L'ansia di rinnovamento si avverte in tutti i settori della vita spirituale sia dentro che fuori la
Chiesa. Il rinnovamento, nel senso che non è qualcosa di nuovo ma un ritorno alle
origini, si manifesta con i movimenti religiosi.
Il Grundmann in Movimenti religiosi del
Medioevo del 1935 è il primo ad osservare che tutti i movimenti religiosi medievali o si traducono in sette ereticali o si radicano in
movimenti; cioè o si accettano le posizioni della Chiesa
(vita vere religiosa, dentro l'ordinamento monastico, con le sue regole,
e solo in questo caso è vera religio), oppure ci si stacca dalle posizioni della
Chiesa, diventando una setta ereticale, (falsa religio). Il Grundmann
quindi sostiene che ogni movimento religioso medievale si è trovato di fronte ad una
scelta.
Un'altra osservazione da fare è comprendere come tali movimenti
siano stati trattati fino ad allora alla storiografia; fino al 1935 sono stati condizionati o dall'apologia del movimento ortodosso o
dalla confutazione aprioristica di quelli ereticali senza essere compresi. Molte volte se ne sono occupati appartenenti all'ordine
stesso, che studiano le origini e il fondatore. Block dice che, in generale,
questo è un vizio di forma. E' una concezione prosografica della storia, che fa solo il ritratto del personaggio famoso e non accenna ad
altri, che sono restati in ombra per difetto delle fonti.
Alle sette eretiche si rivolge la storiografia
protestante, non preoccupandosi di capire i legami reciproci tra eterodossia e
ortodossia. Ciò è venuto fuori a fine Ottocento, quando si è applicato un punto di vista globale ai movimenti
religiosi; cioè sono stati visti come parti di un unico processo storico, anche se è prevalso l'interesse
socio-economico, come se il loro scopo fosse stato di contestazione sociale
mascherato da idee religiose.
La storiografia marxista sostiene che i promotori furono i proletariati (come dice il
Ruttemberg, pre-proletariato o proletariato primitivo non ancora cosciente di sè). Molti studiosi hanno
contestato tali posizioni radicali, sopratutto gli italiani come il Manselli.. L'importante è dire che quando tali impostazioni, economistiche, furono accantonate, rimase l'ottica
globale; si è capito che essi nascono da un'unica matrice
religiosa, che poi si è differenziata con una sorta di Big Bang.
Un esempio di movimento
religioso che si istituzionalizza e resta dentro la chiesa, e che è il più rappresentativo nella sua genesi e nella sua
evoluzione, è l'ordine dei Cistercensi, ordo novus benedettino, perchè si rifaceva a
Benedetto ma in forme nuove.
L'ansia di rinnovamento non investe solo l'ordo
novus ma anche quello antiqus monachesimo tradizionale i cui rappresentanti sono i Cluniacensi, sotto Pietro il Venerabile, abate per trent'anni nel XII
secolo, che avvia un programma di rifondazione. C'è in lui forse una maggiore apertura
all'esterno rispetto a S. Bernardo, rappresentante dell'ordo novus
cistercense.
Pietro Zerbi in
Vecchio e nuovo monachesimo a metà XII secolo contenuto in Atti dell'Amendola,
studia una lettera del 1149 inviata da Pietro a Bernardo in cui il cluniacense si mostra aperto ai suggerimenti dei Cistercensi e chiede di accogliere i monaci di Cluny non come
ospiti ma come confratelli, e sottoporli alla stessa regola.
C'è l'invito all'accantonamento del
senso di superiorità che i Cistercensi sentivano nello spirito di corpo, apertura dunque di Pietro il Venerabile che addirittura promuove una traduzione del
Corano in latino, nell'illusione e speranza che conoscendo le posizioni
dell'avversario, avrebbe potuto ragionarci senza devastarlo nelle Crociate. Bernardo stesso
invece
bandisce una crociata, dicendo che quando i soldati di Cristo uccidono un
malfattore, non sono omicidi, ma uccisori di malvagi (correctioni et iustitii
causa). Pietro invece vuole conoscere l'islamismo, essendosi trovato in
Spagna dove c'era un centro musulmano che controllava il tutto.
A provare l'apertura di Pietro il Venerabile
vi è un'altra opera, in cui egli riconosce la qualità dei Saraceni e li esorta a discutere assieme i punti comuni delle due
religioni; è una forma di ecumenismo non esistente in nessun altro uomo del tempo e innovatrice al massimo.
Il monastero di Cluny ospitava 300 monaci e 300 servi con le rispettive famiglie e una massa di poveri assistiti dal
monastero sostentati da circa venti
decanali, cioè circoscrizioni amministrative, organizzate col sistema curtense.
La cattiva amministrazione a Cluny fa sì che tutti i beni siano acquistati in
denaro creando debiti per l'abbazia verso i mercanti.
