I patarini sono contro il matrimonio dei preti che a Milano è molto diffuso e
ritenuto legittimo. Landolfo Seniore difende questa prerogativa del clero ambrosiano perchè contemplato dalle
scritture presenti nella chiesa primitiva.
All'iniziale lotta al clero sposato o peggio concubinario, si aggiunge poi la predicazione contro la simonia, arrivando a sostenere che i sacramenti amministrati dai simoniaci non sono validi (come sosteneva una corrente vicina al papato) e
che addirittura sono opera diaboli perchè sono amministrati da quei sacerdoti, che in quanto corrotti, rappresentano il corpus diaboli in opposizione al corpus
Christi.
La simonia è considerata eresia: simoniaca heresis. La chiesa milanese ne era stata infetta ampiamente, se consideriamo quello che dicono le fonti: Bonizone da Sutri, fonte filo-patarina, autore del Liber ad amicum (MGH, Libelli del Lite), dice che a Milano su mille chierici a stento se ne potevano trovare cinque non simoniaci. Certamente è un dato che fa riflettere,
pur considerando esagerati i dati del cronista filo-patarino.
Andrea da Strumi, fonte filo-patarina, sostiene più tardi, che tutti gli ordini ecclesiastici, dal minore al maggiore, si potevano comprare: Quomodo emitur pecus (come si compra il bestiame). Da una testimonianza non dubitabile, quella dell'arcivescovo di Milano Guido da Velate, che ammette questa colpa, sappiamo che esistono precisi tariffari per comprare cariche.
Qual'è l'azione dei patarini nei confronti dei preti concubinari o sposati? Li privano dell'ufficio e del beneficio, cioè dell'ufficio ecclesiastico collegato al beneficio dei proventi del loro essere chierici.
Viene predicato contro questi lo sciopero liturgico, ossia i fedeli dovevano disertare le funzioni in cui ci fosse un prete simoniaco o concubinario. Questo atteggiamento non ci stupisce se ricordiamo il messaggio del Concilio Lateranense del 1059 in cui Niccolò II aveva addirittura ordinato di non seguire le funzioni di chierici colpevoli di concubinato.
L'unico modo per uscire da questa dannatio era firmare un documento in cui ci si impegnava a mantenere la castità da allora in poi in cambio del perdono.
Questo venne visto con riprovazione, come un grosso scandalo, perchè si sottoponeva al giudizio dei laici un chierico.
Erlembardo, laico che succede ad Arialdo, arriva a celebrare veri e propri processi contro i chierici ammogliati. Questa è stata definita dal Miccoli e da tanti altri, la prassi più rivoluzionaria della pataria. I cronisti ostili lo vedono come un sovvertimento della societas cristiana.
Oltre a Landolfo Seniore, autore della Historia mediolanensis (MGH,SS,8°), troviamo Arnolfo
con i Gesta arciepiscoporum mediolanensis (MGH,SS,8°). Questi è legato all'alto clero, ai capitanei, ed è estremamente ostile alla pataria.
Si sdegna che un idiota laicus come Erlembardo, pretenda di applicare lo ius ecclesiasticum.
Erano accusati anzi di seguire la lex mondana, una legge civile, perchè pare che essi si rifacessero alla novella di Giustiniano, che ordinava che fossero espulsi dal clero tutti i preti, i diaconi e i suddiaconi che avessero contratto il matrimonio dopo l'ordinazione.
Può stupire forse trovare una traccia del diritto giustinianeo in un'epoca così precoce. Sappiamo che il diritto romano, ordinato secondo il Corpus iuris civilis giustinianeo, ricomparve in occidente abbastanza tardi, alla fine del XI secolo e poi con la scuola bolognese sarà di nuovo oggetto di studi. Qui il riferimento è alla metà del XI secolo. In realtà questa novella di Giustiniano si trova citata addirittura nel 1022 da un papa. Qualche frammento del diritto circolava. La novella riguardante i chierici corrotti evidentemente era già stata utilizzata.
Cosa accadeva nei processi? Erlembardo ordinava che i colpevoli o ritenuti tali giurassero la propria innocenza
sostenuta dalla testimonianza di dodici persone, cosa molto difficile. I testimoni si chiamavano sacramentales o coniuratores. Il giuramento dei preti, giuramento purgatorio, veniva accettato come purificatorio. Se questi rifiutavano di giurare, venivano privati dei loro beni, non quelli privati, ma quelli del beneficio,
che venivano poi incamerati dai patarini che avevano bisogno di denari per finanziare il movimento.
I processi sono veloci, sommari e non si segue una procedura ben precisa. Si procedeva secondo il principio della notorietà del delitto-reato, condannando il malcapitato se non aveva dodici testimoni disposti a giurare
la sua innocenza.
