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IMAGO DEI “Facciamo l’uomo a Nostra immagine
(Dio nell’atto della creazione dell’uomo) Solo alla luce della Rivelazione l’Uomo comprende chi è lui stesso. Perciò solo al termine della esposizione della Fede possiamo dire chi è l’uomo. Il Catechismo di San Pio X diceva che l’uomo è un essere razionale, composto di anima e di corpo; diceva altresì che l’Uomo è stato creato da Dio per conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita e goderLo poi nell’altra in Paradiso. In queste due frasi c’è l’essenziale dell’antropologia cristiana. Su di essa andiamo a fare solo qualche puntualizzazione. LA NATURA DELL’UOMO L’uomo è l’unico essere della Creazione voluto da Dio per sé stesso; anzi egli è stato fatto sul modello dell’Uomo perfetto, Cristo, al Cui livello sarebbe stato elevato per grazia. Egli è stato fatto ad immagine di Dio: ha infatti un’anima che vuole, ama e capisce in modo analogo a quello divino. Il suo stesso essere è analogo a quello di Dio, perché reale come il Suo, anche se l’essenza umana è limitata e quella divina infinita. L’uomo è poi l’unico che può conoscere il Suo Creatore e onorarLo, ma non è stato creato capace della Grazia. Essa è sempre un dono, perché Qui salvandos salvas gratis, coloro che sono da salvare li salvi liberamente. Conferendogli la Grazia, Dio fece l’uomo a Sua somiglianza, per pura gratuità. Dio infatti quando creò l’uomo, avrebbe potuto limitarsi a dargli uno scopo naturale e una religione naturale. Ma volle che avesse doni preternaturali e sovrannaturali, e naturalmente uno scopo celeste. Avrebbe potuto lasciarlo mortale, ma volle – senza modificare la natura di base in cui l’aveva creato – farlo immortale, esentandolo dalla passione e dalla ignoranza, innestando così sullo stato base umano prerogative non proprie di nessuna natura terrestre, ma atte a migliorarlo, senza modificarlo nella sua essenza. Gli concesse quindi molto di più di qualsiasi natura materiale, e lo fece in modo straordinario perché risaltasse la sua bontà. La perdita dei doni preternaturali, per i quali l’uomo era stato predisposto, fece si che egli si trovasse con dei bisogni insoddisfatti: la natura umana, resa perfetta in Adamo per essere ereditata dai suoi discendenti, fu storpiata ed essi ne ebbero una che, pur essendo mortale, sottoposta alle passioni e ignorante, mantenne l’irrealizzabile anelito alla vita, alla conoscenza e al dominio di sé. Per ciò l’uomo divenne, per sé, un problema esistenziale. La sua stessa natura di base ne fu danneggiata, per cui la sua parte istintiva divenne peggiore di quella degli altri animali e la consapevolezza di questo lo rese infelice. Infine la perdita della Grazia lo consegnò alla rovina eterna, espressa in questo mondo dal bisogno di Dio – rimasto intatto – ma insoddisfacibile perché Dio stesso si era ritirato. Da qui lo strutturale bisogno che l’Uomo ha di Cristo: Egli ridona pace alle passioni, luce alla mente, immortalità, beatitudine. Egli espia l’ancestrale senso delle nostre colpe. Egli ci restituisce al Dio arcano che tutti conserviamo nella nostra memoria. Egli fa sì che l’uomo torni alla somiglianza con Dio, mediante la Grazia che lo fa Suo figlio. Tornando al piano naturale, l’uomo è persona, ad immagine delle Tre Ipostasi Divine, perché si relaziona con Dio e con i suoi simili. In tale ipostasi o sussistenza o persona umana, vi è una sola natura individuale o sostanza, l’umanità appunto, composta di anima e corpo (1). Materia e spirito sono due elementi di un solo composto sostanziale o sinolo, atto a svilupparsi secondo una propria capacità intrinseca o entelechia. Non due sostanze differenti (2), pena la perdita dell’unità del soggetto umano, ma una sostanza complessa. Non un’anima imprigionata in un corpo, né preesistente ad esso o destinata a sopravvivergli in reincarnazioni, ma un’anima che lo inabita e perciò ha bisogno