LE “STORIE” DI GIOVANNI CANTACUZENO:
CARATTERI DI UN’OPERA A CONFINE TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
A cura di: Eugenia Toni
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I parte

L'opera

La Storia di Giovanni Cantacuzeno in quattro libri comprende le vicende dell’impero bizantino dal 1320 al 1362 (14). Il racconto degli avvenimenti degli ultimi sei anni è rapidissimo, a tal punto che si può dire che la narrazione vera e propria si arresti al 1356. Lo scrittore si nasconde sotto l’appellativo di Cristodulo e nella prefazione dell’opera, costituita da uno scambio epistolare tra due personaggi fittizi, Nilo e Cristodulo (15), immagina di essere spinto a comporre il lavoro da Nilo. Elemento fondamentale di esso e carattere peculiare dello storico bizantino è la ricerca della verità che, ad ogni modo, l’autore manipola al fine di dimostrare la propria verità. Si può dire che lo storico Cantacuzeno scriva l’apologia dell’imperatore Cantacuzeno, delineando allo stesso tempo i caratteri di quel periodo storico più tumultuoso, prima della caduta dell’impero bizantino. Egli riassume al contempo i tre elementi fondamentali della civiltà bizantina: il cristianesimo ortodosso, la tradizione romana e la cultura greca, di cui è depositario e continuatore (16).

  1. Il primo libro si concentra sulla lotta tra Andronico II e Andronico III, ed evidenzia i privilegi che sotto quest’ultimo Cantacuzeno ricevette.
  2. Il secondo libro si sofferma sul governo di Andronico III Paleologo.
  3. Il terzo libro, di dimensioni nettamente maggiori rispetto agli altri, analizza gli avvenimenti dalla morte di Andronico III all’entrata di Cantacuzeno a Costantinopoli nel 1347.
  4. Il quarto libro esamina il governo dell’imperatore Giovanni Cantacuzeno fino alla sua abdicazione, e velocemente passa in rassegna gli anni fino al 1362.

La qualità letteraria della Storia, utilizzata come fonte per ricostruire gli avvenimenti politici, studiare la struttura della società bizantina o la storia delle dispute ecclesiastiche, viene riconosciuta spesso sulla base non dell’ analisi ma del sentimento (17).

Parisot, nella monografia più volte citata, considera come meriti letterari della Storia l’omogeneità dello stile, del tono, del colore e dello sviluppo delle parti, nonché la dizione sana e semplice, assolutamente priva di retorica. Ne sottolinea il classicismo della lingua vicino a Tucidide, l’assenza di ridondanza, l’uso di sentenze, proverbi e citazioni bibliche, la presenza dei discorsi che hanno come fine l’apologia, le descrizioni vive che non mostrano l’oggetto attraverso il prisma poetico e, inoltre, l’assenza del ritratto tradizionale. I personaggi sono tutti evidenziati nell’ azione, rendendo la narrazione interessante e facile (18).

K. Krumbacher considera come qualità principale della Storia il raggruppamento degli avvenimenti attorno alla figura dell’autore, e rimarca la semplicità della lingua, elemento che può essere evidenziato come un merito e, allo stesso tempo, come assenza d’arte. Lo storico si sofferma sugli aspetti linguistici di una lettera in greco volgare inviata da Malik Nasir Hasan, che il Cantacuzeno inserisce nel testo della sua Storia (19).

J. Draseke apprezza l’opera del Cantacuzeno, che riabilita in quanto scrittore e, riprendendo le definizioni del Parisot precisa come la relazione del Nostro sia precisa e abile, circostanziata e facile da leggere (20).

N. Iorga ha dedicato al Cantacuzeno uno dei medaglioni della sua storia della letteratura bizantina. Riferendosi in particolare all’aspetto linguistico, esamina come lo storico non sia un pedante infatuato del suo sapere: egli infatti raramente cita gli autori antichi, evita la frase ridondante e infiorata, o la forma arcaica (21).

V. Grecu colloca Cantacuzeno accanto ad autori del calibro di Psello ed Anna Comnena, i cui scritti costituiscono “le vere opere letterarie”, mentre Niceta Coniate e Doukas vengono immediatamente dopo. Risulta chiaro come apprezzamenti di questo genere siano soggettivi, fondati sul gusto del critico piuttosto che sull’analisi dell’opera. Il criterio di scelta, inoltre, rimane imperniato sull’omogeneità e sull’equilibrio della composizione (22).

L’apprezzamento di F. Dölger è altrettanto suggestivo: “Cantacuzeno ha fatto un grande sforzo di obiettività, la sua opera scritta in uno stile classico e semplice, che ricorda Platone, si trasforma inevitabilmente nell’apologia della sua attività politica”(23). Dunque, il principio artistico della Storia si riassume nella semplicità dello stile.

Nel suo manuale sulla letteratura bizantina profana H. Hunger, dopo alcune informazioni biografiche, sottolinea come i precedenti l’equilibrio e la chiarezza della struttura della Storia e, affrontando i principi dell’arte letteraria, evidenzia l’utilizzo dei discorsi diretti, l’introduzione di scene commoventi e l’assenza del ritratto. Conclude definendo il rapporto tra il Cantacuzeno e l’antichità: egli non è affatto incolto, difatti utilizza abilmente Tucidide per descrivere la realtà bizantina (24).

