MOVIMENTI RELIGIOSI E REALTA' SOCIALE TRA XI E XII SECOLO
A cura di: Mario Della Penna
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Lezione 21

Movimenti religiosi del XII secolo

I Valdesi

La predicazione e il lavoro

I Valdesi sono connotati da:

  • il ritorno alla vita evengelica che si deve basare sulla povertà assoluta e sulla volontà di farlo;
  • la volontà di rivendicare il diritto alla predicazione anche dei laici uomini e donne (questa apertura alle donne è l'elemento rivoluzionario). Infatti è noto che nella tradizione della chiesa nel medioevo, la donna è sempre stata vista come un essere inferiore. Se pensiamo a S.Tommaso: "Femina est mas occasionatus" (la donna è un maschio mal riuscito). Quindi c'è tutta una tradizione che mulier taceat in ecclesia tende ad emarginarla. Con gli eretici la donna viene quasi parificata all'uomo.

La predicazione per i Valdesi

Quello che ci interessa comunque, è la rivendicazione della predicazione da parte dei laici, uomini e donne; predicazione che contrasta quel tradizionale ruolo passivo che hanno avuto i laici nella vita della Chiesa fino a questo momento. Troviamo questa aspirazione anche presso i monaci che fino a quel momento sono stati ritenuti estranei alla predicazione solo perchè loro caratteristica fondamentale era l'isolamento, la separatezza dal mondo. Quindi il monaco non deve predicare, ma pregare.

Chenù storico francese autore del testo fondamentale La teologia del XII secolo osserva che da questa insensibilità al proselitismo che è tradizionale nell'ordo monastico fino al XII secolo, si passa ad una sorta di risveglio evangelico cioè di ansia di evangelizzazione, di predicazione per diffondere il verbo del Vangelo.

Nel Medioevo per cambiare una posizione ideologica occorre rifarsi ad una giustificazione basata sulle auctoritates. Qual'è la giustificazione che si adduce per avallare il diritto, anche ai monaci, di predicare?

Si sostiene che gli apostoli erano dei monaci. Quindi i veri successori degli apostoli sono i monaci, e come gli apostoli predicavano, così i monaci hanno il diritto di predicare. Fino ad Innocenzo III, che modificherà le cose, il diritto alla predicazione (officium predicationis) è consentito solo a coloro che sono stati chiamati da Dio.

Citiamo un autore che ci dà con grande chiarezza e schematicità l'elenco di coloro che hanno il diritto di predicare, si tratta di Guglielmo di Sentamùr che usa questi argomenti per negare il diritto ai mendicanti di predicare, e questo è un dato che ci può interessare.

Guglielmo di Sentamùr scrive un opera De periculis novissimorum temporum a metà 1200. E' un attardato sostenitore di una posizione che già Innocenzo III ha superato ma tra le posizioni tradizionali che Guglielmo cerca di sostenere ancora, dopo la morte di Innocenzo III (1216) quindi intorno al 1250ca quando le cose erano oramai cambiate, non erano più come ai primi anni del '200 troviamo chi sono coloro che sono chiamati da Dio, che hanno il monopolio della predicazione secondo questo autore:

  • I dodici apostoli e i loro successori cioè i vescovi.
  • I 72 discepoli e loro successori cioè preti oppure i diaconi.
Nessun altro, nè monaci, nè laici, possono predicare; solo i tre rappresentanti di questi tre gradi: diaconi, presbiteri, episcopi. I rappresentanti di quegli altri tre gradi che l'autore elenca così: catecumeni, monaci, laici, non possono assolutamente predicare. Nessuno, nemmeno il papa, può consentire eccezioni, perchè andrebbero contra doctrina apostoli Paoli. L'unica eccezione può essere questa: a meno che, coloro che sono chiamati da Dio, quindi i primi tre ruppi chiedano a qualcuno di sostituirlo nell'ambito esclusivo del proprio territorio.

Di fatto, quindi, è annullata ogni possibilità di predicazione itinerante, perchè se mai è concessa una predicazione, su precisa delega di uno dei preti diaconi o vescovi, è limitata al proprio territorio. Nessuno può passare al territorio di un altro prete in sostanza. Coloro che predicano non missi, cioè non invitati da quisunt vocati (da quelli che sono chiamati da Dio), predicano contra iura (contro le leggi); sono pseudo-predicatori. E' un concetto che anche San Bernardo aveva sostenuto, riprendendo una pagina evangelica, cioè aveva detto: quomo predicamunt nisi mittantur (come fanno a predicare se non sono inviati?). Quindi si predica ad una condizione: se si appartiene ad uno dei tre ordines dei vocati, oppure se deve essere missi. Quindi questa rivendicazione della predicazione da parte dei Valdesi per i laici, cadeva in un ambito in cui la situazione era consolidata da tradizioni ben precise, da iura precisi.

