SPUNTI PER UNA LETTURA GEOGRAFICA DELLA SPIRITUALITA’
DI SAN PIO DA PIETRELCINA

A cura di: Vito Sibilio
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Commentando la sua attitudine all’apostolato itinerante in una delle innumerevoli conversazioni avute con i giornalisti, una volta papa Giovanni Paolo II (1978-2005) ebbe a dire che “è necessario avere una spiritualità geografica”. Questa necessità egli la ravvisava essenzialmente per il Sommo Pontefice, ma – a buon vedere – essa è una categoria fondamentale di ogni santificazione. In effetti, ogni percorso di santità è un vero e proprio movimento spirituale, che percorre i luoghi materiali leggendoli come simboli di corrispondenti stati dell’interiorità, o addirittura che li percorre anche senza l’ausilio di un movimento fisico. Questa particolare ermeneutica agiologica si addice bene alla santità di Pio da Pietrelcina (1887-1967), in cui si ripropongono elementi costitutivi di svariate forme di sacralità, dall’arcaica alla moderna, ognuna delle quali ha una sua tipologia di luoghi sacri, che puntualmente ha riscontro nella vicenda terrena dello Stigmatizzato del Gargano (1). Essa ci permette di riscontrare una singolare sinergia tra i luoghi del Santo e il Santo stesso, permettendoci di comprendere meglio, in chiave teologica e antropologica, l’origine e il senso della sua vocazione.

IL GARGANO E LA TERRA SANTA: UNA CRIPTOGEOGRAFIA CRISTOLOGICA E NEOTESTAMENTARIA

Una prima riflessione si può sviluppare in merito al rapporto tra San Pio e il suo modello, Gesù Cristo. Al centro della sua esperienza mistica c’è la volontà, più volte dichiarata, di imitarlo e seguirlo nei dolori della Passione. Questa imitazione si è compiuta lungo una vita disseminata di sofferenze, che sono culminate in svariati fenomeni mistici, umanamente inspiegabili e di alto valore simbolico, dei quali il più importante è la stigmatizzazione. In questo modo la sofferenza storica del Cappuccino divenne una mimesi, una riedizione della sofferenza storica del Fondatore del Cristianesimo. Ma ogni storia ha i suoi luoghi. Quella del Cristo ebbe la Palestina, la Terra considerata Santa soprattutto per la sua presenza, almeno dai suoi seguaci. Se Pio da Pietrelcina fu e si sentì un Alter Christus, la Rocca Garganica non può entrare nel suo mistero come una nuova Terra Santa? Cominciamo col dire che quasi sempre i santuari ricalcano i luoghi dei misteri o dei personaggi a cui sono dedicati, e questi stessi personaggi sono spesso vissuti in ambienti che si addicevano pienamente alla loro vocazione, sia per scelta che per Provvidenza. Il Gargano può essere assimilato alla Palestina e ai luoghi della Passione ? Il pellegrino che lo percorre può compiere un viaggio che ricalca quello nella Terra di Cristo? Molte sono in realtà le analogie tra l’uno e l’altro luogo. Sia il Promontorio garganico che la Palestina sono piccoli territori in cui però si riscontra un’eccezionale varietà di paesaggi; entrambi conservano una stratificazione composita di fasi differenti di una o più forme di religiosità, al cui vertice si colloca ad un certo punto l’esperienza di un mistico con una forte vocazione all’immolazione per il prossimo. Ciò ci porta ad una dimensione arcaica e storica della religiosità, una dimensione in cui il miracolo, l’incomprensibile, il mistero e la teofania sono costantemente presenti. Al cuore di questa analogia c’è la sorprendente vicenda di un frate stigmatizzato che, come il suo Modello, vive la sua crocifissione su un monte: il Gargano è un altro Calvario. Il monte, che dall’antica cultura sumera è il luogo in cui gli Dei scendono sulla terra e vi trovano riposo, torna, in questo frangente della storia della spiritualità cristiana, ad essere il luogo della manifestazione di Dio e della sua Redenzione. Tramite l’archetipo del Calvario, il Gargano entra in relazione con tutti i monti su cui Cristo si è manifestato: dal Tabor al Monte delle Beatitudini a quello del Mandato missionario dopo la Resurrezione. La vetta garganica è il luogo in cui Pio da Pietrelcina ha vissuto la contemplazione del mistero di Cristo e da dove ha adempiuto ai precetti evangelici della Missione e delle Beatitudini. Non a caso le stigmate gli furono definitivamente impresse sul monte, nonostante alcune avvisaglie avutesi in altri luoghi, però non pienamente conformi all’aspetto dei posti biblici della Passione di Cristo. Colpisce altresì che, come il Calvario si spaccò dopo la Morte del Cristo (2), così San Giovanni Rotondo si colloca in una lunga faglia che lo collega alla pianura e che lo solca tutto. Ciò che è un mero dato orografico e che ha permesso una serie di insediamenti umani ben allineati, diviene un simbolo all’interno del mistero mistico del Santo, a cui i fedeli possono, se vogliono, attingere con maggiore pienezza mediante una visita consapevole dei suoi luoghi. Lungo tale faglia, peraltro, si sono moltiplicati luoghi sacri di svariata importanza storica, da S.Maria di Stignano a Monte S.Angelo, ognuno dei quali fornisce una diversa angolazione per una visione complessiva di quel Gargano mistico che ai nostri giorni si è manifestato in San Pio. Questi, come il Cristo nella Terra Santa, è la ricapitolazione vivente della spiritualità dei Luoghi in cui vive.

