MOVIMENTI RELIGIOSI E REALTA' SOCIALE TRA IL XI E IL XII SECOLO
A cura di: Mario Della Penna
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Lezione 10

I Patarini

Contestano la validità dei sacramenti amministrati dal clero, rifiutandoli e ritenendoli simili a canina stercora. Non sono i soli ad operare questo drastico rifiuto, ritroviamo analoghe posizioni anche negli ambienti più rigorosi della riforma capeggiata da Ildebrando (divenuto poi papa Gregorio VII), che aveva negato la validità di tali sacramenti. 

Già prima di Gregorio VII, Leone IX, per citarne qualcuno, nel 1049 aveva vietato ai chierici e ai laici, rapporti con preti ammogliati. Successivamente Niccolò II aveva proibito di ascoltare la messa celebrata dai sacerdoti corrotti, ammogliati, e simoniaci. Alessandro II e Gregorio VII si inseriscono in tutto questo filone di condanna.

Il movimento patarino proviene dal contado perchè lì è più facile agire essendo l'organizzazione ecclesiastica meno compatta e meno potente. L'esenzione monastica, che si era diffusa sempre più, sgretolava la circoscrizione diocesana creando delle isole extra-territoriali e logorando il potere dei vescovi. 

Nelle campagne, la presenza di questi monasteri esenti, fa sì che il controllo del vescovo diminuisca. I patarini ben presto si trasferiscono in città, diventando un movimento essenzialmente cittadino perchè in questo luogo, possono attuare una lotta efficace, contro il vescovo e contro il clero corrotto.

Arialdo è il capo del movimento patarino a Milano e proviene dalla campagna; questa testimonianza conferma la convinzione del Violante il quale sostiene che questi movimenti nascono in campagna e dopo si trasferiscono in città. 

Arialdo nelle sue prediche cittadine disegna un clero ignorante, dedito ai piaceri modani, con figli, simoniaco e concubinario (cum publicis uxoribus), tant'è che, commenta Arialdo, cum lupis essent rapaces...putabantur esse pastores (mentre erano lupi rapaci, si ritenevano pastori). Questa è l'idea che si ha del clero: ossia dei lupi che assaltano il gregge dei fedeli. 

Arialdo nota una totale discrepanza tra la vita praticata e la dottrina predicata. La vita dei sacerdoti è corrotta e la doctrina predica insegnamenti che essi per prima non mettono in pratica. La vita è simile a quella dei laici, e per non alienarsi l'uditorio laico, precisa «ai laici più scellerati».

Abbiamo queste notizie da una biografia intitolata Vita sancti Arialdi, in cui sono riportare anche le prediche al popolo milanese scritte da Andrea da Strumi nel 1075, in un'epoca abbastanza tarda. Egli era stato testimone oculare di eventi, anche se questo non significa che sia una fonte obiettiva e che non abbia fornito una sua interpretazione particolare, apologetica nei confronti dei patarini. Lo è proprio in un'epoca in cui i patarini erano in una fase di ripiegamento, di condanna da parte della gerarchia ecclesiastica, dunque le prediche riportate sono una rielaborazione a tavolino per dipingere un quadro a favore dei patarini e contro il clero corrotto, sempre prendendo spunto dalle prediche di Arialdo che egli aveva ascoltato. Tra l'altro sono scritte in latino, mentre le prediche di Arialdo al popolo milanese erano certamente in volgare. 

In conclusione possiamo dire, che il movimento patarino è essenzialmente un movimento popolare e laico; «movimento di popolo» lo definisce il Volpe, che però vede degli spunti sociali connessi al rinnovamento religioso. É un movimento che combatte il clero in quanto corrotto. Non c'è come negli altri movimenti del secolo XI la volontà di rifiutare qualsiasi gerarchia; i patarini accettano la gerarchia purchè pura affinchè la vita e la dottrina coincidano. Il sacerdozio è ritenuto necessario (questa è la differenza con altri movimenti) per amministrare i sacramenti che sono l'unico mezzo per amministrare la salvezza. In sintesi propongono di non combattere la gerarchia, ma di ristabilirne una pura. I mezzi idonei sono, l'impegno attivo dei fideles laici che hanno il diritto-dovere di attivarsi nell'ambito della chiesa. Questa è una posizione nuova non isolata, perchè il papato stesso condivide questa posizione, anche se per poco tempo; infatti successivamente si tirerà indietro per lo sconcerto provocato dal fatto di vedere un ecclesiastico giudicato da un laico, cioè dotti giudicati da non dotti. L'inferiore che giudica il superiore sarà accettato solo per poco tempo, in un periodo di emergenza quando sarà necessario trovare alleati. Quando il papato riuscirà a risolvere i problemi con l'impero, riuscirà a rimettere i laici al loro posto.

L'istituzione è la negazione delle istanze spirituali più pure, come sostiene il Miccoli? Oppure l'istituzione è la regolamentazione di istanze disordinate che è impensabile riordinare? Questi sono problemi storiografici molto interessanti.


Theorèin - Dicembre 2004