Valdo, il fondatore della setta, ricco mercante lionese che aveva rinunciato alle ricchezze per dedicarsi alla vita apostolica, all'inizio mostra una volontà di non uscire dalla chiesa ma di restare all'interno stesso. Difende anzi l'ortodossia. Peraltro è viva in lui la coscienza delle condizioni di gran parte della chiesa del suo tempo, della corruzione del clero, che Valdo paragona a scribi e farisei. Da questa constatazione nasce la voglia di affiancare il clero cooperando con lui nella predicazione che da Valdo e suoi seguaci, è intesa come diritto dovere, per insegnare la via della salvezza a tutti. Chi conosce la via della salvezza, la deve comunicare agli altri. Questo in un primo momento cooperazione con il clero. In un secondo momento Valdo passa da posizioni solo apostoliche a posizioni ereticali. Di fatto i Valdesi si trovano su posizioni eterodosse. Quali sono?

Esaminiamo le confutazioni che contro i Valdesi portano controversisti cattolici come per esempio Bernardo di Fontcòd (fonte calda) il quale scrive Adversus valdensium sectam nel 1190, quindi più o meno vicina agli eventi. E' il famoso autore di quella famigerata etimologia "dicti sunt valdenses a valle densa, eo quod profundis et densis errorim tenebris involvantur" (si trovano in una valle fitta perchè si trovano errorim dei propri errori). A parte questa sgangherata etimologia, Bernardo imputa ai Valdesi queste posizioni dottrinali:

  • Negano il valore delle elemosine opere buone e dei suffragi per i defunti;
  • Affermano che è inutile pregare nelle chiese, basta pregare nella propria stanza; in cubiculis (nei propri letti) dice la fonte sarcastica e polemica, come se il letto fosse equivalente alla chiesa.
  • La chiesa non ha il potere di sciogliere e legare, perchè la chiesa è diventata la sinagoga rifiutata da Pietro.

Un'altra confutazione di posizioni valdesi la dobbiamo ad Alàno da Lilla che scrive nel 1200 circa, nella Francia meridionale. Alano insiste su questo punto:

  • la colpa dei Valdesi è predicare sine prealati auctoritate (senza autorizzazione del prete) sine divine aspirazione
  • sine scienzia, sine litteratura, cioè la presunta ignoranza dei laici è una condizione che non consente la predicazione.

Gli stessi concetti li troviamo in un altro controversista Goffedo di Auxerre Super apocalipti è il titolo dell'opera, che li definisce persone degne di disprezzo et indigne predicationis ufficium usurpantes sine litteris (che hanno usurpato la posizione di predicatori essendo ignoranti). Comunque il loro atteggiamento è definito antiecclesiastico e antipapale; sono nemici della chiesa e del papato. Anche perchè,e questo è un dato di fatto, i Valdesi sostenevano che bisogna obbedire più a Dio che agli uomini (oportet oboedire magis deo quam hominibus) Però questa non è una posizione decisamente antiecclesiastica.

Il rifiuto degli antiecclesiastici si indirizza non contro tutti gli ecclesiastici, ma solo contro i sacerdoti malvagi. E c'è una precisa testimonianza di un controversista che dice: dicunt quidam eretici quod bonis prelatis oboediendum est (ai buoni prelati si deve obbedire); però boni prelati qui apostolorum vicari sunt vita et officio (i buoni prelati sono vicari degli apostoli per due aspetti, sia per il modo in cui vivono, sia per la loro funzione) non vero oboendiendum est iis qui apostolorum vita non habent (non bisogna obbedire a coloro che non seguono la vita degli apostoli).

Arriviamo ad un concetto fondamentale: non tutti quelli che hanno preso gli ordini sono uguali, quello che conta non è l'officium ma il meritum. E questa è una posizione che i controversisti cattolici hanno ben capito perchè c'è una frase che dice: opera di più il merito della vita, cioè le azioni, piuttosto che l'appartenenza alla gerarchia ecclesiastica. Questo spiega la volontà di scavalcare gli ecclesiastici se essi non hanno meritum che diventa il punto centrale.

Di qui il fatto che per i Valdesi se i preti non hanno meritum, ci si può per esempio confessare ai laici, o anche direttamente a Dio, percordis constrizionem cioè ci si pente nell'interno del proprio cuore.

Per Miccoli "eccoci arrivati ad una caratteristica dell'evoluzione storica del secolo XII, alla lotta al clero corrotto, di tipo patarinico, si viene sostituendo la ricerca della salvezza indipendentemente dal clero", e poi si dirà indispensabile dal clero sia corrotto sia non corrotto, aderendo direttamente al vangelo. Questo è quello che si può dire a proposito della predicazione e del rapporto con gli ecclesiastici.


Theorèin - Dicembre 2005