In effetti, il Calvario è l’epitome del valore simbolico dei monti di tutta la Bibbia, per cui il Gargano, tramite esso, si riconnette a quella antica eredità spirituale. Di solito, è su di una vetta che Dio conclude la sua Alleanza col Popolo, tramite il sangue delle vittime. Presso l’Ararat Noè riconcilia l’Umanità con Dio dopo il Diluvio (3), e sul Sinai Mosè ratifica il Patto con il Signore (4). Esplicitamente Gesù Cristo presenta la sua immolazione sul Monte come un Patto di riconciliazione (5), alla cui linfa attinge l’immolazione pluridecennale del Padre Pio sul suo monte. Egli naturalmente non vuole stipulare nessun nuovo patto, ma ricorda il valore di quelli antichi, e soprattutto – tramite la sua vita prodigiosa – mostra la presenza di Dio tra i suoi. Anche del monte Gargano, dunque, si può dire biblicamente: Il Signore è là (6).

Ma i luoghi della Passione sono anche quelli extraurbani di Gerusalemme, per cui il simbolismo geografico della spiritualità di San Pio tocca anche un rapporto che a prima vista può sembrare forzato e pretenzioso: quello tra San Giovanni Rotondo e Gerusalemme. Naturalmente non si tratta di equiparare la santità delle due città, ma di compararne la funzione nella Passione di Cristo e di Pio da Pietrelcina. Colpiscono alcune analogie.

Anzitutto, il convento cappuccino era piuttosto fuori dall’abitato, almeno quando San Pio vi giunse, esattamente come il Calvario era fuori Gerusalemme. Inoltre è dalla città – ossia dalla comunità – che arrivano al Santo molte sofferenze, decisive per la sua Passione. Potremmo considerare San Giovanni Rotondo come l’allegoria di tutte le città, la cui vita è biblicamente opposta a quella dei Servi di Dio che sono in simbiosi con Lui tramite la natura. Dai tempi della Torre di Babele, i cittadini costruiscono il loro monte artificiale su cui pretendono di raggiungere Dio, per cui la civiltà urbana è in un certo senso corruttrice, e rigetta il messaggio di salvezza che Dio le manda (7). Nella spiritualità di San Pio San Giovanni Rotondo assume due significati: è il luogo da dove arriva la persecuzione, ma è anche il luogo su cui si irradia la sua opera di salvezza.

Nella prima accezione, la città è la metonimia della comunità umana, e quindi anche il simbolo di tutte quelle più grandi città da cui partirono tanti attacchi alla vita del Santo frate. Nella sua stessa comunità conventuale, molti confratelli lo calunniarono e lo perseguitarono, realizzando così una prima dicotomia che è ad un tempo teologica ed antropologica: quella tra il Profeta-Persona e la Comunità a cui è mandato e in cui assume una fisionomia. Il Santo non è asociale, e proprio per questo soffre l’esperienza della marginalizzazione e dell’espulsione, che ne configura in modo ancor più preciso la fisionomia mistica. Peraltro, San Giovanni Rotondo è il terminale, burocratico, e quindi cittadino, delle sanzioni che vengono contro il Frate da altre città, corrotte per il potere che ospitano o per il modo, sia pure inconsapevole, in cui i potenti in esse lo esercitano. Potremmo esemplificare ricordando le calunnie contro San Pio dell’arcivescovo Gagliardi, in Manfredonia, e le misure restrittive provenienti dal Sant’Uffizio, in Roma (8), che qui, in un’apocalittica su misura del Venerato Padre, diviene, sia pure involontariamente, la Grande Città che s’inebria del sangue dei fedeli e che è potentemente descritta da Giovanni nelle sue visioni a Patmos (9). La vicinanza dello Stigmatizzato garganico ad un centro urbano simboleggia dunque il suo rigetto da parte dei suoi simili: Venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto – come recita il Prologo del Quarto Vangelo (10).

Nella seconda accezione, San Giovanni Rotondo assume un connotato più definito, attraverso tutti coloro che, in essa, accostarono il Santo e attinsero al suo tesoro di grazie. In questo senso non si fa una grande differenza tra i residenti e i pellegrini, e i figli spirituali che vissero là – a volte proprio per godere della presenza del Padre – organizzarono una rete di case in cui, come nelle domus ecclesiae della primitiva Gerusalemme, vissero la loro rinnovata esperienza di fede. In tale ottica San Giovanni Rotondo è, sul modello di Sion, città sul monte – ossia città santa – alla stessa stregua di altre città, dalla vicina Monte Sant’Angelo fino a Lourdes, Fatima, Loreto, Siracusa, Santiago, ecc., e avendo come archetipo sempre Gerusalemme, costruita sul monte Sion. Mentre molte città sante contemporanee sono pianeggianti, San Giovanni Rotondo, anche geograficamente, è simile al modello biblico in cui il sito urbano e il monte coincidono.

In questo sacro perimetro, delineato dalla città e dal monte, San Pio vive misticamente tutte le fasi della Passione di Cristo: l’Agonia, la Flagellazione, la Coronazione di Spine, la Crocifissione (11). Qui vivrà anche la sua morte fisica. Indipendentemente dal fatto che la Chiesa non ha dato un giudizio definitivo su tutti questi fenomeni mistici, rimane il loro valore simbolico, che dà ulteriore vigore a questa lettura geografica della spiritualità del Santo. La città è il luogo in cui il male lambisce la vittima immolata causandone la morte, e in cui il flusso di grazia proveniente da essa purifica gli uomini. Essa diviene una città redenta. Il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo è un itinerario simbolico di purificazione che, a causa della personalità del Santo ivi venerato, si attaglia molto di più al modello redentivo fornito da Cristo di quanto non accada in altri santuari. Esso è eminentemente cristomimetico, con un fortissimo impianto soteriologico.