del corpo per vivere in questo mondo materiale (3). L’anima è la forma del corpo perché le funzioni vegetative, sensitive e intellettive sono svolte da lei attraverso la corporeità; essa lo struttura facendo si, ad un tempo, che la materia che lo costituisce sia vivente, animale, umana e individuale; tuttavia l’anima non muore con il corpo perché la sua triplice funzione spirituale - intellettiva, volitiva ed emozionale - è irriducibile a ogni materia, si svolge verso oggetti immateriali e quindi continua dopo la morte fisica (4). L’anima dunque è immortale. La Bibbia, nella sua parte semitica, distingue l’anima come psyke, ossia come soffio vitale o nefesh, che vivifica il corpo (animus), sia umano che animale, dallo pneuma o ruah, che vive di vita propria ed è anche di Dio, di cui anzi è dono (spiritus). Nell’Uomo, il nefesh e il ruah coincidono, per cui sopravvive l’unico principio spirituale. Per questo San Paolo dice che l’uomo è fatto di corpo, anima e spirito, ma nella Tradizione si parla semplicemente di anima e corpo, abbandonando l’anima mortale degli altri viventi non umani nel limbo delle cose non dette. La nostra anima è rigorosamente individuale, non è parte di una sostanza cosmica, come credevano Stoici e Idealisti (5), né tantomeno parte di un intelletto cosmico, come sostenevano gli aristotelici non tomisti (6). Essa non è fatta da una materia spirituale e da una forma spirituale (7), né vi sono tre anime – vegetativa, sensitiva e intellettiva – incastrate l’una nell’altra di cui l’una è forma dell’altra e tutte informano il corpo (8), ma vi è una sola composizione spirituale e una sola realtà soggettiva in cui si articolano tre funzioni. L’anima, unita al corpo, è realmente soggetto personale, è il nostro io, di cui fa parte integrante la coscienza, la consapevolezza di sé, del vero e del buono che Dio ha impresso in ognuno e mediante cui suole parlare a tutti. L’attività dell’anima è consapevole, sebbene nel filtro della mente corporea essa soggiaccia alla legge delle azioni e dei pensieri inconsci e preconsci (9); tuttavia essa rimane sempre sostanzialmente libera nelle sue azioni (10). La parte pulsionale dell’attività psichica scaturisce dalla corporeità e non dall’anima, sebbene essa stessa abbia una matrice che liberamente può generare passioni spirituali – come i vizi capitali – e ad essi abbandonarsi (11). Tuttavia né la presenza di parti inconsce o preconsce nella vita psichica né quella della regione pulsionale nella mente genera reale divisione nel soggetto personale individuale e nell’anima, né annulla la capacità di volizione, danneggiata dal peccato ma restaurata dalla grazia (12). Essa è creata sempre direttamente da Dio al momento della generazione carnale del corpo tramite copula sessuale (13). L’anima è dunque la parte preminente dell’uomo; essa sola per natura deve sopravvivere, sebbene Dio abbia concesso la possibilità della sopravvivenza anche al corpo, sia nell’Eden che nell’attuale economia salvifica, ma solo per grazia. L’uomo è come dicevamo un essere reale, esistente, in modo analogo a quello del Suo Creatore, anche se con limiti, che invece Dio non ha (14). L’anima non è pensiero, ma ha pensiero (15); non è volontà, ma ha volontà (16); è invece, assieme al corpo, la sua stessa natura esistente. Per essa, può sopravvivere al corpo stesso. In quanto a questo, è realmente materiale, anche se non sta alla religione dire cos’è la materia (17). Insieme, corpo e anima sono una sola sostanza e un solo soggetto umano.Per divina disposizione, l’uomo è maschio e femmina, conformemente a tutti gli animali e ai viventi con riproduzione sessuata. Entrambi sono pari, e l’uomo è primo tra due uguali perché datore di forma nella generazione; egli tuttavia non può fare a meno della donna, come questa di lui. Altri generi o specie non esistono nell’umanità. L’uomo è infatti fatto per la donna e viceversa, secondo anatomia, fecondità