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ALBERTO DI AQUISGRANA
Alberto di Aquisgrana, nell'Historia hierosolimitanae expeditionis, (1) trasfigura spazio e tempo in una dimensione senza precisi riferimenti, anch'essa mirabilis. Le contraddizioni dei racconti e le inesattezze cronologiche, che abbiamo spesso riscontrato negli storici crociati, se per i moderni sono solo la prova della sciatteria del metodo critico allora adoperato, nel contesto della cultura medievale, oltre all'indubbia carenza di questo o quell'autore su questo o quell'argomento, sono spie di un atteggiamento genuino ed ingenuo, di matrice religiosa, e strettamente legato alla concezione provvidenziale della Storia. La giustapposizione dei racconti, infatti, è anche un modo per conservare interamente una tradizione di eventi nella quale, a torto o a ragione, si crede che abbia omogeneamente operato Dio medesimo. In questo senso, negli scrittori meno raffinati, le contraddizioni della storia della crociata non sono fatti che si escludono a vicenda, ma eventi intoccabili, reliquie della memoria, conservate dalla credenza popolare. Come le fantasiose e spesso incoerenti leggende agiografiche, come le molteplici attestazioni, in più luoghi, di una medesima reliquia, questi eventi discordanti hanno valore in sé stessi, e non per ciò a cui rimandano. Sono, certo, una storpiatura del senso storico, una sorta di fondamentalismo della memoria, ma del resto anche l'imprecisa agiografia medievale è - per rimanere ai paragoni adoperati poc'anzi - una degradazione del miracoloso, e lo è pure la proliferazione di reliquie identiche: eppure tutte scaturiscono da un sensus fidei che, incapace di fare scelte, mantiene in una impossibile ma feconda sintesi le cose più disparate. (2) E questa sintesi diventa feconda persino a livello storiografico: proprio l'incoerente Alberto creò il mito di Goffredo di Buglione! Non è peraltro da trascurare il fatto che tutta la storiografia medievale è inficiata da testi e autori pieni di contraddizioni, che nonostante ciò erano considerati importanti, e questo caos poteva appellarsi, per essere considerato legittimo, persino alla Bibbia: dalle celeberrime discordanze dei Vangeli (3) alle differenze - ancor più visibili, perché sostanziali - tra i fatti narrati, più volte e in modo diverso, nel Pentateuco - quel Pentateuco (4) che, meminisse iuvat, era il modello spirituale della storia della crociata, nuovo Esodo. E così, e a maggior titolo di altre storie, pure quella dell'impresa in transmarinis poteva ricondursi a questa gloriosa e sconcertante maniera di raccontare il passato, e ad essa si riallacciava la grossolanità di certi passi di Alberto. In quanto alle sfasature cronologiche - che si riscontrano persino in letterati eruditi e curati come Baldrico di Dol - anch'esse sono funzionali al modo di concepire il tempo di una società troppo spesso incapace di distinguere tra presente e passato, tra passato remoto e prossimo. E anche questo è una degradazione del senso religioso comune, diffuso. E' un'assenza di prospettiva, quasi una resa in termini di tempo di quella carenza che caratterizza, senza sua colpa, la pittura. Uomini come Alberto o Baldrico, sebbene diversi per cultura e consapevolezza intellettuale, sono accomunati da una superficialità che, prima ancora di essere assenza di spirito critico, è un implicito atto di sfiducia nel tempo e, quindi, un atto di fede nell'eternità. Le azioni storiche - e quindi - quelle della crociata - sono al di là delle loro coordinate temporali, manifestazioni di un unico decreto divino, al di là di ogni epoca. Non conta quando esse siano accadute, ma che lo siano. In una età in cui il tempo è scandito sui ritmi dell'anno liturgico, in cui i giorni appartengono alle memorie religiose che vi sono di volta in volta celebrate, e in cui spesso già il divino e l'eterno si accaparrano porzioni sempre più ampie di temporale profano, (5)in una civiltà i cui strumenti di misurazione cronologica sono soprattutto legati alla vita religiosa (come campane o meridiane su campanili), e inesorabilmente funzionano in relazione ad essa - scandendo, ad