Il sepolcro del Santo è il cuore di questa mimesi, come il Santo Sepolcro è il cuore del pellegrinaggio palestinese. Generalmente, ogni pellegrinaggio ad un sepolcro – e quindi ad ogni santuario agiologico- è cristomimetico, perché il corpo del Santo simboleggia il Corpo di Cristo, che è irraggiungibile perché glorioso in Cielo, e a cui si può comunicare solo tramite l’Eucarestia. In questo senso, il pellegrinaggio cristomimetico per eccellenza è quello a Roma, presso la tomba del Vicario di Cristo, Pietro, specie nel periodo giubilare, quando il suo successore applica i meriti della Redenzione del Cristo stesso ai visitatori (12). Ora, il santuario di San Pio è forse quello che più di tutti, tra quelli dei Santi moderni, mette in comunicazione con questa particolare linfa spirituale. Il Santo è stato crocifisso con Cristo, e ora riposa – in sua vece – in un sepolcro. I fedeli che giungono a visitarlo venerano in lui lo strumento eletto di un’espiazione vicaria, suscitata da Cristo per il bene della sua Chiesa. Il Santo Sepolcro di Gerusalemme è dunque il significato ultimo della devota visita al sepolcro del Santo, nella cui geografia spirituale entra anche un significante eccellente del luogo più sacro della Cristianità. In tal senso, la vita terrena e ultraterrena di San Pio e il luogo dove si è svolta e dove se ne custodisce la memoria divengono le coordinate spazio-temporali di un Giubileo, ossia di un anno (in senso di periodo) di grazia del Signore, alla cui pienezza si attinge recandosi presso di esse (13).

Il ruolo del sepolcro nel cuore del mistero cristologico che è alla base della spiritualità di Padre Pio ci introduce ad una ulteriore considerazione sullo spazio geografico in essa. Verte essenzialmente sulla modifica dello spazio stesso ad opera dell’uomo, nello sforzo di estrarre dalla natura il significato spirituale che contiene. Di solito sono possibili due opzioni: conservare il luogo sacro, con un minimo di modificazione, o stravolgerlo con l’edilizia sacra. Nella tradizione biblica più remota, il luogo della teofania non è mai toccato: Betel (14), Sichem(15), Ebron(16), Galgala(17), il Sinai hanno conservato la loro fisionomia, e solo altari rudimentali vi sono stati costruiti. E’ una tipologia minimalista che, sia pure spesso stemperata in un contesto di edilizia sacra, non tocca il luogo precipuo del sacro e lo lascia intatto, reliquia a Cielo aperto, posto santificato da Dio stesso. Il Gargano, con lo speco micaelico non consacrato da mani d’uomo, in cui l’Arcangelo promise la remissione dei peccati echeggiando le parole di Giacobbe in Betel (18), dopo aver visto Dio in quel luogo, ne è un esempio esso stesso. E’ una tipologia che sopravvive, per esempio, anche a Lourdes, almeno nella Grotta di Massabielle. Assai meno conosciuto, ma altrettanto suggestivo, è l’irlandese Lough Derg, la cui isoletta megalitica è intatta da secoli e simboleggia la devozione alle Anime Purganti, la cui allocazione era posta all’Estremo Occidente (19).

La seconda tipologia è quella di una modificazione radicale dello spazio sacro. In relazione al Santo Sepolcro, Costantino operò ciò che oggi ci sembrerebbe un vero scempio ma che è perfettamente logico da un punto di vista religioso, parziale sì, ma corretto. L’imperatore squadrò il Calvario e lo coprì di mosaici, e circondò la Tomba di Gesù con l’Anastasi. I due edifici furono poi trasformati nella Basilica del Santo Sepolcro.

Un così illustre precedente giustifica tutte le modificazioni dello spazio sacro, e la geografia dello spirito diviene antropica perché trasformata dall’uomo. In tale ottica, le più recenti trasformazioni della geografia urbana di San Giovanni Rotondo mediante la costruzione della Chiesa Nuova appaiono come l’estrema manifestazione della tendenza dell’uomo a sacralizzare lo spazio creando luoghi nuovi della fede (20). La costruzione appare dunque non solo legittima, ma opportuna, perché rende ogni generazione di fedeli partecipi del processo di costruzione dello spazio sacro iniziato dagli antenati. In un certo senso, la generazione attuale, che ha voluto elevare al Santo un monumento di arte contemporanea, ha esteriorizzato il processo di spiritualizzazione del Gargano iniziato dal Santo stesso, anche se in interiore homine. La comprensione della spiritualità del Santo, così come è stata recepita dai suoi immediati posteri, esige la visita di questa Chiesa Nuova.