Sembra paradossale come né Parisot, né i suoi successori abbiano pensato di stabilire un legame tra l’omogeneità della composizione e la semplicità classica della lingua, e ancora tra queste caratteristiche e le finalità dell’autore. Lo scopo essenziale della Storia è così evidente da non suscitare difficoltà o equivoci: la Storia è un’apologia di Cantacuzeno, e la soggettività e la parzialità delle sue considerazioni sono ammesse all’unanimità. Sarebbe di certo più sicuro, al fine dell’obiettività storica, comparare tale documento alla contemporanea opera di un Gregora, ad esempio, più volte citato per la ricostruzione degli avvenimenti.

In realtà a partire dall’XI secolo, con Michele Psello, la letteratura storica bizantina comincia a sottrarsi al canone dell’obiettività. L’autore cessa di essere strumento privilegiato dello Spirito Santo, per divenire protagonista pensante e agente nella scena storica. Con Cantacuzeno l’intervento attivo dell’autore raggiunge il suo apogeo e, a differenza di Psello o di Coniate, egli si presenta come l’eroe principale della narrazione. Ciò potrebbe essere dovuto al ruolo specifico che Cantacuzeno, in qualità di imperatore, ha giocato negli avvenimenti politici del secondo quarto del XIV secolo.

In realtà noi abbiamo un’altra opera che riporta i fatti dell’epoca: la Storia romana di Niceforo Gregora, già evidenziata, costituisce egualmente un’apologia del suo autore, la cui personalità, al centro degli avvenimenti rappresentati, acquista un ruolo che non può essere paragonabile a quello assunto dal Cantacuzeno. Non si tratta quindi di un unicum culturale e politico (il desiderio di un ex-basileus, divenuto monaco, di impugnare la penna e scrivere le sue memorie), ma delle condizioni sociali e culturali proprie del secolo, che si esprimono nella tendenza a dare alla personalità più volume che nei secoli precedenti (25).

L’obiettivo, circoscrivibile all’apologia, risulta insufficiente nel momento in cui non si analizza il modo con cui Cantacuzeno concepisce la sua propria figura. L’articolazione dell’ opera in quattro libri, che delinea la parabola politica ed esistenziale del personaggio, non ha eguali negli autori precedenti: Nell’Alessiade, Anna Comnena racconta prodezze e successi di suo padre, non nascondendone i difetti (26).

Nelle figure eroiche di Coniate, dotate di una strutture più complessa, le caratteristiche positive e negative dei personaggi si mescolano, sebbene la caduta di Andronico I o la deposizione di Isacco II non vengano presentate come il risultato normale e tragico di un lungo combattimento del bene contro le forze del male.

La storia di Giorgio Akropolite, la cui relazione è condotta fino all’entrata di Michele VIII in Costantinopoli, è esattamente all’opposto dell’idea su cui si fonda l’impianto strutturale dell’opera del Cantacuzeno: essa termina con un grande trionfo finale e non con un fallimento tragico.

Allo stesso modo Giorgio Pachimere non solo priva di tratti tragici l’immagine di Michele VIII, ma parlando di Andronico II l’autore ha cura nel sottolineare l’aspirazione di questo imperatore verso la pace, ed il tentativo di riconciliare i partiti antagonisti.

Cercheremmo invano un modello del “fallimento eroico”, così poco usato nella storiografia bizantina, nell’agiografia: l’eroe del romanzo bizantino è sempre vincitore dei pericoli e delle prove cui è sottoposto, ed è lui stesso convinto del suo trionfo futuro, garantito, sul piano trascendentale, dalla perfetta imitazione ed unione con la divinità.

Perché la disfatta eroica, che diventa elemento nuovo ed originale in Cantacuzeno, diventi tragedia poetica è necessario che le azioni dell’eroe siano dettate da sentimenti puri. Ad esempio, nella rinascimentale tragedia di Shakespeare, benché Otello e Jago siano stati entrambi colpiti dalla morte, non avvertiamo come tragica solo la morte di Otello. La fine di Jago ci appare come la normale conseguenza della sua duplicità. In secondo luogo, l’eroe deve scontrarsi con l’ostacolo di forze umane e cosmiche, in modo che la sua disfatta sia sentita non come fatto ordinario ma come avvenimento grandioso. Cantacuzeno cerca di osservare questi due principi (27).

Egli conosce perfettamente l’assortimento tradizionale delle virtù imperiali che appartengono ai modelli antichi (28). Le enumera: la grandezza d’ animo, la benevolenza, la saggezza e la giustizia (29). Ma l’eroe della Storia non possiede solo queste qualità: è provvisto di caratteristiche che corrispondono all’intenzione dell’autore di creare attorno a se stesso un’atmosfera di purezza e di sincerità.