esempio, le ore canoniche - il tempo è di Dio, e il suo fluire si relativizza, fino a confondersi: tutte le ere, le epoche, gli anni, i mesi, i giorni, ma anche le ore e i minuti vanno bene per compiere le azioni della Salvezza. E' appena il caso di far notare che gli autori della crociata, indugiando più volte sulla descrizione delle città sacre, dei loro siti geografici, delle loro reliquie e dei loro monumenti, e persino della loro storia, preparano la narrazione di quelle imprese belliche il cui risultato sarà proprio la almeno parziale distruzione di ciò che è stato descritto. Questo atteggiamento, apparentemente oscillante tra il gusto erudito dei letterati e il furore sanguinario dei guerrieri, non è schizofrenico come sembra, né è una concessione a posteriori fatta alla conoscenza e alla cultura, ma è un altro elemento costitutivo dello spirito della crociata. L'impresa ha come scopo la restaurazione dell'ordine divino nei Luoghi Santi, e in Gerusalemme in particolare. Descritta tante volte nella Bibbia, e in particolare nell'Apocalisse, dove diviene il simbolo dell'eterna convivenza celeste dei Beati, Gerusalemme porta in sé tutta la pregnanza delle allegorie, delle metafore e dei simbolismi con cui la tradizione giudeo-cristiana ha interpretato l'idea di città. Sia che si tratti del destino ultraterreno dell'uomo, che della sua storia terrena, o della Chiesa o del Regnum christianum, essa è sempre esprimibile nell'uso dell'immagine della città. Ora, la crociata è profondamente connessa a questi concetti, nei modi che abbiamo più volte indicato. Ma essa si trova dinanzi ad una contraddizione: la città simbolo di tutto questo, Gerusalemme, è nelle mani del nemico infernale. Vera e santa materialmente, ha perduto la sua anima, la sua vera forma. I crociati, che vanno in Oriente per restaurare la Santa Città, non potranno farlo senza liberarla, e non potranno liberarla senza espugnarla, danneggiandola o distruggendola almeno in parte. Così, i crociati, abbattendo, edificheranno, e distruggendo, daranno nuova vita. E su questo modello - comune a tutte le guerre ideologiche - si esemplifica e costruisce tutto il tortuoso rapporto tra i conquistatori e le altre città sante, come Antiochia per esempio. La loro descrizione, tutt'altro che fine a se stessa, tutt'altro che contraddetta - nel suo amore per il bello, l'esotico e il sacro - dalla violenza che la segue nella narrazione, è l'immagine di un ordine materiale che andrà poi finalmente ricondotto alla sua vera ragion d'essere, al suo principio formale. E così, proprio in Alberto di Aquisgrana, la lotta all'ultimo sangue per prendere Gerusalemme diviene la lotta per liberare la santa madre di tutti i fedeli, (6) e le sue devastazioni sembrano non colpire questo luogo santo, ma la "controcittà" infernale che i Turchi vi hanno sovrapposto. Lo stesso svolgersi dell'ultima battaglia ha come cornice i luoghi più santi della capitale palestinese, (7)e Alberto, assai preciso nel restituire i più minuti particolari di questa geografia dello spirito e della guerra, sembra inconsapevole dei danni che le spade, le lance, le frecce e quant'altro inflissero a quelle sacre pietre, né tantomeno si dà pena alcuna del sangue che le profana. Sin dall'inizio della descrizione della disposizione delle forze degli assedianti, anzi, egli ha avuto cura di mostrare la simmetria dei luoghi urbani e degli eserciti, quasi fossero un unico complesso spaziale, e non due realtà destinate a confliggere. (8) E' questa un'ennesima manifestazione della mentalità medievale, per noi incomprensibile ed affascinante ad un tempo: la città - santuario, meta del viaggio devoto, viene raggiunta per essere devastata, ma la sua devastazione è in se stessa restaurazione. (9) In conseguenza di ciò, anche la tecnica poliorcetica, così ampiamente descritta negli storici, compreso Alberto, non è solo documento di storia militare, ma evento simbolico. D'altro canto, grazie ad autori come il nostro, che tanto spazio le dedicano, (10) noi possiamo conoscere molti aspetti della tecnica militare dell'epoca, con una generosità di notizie che forse le fonti latine non