Tuttavia, in senso stretto, Padre Pio, come Gesù Cristo, pone la sua spiritualità in una condizione ad un tempo naturista e artificiale. Non mi riferisco al contatto tra il Santo e la natura, che c’è ma non è essenziale. In effetti, nello scenario scabro della Passione di Cristo, la natura non esiste se non come ostile e arida – terremoto e tenebre – e anche nello spirito di San Pio essa non entra a confortare, ma a recare desolazione, proprio per la sua assenza. Mi riferisco piuttosto al fatto che il Santo giunse a San Giovanni Rotondo e sul Gargano – ossia nella città e sul monte – trovando già uno spazio sacro costruito dall’uomo, che quindi entra nel quadro di una datità originaria che crea l’ambiente della sua santità. In tale ottica, l’opera della natura – quella orogenetica per intenderci – e quella dell’uomo sono un tutt’uno. San Giovanni Rotondo era già un luogo spirituale, il cui centro era il santuario della Madonna delle Grazie. Il santuario aveva i suoi custodi, ossia i Cappuccini, ed era una tappa della Via Sacra che porta al cuore storico del Gargano mistico, Monte Sant’Angelo. Padre Pio, giunto in questo luogo, suo malgrado lo modifica assumendone in parte l’eredità. Il modello, consapevole o meno che lui ne fosse, è sempre Cristo, la cui Redenzione ha come luogo non solo il Monte Calvario, creato in natura da Dio stesso, ma gli stessi spazi sacri di Gerusalemme. A un tiro di schioppo dal Tempio Salomonico, Gesù predica, muore e risorge. Non vi è frattura tra Lui e il Tempio, come recenti studi hanno messo in evidenza (21), ma sovrapposizione: il Tempio che Cristo mette al centro del suo nuovo culto in spirito e verità è quello del suo Corpo (22). San Pio, chiaramente senza questa volontà di rifondazione, in un certo senso completa e supera la spiritualità originaria di San Giovanni Rotondo, innestando il luogo della sua corporeità su quello preesistente della spiritualità francescana e mariana, senza abolirle, ma completandole. Egli infatti è intimamente francescano, e vive la spiritualità delle stigmate avendo come modello intermedio proprio il Serafico Padre San Francesco (23). Ma è anche intimamente mariano, con accenti di assoluta e tenerissima devozione alla Madonna, che lo gratificò di continue visioni, e che assistette a moltissimi fenomeni mistici in cui il Santo fu uniformato al Suo Figlio mediante il dolore. Perciò la geografia dei luoghi di San Pio è anche una geografia francescana e ancor più mariana, di una marianità le cui radici affondano nella concezione teologica per cui la Vergine è Corredentrice e Mediatrice: Corredentrice, perché soffre accanto al Figlio, che a sua volta patisce nel Venerato Padre, membro eminente del suo mistico corpo; Mediatrice, perché contribuisce a forgiare la fisionomia spirituale del Santo e lo dona al mondo. San Giovanni Rotondo è dunque civitas mariana, luogo geografico di una spiritualità mariana, che ha trovato una nuova fecondità spirituale grazie a San Pio, ed è dunque un luogo che i devoti della Vergine debbono visitare, specialmente ora che la nascita di una chiesa solo del Santo ha reso ben visibilmente distinte le simbologie edilizie – ma non il messaggio sotteso!

SAN PIO DA PIETRELCINA NELLA GEOGRAFIA SPIRITUALE COMPLESSIVA DEL GARGANO

Da quanto detto, emerge chiaramente che i luoghi della spiritualità di San Pio possono essere un angolo visuale per tutta la geografia del Gargano mistico. Abbiamo fatto cenno alla spiritualità francescana, mariana e micaelica. Per completare questa mappa spirituale del Santo di Pietrelcina non possiamo esimerci dal fare qualche altra considerazione su questi aspetti devozionali, nei quali si racchiude la ricchissima storia religiosa del Promontorio garganico.

Partendo da un dato assai significativo, tanto più che è stato assolutamente indipendente dalla volontà del Santo, dobbiamo ricordare che egli visse in un luogo posto lungo la Via Sacra Langobardorum, che portava dritta a Monte Sant’Angelo. La spiritualità geografica segnava alle origini il sito del Venerato Padre. In un certo senso, era destino di San Giovanni Rotondo diventare tappa sui generis del pellegrinaggio garganico tradizionale, per non dire poi che grazie al culto di San Pio tutto il sistema devozionale del Promontorio è stato rivitalizzato. San Giovanni e le sue memorie sono solo l’ultimo strato depositato dalla storia spirituale sul nostro Gargano.

Ma oltre queste sovrapposizioni ci sono altre relazioni tra gli spazi sacri del Gargano. Padre Pio fu, fino al midollo, cappuccino. Da bambino voleva essere “monaco con la barba”, e da adulto conservò sempre i segni distintivi della religiosità francescana (24). Perciò San Giovanni Rotondo, il Santuario delle Grazie e la Chiesa Nuova sono tappe fondamentali dell’itinerario francescano, e non solo sul Gargano. Peraltro, proprio lungo il percorso che va da Stignano a Monte Sant’Angelo, i Francescani hanno avuto e hanno importanti sedi, come appunto S. Maria di Stignano o il convento di San Matteo. Questi insediamenti conventuali, diversi tra loro per antichità e tradizioni, hanno fatto la storia dei Francescani sul Promontorio e in tutta la Daunia, per cui fanno parte, come i luoghi di San Pio, di una geografia serafica che può essere capita solo se percorsa (25). I tre santuari, costruiti uno attorno ad un’immagine mariana miracolosamente ritrovata, l’altro attorno ad una reliquia dell’Apostolo ed Evangelista, l’altro ancora legato alla vita di un Santo universalmente noto, costituiscono modi differenti con cui lo spirito dell’Ordine ha gestito e gestisce la spiritualità popolare (26). Allargando non di molto il nostro sguardo, dobbiamo considerare anche il fatto che in questi stessi conventi o in altri vicini, vissero santi frati, alcuni dei quali saliti alla gloria degli altari o prossimi a farlo, che diedero a San Pio dei modelli da imitare e che costituiscono ulteriori perni su cui incentrare la nostra spiritualità geografica. Cito soltanto il convento di Padre Pio giovane, a Serracapriola, dove vissero molti santi francescani, spesso mistici, come il Padre Matteo da Agnone (1563-1616).

