ALCUNI ASPETTI DELLA MARIOLOGIA MEDIEVALE
A cura di: Vito Sibilio
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III Lezione

LA DEVOZIONE

Per la pietà popolare, bisogna riscontrare alcune linee di tendenza che, iniziate nell'età patristica, si protraggono per tutto il Medioevo e ci lasciano significative informazioni. 

Per esempio, dal IV secolo fino alla Riforma, fu tutto un susseguirsi di eresie mariane, che, se nei tempi più arcaici attestano il prepotente sviluppo della devozione popolare (penso alle Colliridiane, adoratrici di Maria, con cui polemizzò Epifanio, a causa del loro culto esagerato), nelle età successive sono invece una reazione spesso intellettualistica alle degenerazioni superstiziose della pietà di massa. 

D'altro canto, invale l'uso della devozione privata, che giunge fino ai nostri giorni, e iniziano ad essere attestate, sin dall'epoca di Sozomeno e di s. Gregorio Taumaturgo, atti di culto iatrico e agiofanie, destinate a moltiplicarsi fino all'inverosimile nel Medioevo, legandosi spessissimo, nel primo caso, all'esistenza di fonti sacre (si pensi a Chartres), e a forme sparse di pellegrinaggi spontanei e di devozioni iconiche, attestate sino dai tempi di Basilio il Grande e diffusesi a macchia d'olio nel Basso Medioevo, quando tantissimi santuari fecero risalire le proprie origini all'arrivo in Occidente di statue o immagini scampate, in Oriente, alle persecuzioni iconoclastiche, o, in ogni caso, legarono le proprie sorti a quelle di manufatti assai venerabili (come Boulogne o Rocamadour o Coutances: tipici luoghi di culto legati ad una statua famosa). 

Sin dal IV secolo, inoltre, nascono le feste liturgiche mariane, dapprima congiunte a quelle cristologiche (Natale e Presentazione del Signore), e poi da sole (a partire da quella della Madre di Dio e dell'Assunta). 

Nel corso del Medioevo, non solo si moltiplicheranno le feste liturgiche, ma si differenzieranno molto localmente. Peraltro, la figura di Maria si sostituisce, per i suoi tratti materni, a quella della Chiesa, intesa come madre, che perde di tenerezza agli occhi dei fedeli per la crescente clericalizzazione della vita religiosa; di converso, proprio la natura gerarchica della società medievale implicò l'esaltazione della regalità mariana. 

Questa, lungi dall'attutire gli aspetti più umani della figura della Madonna, si unisce saldamente alla considerazione dei misteri dolorosi della sua vita, che la presentano come modello e mediatrice di grazia. Ciò fa fiorire la preghiera. 

Le sue forme realizzano una sacralizzazione al femminile di spazio e tempo. In effetti, ogni preghiera, col suo svolgersi in un momento, col suo prolungarsi, costituisce un mezzo per sacralizzare il tempo, mentre il suo elemento discorsivo consegna al divino l'elemento linguistico. 

Il fiorire delle più svariate forme di orazione, intese spesso come fatto letterario di massa, e sempre come fatto esistenziale, attesta come la coscienza collettiva medievale abbia perseguito proprio questi obiettivi. Per esempio, sin dall'età delle eresie cristologiche compaiono preghiere mariane accorate e ricche di pathos: il trionfo del dogma dell'unione ipostatica, elevando la natura umana di Cristo sempre più in alto, attenua la percezione che i fedeli hanno di lui quale mediatore capace di compatire, e spingono la devozione a cercare forme compensative di mediazioni subordinate, su cui eccelle quella mariana. 

Ricordo con ammirazione le antichissime preghiere di Ildefonso di Toledo, poi confluite nella liturgia mozarabica , e le preci carolingie, legate, dal Liber Sacramentorum ai tituli, al nome di Alcuino di York (†804) e al grande progetto della rinascita culturale. 

Anche i secoli più bui, quasi a compensare l'eclisse di sensibilità che li caratterizza in mezzo a tante lotte, elevano alla Madre di Dio inni e litanie assai tenere , che preludono ad una ben più fiorita produzione eucologica del sec. XI, in cui si distinse s. Fulberto di Chartres, e che ebbe in Farfa, Montecassino, Nonantola i suoi centri di irradiazione. 

Tale patrimonio eucologico culmina nelle antifone ancor oggi in uso, come la Salve Regina, l'Alma Redemptoris Mater, la Regina Coeli. 

