Agli inizi del secolo XI abbiamo testimonianze della presenza di un gruppo di eretici in
Francia, e precisamente ad Arras. Documenti testimoniano la loro appartenenza al
ceto contadino; la loro condizione di analfabetismo sembra escludere la presenza
di chierici in questo gruppo ereticale.
Costoro rifiutano i sacramenti
qualora amministrati da preti indegni, perchè dice una fonte «la vita reproba ministrorum (cioè la vita corrotta dei sacerdoti) non può fornire il
remedium salutis (cioè l'aiuto per la salvezza)», dunque, fanno dipendere la validità del sacramento dalle qualità morali di chi li amministra, secondo una interpretazione abbastanza
rivoluzionaria. Rifiutano inoltre il battesimo dei bambini, che sono considerati troppo piccoli per scegliere e
comprendere il senso della loro scelta. Predicano assoluta non
violenza, basata sul comandamento del non uccidere.
Questa posizione che troviamo anche in altre eresie contemporanee, è posta da alcuni storici alla base
del rifiuto dei cibi carnei, come applicazione del principio di non violenza agli animali.
Abbiamo testimonianza di un gruppo di eretici di
Goslàr, più o meno contemporaneo, condannato al rogo perchè si rifiuta di obbedire all'ordine del vescovo di uccidere e cibarsi di un pollo. Questo
principio, però, potrebbe anche non derivare dal comandamento di non violenza,
ma da una forma di ascetismo rigoroso, perchè i monaci ad esempio, non mangiavano
carne. Si riscontrerebbe quindi una volontà di equipararsi ai monaci.
Questo gruppo di eretici viene condannato nel 1025 in un Concilio sinodo ad
Arras, i cui atti si trovano nell'opera del Manzi, che raccoglie tutti i Concili
e i Sinodi: Sacrorum Conciliorum nova et amplssima collectio.
In questo Concilio il vescovo interroga il capo Gandolfo provenente dall'Italia,
e due seguaci, tra i tanti che sono costretti ad ascoltare una dotta confutazione sulle loro dottrine. Qualche
storico, ironicamente afferma, che in questa dotta confutazione, probabilmente
non hanno capito un gran che; tra l'altro il vescovo deve tradurre in volgare la confutazione a questi
contadini, che non sono in grado di capire il latino e vengono poi lasciati liberi perchè abiurano e rientrano nell'ambito della chiesa.
Questa eresia si conclude in maniera incruenta.
In maniera cruenta
invece, si concluderanno altre eresie contemporanee. Per esempio nel 1028 c'è un gruppo di eretici ad Orleans, che raccoglie un ambiente ben diverso; quello dei chierici dotti: i canonici della
cattedrale, i maestri della scuola episcopale, quella che il vescovo
organizzava collegata alla cattedrale. All'origine di questa eresia pare vi fosse la predicazione di una
Mulier ex Italia procedens sostiene una fonte; troviamo così la prima testimonianza del ruolo attivo delle donne nei movimenti ereticali. Nei movimenti di
questo periodo, le donne hanno un ruolo più attivo perchè a loro è consentita la
predicazione, cosa che presso i Cattolici è vietata. In qualche caso hanno anche una funzione
sacerdotale, al contrario dell'ambito cattolico, dove le donne sono passive (Pacet
mulier in ecclesia aveva detto san Paolo). Il fatto che questa donna fosse italiana e che il capo ad Arras fosse
italiano, sostiene il Miccoli, non ci deve portare a concludere che in Italia esistesse un movimento ereticale ben diffuso e organizzato tanto da fare proselitismo anche
fuori. L'unica conclusione che possiamo fare da questa testimonianza, è che troviamo confermata quella accresciuta mobilità di uomini e di idee
caratteristica di questo periodo.
Già dalla seconda metà del X secolo la mobilità è un elemento fondamentale.