Ho fatto cenno allo spazio mariano a S.Giovanni Rotondo, prolungamento dello spazio interiore di San Pio occupato dalla Vergine. Mi sembra giusto sottolineare che il santuario delle Grazie e il suo più grande devoto s’iscrivono a loro volta nella mappa mariana garganica e della Daunia. Già ho menzionato Stignano, ma non posso omettere il dato che, su ventinove santuari di Capitanata, ventitré sono mariani, e che spesso alla loro ombra crebbero alte figure spirituali. Vicino ai nostri luoghi, c’è Santa Maria di Pulsano. Ai piedi del Promontorio, Santa Maria di Siponto. Nel cuore del Tavoliere, l’Incoronata. Anche in questo caso, lo spazio sacro di San Pio si iscrive in un ulteriore orizzonte conglobante dello spirito (27). E non a caso, come dicevo, nella complessa fenomenologia mistica di San Pio un posto importante hanno le visioni e le estasi mariane. Il mistico ebbe a dichiarare che mai la Madonna lasciava la sua cella, e che ella l’assisteva nella Flagellazione.

Infine, voglio citare il rapporto tra la geografia di San Pio e quella dell’Arcangelo San Michele. Il rapporto qui è abbastanza complesso, e investe anche la ricerca biblica sottesa alla teologia del nostro Santo stigmatizzato. San Giovanni Rotondo è una tappa del pellegrinaggio arcangelico, e lo stesso San Pio andò a Monte Sant’Angelo nel 1917. Il culto micaelico si mescola con la tradizione francescana locale, non solo per la devota visita di Francesco d’Assisi al Santuario tramandata dalla tradizione, ma perché la stessa Provincia cappuccina è intitolata al Principe delle Milizie Celesti – a cui oggi è stato associato lo stesso San Pio. E nella vita stessa del Santo gli Angeli e il loro Archistratego sono sempre presenti. La collocazione di San Pio sul loro monte, a breve distanza dal Santuario di Michele e dalle Grotte dedicate agli Angeli Custodi, non è casuale e ha un fortissimo valore simbolico. Il nostro Santo fornisce, nella sua vita, una nuova valorizzazione dei loro culti e quindi dei loro luoghi, ma non in una semplice prospettiva devozional-popolare (che pure ha la sua importanza), ma addirittura in chiave mistica, essendo stati proprio gli Spiriti celesti i protagonisti di molti fenomeni parapsicologici da lui vissuti. Ricordo il famoso Assalto del Serafino, descritto da San Pio con nitidezza e vigore nella lettera del 21 agosto 1918 al confessore, padre Benedetto da San Marco in Lamis (28). Questa bellissima lettera, che riecheggia certe visioni del profeta Ezechiele, affascinanti perché scabre nella descrizione, narra come un personaggio celeste abbia causato la trasverberazione nel Santo, fenomeno mistico complesso e misterioso, nei cui arcani egli entro quindi per mano di uno Spirito di altissimo lignaggio. La data di questo evento fu il 5 agosto del 1918. Il 22 ottobre San Pio ricevette le stimmate, vedendo un Cristo che, all’inizio, gli ricordò il Serafino. Segno che, nella sua percezione mistica, l’Angelo di Dio è strettamente legato alle modalità della manifestazione divina, esattamente come nella parte più arcaica dell’Antico Testamento. In esse infatti l’Angelo del Signore designa in modo misterioso Dio stesso (29). In molte circostanze poi, per quel che mi risulta, San Pio contemplò il suo Angelo Custode. E non si può dimenticare, sia pure a margine del discorso cultuale con cui non c’entra nulla, il fatto che nella vita di San Pio siano comparsi assai spesso gli spiriti diabolici. Questa dolorosa compagnia, iniziata da prima ancora che San Pio arrivasse sul Gargano, continuò nei decenni trascorsi sul Promontorio. Esso, secondo certe tradizioni, era stato il luogo della battaglia primigenia tra Michele e Satana, quando questi fu precipitato sulla terra. A qualche chilometro dallo speco dell’Arcangelo, l’esperienza preternaturale della lotta con gli spiriti immondi trovava dunque in San Pio, epigono di una religiosità fortissima e ancestrale, il suo ultimo fruitore. La geografia dello spirito dunque ricapitola sul Gargano i luoghi dell’Oltretomba, Paradiso e Inferno, a cui si aggiunge il Purgatorio per l’incessante suffragio che San Pio dedicò ai defunti e per la nozione diretta che egli ebbe di tante loro pene nell’Aldilà. Il Gargano, come anticamente la Sicilia o l’Irlanda, diviene il luogo in cui questo mondo e quello ultraterreno si toccano. Il viaggiatore è il nostro grande mistico, sulle cui orme i fedeli possono provare a cimentarsi in questo viaggio seducente e illuminante. Se a questo aggiungiamo con quanta puntualità nelle esperienze mistiche di San Pio tornano fenomeni già accaduti ad altri Santi e spesso da lui descritti con linguaggio analogo (si tratta in genere di stigmatizzati), allora il quadro del Gargano mistico in cui si iscrive la geografia del nostro è completo, e diviene luogo geografico anche di altri Servi di Dio che hanno tramandato a lui la loro eredità spirituale (30).

LA GEOGRAFIA SPIRITUALE DI SAN PIO IN CHIAVE ARCAICA E STORICA

Più volte, nel nostro discorso, abbiamo fatto cenno alle radici della spiritualità geografica del Santo, con riferimenti alla tradizione veterotestamentaria più antica e addirittura precristiana. Percorrendo in modo più approfondito questi luoghi, riscontriamo nello Stigmatizzato del Gargano una spiritualità arcaica e storica – ossia legata, come accennavo, a molti fenomeni soprannaturali (31). L’arcaicità e la storicità non sono tuttavia prova di una religiosità passata di moda – come attesta l’afflusso continuo di pellegrini – né giustifica la svalutazione del Santo al rango di santone – come spregiativamente e imprudentemente ha detto, anni orsono, un famoso cattedratico barese – ma mostrano come ancora oggi, nel Post-moderno, sopravvivano archetipi ancestrali. Il viaggio al Gargano diviene dunque un viaggio alla Frontiera, dello Spazio e del Tempo, perfettamente conforme alla prepotente e spesso anarchica rinascita del Sacro, dopo la crisi del paradigma scientista dell’interpretazione del mondo.