avevano dalla migliore età classica. (11) In quanto al soprannaturale, Alberto lo usa solamente in chiave apologetica, per il suo eroe. Non mancano certo eccezioni, come la descrizione dell'apparizione di Sant'Ambrogio, (12) o come quella del fuoco celeste, (13) ma di solito Alberto sceglie visioni che danno un senso sovrannaturale a tutta l'opera del condottiero: "Nam pio ducis proposito impeto, somnii huius visio completa veraciter comprobatur. Ante viae huius initium cum saepe idem dux suspiria traheret, suique animi optio ante omnia esset visitare sanctam civitatem Jerusalem et videre sepulchrum Domini Jesu, ac saepe privatis famulis cordis sui aperiret intentionem, cuidam de familiaribus suis, Stabuloni videlicet, in hunc modum ostensa est visio. Videbat idem scalam auream a celesti axe procerae longitudinis usque ad terram porrectam, quam ipse dux, nimio desiderio fervens, cum quodam poculi sui provisore, Rothardo nomine, lucernam in manu ferente, conscendere conatus est. Sed provisore iam media scala consistente, lucerna, quam gestabat in manu illius, extinguit, et medium gradus scalae, per quam ad supernum coeli solium scandebat, graviter lapsus et attritus est. Sic provisor poculi ad inferiora reversus, prae formidine ultra ad coelestem portam cum duce pervenire non potuit ac pulsare. At Stabulo, cuius est ista visio, lucernam exstinctam reaccendens, scalam, quam pincerna indignus attolli non meruit, fiducialiter conscendit, et lucernam ultra indeficientem ferens, cum ipso duce coeli penetravit ad aulam, ubi mensa illis parata,et omni deliciarum dulcedine cumulata reperta est. Ad hanc denique dux cum electis et ea dignis recumbens, de omni quae aderta dulcedinis suavitate partitus est. Quid per hanc scalam ad coeli palatium ducentem, nisi via quam dux tota mentis intentione apprehendit ad urbem Jerusalem, quae porta est coelestis patriae significatur? Ex auro enim purissimo erat scala ; quia ad hanc viam et coeli portam puro corde et perfecta humilitate veniendum. Media autem scala provisoris poculi lucerna exstinguitur, gradus laesus deficit, ascensus negatur, quia opus et onus viae sanctae, quod bona et pura voluntate una cum duce devovit, medio labore deseruit cum plurimis, sicut audivistis. Propter diffidentiam enim et imminentes angustias a duce subtractus est Antiochiae, et sic apostata factus, ad aratrum reversus est miseriarum, nec ultra per scalam cum duce coeli introiens ianuam, sanctorum mensa dignus fuit participari. Stabulo vero ducis camerarius, lucernam ab ipsius manu suscipiens, reaccendit, quia voluntatem bonam viae huius quam primum assumpsit fortiter retinuit, et inter diversas mentis vacillationes lampade benevolentiae reaccensa, reflagranti voto firmiter haesit ; sicque insolubili gradu scalam cum duce superavit. Insuper illius in omni tribulatione socius stabilis, et famulus existens fidelis Dei, eo usque in Jerusalem pervenit, et ad Sepulchrum Domini, quod mensa est et desiderium totius dulcedinis sanctorum, intrare meruit et orare". (14) Poco più innanzi, Alberto inserisce la seconda visione: "Quidam ergo nocte praefatus miles, Hezelo nomine, de Kinwilre villa, quae est in rubuario, cum eodem duce in silva quadam quae vocatur Kettena, venatoria arte fatigatus, facili sopore occupatus est, statimque in spiritu ad montem Sinai translatus est, ubi Moyse, famulus Domini, ieiunio quadraginta dierum espleto, claritatem gloriae Dei meruit videre et legem de manu Dei accipere. Super huius denique montis cacumen videbat praedictum cum timore et mansuetudine facili ascensu attolli, et duos ei in vestibus albis et pontificali ornatu obviam festinare, dicentes: "Qui servo suo et fideli Moysi contulit benedictionem et gratiam, eiusdem benedictionibus Dei viventis replearis, et gratiam in oculis eius invenias: dux ac praeceptor populi sui christiani in omni fide et veritate constitueris." Hoc dicto, miles expergefactus a somno, surrexit, et viso subtracta est. Quid in hac visione considerandum, nisi quod in spiritu et lenitate Moysi surgeret dux spiritualis Israel, a Deo praeordinatus et princeps populi constitutus? Unde hanc visionem et benedictionem vere