Il Volpe nella sua opera Movimenti religiosi e sette ereticali nella società medievale
italiana del 1922, notava il rapporto tra la
mobilità e la fioritura ereticale. Si tratta di una osservazione abbastanza
vecchia, che aveva ripreso anche il Violante, il quale osserva che la maggiore
mobilità consente incontri, scambi di idee, che prima non erano stati pensati,
perchè ognuno era chiuso nel proprio microcosmo; di qui, dice il Volpe, un maggiore allargamento degli orizzonti materiali e sopratutto mentali e un intenso rapporto tra campagna e
città.
Noi siamo abituati a pensare alle città e alle campagne nel Medioevo, come
a due mondi separati, con caratteristiche diverse, invece c'è un notevole rapporto tra le due
entità, pur agendo in contesti pieni di difficoltà.
Sull'eresia di Orleans la fonte principale è Rodolfo il Glabro che scrive
Historiae sui Temporis. Questi è un monaco cluniacense molto attento ai fenomeni di
eterodossia, sopratutto in Francia ma anche in Italia, che testimonia il contesto ecclesiastico di questi
eretici che
egli definisce per nascita e cultura i più validi nell'ambito del clero. Ci testimonia
inoltre, della pratica del Consolamentum (che ritroviamo nell'eresia Catara) cioè l'imposizione delle mani per
infondere attraverso l'intervento dello Spirito Santo, conoscenza e purificazione. E' una sorta di sacramento
ereticale, anzi il più importante.
Nel 1022 questi eretici sono guidati da un
Concilio composto da vescovi e laici, quindi si hanno su di loro notizie attraverso il
giudizio. Per esempio c'è la narrazione dell'episodio di una nobildonna che, riconoscendo tra gli eretici il proprio confessore e il proprio
maestro, sdegnata col bastone che aveva in mano, lo acceca. Tale ferocia si ripeterà nel comportamento della folla. Il
Concilio si limita a scomunicare gli eretici e la cosa sembra finire li, ma la folla invece va
oltre, probabilmente si tratta del primo rogo di eretici.
Dobbiamo arrivare alla seconda metà dell'VIII secolo per trovare un altro rogo. Carlo
Magno, non ancora
imperatore, durante la campagna di Sassonia contro i Sassoni, la popolazione pagana che viveva tra il Reno e
l'Elba in una zona mai romanizzata, aveva in un suo Capitola re, Capitulatio
de partibus saxoniae, condanna al rogo di coloro che bruciavano i corpi dei
morti seguendo l'uso pagano della cremazione; il contesto comunque, era diverso.
Con l'eresia di Orleans troviamo il rogo per una
setta, mentre prima era usato come misura drastica per combattere il paganesimo. E' stato poi osservato che per trovare roghi ordinati dall'autorità
pubblica, bisognerà arrivare a Federico II cioè al secolo XIII, quando questi introdurrà la pena di morte sul rogo per eresia. Abbiamo notizia di un altro rogo che conclude una eresia in Piemonte,probabilmente nella diocesi di Asti, nel castello che è quello di Monforte o
Monteforte. Ce ne parla Rodolfo il Glabro, mescolando elementi leggendari,invenzioni e
confusione. La fonte più importante è Landolfo Seniore, cronista milanese, che scrive i
Mediolanensis Historiae Libri Quattuor (contenuti nei Rerum Italicarum
Scriptores, raccolta avviata dal Carducci o nei Rerum Germanorum Historia, libro VIII) e che testimonia degli interrogatori fatti a questi eretici dal
vescovo di Milano Ariberto d'Intimiano, a cui spettava il controllo dell'ortodossia di quella
zona (MGH,SS; RIS 4°). Questi condanna sia Gerardo, acutissimo capo degli
eretici, sia la comitissa del castello. la loro dottrina consisteva nella negazione della redenzione e dell'incarnazione e nella predicazione della povertà: quest'ultimo è un elemento nuovo,singolare per le eresie del secolo XI e citato per la prima volta. Non è un ideale totalizzante come diventerà nel XII secolo,ma è abbinato ad un piano di ascetismo di vita in cui è stato posto anche quello della castità anche tra i coniugi; quello del digiuno, quello dell'astensione da cibi carnei. L'elemento nuovo
e molto suggestivo che si trova qui nelle plebi rurali che dal contado milanese accorrono a Milano per ascoltare la voce di Gerardo, è la comunione dei beni,cioè una concezione comunistica che è abbastanza inedita.
