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FULCHERO DI CHARTRES
Con l'Historia Hierosolimitana di Fulchero di Chartres possiamo recuperare l'aspetto geografico dei mirabilia. Lo scrivere di Fulchero non ha la commovente semplicità dei Gesta, ma è oscuro e affettato, specie nella descrizione degli animali esotici (modellata su Plinio il Vecchio e Solino); più vivace risulta il modo di rappresentare i fenomeni naturali (l'acqua salata del Mar Morto, i terremoti, le comete, ecc.) osservati direttamente. Con Fulchero, e con queste descrizioni geografiche, per la cristianità d'Occidente l'Oriente diviene parte ormai del mondo conosciuto. Queste descrizioni, presenti in misura assai minore anche nelle altre opere esaminate, hanno un valore notevolissimo. Consideriamo infatti il clima culturale dell'epoca: gli studi geografici si avviano alla ripresa dopo secoli, ma rimangono dominati dal fantastico e dal favoloso, specie in relazione alle regioni sconosciute. Ma l'opera di un Fulchero di Chartres, che descrive ciò che vede, supera di gran lunga il modus procedendi di Adamo di Brema († 1083 ca), che pure è il più serio degli scrittori di geografia dell'epoca, con opere come il quarto libro dei Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum, la Descriptio insularum aquilonis, o come il De situ Daniae et reliquarum quae trans Daniam sunt regionum natura. Infatti, se entrambi scrissero di geografia in modo complementare ai loro studi storici, e se entrambi descrissero le frontiere dell'ecumene cristiano - Adamo parla della Sassonia, della Danimarca, della Svezia, della Russia e della "Terra del Vino" (Terranova) scoperta dai Vikinghi - tuttavia l'autore tedesco ha come fonti gli scrittori classici e i missionari dipendenti dalla sua arcidiocesi, e pressochè sicuramente non conobbe i luoghi descritti. Se poi consideriamo che la figura più emblematica dell'etnogeografia del periodo è quell'Onorio di Autun († 1152 ca), la cui fantasia corre sfrenata, sulle pagine della sua Imago Mundi, tra Pigmei, Macrobi, Bramini e Sciopodi, costatiamo la felice diversità della geografia presente nella storiografia crociata, che anzi spianò la strada ad una ripresa degli studi in materia, condotti in maniera scientifica. Certo, questo non accadde subito, e bisogna attendere fino al Duecento per avere, con la Descriptio Terrae Sanctae di Burcardo del Monte Sion, la prima trattazione geografica non più impostata in chiave esclusivamente religiosa, e addirittura solo nel XIV secolo Jacopo di Verona scrive un Itinerarium che tenta, oltre che di narrare e descrivere, anche di ricostruire scientificamente una geografia palestinese. Ma in ogni caso lo zelo e la curiosità di Fulchero, segno di un nuovo rapporto tra uomo e spazio inaugurato dalla crociata, spiana la strada in modo significativo, rimuovendo un pregiudizio secolare, ben riassunto nella battuta di San Basilio di Cesarea, per cui poco importa conoscere la forma del mondo, mentre è essenziale sapere come comportarsi con sé, col prossimo e con Dio. Tale pregiudizio aveva fatto giustizia della funzione descrittiva della geografia per tutto il Medioevo, condannandola all'erudizione libraria di enciclopedisti come Isidoro di Siviglia o Beda il Venerabile. La Bibbia, con i suoi elementi fantastici di descrizione geografica, aveva coonestato col suo peso religioso la tendenza acritica ed immaginifica. Ora però, con le crociate, a questa visione religiosa di uno spazio chiuso o sconosciuto, se ne sovrappone una nuova, altrettanto religiosa, ma che dà valore alla descrizione spaziale, e ne fa un luogo teologico e un momento ascetico. Essa è antica quanto l'altra, anche se meno influente, e aveva già una florida tradizione, legata alla stesura degli Itinera di pellegrinaggio , spesso di grande valore, nei quali il resoconto fedele delle cose viste è un modo per restituire la pienezza dell'esperienza religiosa, legata essenzialmente ai posti conosciuti. Con la crociata, e con la sua concezione esodale, l'antica fedeltà descrittiva ai luoghi visitati torna in auge, e purifica la tradizione degli itinerari dagli elementi stereotipati e fantastici che l'avevano contaminata, facendo spesso - e anche in casi illustri, come per Beda il Venerabile - di quei resoconti un esercizio erudito e letterario da scrivania. Sulla scia dell'impresa, coeve a Fulchero, nascono già operette autonome, specificamente geografiche, come il Liber Locorum Terrae Sanctae Jerusalem, di Fretello l'Arcidiacono , e la Descriptio Terrae Sanctae di Giovanni di Wirzburg. Ma questa rifioritura della curiosità geografica ci interessa non solo per tracciare le coordinate generali dell'opera di Fulchero - che pure fa la maggior parte delle descrizioni nel II e nel III libro, ossia dopo aver narrato l'itinerario crociato - non solo perché attesta la continuità parziale tra itinera di pellegrinaggio e cronache crociate, ma anche perché essa rimanda ad un altro aspetto della spiritualità della descrizione, quella simbolica. In effetti, se tutti i resoconti di pellegrinaggio erano descrizioni di esperienze spirituali, ma del singolo o dei singoli, la cronaca di una crociata è la descrizione di un viaggio fatto da tutta la cristianità, da