La soglia spazio-temporale è varcata perché ci porta in una dimensione che non c’è più da nessuna parte. Nel suo aspetto veterotestamentario è l’arcaica dimensione di una religione nomadica, i cui adepti, come Abramo, lasciano la propria terra per giungere in un luogo dove risiedono per sempre, ma come estranei, senza possedere nulla (32). Il monoteismo di San Pio è abramitico: Dio gli si rivela sin dal luogo natio (Pietrelcina), lo conduce lungo molti altri paesi (Morcone, Sant’Elia a Pianisi, San Marco la Catola, Montefusco, Serracapriola, Venafro, Foggia) ma lo lascia sul monte della sua nuova Terra Santa, San Giovanni Rotondo. Su di essi egli non possiede nulla, neanche se stesso, perché povero, casto e obbediente. Ma da morto se ne appropria, e i suoi discendenti sono numerosi come la sabbia del mare: sono i suoi figli spirituali.

Inoltre, come agli antichi Patriarchi ma anche come nelle antiche religioni pagane, Dio si rivela al Santo su troni naturali. Molte delle prime esperienze mistiche, quando ancora non è sul Monte, di Pio da Pietrelcina avvengono presso degli alti alberi. Penso alla famosa Capanna sotto l’Olmo di Piana Romana a Pietrelcina. Qui avvengono forti vessazioni diaboliche, ma soprattutto vengono concesse al Santo le stimmate temporanee, in relazione a meditazioni ed estasi. Come non ricordare le Querce di Mamre di Abramo, presso Ebron?(33) Qui egli mangiò con Dio stesso e i suoi angeli, e ottenne la grazia di un figlio a cent’anni. L’albero prepara il monte: Pietrelcina prelude San Giovanni Rotondo, che la ricapitola nella sua geografia definitiva. Ma come ignorare le apparizioni della Vergine sugli alberi, sia all’Incoronata che in altri luoghi finitimi, nei pressi del Gargano? (34)

Inoltre, il Dio che si mostra sul Gargano a San Pio è un Dio inedito, a tratti sconcertante, che realizza prodigi mistici spesso assolutamente nuovi, e che parla in modo impressionante ad un mondo materialistico e scettico. Le sue sono vere teofanie, e il Santo spettatore ne è trasformato, anche nell’aspetto esteriore, come Mosè che scende dal Monte (35), anche se in modo diverso e doloroso. Il Dio di Padre Pio è un Dio misericordioso e buono, ma anche inesorabile ed esigente, è l’El Elion, l’Altissimo, della tradizione veterotestamentaria. Egli associa alla sua Passione redentrice (36) violenta e senza posa un innocente, a cui addossa i peccati del popolo, in una nuova versione mistica del Giorno dell’Espiazione della Torah (37). Il Gargano è dunque anche uno scampolo della Terra Santa dei Patriarchi e dei Profeti, che furono figure del Cristo prossimo venturo.

La soglia spazio-temporale è varcata però anche perché il Gargano è il luogo del meraviglioso: il miracolo e il prodigio. Guarigioni scientificamente inspiegabili, alcune ancora oggi obiettivamente riscontrabili (come gente che vede senza pupille 38); bilocazioni, discernimento degli spiriti, estasi, visioni, febbri altissime e mali inspiegabili, ferite che non s’infettano e non suppurano, sangue versato a litri ma mai esaurito, letture del pensiero e comunicazioni telepatiche, ardori e sofferenze interiori di potenza sconcertante sono solo alcuni fenomeni di un campionario pressoché unico, che interrogano il teologo, l’antropologo, lo scienziato e il credente. Lo storico si limita a registrarle, perché, indipendentemente da tutto, essi sono accaduti in un luogo e in un tempo, dove evidentemente non valevano le leggi normali della biologia, della chimica e della fisica. Il Gargano, come il Deserto dei Padri del Monachesimo, è il luogo del meraviglioso (39). Non a caso è impervio e coperto di boschi. La foresta infatti prende il posto del deserto nell’esperienza degli eremiti d’Occidente. Il viaggio al Gargano è dunque, in un certo modo, un viaggio fuori da ogni luogo. Terra da sempre di eremiti e monaci, lo è anche nel cuore della civiltà tecnologica, agli albori della globalizzazione. Sembra che un po’ dell’antica letteratura agiografica abbia preso oggi consistenza storica. Molte volte la si è denigrata come leggendaria. Forse allora come oggi è mitica: comunica per simboli verità sovrarazionali (40). Certo, almeno nel nostro caso, è documentabile e storica.

LA GEOGRAFIA SPIRITUALE DI SAN PIO IN CHIAVE MODERNA

Per spiritualità moderna spesso s’intende una spiritualità operosa nel sociale, non molto legata né alla dottrina né alla parapsicologia (41). Di solito si oppone a quella storica e arcaica. Ma in San Pio, come in tutti i grandi santi, essa convive con quelle forme. Geograficamente, si riscontra nella capacità dello spirito di modificare i luoghi. Prenderei in considerazione l’impatto ambientale e spirituale delle opere di carità di San Pio.