Un altro elemento pericoloso è il rifiuto del magistero della chiesa e della gerarchia ecclesiastica. Gli eretici sostengono di essere parte di una organizzazione vastissima,estesa a tutto il mondo,al cui vertice c'è un
Pontifex non ecclesiastico come il pontefice romano. Alcuni studiosi vedono in questo
pontifex una allegoria dello spirito santo. Data la pericolosità di questa predicazione,i vassalli maggiori milanesi ( i cosiddetti
Capitanei) si preoccupano del seguito che ottenne la predicazione ereticale presso i rustici e del rischio di una sollevazione contadina contro il vescovo e i feudatari. I Vassalli prendono l'iniziativa di imporre una scelta: o il ripudio attuato abbracciando la croce (visto che questi negavano il culto della croce) o il rogo. gli eretici rifiutano l'abiura e vengono arsi
vivi. Qui Landolfo Seniore, la fonte dice: "ERIBERTO NOLENTE" cioè contro la volontà di Ariberto d'Intimiano attribuendo così l'iniziativa al popolo o comunque ai vassalli.
Il Manselli,
nel saggio Aspetti e significato dell'intolleranza popolare osserva la differenza di atteggiamento nei confronti degli eretici,tra clero, che è più mite,vedi Arras, e il popolo dei
laici, meno tollerante. anche il Grundmann lo sostiene riferendosi a quelli del XII secolo: dice che il popolo prende posizione contro questi eretici,arrivando al linciaggio, contrariamente a quanto aveva
stabilito il tribunale vescovile. La sua deduzione è che la violenza popolare nei confronti degli eretici è una ulteriore conferma che nella eresia,non c'è una partecipazione
proletaria. Dunque, in queste eresie, prevalgono i chierici, i nobili e i ricchi
borghesi. Il Manselli dice che non è solo verso gli eretici che l'intolleranza popolare si scatena, ma anche verso il clero corrotto (i patarini milanesi arriveranno a forme violente di contestazione) e conclude dicendo che a suo
avviso, la violenza non deriva dalla cosiddetta ferocia del Medioevo cioè l'eliminazione fisica
dell'avversario, ma dalla convinzione di essere depositari della verità. Questa interpretazione sembra un pò
semplicistica, perchè non si vede come le due cose si possano combinare, cioè il sentirsi depositari della verità e i roghi e le uccisioni. C'è una ferocia
congenita. Si può ulteriormente osservare che la convinzione di essere depositari della verità è anche del clero,che non ricorre al rogo.
Il Manselli in un altro saggio del
1977, riferisce alle masse popolari, una intolleranza che risponde a emotività
istintiva piuttosto che una logica di persecuzione. Emotività che secondo noi si può identificare con la ferocia. Interessante sulla eresia è la valutazione del problema se sia una eresia dotta o meno. Il Violante nella sua opera
La società milanese in età pre-comunale dice che quella di Monforte è una eresia colta,intellettualistica tutte le eresie del secolo Xi hanno per il Violante, un fondamento intellettualistico,che dimostra che non nascono in ambito popolare. Il Violante dice che sono eresie di chierici, prima che di laici. Sorgono presso i chierici e si diffondono presso i laici, i
Rudes e quindi assumono aspetti e contenuti popolari, perchè per facilitare questa diffusione, insistono sugli aspetti più comprensibili alle plebi rurali. anche se si popolarizzano,l'origine è colta. Per il Violante dunque,queste eresie
del secolo XI hanno un doppio aspetto: colto e volgare e coinvolgono due diversi ambienti: dotto e popolare. Per confermare la sua tesi,cita testimonianze di autori contemporanei che confermano la struttura filosofica e teologica degli eretici. Gli eretici sono persone
colte, che tendono a
nascondere il sostrato dotto, filosofico, teologico, sotto l'apparenza di un atteggiamento che può essere quello di richiamarsi ad una interpretazione retta delle scritture,quindi insistendo sugli aspetti morali e pratici (lotta alla gerarchia
corrotta). Questo è un modo per nascondere il vero nocciolo della dottrina ereticale,che è ben diverso. Alla base di queste eresie,a Monforte e
Orleans, c'è una tradizione colta ininterrotta di tipo dualistico con spunti dotti di tutti i tipi:
neoplatonici, gnostici, manichei (...)