Morto Pietro il Venerabile nel 1186 il rinnovamento sembra fermarsi e inizia una
involuzione, tipica non solo di Cluny, ma di tutte le congregazioni. Il clima
spirituale, in generale è cambiato, e rendere istituzionale un ordine è diventato sinonimo di involuzione delle idee
originali.
I Cistercensi si ripromettevano un ritorno alle regole dei
Benedettini vissute con accentuato spirito ascetico e povero; il movimento
cistercense, fondato da Roberto di Molesm è rifondato di fatto da Bernardo di Chiaravalle che si presenta alla porte del monastero con parenti ed amici per seguire questi modi di
vita, contempus mundi. Disprezzo della vita assieme, nessun cenobio in
città, aspirazione alla vita eremitica in gruppo, secondo l'organizzazione monastica. Sono poveri, rifiutano le decime ed i proventi delle
regalie del monopolio di forni e mulini che, di solito, i monasteri hanno.
Conducono direttamente la terra col lavoro manuale anche dei conventi laici non come i Benedettini con
l'opus dei. La manodopera è abbondante e gratuita perchè il lavoro è visto come attività penitenziaria. L'abito
bianco di lana grezza non tinta (perciò sono detti anche monaci bianchi) è un altro elemento che evidenzia la loro povertà
distinguendoli dai Benedettini. L'alimentazione è altresì povera, consistente in un solo pasto al
giorno fatto di pane e verdure; non possiedono nessun tesoro ecclesiastico; le chiese sono spoglie e la liturgia è
semplice. Bernardo a Milano fa togliere dalla cattedrale tutto, anche se, alla sua
partenza, quei Cistercensi continuano a raccogliere denaro tra la gente.
L'osservazione che si evince dalle fonti è che, di fatto, l'ansia pauperistica andava troppo in
là; la liturgia
cluniacense, infatti, tra fasto e oggetti sacri, era più apprezzata dal popolo;
le chiese cistercensi erano disertate. La charta caritas, documento ispiratore della prima
comunità, vieta gli oggetti d'oro e d'argento e con le pietre preziose, tranne la fistola (cannuccia per aspirare
il vino da non bere) e il
calice, che potevano essere d'argento placcato oro e con nessuna pittura, se non sulle
croci, rigorosamente di legno.
Nel Dialogus duorum monacorum il monaco Idungo fa dire ad un cistercense che
ricchi tappeti, preziose finestre con vetri lavorati, calici gemmati e ogni cosa è richiesta dal piacere degli occhi e non dalla necessità della
liturgia. Il cluniacense risponde che queste cose servono per onorare meglio
Dio.
Le scelte pauperistiche dei Cistercensi e degli ordini nuovi come i Certosini e i Premostratensi come dice il Miccoli
nel saggio
La storia religiosa in Storia d'Italia - Einaudi - incanalano l'ascetismo che rischiava di diventare
rivoluzione; dimostra che le istanze pauperistiche non erano solo istanze dei
contestatori, ma anche della Chiesa stessa, sanando così la frattura tra sensibilità religiosa collettiva e orientamenti della
gerarchia.
I Cistercensi in un secondo periodo, dopo la morte di Bernardo di Chiaravalle nel
1153, cambiano atteggiamento. Nel 1154 c'è la prima loro acquisizione di terre; tale cambiamento potrebbe sembrare un tradimento rispetto ai rigidi ideali
iniziali; in parte è calata l'ideologia dell'inizio, facendo i conti con la realtà e in parte il processo è comune a
tutta la pietà medievale, perchè l'ammirazione verso luoghi e uomini santi,
determina, come prevedibile, offerte e donazioni verso il loro ordine. Bisogna
notare
che, in tale periodo, il flusso, più che verso i monasteri cluniacensi, si incanala verso ordini
nuovi, che meglio rispettano nuovi ideali, visto che l'arricchimento e il
successo, portano in sè, il pericolo della decadenza.
I monaci bianchi diventano produttori di lana e vino. Innocenzo III ammonisce i Cistercensi inglesi di cambiare sistema nella vendita del vino in
eccedenza; coltivano terre
abbandonate, praticano l'attività creditizia almeno fino al 1300, e cominciano a servirsi di manodopera
salariata; tutto ciò è indice
di arricchimento.
Inizia così la contestazione. Cronisti contemporanei come Nigello li chiamano
agrorum cupide. Walter Map studioso inglese, dice che si fanno il vuoto intorno per essere soli e non avere nulla in comune col mondo.
Smembrano parrocchie, ignorano le rimostranze di vedove ed orfani. Discutendo
abbondantemente su tale fatto ricordiamo che sulla scia del Map, il Bligny dice che il monachesimo occidentale non attua al proprio interno la povertà, ma la crea e la accresce nel mondo circostante.
Theorèin - Maggio 2004