono i prestiti, non li utilizzano per gli
investimenti, ma ai fini di consumo, ad esempio spese per il lusso, la crociata,
la guerra, un viaggio in terra santa. I debitori, come appare dai documenti, non sono
modesti, ma nobili, principi di alto e medio livello. Non sono in difficoltà
economiche, ma comunque non hanno liquidi. Anche i vescovi esercitano l'attività creditizia su pegno
fondiario, cioè ottengono soldi dando terre a pegno,tra XI e XII secolo. Spesso queste operazioni non dimostrano la crisi
finanziaria di questi: Anselmo da Lucca futuro Alessandro II, nel 1057 chiede in prestito 58 libbre di denaro
d'argento dando in pegno dei vigneti. Nel '65 egli poi presta 60 soldi su pegno
terriero. L'ultimo provento dei vescovi è la vendita a persone di ceto medio
(artigiani,mercanti) di case e terreni edificabili o botteghe dentro città,
molto richieste dopo il Mille, dato il grande afflusso di gente. Spesso il vescovo non li vende ma li
cede in cambio di terre nel contado, come dice il Violante, nel saggio I vescovi e l'economia
monetaria del 1973.
Tutte queste operazioni incrementano le casse dei vescovi, già piene, grazie alle regalie. Queste sono i diritti che re,
principi, autorità pubblica, concede al vescovo già nel secolo IX: i diritti fiscali e giudiziari sul
territorio. Questi sono i trasferimenti coatti: diritto sui porti sulle strade, sul mercato, cioè le tasse da pagare al vescovo, che ha pure diritto di zecca. Progressivamente i cittadini si mostrano più insofferenti a tutti questi diritti concessi dalla autorità pubblica e verso il secolo XI tendono a strapparli al vescovo, dandoli al comune. Ciò che Federico I Barbarossa con la
Constitutio de regalibus cercherà di riprendere come spettanza imperiale che i Comuni avevano usurpato. I vescovi anche quando i cittadini prendono le redini delle attività del
comune, e quindi assumono ruolo secondari,esercitano ancora una spregiudicata e vivace attività
economica.
In questo immischiarsi del clero nell'economia c'è discrepanza tra dottrina e pratica.
Mercator ergo peccator si diceva: l'attività mercantile, nella teoria,
era illecita, paragonata a quella degli usurai. Ma nella pratica sopratutto gli
ecclesiastici smentiscono tale precetto.
C'è dunque una maggiore duttilità di fatto nel modo di considerare le attività economiche: uno studioso dice che nel nonostante la maggiore duttilità nelle condanne per attività
economiche, appare ingiustificata l'attività della Chiesa, che diviene ora Ecclesia Carnalis cioè sporcata da interessi mondani.
Per
concludere, il quadro sulle attività economiche del tempo, ci è stato utile per conoscere le notizie sul motivo di scandalo creatosi intorno a tali
attività. Nello stesso tempo non si deve sopravvalutare il ruolo del clero
nell'economia, perchè furono i laici i protagonisti in campo economico e
politico, che si affermeranno sempre in lotta coi vescovi. Al nuovo modo laico di mercanti e imprenditori si legheranno i nuovi ordini mendicanti.
Theorèin - Aprile 2004