Sussunta di questo plurisecolare fervore poetico e religioso saranno le litanie lauretane, capaci di ridurre in brevi formule tutto il composito retroterra patristico dei secoli precedenti. 

Del resto, sin dal V secolo, sono attestate invocazioni litaniche dei santi, che si allungano molto dall'VIII secolo, riservando alla Vergine alcune invocazioni. 

Diffuse dai monaci irlandesi, le litanie ebbero, attorno al 1000, svariati formulari, o in prosa o in rima. Dal XII sec. fioriscono litanie mariane autonome, classificate in quattro tipi: veneziane, lauretane, deprecatorie magontine. Le veneziane sono attestate dal XII sec., come del resto le lauretane. 

Queste ultime riecheggiano la liturgia, la teologia, gli omiliari carolingi e persino autori remoti come Venanzio Fortunato, o Efrem Siro. 

Le magontine sono coeve, ma hanno una struttura più composita, m quanto comprendono deprecazioni, versetti, orazioni, rime ternarie e altro ancora. 

Le deprecatorie sono legate invece ad una struttura, e non ad un luogo: si basano infatti sulla richiesta d'intercessione. 

A partire da un manoscritto magontino del XII sec., se ne conoscono parecchie versioni fino al XV sec. 

Diffuse da ordini e confraternite, che introducevano le proprie litanie spesso in alternative ad antifone, tropari e laudi, queste forme di preghiera mariana conobbero una pluralità di tipi che perdurò fino alla Controriforma, quando, per estinguere gli abusi e prevenirli, i grandi riformatori imposero le lauretane, il cui successo era legato alla fioritura del santuario marchigiano. 

Esse passarono a concludere la recita del rosario, anch'esso punto di arrivo di una complessa gestazione devozionale, ricca di spunti poetici, specie nelle numerose clausole aggiunte alla salutazione angelica dopo il nome "Jesus". 

Del resto il rosario confonde la sua preistoria con quella dell'Ave Maria. L'uso devozionale delle prime due parti dell'Ave risale addirittura al IV sec., in Oriente, e dal VI sec. lo troviamo anche in Occidente. 

L'uso penitenziale di recitare tutto il salterio a scopo penitenziale viene, tra l'VIII e il X sec., commutato, specie per gli analfabeti, in quello della recita di 150 Pater, validi anche per sopperire a penitenze fisiche. 

Di commutazione in commutazione, si arrivò alla recita di 150 Ave, o salterio mariano. 

Sostenuta dalla predicazione dei monaci irlandesi, la pia pratica superò l'anno mille, dopo il quale divenne fenomeno di massa. 

Nel XII sec. era una preghiera assai comune, nel XIII san Domenico iniziò a predicarla, con un gesto che l'ordine dei Predicatori considerò un esempio da imitare, e che creò la particolare sinergia tra i domenicani e il rosario. 

Non a caso si formò la leggenda dell'apparizione della Vergine a Domenico di Guzman (che a mio avviso ha un fondamento storico), in cui questi avrebbe ricevuto il precetto di predicare il salterio mariano; non a caso lo si diffuse in mezzo alle regioni abitate da eretici, come strumento di ricattolicizzazione, impresa in cui i Predicatori erano immersi fino al collo; non a caso i maggiori innovatori della pratica furono spesso domenicani. 

La divisione in quindici decine fu di Enrico di Kalkar (sec. XIV), e solo Giovanni Paolo II l'ha modificata, inserendone altre cinque nell'ottobre 2002, e segnando la definitiva separazione del rosario dal salterio, visto che le Ave ora sono più dei salmi. 

Fu invece il b.Alano de la Roche a predicare il rosario nel XV sec., disseminando nei suoi scritti quelle "promesse della Madonna ai devoti del suo rosario" che hanno costituito la consolazione di decine e decine di generazioni di fedeli. 

In effetti, poche devozioni hanno avuto tanta rilevanza nella storia del costume come il rosario: milioni di persone l'hanno recitato e lo recitano ogni giorno, o durante la settimana o il mese, e in genere nelle più svariate occasioni. 

Preghiera contemplativa per eccellenza, ha insegnato a milioni di persone una forma semplice ma soda di meditazione, e ha fatto da catechismo con la proposizione quasi visiva dei quadri misterici in successione. 

Su di esso inoltre si sono formate decine di altre corone devozionali, per duplicazione, e non solo mariane. 