La posizione del Morghen in
Medioevo cristiano è di negare ogni contenuto dottrinale e ogni carattere intellettualistico alla eresie del secolo XI come nei secoli successivi e sostiene che esse hanno solo un fondamento etico pratico. L'eresia nasce da una lettura diretta del
Vangelo da parte di indotti e quindi,in quanto tali,lo interpretano in maniera
letterale e
rigoristica. Quindi il Violante e il Morghen sono su posizioni opposte.
L'opera del Grundmann è un classico: egli si occupa dei movimenti religiosi dell'epoca successiva, ma dedica alle eresie del sec. XI la prima appendice. Rileva la compresenza
dei diversi ceti sociali, quindi ne deduce che non ci sono alla base rivendicazioni sociali,ma solo una spinta al rinnovamento religioso. Anche certi studiosi marxisti lo sostengono, ad esempio
il Xerner, ma non sembra accettabile. Quindi per il Grundmann, non c'è un gruppo sociale preciso ed
omogeneo proletario che abbina la rivolta religiosa a quella sociale. Le eresie del secolo XI sarebbero
espressione di aspirazioni ascetiche e della ricerca della santità, rifacendosi
a modelli monastici. Il modello dominante nella spiritualità di questo periodo è il monaco. Ad esempio i
canonici regolari si rifacevano alla idealizzazione degli stati di vita
perfetti, della vita vere apostolica,e i monaci. E' una forma più aderente ai modelli evangelici. Il Grundmann sostiene che queste eresie del sec. XI si rifanno ai
modelli monastici presso coloro che monaci non sono. Sono ideali monastici,
l'astensione dai cibi carnei, la castità (...) Alla base c'è il concetto che essi sono gli unici interpreti della Scrittura, che le interpretazioni ecclesiastiche sono fallaci,
e che la loro lettura diretta ispirata dallo spirito santo è l'unica valida. Gli eretici di Monforte dicono:
Nos legem scriptam habemus in interiore homine a Spiritu Sancto (la nostra legge è fondata sul nostro Dio
interno nell'uomo interno ispirato dallo Spirito Santo) et nihl aliud sapimus
nisi quod a Deo omitum conditore diligimus (e non sappiamo nient'altro se non quello che abbiamo imparato da
Dio fondatore di tutto) vetus ac sanctos canones cotidi et legendes tenemus (ci atteniamo all'antico e nuovo testamento e ai santi
canoni leggendoli tutti i giorni).
C'è quindi il maniacale rifarsi alle
Scritture, al di là di ogni mediazione. E' abbastanza singolare trovare citato il vecchio testamento,che in genere gli eretici
rifiutano, essendo questo la manifestazione di un Dio crudele,
imprevedibile.
Concludendo, per il Grundmann c'è una trasposizione dell'etica monastica,presso coloro che non sono monaci, rifiutando la mediazione ecclesiastica e i sacramenti impartiti dagli ecclesiastici. Manca invece l'aspirazione alla povertà evangelica (anche se un cenno lo si è trovato) e alla predicazione,che saranno gli aspetti chiave delle eresie del secolo
XII.
Theorèin - Ottobre 2004