Il grande mistico visionario e taumaturgo ha modificato l’ambiente creando, direttamente o indirettamente, moltissime opere di carità. La più famosa è la Casa Sollievo della Sofferenza. Non è la sede questa per parlarne da un punto di vista scientifico. Umanamente parlando, ha contribuito non poco a migliorare lo spazio antropico della zona. Peraltro è una delle poche opere del genere sorta in luoghi tanto impervi. Ma qual è il valore spirituale di questa modifica dell’ambiente, di questa trasformazione del monte, che il Padre stesso dichiarò di voler sventrare? (42)

Il Santo non si limita a ricevere dall’ambiente una suggestione spirituale, non è solo parte di un orizzonte mistico che possiamo contemplare: l’homo religiosus diventa, nel modello che esaminiamo, un homo faber che lascia tracce vive e durevoli del suo operato. Il suo patrimonio interiore trabocca all’esterno e modifica i luoghi per i suoi fini, sposta i confini dell’orizzonte mistico e lascia un monumento, una memoria attiva, che opera attivamente nel presente ma che nello stesso tempo fa riconoscere i tratti salienti della sua personalità. Ciò si riscontra in moltissimi mistici e contemplativi, che però furono grandi uomini d’azione. E quindi anche in San Pio.

Peraltro, così come è necessario vedere certe grandi opere umanitarie per capirne il significato (si pensi che differenza c’è nel parlare del recupero dei tossicodipendenti o dell’assistenza ai disabili e nel vedere il luoghi dove ciò viene fatto), così la spiritualità di San Pio può essere capita solo conoscendo la grandezza della sua opera assistenziale. La grande idea che la sottende è la capacità della sofferenza di concretizzarsi in solidarietà. Il solenne archetipo della sofferenza redentrice del Cristo si attualizza in San Pio e nei suoi luoghi non solo nella sua riedizione mistica, ma anche attraverso la creazione di una struttura che, lenendo il dolore o attutendolo, gli permetta di recuperare dignità e di salvare il mondo. Questa prospettiva – chiaramente di fede – fa sì che nasca un luogo imponente che accolga in modo laico – cioè senza steccati – tutti coloro che hanno bisogno, e che si sforzi di tenere aggiornati i propri mezzi tecnologici e scientifici per sortire il suo scopo. La spiritualità arcaica si attualizza sorpassando il presente e realizzando il futuro.

Il valore simbolico è altissimo, e la Casa Sollievo è una parte dello spazio sacro del Gargano, un monumento – come dicevo – di una certa civiltà spirituale, in cui anche la cura del particolare, l’eleganza delle linee architettoniche, la scelta dei materiali edilizi, la suddivisione dei locali, le rifiniture degli stessi, molto diversi da quanto si riscontra in tanti ambienti sanitari anonimi se non squallidi, mostra una precisa concezione dell’uomo e di Dio, e quindi dello spazio e del tempo come coordinate del loro incontro. Lo stesso Santo, a chi gli rinfacciava lo sfarzo, ribatteva che per lui il malato è Cristo e che avrebbe fatto la clinica d’oro se avesse potuto(43).

Le molteplici altre attività assistenziali si prestano ad altrettante considerazioni, che non riprendo per non essere prolisso.

L’altro grande fronte della creatività spirituale, quello artistico, ha modificato l’ambiente attraverso i posteri. In modo particolare ciò è accaduto nella Chiesa Nuova. L’aspetto artistico non ci riguarda strettamente, ma è inevitabile riscontrare che il nuovo edificio sacro inserisce San Giovanni Rotondo nel circuito del turismo artistico sacro contemporaneo e dell’architettura contemporanea in genere. Le strade dell’arte sacra passano per Siracusa, per la Basilica sotterranea di S.Pio X a Lourdes, per la Basilica di San Pietro e la Porta della Morte di Giacomo Manzù, e anche per San Giovanni Rotondo. E un itinerario di Renzo Piano deve includere, accanto al Centre Nationale d’Art et de la Culture Georges Pompidou a Parigi, il Centro Culturale Jean Marie Tijbaou a Nouméa in Nuova Caledonia, la Città della Musica a Roma, anche la Chiesa di San Pio.

CONCLUSIONE: LA GEOGRAFIA DELLO SPIRITO COME ITINERARIO DEL CORPO

E’ ovvio e scontato, a questo punto, affermare che i Luoghi garganici sono Luoghi di San Pio, e come tali sono patrimonio culturale dell’Italia, dell’Europa e del Mondo. La tutela per essi e la loro promozione è un modo per custodire intatto il messaggio religioso che veicolano. Ma la conseguenza più importante è il riscoprire, oggi come nel passato, che si può comunicare alle linfe della fede e della religiosità di un Santo anche ripercorrendone i luoghi e guardando ad essi con modi diversi, modificandone la nostra percezione tradizionale, guardando dentro e oltre essi, ma memori che sono un mezzo spesso necessario per conoscere ciò che c’è dall’altra parte della materia, anzi che una buona porzione di spirito è presente in essi per fecondarli.

La geografia dello spirito diviene dunque un itinerario corporeo, un viaggio materiale, un’esperienza dei sensi, ai quali è possibile dunque in un certo modo aprire la strada per un percorso transfisico, mistico. Un misticismo certo non impressionante e terribile come quello dello Stigmatizzato garganico, ma almeno capace di coglierne gli spunti più elevati, di contemplarli e ammirarli, così da essere, ciascuno a suo modo, credenti e non credenti, suoi contemporanei non solo cronologici, ma nell’apertura dell’anima a più vasti orizzonti di vita, che altro non sono che la dilatazione all’infinito di quegli spazi geografici in cui abbiamo la fortuna di vivere.


(1) Per una classificazione delle tipologie religiose che si riscontrano in San Pio cfr. F.BRANDMAYER, Prolegomeni ad uno studio antropologico-culturale su Padre Pio. Riflessioni antropologiche, in “Studi su Padre Pio” IV/ 3 (2003), pp. 343-374.