Si tratta in effetti di un vero e proprio fenomeno sociologico mariano, capace di innestarsi in tutte le culture, e che anzi trova parecchi corrispettivi in altre religioni, come l'Islam e il buddismo, anch'essi coi loro rosari basati sull'ossessiva e cadenzata ripetizione di formule. 

Eppure il rosario non ha subito modificazioni di rilievo dal '400, quando anche l'Ave Maria ha assunto la sua forma definitiva, con l'aggiunta del "Sancta Maria" (1483): è una bella prova di vitalità plurisecolare. 

Legate allo sforzo di sacralizzare il tempo nella successione dei suoi momenti, sono le fioriture di altre devozioni mariane, che scandiscono le giornate, le settimane, gli anni. 

Tra le prime a proporne ci fu s. Matilde di Hackeborne (1241-1299), che aveva insegnato a salutare la Vergine mattina e sera con tre Ave, per venerare i suoi legami con la SS. Trinità. Tale pratica, ricevuta in visione dalla santa, prometteva l'intercessione mariana in punto di morte. 

Ma di gran lunga più importante è quella dell'Angelus Domini, ancora oggi fiorente. 

Già dal 1197 i concili provinciali invitano a recitare le Ave in certi momenti della giornata. 

Dal 1263 i Minori, guidati da Bonaventura, nel loro capitolo generale, iniziano a salutare la Vergine a compieta con più Ave : è una duplicazione mariologica dell'ufficio delle ore, e la scelta della sera come primo momento rivela un bisogno collettivo di protezione materna, da parte di adulti senza affetti privati, alle soglie della notte, che sempre fa paura all'uomo. 

Da quest'iniziativa, l'Angelus primordiale si diffonde in parrocchie e abbazie. 

La concessione dell'indulgenza a questa pia pratica da parte di Giovanni XXII, e la sua volontà di introdurla in Roma, attestano nel '300 la diffusione della devozione, sostenuta da vescovi e prelati. 

In quanto poi all'Angelus mattutino, l'uso rimonta alla congregazione cassinese (1285-1288), e si diffonde pienamente nel XIV sec. 

Puntualmente, arrivò l'indulgenza, da Bonifacio IX. Nel XIV sec., l' Angelus mattutino si era generalizzato. 

Ibrido tra i due usi, nasce poi l'Angelus del mezzogiorno, per esplicita volontà di Callisto III (in preparazione della Crociata), con la bolla Cum his superioribus annis (1455). 

I Francesi, tutt'altro che favorevoli alla sconfitta dei Turchi, preferirono recitare la preghiera solo per la pace. Tale uso fu approvato e indulgenziato da Sisto IV, nel 1476. 

Fu invece Alessandro VI, nipote di Callisto, che nel 1500 rinnovò il precetto dello zio. Infine, Leone X, per la sua devozione mariana, estese il precetto dell'Angelus meridiano. Per cui, alle soglie dell'età moderna, l'Angelus si era definito. 

Se l'Angelus sacralizza in senso mariano la scansione del tempo quotidiano, il sabato devozionale, squisitamente medievale, scandisce il ciclo ebdomadario, con un rituale che getta un ponte tra la liturgia e la pietà popolare. 

Fu Alcuino di York ad inserire il formulario votivo mariano del sabato nei sacramentari. Questa devozione liturgica non conobbe regressi, e nel XII sec. era universale. 

Già dall'età carolingia si diffonde l'officium correlato, il parvum de Beata , che fu una delle devozioni più comuni del Medioevo , e che si diffuse con le Crociate ancora di più, agganciandosi alla riforma monastica. 

Tuttavia l'eccessivo peso assunto dall'officium nelle devozioni spinse i Mendicanti, nel XIII sec., a limitare il suo uso, fino a quando s. Pio V, confermando la meritorietà dell'officium parvum, assieme a quello di Sanata Maria in Sabato, li rese tuttavia facoltativi. 

Essi rimasero vincolanti per chi aveva certe devozioni private, come il parvum per gli adepti dello scapolare carmelitano. 

A santificare l'anno ci pensò invece la pia pratica del mese mariano. Il mese mariano per eccellenza, maggio, che è anche il più antico - essendo settembre e ottobre mariani un uso controriformistico - ha una matrice bizantina. 

Nel rito costantinopolitano c'è infatti un mese dedicato alla Madonna, costruito attorno alla festa dell'Assunta. I primi quattordici giorni sono preparatori alla festa, la cosiddetta piccola quaresima della Madonna, comune anche alle Chiese precalcedonesi, mentre i successivi quindici sono un prolungamento festivo. 