e mentalità: il resto è abominio, devianza, perversione, sia morale che materiale (18). Dalla prima Coppia discende tutto il Genere Umano, perché esso è uno. La dottrina di una molteplicità di capostipiti intefecondi è contraria alla Bibbia e alla ragione (19). L’uomo è un essere culturale, anzi il solo, che vive progettando il suo modo di vivere: perché alla sua razionalità Dio ha dato la possibilità dell’uso della Sua stessa logica (20), del linguaggio – modellato sul Suo Unico Verbo (21)- e della scienza empirica e teoretica (22), in conformità alla Sapienza divina. Egli può dunque conoscere e dominare la natura, della quale Dio l’ha fatto signore (23); conosce se stesso e tutte le cose, così come sono, perché Dio ha fatto le cose secondo ragione e in modo non ingannevole (24). Deve organizzare una sua società, darsi delle leggi, strutturare la sua vita politica, sulla base delle inclinazioni che Dio gli ha messo nel cuore e nella mente, seguendo la Legge eterna che la ragione gli mostra (25). Può contemplare il bello e riprodurlo, sulla base dell’Eterno Archetipo di Beltà che è Dio stesso (26). Può cercare il senso del suo agire tramite la storia, di cui è attore sotto la regia del suo Dio (27). Può realizzare la sua personalità, soprattutto attraverso l’atto - soprattutto morale - che lo conforma a ciò che Dio ha voluto che egli fosse, che porta a compimento la sua entelechia (28). Infine, può corrispondere alla vocazione soprannaturale che Dio gli ha dato, attraverso la religione, quella vera: la cristiana, di cui sono preparazione tutti i germi di verità che lo Spirito Santo ha sparso nelle altre credenze (29). La consapevolezza della sua dipendenza da Dio rende dunque l’uomo pienamente se stesso. L’UOMO IN CRISTO Il Verbo del Padre si è fatto Uomo per amore dell’uomo. Lo ha redento e, facendosi Uomo, ha reso divino l’uomo stesso. Il tipo più perfetto di questa umanità nuova è la Vergine Maria. I Santi ne sono modelli compiuti. La Redenzione è il fondamento della nuova dignità dell’uomo, che innalza e coonesta quella precedente ad essa, soltanto naturale. La condizione umana, eccelsa all’origine, miseranda dopo la Colpa, in Cristo – sia venturo che venuto – viene restaurata e destinata a un maggior splendore di quello primordiale. Da figlio di Adamo, l’uomo diviene prole adottiva di Dio nel Nuovo Adamo, il Cristo appunto. Egli è innestato sulla progenie di Eva per innestarla a Sua volta in Sé: e’ il Figlio dell’Uomo, Colui Che assume la natura umana e nello stesso tempo la solleva. Tutta la storia è segnata dalla Sua potenza redentrice. Con Lui, l’umanità diviene mediana, tra Dio e il mondo, perché ipostaticamente unita alla Divinità. Noi tutti infatti siamo consostanziali a Cristo nell’umanità. La nostra natura non è più solo segnata dalla miseria di una condizione spregevole. Per l’atroce sacrificio del Calvario, l’uomo diviene membro del Cristo nel Suo mistico Corpo; è inabitato dal Suo Spirito; è realmente Figlio di Dio per adozione; ha la Madre del Verbo come sua stessa reale Madre; è nutrito del Corpo e del Sangue del Suo Signore. La Chiesa diviene sua Madre, in cui è generato alla grazia. La stessa divisione tra individui è superata nell’unità del Cristo Totale, e la solitudine ontologica dell’uomo è abbattuta. Di questa verità trasformante la Chiesa è la messaggera. L’uomo è dunque la via che la Chiesa percorre, per raggiungere Dio stesso: tutto il peso dell’umanità è assunto da essa per evangelizzarlo e salvarlo: in una parola, per servirlo. Il nuovo uomo infatti è tale solo nella Chiesa, che è la Nuova Umanità. Nella Chiesa l’uomo tributa a Dio il vero culto; vive la vera vita nella Grazia; eleva al Signore la vera preghiera a Lui gradita. Nella Chiesa, attraverso l’economia salvifica, l’uomo diviene spirituale: muore alla carnalità intesa come fomite di peccato e nasce allo spirito come germe di immortalità. E’ l’uomo nuovo, che