(2) Mt 27,51-56.

(3)Gn 9.

(4)Es 19-20. 34, 10-28.

(5)Mt 26,26-29; Mc 14, 22-25; Lc 22, 15-20; 1Cor 11, 23-25.

(6)Ez 48, 35.

(7)Gn 11.

(8)G.PREZIUSO, Padre Pio. Un martire, Lucera 1985, pp. 69-73.

(9)Ap 17, 1-18.

(10)Gv 1, 11.

(11)Cfr. PREZIUSO, op. cit., pp. 47-50. 60-68.

(12)Sull’arg. cfr. G.PALUMBO, Giubileo Giubilei, Roma 1999, e A.PARAVICINI BAGLIANI, Bonifacio VIII, Parigi-Torino 2003, ad indices.

(13)Cfr. Lv 25, 8-55.

(14)Gn 28, 19. 31, 13.

(15)Gs 24,1-25.

(16)Gn 13, 18.

(17)Gs 4,20; Gdc 3,19.

(18)Gn 28, 10-22.

(19)Cfr. V. e C.TURNER, Il pellegrinaggio, Lecce 1998.

(20)Sulla Chiesa Nuova nella storia dell’edilizia sacra cfr. G.SALDUTTO, La Nuova Chiesa di San Pio da Pietrelcina, in “Studi su Padre Pio” V/1 (2004), pp. 9-20.

(21)La letteratura che oggigiorno vuole restituire l’immagine di Gesù come ebreo è vastissima. Si inserisce nella Terza Ricerca sul Gesù storico. Cito per esempio E.PARISH SANDERS, Gesù e il Giudaismo, ed.it.: Genova 1992. Io stesso ho tentato una parziale ricostruzione del rapporto tra il Sacrificio di Cristo e la liturgia mosaica nel quadro della cultura ebraica in genere, in un contributo su La Passione di Gesù nei Racconti dei Quattro Vangeli, attualmente consultabile on-line sul sito www.theorein.it.

(22)Gv 2, 13-25.

(23)Cfr. L.DI MATTEO, Le stimmate e la riservatezza di Padre Pio, in “Studi su Padre Pio” IV /3 (2003), pp. 291-298, in cui si approfondisce il rapporto tra Francesco d’Assisi e San Pio proprio in relazione alle stigmate. Non dimentichiamo che la stessa spiritualità geografica – si pensi alla Verna – si riscontra nel mistero delle stigmate di Francesco.

(24)Cfr. PREZIUSO, op. cit. pp. 111-120.

(25)Cfr. sull’arg. F.ARMENTI, La vocazione religiosa del Gargano, terra di Santi e di Pellegrini, in Quaderni di Capitanata II-III (2000), pp. 21-42, in partic. pp. 30-37.

(26)Sull’arg. cfr. i contributi di P.CORSI, L.PELLEGRINI, F.L.MAGGIORE in AA.VV., Monasteri e conventi del Gargano, storia arte e tradizioni, San Marco in Lamis 1988.

(27)Cfr. ARMENTI, op. cit., pp. 40-41; G.BERTELLI, Il monastero di S.Maria di Pulsano sul Gargano, in Monasteri e Conventi cit., pp. 45-68.

(28)Epistolario I, 1065.

(29)Cfr. p. es. Gn 6,7. In genere, è così in tutti i libri del Pentateuco e in Giosuè. Cfr. la voce Angelo, di H.CAZELLES e E.COURTENET nel Dizionario delle Religioni, a cura di P.POUPARD, Milano 2007.

(30)Cfr. p.es. F.D’ONOFRIO, Imitazione o plagio nella cordata dei Santi?, in Studi su Padre Pio VI/3 (2005), pp. 417-423, dove è descritto il rapporto con Gemma Galgani e i suoi scritti. Credo che interessanti comparazioni potrebbero farsi con Veronica Giuliani e Caterina da Siena, oltre a quelle già ovviamente fatte con Francesco d’Assisi. Colpisce che San Pio sia vissuto in un secolo di grandi mistici, in genere in scarso contatto tra loro, come per esempio Santa Faustina Kowalska. Le influenze reciproche ci sono perché una è la fonte, quella della tradizione cristiana, a cui tutti loro attingono.

(31)Cfr. BRANDMAYER, op.cit.

(32)Cfr. la storia di Abramo nella Genesi.

(33)Cfr. Gn 18.

(34)Cfr. F.ARMENTI, I santuari garganici lungo la via Francesca, in l’Osservatore Romano, 5.ix.98, p.11.

(35)Es 34, 29-35.

(36)Col 1, 24.

(37)Lv 16.

(38)Il caso di Gemma di Giorgi, di Ribera presso Agrigento. Riportato nel Diario di PADRE AGOSTINO DA SAN MARCO IN LAMIS, a cura di P.GERARDO DI FLUMERI, San Giovanni Rotondo 1971, il caso è spesso riproposto dai mass media. Qualche anno fa la signora, ancora vivente, è stata intervistata dal noto giornalista Maurizio Costanzo, nel suo Maurizio Costanzo Show.

(39)Cfr. J.LE GOFF, Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale, Bari 1993, pp. 3-44.

(40)Cfr. V.SIBILIO, Su alcuni aspetti dell’evangelizzazione dell’Italia, in “Sacra Doctrina” LII (2006), pp. 7-45, in partic. 32-42.

(41)Cfr. BRANDMAYER, op. cit.

(42)Testimonianza orale di Cleonice Morcaldi, riportata in PREZIUSO, op.cit., p. 80.

(43)In PREZIUSO, op. cit. p. 86.


Theorèin - Gennaio 2009