Questi processi laici ad ecclesiastici, sono uno degli aspetti del movimento patarino, sovvertono la tradizione secondo cui il laico
(inferiore) non può giudicare l'ecclesiastico (superiore). Lo stesso Niccolò II per alcuni versi appoggia la pataria; ma in un canone del Concilio sinodale dice: Ut cuius libet ordinis clericos, laici non iudicent, nec de ecclesis inficiant (si stabilisce che i laici non giudichino non caccino dalle chiese i clerici di qualunque ordine).
Anche gli altri papi pretendono che vi sia un giudizio secondo le regole del diritto canonico.
Nel 1067 ritroviamo la volontà di frenare l'esplosione patarinica che appariva pericolosa; due cardinali legati, cioè ambasciatori del pontefice romano, inviati a Milano emanano delle Constitutines su questo scottante tema.
I chierici sono sottratti al giudizio dei laici, rientrano nel giudizio dell'arcivescovo e i laici devono denunciarli, ma non sottoporli a giudizio. Si cominciano a fare delle precise limitazioni: si distingue tra concubinato permanente, che determina la perdita dell'ufficio e del beneficio, e le fornicazioni occasionali, imputate alla debolezza della natura umana, che determina solo la perdita dell'ufficio e solo fino al momento in cui non si facesse penitenza.
Il beneficio, perso dal chierico colpevole, non doveva finire nelle mani del laico, ma doveva restare nell'ambito della chiesa, presso altri ministri che non fossero colpevoli. Il papato così riafferma il proprio primato disciplinare.
In questo senso andrebbe interpretata un'altra vicenda che la storiografia interpreta in maniera contraria: la consegna da parte di Alessandro II, altro papa della riforma, ad Erlembardo del vexillum sancti Petri, drappo (dicono le fonti) con una croce dipinta o ricamata. La storiografia dice molto semplicisticamente, che la consegna del vessillo di san Pietro, è un riconoscimento al capo della pataria, una sorta di beatificazione. In parte è così, ma si tratta anche di una normalizzazione perchè ai patarini è attribuito un ruolo di coercizione anche armata, pro fidei difensione. E' un vassallaggio spirituale dei patarini che devono obbedire alla chiesa di Roma do ut des.
Tuttavia non viene accettato che il popolo dei laici si erga contro i sacerdoti come giudice. Sorgono nella chiesa pseudomaestri, distogliendo la plebe dalla disciplina ecclesiastica (come sostengono le fonti anti-gregoriane più tradizionaliste). C'è un tentativo di imbrigliamento, dice il Miccoli, derivato dalla coscienza che i rischi di sovversione dei valori dell'organizzazione ecclesiastica sono troppi. Sicchè conclude, c'è alla fine la tendenza a considerare il laicato massa di manovra, cioè strumento di pressione piuttosto che quale soggetto protagonista anch'esso della realtà ecclesiastica.
Quando i laici minacciano di diventare soggetto attivo della chiesa vengono utilizzati, accantonati e ridimensionati in tanti modi. Uno studio ha esaminato la parabola discendente dei patarini, attraverso lo studio del loro nome e attraverso la denominazione che viene data loro dalle fonti.
Giorgio Gracco, in Pataria, opus e nomen in Medioevo ereticale 1977, giustamente dice che il significato del nome non è affatto chiaro e scontato. Le varie spiegazioni sono delle ipotesi tra le quali la più diffusa è quella del Muratori.
Nel 1741, in Antiquitates italicae medii aevii (75 dissertazioni su temi del medioevo), egli afferma che il termine patarino fortasse deriva da pattari, cioè rigattieri o comunque gente rozza di bassa estrazione sociale. Per comprovare questa ipotesi, che per il Greco andrebbe abolita da tutti i manuali, si rifà a Landolfo Seniore. Il Gracco ha verificato solo che la fonte parla di Viri illitterati (laici di qualsiasi provenienza sociale, che non possiedono gli strumenti culturali per permettersi di contrastare il clero). I chierici possiedono la scienza delle Scritture, mentre i laici sono litteras nesciunt (nescire litteras ossia non conoscere il latino).
Il fatto di essere ignoranti di latino, non vuol dire che fossero di un ceto di rigattieri. Anche un nobile dell'epoca poteva non conoscere il latino - littera. Tutti i laici fanno parte di questa categoria: laico = illitteratus patarino quindi non significa straccione. Un cronista ostile ha addirittura supposto che patarino derivi da pathos che in latino è la perturbatio. Di qui patarini = perturbatores. Questa, come molte altre, è una delle etimologie che si trovano nelle fonti medievali.
Theorèin - Febbraio 2005