Il rito alessandrino conosce un uso analogo, ma in un periodo dell'anno diverso, quello natalizio: attorno a quelle liturgie sorge l'uso del mese di kîahk. 

In Occidente, la cristianizzazione dei riti primaverili di fecondità comportò la nascita della devozione di maggio. Già Alfonso X il Saggio, re di Castiglia (1221-1284), e il b. Enrico Suso (†1336) promossero un culto mariano stagionale. 

Ma la sanzione definitiva si sarebbe avuta solo con la Controriforma, che anche in questo è il punto di arrivo dello sviluppo storico- religioso del cattolicesimo medievale. 

Ma la lettura antropologica della pietà, che fa la storia religiosa e del costume in senso lato, e che da il saggio dell'ampiezza della rilevanza della fenomenologia religiosa stessa, ci spinge a considerare un altro atto devoto, tipico del mondo medievale e non solo, il pellegrinaggio. 

Esso sacralizza lo spazio, e innesta dinamiche sociologiche assai complesse, rimescolate dalla prassi del viaggio, che accomuna tutte le classi sociali e che si riverbera nella cultura in senso lato. 

La devozione mariana è, dopo quella cristologica, la più grande alimentatrice di viaggi sacri. Essi si snodano lungo parecchie direttrici, che percorrono la Terra Santa, l'Oriente bizantino, l'Occidente latino. 

Vale la pena ricordare i centri più importanti. Proprio cominciando dalla Terra Santa, troviamo come oggetto di devozione le memorie storiche più antiche dell'esistenza terrena di Maria di Nazareth. A Gerusalemme, per esempio, sin dal I secolo i giudeo-cristiani inaugurarono la prassi della visita alla Casa della Madonna. 

Essa fu in origine una domus ecclesia, legata al culto iatrico di Bet Esdatain, di matrice ebraica, e durò anche oltre la profanazione dell'imperatore Adriano, con elementi sincretici. Espulsi questi da Costantino, la domus divenne una doppia basilica bizantina con Teodosio, su cui poi i crociati avrebbero costruito il capolavoro romanico della chiesa di Sant'Anna. 

Sempre a Gerusalemme, sin dal I secolo fu venerata, come si è detto, una tomba di Maria, vuota, presso la necropoli del Gethsemani, custodita fino al IV sec. dai giudeo- cristiani, poi divenuti ebioniti, che vi eressero un luogo di culto; questo fu trasformato in una basilica bizantina da Teodosio, che l'affidò ai giovanniti, ai quali, divenuti monofìsiti, fu sottratta dagli ortodossi, capeggiati dal vescovo Giovenale, nel V secolo. 

Riedificata in forma più sontuosa da Maurizio, la basilica fu distrutta dagli Arabi nel 614, ma non cessò di attirare devoti. Furono i crociati a riedificare un luogo cultuale, il monastero fortificato di Santa Maria di Giosafat, poi abbattuto dal Saladino, che però risparmiò la cripta sepolcrale, che esiste tuttora. 

Accanto a questi luoghi specificamente mariani, in Sion la memoria della Madonna era anche molto legata al Calvario, sotto i cui ambienti sacri giudeo-cristiani del I-II sec. sono state rinvenute vestigia di antica devozione mariana, destinate a confluire nella basilica del Santo Sepolcro. 

Un altro polo di attrazione mariana era Nazareth. Lì sorgevano la casa di Maria e quella di Giuseppe. La prima, riconoscibile agli scavi del 1955-1960, fu una domus ecclesia sin dal I sec., divenne sinagoga giudeo-cristiana nel III sec., e basilica bizantina nel 430 ca.; i crociati vi eressero una basilica romanica, che fu distrutta dai Mamelucchi nel 1263, senza che però scomparisse il culto. 

La seconda, casa paterna di Gesù, risale anch'essa al I sec., e all'epoca divenne un ambiente battesimale dei parenti di Giuseppe; i giudeo-cristiani la custodirono fino a tutto l'Alto Medioevo, e in epoca crociata arrivarono i francescani . Ovviamente, anche a Betlemme ci fu un forte culto mariano, legato alla basilica della Natività, costruita da Costantino su un ambiente giudaico-cristiano profanato da Adriano. 