14 CODICI: Bologna: Bibl. Univ. 2212 (o. 306), s. XV, ff. 1-345’; Istanbul: Bibl. Serr. 28, s. XIV, ff. 1-322; Firenze: Laur. Plut. IX cod. 9, a. 1368, ff. 1-391’; Modena: Bibl. Est. 224-225 (II H 9-10), a. 1555, ff. 1-400; Monaco: Monac. 106, s. XVI, ff. 3-606. Monac. 184, s. XV; Parigi: Paris. Coisl. 144, s. XV, ff. 1-343, in M. E. COLONNA, Gli storici bizantini dal IV al XV secolo, I. Storici profani, Napoli 1956, p. 10.

15 H. HUNGER, Die Hosprachliche, profane literatur der Byzantiner, München 1978, p. 467: Si tratta rispettivamente dell’ arcivescovo di Tessalonica Nilo Kabasila e di un nome fittizio inventato dall’autore. Aggiungiamo che Cristodulo è nome composto, che in greco significa “servo di Cristo”; A. PERTUSI, Storiografia umanistica e mondo bizantino, Palermo 1967, pp. 74-75, 82-83, 104-105.

16 L. MAVROMATIS, Les historiens à Byzance: Jean Cantacuzène, in «Bulletin de l’Association Guillaume Budé 33», Paris 1981, pp. 80-88.

17 A. P. KAZHDAN, L’Histoire de Cantacuzène en tant qu’œuvre littéraire. Mémoires et documents, in «BYZ», L (1980), pp. 279-335.

18 PARISOT, Cantacuzène, homme d’ Etat et historien cit., pp. 4-12.

19 K. KRUMBACHER, Geschichte der byzantinischen Literatur, München 1897, pp. 299. Per la lettera citata: M. CANARD, Une lettre du Sultan Malik Nasir Hassan à Jean Cantacuzène, in «Annales de l’Institut d’ Etudes Orientales de la Facultè des Lettres d’Alger 3», Algeri 1937, pp. 27-52.

20 J. DRASEKE, Zu Johannes Kantacuzenos, in «Byzantinische Zeitschrift» 9 (1900), pp 72-84, in particol. p. 72 (da ora sigl. BZ); G. MONTELATICI, Storia della letteratura bizantina, Milano 1916, p. 227: L’apprezzamento dell’opera è giustificato per l’assenza del “contagio retorico”, per “una forma e uno stile semplice”, “senza artifici ed affettate ricercatezze”.

21 N. IORGA, Medaillons d’ histoire littéraire byzantine, I. Les historiens, in «BYZ», II (1925), p. 292.

22 V. GRECU, La valeur littéraire des œuvres historiques byzantines, in «Byzantinoslavica», XIII (1952-53), pp. 259-262 (da ora sigl. BS); MICHELE PSELLOS, Chronographie ou histoire d’un siècle de Byzance (976-1077), texte établi et traduit par E. Renauld, voll. I-II [Collection Byzantine Budé], Paris (1926-28) (da ora sigl. [CB Budé]); ANNA COMNENA, Alexiade (Règne de l’Empereur Alexis I Comnène 1081-1118), texte établi et traduit par B. Leib, voll I-III [CB Budé], Paris (1937-45) ; NICETA CONIATE, Nicetae Choniatae Historia, ed. I. Bekker [Corpus Scriptorum Historiae Byzantine], Bonn 1835 (da ora sigl. [CSHB]); DOUKAS, Ducae Michaelis Ducae nepotis Historia Byzantina , ed. I. Bekker [CSHB], Bonn 1834 (da ora sigl., DOUKAS).

23 F. DÖLGER, in KAZHDAN, L’Histoire de Cantacuzène cit., p. 282-283 ; COLONNA, Gli storici bizantini dal IV al XV secolo cit., p. 10: “Lo stile è semplice e chiaro, scorrevole, senza soverchio sfoggio di ricerca formale e di erudizione”.

24 HUNGER, Die Hochsprachliche profane Literatur der Byzantiner cit., pp. 472-474.

25 KAZHDAN, L’Histoire de Cantacuzène cit., pp. 284-285.

26 JA. N. LJUBARSKIJ, Mirovozzrenie Anny Komniny [Učenye Zapiski Velikolukskogo pedinstituta 24], Moscou 1964, pp. 159-162.

27 KAZHDAN, L’Histoire de Cantacuzène cit., pp. 286-288.

28 T. TEOTEOI, La conception de Jean VI Cantacuzène cit., pp. 167-185.

29 GIOVANNI CANTACUZENO, Ioannis Cantacuzeni eximperatoris Historiarum Libri IV [CSHB], Libri I-III, a cura di L. Schopen, Bonn (1828-1832), III, p. 19, 15-17 (da ora sigl. CANTACUZENO); Idem, II, p. 267, 10-11: A detta della sposa di Dušan, Elena, Cantacuzeno si distingue per la benevolenza e la generosità; Idem, II, p. 280, 16-18: gli abitanti di Didimoteico gli attribuiscono una benevolenza ed una gloria ancestrale.


Theorèin - Ottobre 2010