Nel 1947 per conto della biblioteca de «L’Adunata dei Refrattari» vengono pubblicate a New York due conferenze pronunciate da Virgilia D’Andrea negli anni del soggiorno americano.
Il piccolo e pregiato opuscolo raccoglie forse tra le sue più animose e appassionate parole.
Nel 1965, queste ultime, vengono raccolte insieme ad altre sei conferenze inedite e sono pubblicate a Cesena per i tipi dell’Antistato, con il titolo Richiamo all’anarchia.
Protesta e proposta anarchica in otto conferenze pronunciate in terra d’esilio durante la dominazione fascista.
Questi scritti, frutto di un’intensa attività propagandistica, tratteggiano gli ultimi anni della vita di Virgilia e ne rappresentano, in parte, la sintesi.
Non sono aride disquisizioni né osservazioni meticolose e pedanti nei meandri della tecnica e dell’organizzazione, ma idee semplici e dinamiche. Sono parole ardenti di passione liberatrice e spiccata forza polemica: caratteristiche peculiari e imprescindibili di tutta l’attività propagandistica della D’Andrea.
Soprattutto negli anni dell’esilio americano, Virgilia è occasionalmente tormentata da dubbi sull’utilità del proprio lavoro.
Scrive una lettera a Errico Malatesta dai White Plains di Brooklyn nel 1932, in cui osserva: “Io continuo a lavorare, sebbene la mia salute rimanga debole, ma soltanto io continuo a mandare avanti la propaganda orale, e questi Stati Uniti sono immensi. Come essere gradita ad ognuno?”.
Questa lettera ci mette al corrente, tra l’altro, di una probabile delusione della D’Andrea nei confronti dei compagni per l’insufficiente impegno. Aggiunge, infatti, solo dopo qualche riga: “Al momento sono così stanca fisicamente ma purtroppo i nuovi speakers non sono ancora emersi, sebbene siano così tremendamente necessari”. Come uno fra i tanti immigrati e pericolosi stranieri, che conosce e parla poco l’inglese, Virgilia ha pochi contatti al di fuori della sua comunità di intellettuali esuli.
Le conferenze, tenute in tempi e luoghi diversi con argomenti distinti, presentano un unico filo conduttore: la continuità storica del pensiero e dell’azione rivoluzionaria. Passato e presente si compendiano e si proiettano nell’avvenire.
La carriera politica della D’Andrea, come quella di altri radicali esuli italiani, conferma il valore di un approccio transnazionale e generale alla storia dell’anarchia e dell’antifascismo. A differenza di altre donne antifasciste italiane, esuli negli Stati Uniti, organizzatrici del sindacato e attiviste politiche, Virgilia non fa parte di una comunità scrupolosamente ordinata o di un gruppo circoscritto e non mette radici in un unico luogo. Partecipa alla fondazione di sindacati, guida scioperi di base e organizza assemblee, ma il suo attivismo è distante da quello legato alle lotte dei lavoratori locali. Molte donne radicali italo- americane intraprendono l’attività propagandistica tra le donne del proprio quartiere e ambiente sociale. Virgilia non è radicata allo stesso modo. La sua esperienza politica e il suo attivismo differiscono da quelle degli altre immigrate rivoluzionarie che guidano la protesta e preparano la contesa sociale organizzando campagne di lavoratori italo-americani.
Come mostra Jennifer Maria Guglielmo, quelle donne spendono anni vivendo e lavorando al fianco dei lavoratori italiani. Sposate all’interno delle comunità dei lavoratori o nelle città dei minatori dell’Illinois, quelle donne anarchiche danno inizio alla protesta proprio sul luogo di lavoro e organizzano manifestazioni, boicottaggi e scioperi. Le emigranti anarchiche come la D’Andrea permettono, dunque, di definire ciò che il radicalismo significa per i più vasti gruppi di donne emigranti entrate a far parte del variegato mondo dei movimenti del lavoro americani.
I radicali italiani forniscono una leadership critica capace di far emergere movimenti del lavoro in Francia e in Brasile. Negli Stati Uniti, invece, essi offrono molto spesso alternative alla più conservatrice Federazione Americana del Lavoro, richiamando una significativa partecipazione femminile.
L’attivismo di Virgilia tra i lavoratori italiani, emigrati tra la fine del 1920 e il 1930, combatte la comune opinione che l’esecuzione di Sacco e Vanzetti concretizza la morte dei movimenti radicali italo-americani. Quando, dopo la morte dei due anarchici italiani, una notevole crisi colpisce il movimento anarchico; la carriera della D’Andrea come antifascista si sviluppa su importanti elementi di continuità nella storia del radicalismo italo-americano. Allo stesso tempo il suo rapporto con i lavoratori emigranti, incluse le donne, differisce notevolmente da quello degli organizzatori italo- americani e laburisti del mondo femminile. Questi ultimi erano, infatti, fermamente integrati nelle comunità degli emigranti della classe operaia.
Pertanto, molte conferenze di Virgilia sono storiche, filosofiche e teoretiche. La dissertazione si presenta, dunque, lontana dalla comprensione delle difficoltà legate alla vita quotidiana e non si occupa, nel dettaglio, del variegato mondo dei lavoratori. L’analisi si spinge verso tematiche ricche di suggerimenti gnoseologici e le idee si dilatano verso concetti di più ampio respiro.
Notevoli suggestioni innalzano la speculazione del lettore-uditore, attento e mediamente colto. I riferimenti storico-filosofici sono frequenti e ponderati anche se spesso difettano di una ricerca approfondita. La D’Andrea argomenta, infatti, di storia intellettuale e politica piuttosto che affrontare concetti più strettamente pragmatici e realistici. Privilegia l’insegnamento e riveste a pieno il ruolo di maestrina del popolo.
L’edizione del 1963, di cui ho parlato all’inizio di questo capitolo, raccoglie otto interventi, ed è organizzata in due sezioni distinte e così suddivise:
L’IDEA ANARCHICA:
- Chi siamo e cosa vogliamo;
- Patria e religione;
- Pietro Gori.
LOTTA ANTIFASCISTA:
- Tenebre e fiamme nella tragedia italiana;
- Le tradizioni italiane rinnegate e tradite dal fascismo;
- Per tutte le vittime contro le vittime contro tutti i persecutori;
- I delitti della patria borghese. I diritti della patria umana;
- La violenza degli oppressori e la rivolta degli oppressi.
La prima parte è chiaramente programmatica e ci propone l’analisi del pensiero anarchico e l’indagine delle sue finalità; la seconda, invece, ha un carattere marcatamente polemico. Virgilia esprime, con toni pungenti, tutta la sua condanna verso i regimi dittatoriali e critica, in particolare, il dominio incontrastato di Mussolini in Italia.
Theorèin - Luglio 2004