La basilica, ristrutturata da Giustiniano, trasformata in moschea e restaurata dai crociati, ha una dipendenza tutta mariana, la taumaturgica Grotta del Latte della Madonna, del VI sec. 

Centri mariani minori erano ad Ain Karin e a Cana. Nella prima si venerava la triade Elisabetta, Giovanni Battista e Maria, sin dal I sec. Nella seconda il culto fiorisce dal III sec. 

Fuori della Palestina, Costantinopoli fu una civitas mariana per quasi mille anni. In essa vi erano 125 chiese mariane, santificate da reliquie e icone venerabili; per esempio quella di Chalcopratèia (V sec.), in cui c'era la cintura di Maria, o quella dove se ne conservava il velo (V sec.), o quella che conteneva 1' Odighitria. Famosa era Santa Maria della Sorgente, frequentata da pellegrini fino al XV sec., e detta "Lourdes del Medioevo". 

In Occidente, Roma aveva moltissime chiese dedicate alla Madonna, che attiravano pellegrini. Ovviamente, la maggiore era Santa Maria Maggiore, fondata da papa Liberio (352-266), sulla base di un'indicazione divina, e detta perciò notoriamente liberiana, e poi ampliata e abbellita da s. Sisto III (432-440), tanto da dover essere detta, forse più opportunamente, sistina; essa custodi e custodisce la greppia di Betlemme sin dal sec. VII, contendendosi con la città di Davide l'onore di possedere l'originale culla di Gesù, che molto probabilmente fu divisa in più parti, o che santificò ex contactu i legni romani, e l'icona della Salus Populi Romani. 

Un'infinità di altre chiese conservavano icone venerabili (la più antica è forse quella di Santa Maria Nova, datata negli anni '30 al VI sec.), e i templi più visitati erano Santa Maria Antiqua (cuore della Roma greca nell'Alto Medioevo, e persino residenza papale tra il VII e l'VIII sec.), Santa Maria in Domnica, Santa Maria Sopra Minerva, Santa Maria Rotunda e Santa Maria in Cosmedin. 

Nel resto d'Europa, era tutta una fitta trama di santuari mariani, spesso legati a venerate reliquie: Chartres (X sec.), con la fonte sacra e la veste della Vergine (attestata dal Basso Medioevo), che fu anche centro di una rinomata scuola teologico- fìlosofìca; Lione (IX sec.), che vantava origini apostoliche; Le Puy (XI sec.), dedicata all'Assunzione, e presso cui il mese di agosto era festeggiato in modo solenne e allegro: esso ebbe la celebre statua nel 1254; Clermont (di epoca gallo-romana), la cui statua, tardiva, era modellata sul tipo di Le Puy, e da cui Urbano II bandì la Crociata; Arras (XI sec.), nato ex voto dopo una paurosa epidemia di peste nera; Boulogne, tra i più celebri nell'XI-XII sec., che secondo la leggenda accolse una venerabile statua della Vergine già nel VII sec., quando essa fu messa in salvo dall'Oriente devastato dall'iconoclastia; Rocamadour (XII sec.), la cui statua, preziosissima, attirava migliaia di fedeli coi suoi sgargianti colori; la svizzera Einsiedeln (X sec., roccaforte mariana benedettina); il santuario della Virgen del Pilar di Saragozza, dove ab immemorabili si custodisce la statua che la Madonna stessa, da viva, accompagnata dagli angeli, avrebbe consegnato a s. Giacomo il Maggiore, impegnato ad evangelizzare la Spagna (ma il santuario fiorisce con la Reconquista); Montserrat (IX sec.), anch'esso spagnolo, dalla fastosa ricchezza, anch'esso insediamento benedettino. 

Un discorso particolare meritano le reliquie della Vergine: mancando quelle corporali a causa della sua Assunzione, ci si accontentava di vesti, cimeli, parti del suo corpo distaccatosi da esso prima della sua glorificazione (capelli), o anche del suo latte, sparso in tutto il mondo. Coutances, che pure aveva una celebre statua lignea, assieme ad Astorga e Laon conservava i capelli; Walsingham, il più grande santuario inglese, nato attorno ad un'imitazione della Santa Casa voluta dalla Vergine tramite un veggente, e munito di due fonti sacre, custodiva il latte. Esso, coi capelli e tante altre reliquie, era custodito anche a Santa Maria Maggiore. 