et manifeste in eo adimpletam cognoscimus; quia severa, cum plurimi principes ac potentes, episcopi et comites, filiique regum, viam hanc ante illum et post eum institerint, christianorumque exercitus ductores fuerint, nequaquam prosperum iter fecit illis Deus, aut sui desiderii compotes facti sunt; verum a regibus et barbaris nationibus multa illis adversa, et universo illorum exercitui, illata sunt; quia non erant illi per quos salus veniret in Israel. At, duce Godefrido post universos praemissos viam insistente, desperatique exercitus duce ac principe esistente, omnia adversa in prospera sunt mutata; nec fuit quod impediret viam, aut quae noceret adversitas, nec nisi in sceleratis et transgressoribus inventa fuit iniquitas; inventa vero iniquitate, ex iustitia vera Dei subsecuta est ultio, qua et santificata est legio. Et sic filii castigati nunc fame, nunc gladio, tandem felices et mundi ab inquinamentis cum duce et principe suo beatum desiderium explentes, urbem sanctam Jerusalem meruerunt, ac Domini sepulchrum adoraverunt; moenia etiam possidentes ex Dei providentia et voluntate, hunc urbis rectorem ac populi praeceptorem gloriosissime praefecerunt". (15) Immediatamente successiva è la terza e ultima visione riguardante Goffredo: "Praeterea revelatum est cuidam fratri catholico et canonico Sanctae Mariae Aquisgrani, Giselberto nomine, in septimo mense discessionis ac peregrinationis eiusdem ducis, quod caput omnium et princeps futurus esset in Jerusalem a Deo praescitus et constitutus. Videbatur enim fratri adhuc somno dedito quod praefatus dux in sole potenter sedere accepisset, et ex omni genere avium quae sub coelo sunt, in circuitu illius infinitae copiae confluxissent, quorum pars paulatim avolando minui coepit; amplior vero pars fixa et immobilis a dextris et sinistris remanebat: post haec sol a radiis suae claritatis maxima ex parte obscuratus est, sedesque ducis brevi intervallo prorsus deleta, et tota fere avium multitudo quae remanserat avolavit. In sole sedem dux accepit, cum in solio regni Jerusalem promoveretur, quae omnes mundi superat civitates nomine et sanctitate, sicut sol sua claritate universas coeli stellas: quam Jesus Christus, Dei vivi Filius, qui verus est sol iustitiae, sua illustravit et exaltavit Deitate, quando in ea crucifixus, passus, mortuus et sepultus, tertia die resurrexit a mortuis, suisque dilectoribus apparuit vivus. Congregatae sunt aves coeli circa sedentem, cum de universis regnis christianorum parvi et magni, nobiles et ignobiles, illi associati et subditi facti sunt. Avolaverunt aves, cum plurima peregrinorum multitudo ad terram cognationis suae ex illius consensu et licentia reversa est. Sed plurimae aves fixae et immobiles permanserunt, cum multi pio amore illius innodati et familiari eius allocutione delectant cum eo ultra remanere decreverunt. Post haec brevi intervallo sol obscuratur, sedes ducis aufertur, cum Jerusalem post paululum temporis viduata, tam magnifico principe mortuo, multum obscurata est a fama et gloria sua, multisque militibus et belligeris viris in illius casu attenuata". (16) (01) Alberto di Aquisgrana († 1120) - chiamato anche Alberico o Adalberto, e detto anche di Aix, a seconda della lingua in cui chiamiamo la sua città natale, Aix-la-Chapelle (o Aachen) - autore della Historia Hierosolymitanae Expeditionis, denominata anche De passagio Godefredi de Bullione et aliorum principum, appartiene a quella schiera di autori che, come Baldrico di Dol o Guiberto di Nogent, scrive basandosi sulle testimonianze altrui. D'altro canto, le fonti adoperate - che lo spingono a mettere in rilievo il ruolo di Pietro l'Eremita e di Goffredo di Buglione - lo rendono assai simile a Guglielmo di Tiro (di cui diremo tra breve e con cui rappresenta il filone "tedesco" della storiografia crociata, non per questioni etniche, ma appunto per la centralità attribuita ai contigenti di area renana e alle vicende lì accadute). In virtù poi del rilievo attribuito a un singolo condottiero, Alberto è accostabile a Raul di Caen, da cui però si differenzia per tutto il resto. Alberto visse a Aquisgrana tra i secc. XI e XII; di lui sappiamo