tutto il Nuovo Israele, e i luoghi attraversati sono luoghi che rappresentano stati dello spirito. Percorsi per espiare e per aprirsi le porte del Cielo, attraversati nella spasmodica attesa di una fine imminente, andando verso il luogo dove avverrà il ritorno di Cristo, segnati dalla lotta tra Bene e Male incarnatisi in popoli opposti, questi luoghi sono le tappe e lo scenario obbligato di un viaggio unico, irripetibile, e sono, pur nella loro concreta esistenza storica, rimandi a realtà diverse. In questo senso, il viaggio dei crociati - e il suo resoconto scritto, attento ai dettagli spaziali - fa rivivere in modo nuovissimo, inedito, un'antica ispirazione allegorica della letteratura odeporica sacra, volta ad esplorare il mondo celeste. Dagli antichi Imrana irlandesi, che portavano i fedeli nell'Estremo Occidente, alla ricerca dei Regni ultraterreni, e dalla Visio Wettini di Valafrido Strabone (809-849), la cultura medievale è intrisa dello sforzo di localizzare i luoghi dell'Oltretomba. Non può fare diversamente, se davvero desidera percorrerli, e tale sforzo sopravviverà come esercizio letterario per secoli (si pensi ad opere in volgare come L'Espurgatoire Saint-Patriz di Maria di Francia o la Divina Commedia). Ma la crociata fa di più: essa, portando gli uomini nei luoghi che sono la metafora classica, canonica del Regno dei Cieli, descrivendoli, simbolicamente disegna davanti a loro il Paradiso; ma siccome quei luoghi sono percorsi alla ricerca dell'espiazione, garantita dall'indulgenza, la loro è anche la descrizione del Purgatorio, quel luogo ultraterreno il cui successo teologico, postulato dalle remissiones peccatorum papali, è strettamente legato alla crociata; infine, siccome la Terra Santa è infestata dagli Infedeli, la descrizione della loro sconfitta è - implicitamente - una raffigurazione dell'Inferno. In questo modo, nella cronistoria della crociata, la descrizione spaziale è il modo con cui una civiltà più evoluta rispetto al passato trova e vive i simboli del suo assoluto. Il retroterra culturale di opere come l'Historia serve dunque a giustificare ulteriormente il senso dell'iter hierosolymitanum, ma anche a comprendere più in profondità il senso dell'adozione di una simile espressione. Nella nuova spiritualità simbolica, la geografia ha l'obbligo di essere presente, e non può fare concessioni alla fantasia: per essa vale il monito di Giosuè agli esploratori mandati oltre il Giordano, prima di prendere possesso dell'eredità di Dio: "Andate, girate nella regione, descrivetela.." In conseguenza di ciò, lo statuto narratologico dello spazio , nell'Historia di Fulchero, assume una complessità nuova. Anzitutto, essendo lo spazio di un percorso sacro, è reale e limitato; inoltre, suppone al suo interno relazioni altrettanto reali tra i vari luoghi che lo compongono, e naturalmente è in stretto rapporto con personaggi e vicende. In questi casi, l'analisi strutturale dei racconti non riscontra una funzione articolata dell'elemento spazio. Ma in Fulchero è diverso, e lo spazio è polifunzionale: è infatti l'unica ambientazione possibile dell'iter, e così è ad un tempo sullo sfondo e in primo piano, quasi divenisse esso stesso "vivente" nella sua forza spirituale (e infatti spesso i crociati hanno nel pellegrinaggio stesso, inteso come itinerario, una fede mistica); ha ovviamente un ruolo narrativo, scandendo con tappe bibliche le varie imprese; infine ha una funzione simbolica, perché richiama persone e vicende che lo resero sacro, ma anche perché anticipa e manifesta i percorsi della vita spirituale. Fulchero risulta peraltro attento a registrare i prodigi che accompagnarono la marcia dei crociati , e se lascia meno spazio di Raimondo di Agiles alle apparizioni, tuttavia ne riporta diverse, alcune inedite, a dimostrazione della sua conoscenza delle altre fonti e della volontà di integrarle. Descrive così le visioni oniriche avute da un turco antiochieno, praelectus gratia Dei, a cui Cristo ordina di collaborare coi Franchi perché prendano la città. Questo ricorda chiaramente l'aiuto dato da Raab a Giosuè nella presa di Gerico. Ricorda poi en passant le vicende - anche parapsicologiche - connesse al ritrovamento della Santa Lancia, per poi raccontare una breve apparizione di Cristo a un chierico che abbandonava Antiochia per timore dell'esercito turco: in essa il Redentore assicurava che le suppliche della madre sua lo avevano placato, e che aveva decretato la vittoria dei crociati. Questa visione suppone quelle di Pietro Bartolomeo, che però non sono state riportate, in quanto il senso è chiaro lo stesso: si potrebbe dedurre dunque che Fulchero supponeva nel suo uditorio una conoscenza previa delle altre fonti. Evidentemente, anche per le più antiche opere storiche sulla crociata, si pone una questione sinottica, intesa come lettura ad incastri, quasi che esse fossero destinate ad essere fruite tutte insieme. Probabilmente questa esigenza apparente riflette la conoscenza comune di tutti i fatti, specie nel pubblico latino-orientale. In questo senso la memoria collettiva costituisce una sorgente di fatti ed eventi da cui ognuno attinse per il proprio racconto, completo in sé, ma non compiuto. Theorèin - Giugno 2003 |