Il maggior santuario mariano tedesco, ad Aquisgrana, eccezionalmente frequentato tra Trecento e Quattrocento, tanto che la città era divisa in quartieri nazionali e che c'era un numero chiuso di pellegrini che potevano varcare le mura, era il custode della veste della Vergine, che il califfo aveva regalato a Carlo Magno . I maggiori santuari italiani erano Oropa, Montevergine, la Consolata di Torino, la Madonna della Guardia a Bologna, con l'icona attribuita a san Luca. 

Il più celebre era Loreto, ma esso fiorì tardi, solo nel XV sec., sebbene la reliquia della Santa Casa, risultata autentica all'esame archeologico, fosse giunta in Italia nel 1294 . Altri santuari divennero il centro morale delle proprie nazioni, come Chzestochowa , nato già nel XIV sec. attorno ad una venerabile icona. I santuari furono centri d'irradiazione culturale e artistica (presso di essi si sviluppa il teatro religioso), nodi viari, luoghi d'assistenza. 

Dai suoi templi, la Madonna esercitò una forte influenza nella civiltà medievale. Altrettanto spesso, il santuario mima il movimento del sacro verso l'uomo: non solo le processioni simboliche - come quella della Salus Populi Romani che incontra l'icona acheropita del Salvatore a Roma- ma anche le prime forme di peregrinatio Mariae, attestate in Italia dall'XI sec., segnano questo costume religioso. 

Se le devozioni scandiscono la sacralizzazione del tempo, e il pellegrinaggio quella dello spazio, esistettero inoltre forme di pietà che santificavano la persona in una sorta di unione assimilatrice dell'amato con l'amante, riconducibili alla modalità della consacrazione. 

Nel caso di Maria, essa aveva origini antichissime , e si sviluppò florida nel Medioevo, attraverso una vasta gamma di tipologie. Ci fu per esempio l'affidamento collettivo, documentato per la prima volta per Costantinopoli, che attribuì alla Vergine la difesa e il successo contro tutti i nemici. Ci fu la professione di servizio all'ancilla Domini, inventata da Ildefonso di Toledo. Ci fu la più impegnativa forma di consacrazione, inaugurata da s. Giovanni Damasceno. Squisitamente feudale fu la commendatio alla Vergine, praticata da s. Odilone di Cluny (†1049), da Eusebio di Angers (†1081), da s. Anselmo di Lucca (†1086), da Matilde di Canossa, da s. Anselmo d'Aosta. 

Nel XIII sec., l'ordine dei Serviti si propone la deditio alla Vergine, per riceverne la tuitio . Anche questa forma di consacrazione è propriamente medievale. 

La cultura cavalleresca favorì la consacrazione mariana, specie negli ordini monastico-militari. In questo contesto, particolare appare lo spirito carmelitano. La consacrazione fu tipica di quest'ordine. Gli eremiti del Carmelo che nel XIII sec. consacrarono la loro chiesetta alla Vergine, fecero con ciò una scelta spirituale netta, una tradilìo personarum a favore della loro protettrice. Ma Arnaldo di Bustio, scrivendo nel 1479 il De Patronatu et Patrocinio, presentò la Vergine come patrona, ma anche come sorella e madre, sganciandola così dal modulo giuridico-feudale. Proprio dal '400 si diffuse quella che fu la più singolare forma di consacrazione medievale alla Vergine, e avvenne sotto il segno del Carmelo. 

Il Catalogo dei Santi Carmelitani (1411 ca.) tramanda la visione di s. Simone Stock (16 luglio 1251), che ricevette lo scapolare, come pegno di predestinazione per chi l'avesse portato, avesse recitato l'Officium Parvum, avesse praticato la castità secondo il proprio stato e avesse rinunciato alle carni i giorni di mercoledì, venerdì e sabato. 

Questa consacrazione è riconducibile chiaramente al modello feudale, e la "bolla Sabatina" dello pseudo-Giovanni XXII accrebbe i privilegi di coloro che portavano lo scapolare, promettendo la liberazione dal purgatorio il primo sabato dopo la morte. 

Come si vede, il fervore religioso, sia che si esprima sotto la forma della ricerca teologica, sia che si manifesti nelle molteplici forme devozionali, fa convergere l'attenzione dei posteri su alcune specificità mariane indiscutibili, legate alla sua potenza mediatrice e al suo ruolo benefico nella vita dei singoli e dei gruppi. Oggetto di tenero amore, spesso ingenuo o rozzo, la Vergine addolcisce il peso dell'esistenza a tutti.


Theorèin - Settembre 2003