pochissimo. Era canonico della sua città, e scrisse la sua opera in XII libri, narrando i fatti dal 1095 al 1121, anno secondo di Baldovino II. Nella sua opera c'è una mescolanza di racconti diversi, uniti spesso senza cura, con contraddizioni e persino con errori di cronologia. Tuttavia, questo non inficia il valore "culturale" dell'opera. Su Alberto cfr. FLORI, Faut-il rétrabiliter, pp. 35 ss.; IORGA, Les narrateurs, pp. 267 ss.; opera in PL CLXVI, Parigi 1894, coll. 387 - 716. Altra ed. in RHC Occ IV, 265 - 713. (02) Quante varianti c'erano nelle leggende agiologiche? Persino le vitae degli Apostoli coltivavano l'ambiguità, e così, per esempio, sant'Andrea - uno dei più accreditati protettori dell'impresa - aveva evangelizzato la Scozia, l'Epiro e la Tracia, mentre san Bartolomeo era stato in India per Eusebio e san Girolamo, e in Licaonia per lo Pseudo-Dionigi; Giuda Taddeo invece era andato in missione in Palestina, in Siria e Mesopotamia. Di esempi del genere se ne potrebbero fornire a bizzeffe, ed il bello è che spesso si trattava di tradizioni facilmente armonizzabili, che invece erano lasciate così, quasi per timore di profanarle..In quanto poi alle reliquie uniche e molteplici, Guiberto di Nogent biasimava anche nei Gesta Dei per Francos che in Francia si venerassero due teste di San Giovanni Battista, senza che nessuno osasse affermare l'implicito, ossia che una delle due era falsa; d'altro canto, nel XII sec. i prepuzi e i cordoni ombelicali di Gesù si moltiplicarono (Roma, Charroux, Coulombs, Boulogne), per non parlare poi delle reliquie duplicabili di proprio, come le fiale del Preziosissimo Sangue (Fécamp, Bruges, Mantova), o i capelli e persino il latte della Vergine Maria (Coutances, Laon, Astorga, Roma, Oviedo, Chartres). (03) In verità più apparenti che reali, e su cui generazioni di autori, da Taziano in poi, si erano industriati a costruire concordanze, assai comuni nel Medioevo. Sull'argomento cfr. B.SMALLEY, Lo studio della Bibbia nel Medioevo, Bologna 1972. (04) Le fonti del Pentateuco (sacerdotale, eloista, jahvista e deuteronomica) sono state giustapposte insieme, senza alcuno sforzo d'integrazione, evidentemente per ragioni religiose. E così abbiamo due racconti della Creazione di Adamo, due dell'ingresso degli animali nell'Arca, o abbiamo Sara, moglie di Abramo, dapprima vecchia, e poi due volte insidiata da altri uomini, il Faraone e Abimelek, e via di questo passo, senza contare le divergenze del ciclo mosaico, basate non solo su certi passi del Deuteronomio, outsider rispetto agli altri tre libri che riguardano l'Esodo, ma anche su discordanze interne: nomi diversi dei parenti del condottiero, riti differenti dell'ordinamento liturgico, norme civili in contrasto, e persino ripetizioni narrative. (05) In quest'epoca, accanto al dies Domini, si è già da tempo affermato - dall'età di Alcuino - l'uso della consacrazione del venerdì alla Passione e del sabato alla Madonna. Su questa scia si continuerà per secoli, con mesi e giorni devozionali che durano fino ad oggi. Cfr. L.GOGAUD, Dévotions et pratiques ascétiques du moyen âge, Parigi 1923. (06) Cfr. PL CLXVI, 570 D. (07)PL CLXVI, 547 B - 550 C. (08) PL CLXVI, 538 B. D. (09) PL CLXVI, 551 C; 552 A. B. Sulla valenza simbolica e sulla struttura reale della città nel Medioevo, iniziando proprio dalle città sante, cfr. C.FRUGONI, Rappresentazioni di città nell'Europa medievale, in Principi e forme della città, a cura di L.BENEVOLO, Milano 1993, pp. 95-140. (10) Cfr. PL CLXVI, 542 C - 546. (11) Ricordo che per la storia militare della crociata un'ottima guida è FRANCE, Victory in the East cit. Cfr. anche GAIER C., Il valore militare degli eserciti della Prima crociata, in Le Crociate. L'Oriente e l'Occidente da Urbano II a San Luigi. 1096-1270, a cura di M. REY - DELQUÉ, Milano 1997, pp. 183 - 208, A.A.SETTIA, L'europeo aggressore: tecniche militari in Occidente alla vigilia della Prima crociata, "Studi Storici" 38 (1997), pp. 309-322. (12) PL CLXVI, 502 B (IV). (13) PL CLXVI, 524 D (V). (14) PL CLXVI, 550 C - 551 C. (15) PL CLXVI, 554 B - 555 A. (16) PL CLXVI, 555 A - C. Theorèin - Settembre 2003 |