segue i desideri dello spirito, diverso da quello vecchio o carnale o psichico. Questo è crocifisso con Cristo e con Lui è morto; quello risorge con il Redentore. L’uomo può così domare le passioni, con l’aiuto della Grazia; signoreggia il mondo perché Dio stesso lo sostiene, essendo slegato dalla sua logica mortifera, arrivando anche a ottenere la sospensione delle leggi naturali con i miracoli; sconfigge colui che di tale mondo ha la signoria, satana. In poche parole fugge il mondo e lo domina, attraverso una lotta che dura tutta la vita di ognuno e tutta la storia. Infine accede all’eternità, in cui la sua esistenza è completamente trasformata. La vita ultraterrena, con le sue stazioni temporanee o eterne, sono parte integrante e determinante della vita umana. In esse si determina il significato dell’esistenza di ognuno. In Cristo infatti l’uomo è proiettato all’infinito e all’eterno; il fallimento in tale prospettiva non può che essere totale per chi rifiuta la Salvezza che solo da Lui viene e senza la quale tutti gli uomini sarebbero precipitati nell’abisso infernale dopo una breve, stentata e distruttiva esistenza terrena. Agnosce, christiane, dignitatem tuam. Siamo infatti uomini perché predestinati alla salvezza. Essere veramente uomini significa dunque essere cristiani, che lo sappiamo o meno. Per il compimento di questo destino impareggiabile gli è tuttavia indispensabile l’apporto della grazia, in quell’economia sacramentale di cui ci occuperemo. 1. L’uomo perciò non è solo materia, come erroneamente insegnarono Democrito, Epicuro, Hobbes, Helvetius, Feuerbach, Marx e tanti altri; ma non è neanche solo spirito, né da esso promana la materia, come credettero Eriugena, Spinoza, Berkeley, Fichte, Schelling, Hegel, Schopenhauer. 2. Come invece credeva Cartesio. 3. Non vi è reincarnazione. Come dicemmo, le anime non trasmisgrano, perché ciascuna è legata al suo corpo. Diversamente non ci sarebbe differenza tra uomini, bestie e piante, peraltro a dispetto dell’evidenza! Non solo, ma gli uomini stessi non sarebbero che sempre i medesimi, che si reincarnano, e anche la personalità sarebbe apparente. Puniti o premiati per le loro vite precedenti, lo sarebbero senza saperlo. Il loro fine sarebbe una generica indeterminatezza panica, che contraddice il bisogno individuale di felicità di ognuno. Detto fuori metafora, l’indeterminatezza delle filosofie metempsicotiche non regge il confronto con la psicologia cristiana. Le anime sono create da Dio al momento della nascita del singolo: la dottrina agostiniana dei semi spirituali affidati agli angeli in attesa di sviluppo non è stata fatta propria dalla Chiesa. 4. Con questo argomentare Tommaso fece accettare come ortodossa la dottrina dell’anima come forma del composto umano. 5. Evitando così di precipitare nel panteismo, che farebbe di questo mondo limitato una parte di Dio Infinito. 6. Su tale argomento si pronunziò anche il V Concilio Lateranense (1511-1516), condannando la tesi della mortalità dell’anima come mero intelletto passivo. 7. Come sostenevano gli ilemorfisti, in parte ripresi dalla scolastica francescana. 8. Come anche sostenevano gli stessi scolastici francescani. 9. Oltre la morte l’anima non ha più parti inconsce o preconsce. Sono gli occulta cordis già scoperti da Tommaso e che la psicanalisi moderna ha rimesso in auge, spesso attribuendo loro una importanza anche soverchia. 10. Salvo gravi squilibri biochimici del cervello e del sistema nervoso che impediscono all’anima di agire pienamente attraverso di essi e la rendono parzialmente o totalmente assente a se stessa. I vizi di forma del pensare e del volere, pur non essendo di matrice biochimica e quindi avendo dimora nelle regioni dello spirito, sono possibili solo fino a quando l’anima è nel corpo. In casi estremi possono coartare in tutto o in parte la libertà umana. I complessi rapporti tra psicologia teologica e clinica meriterebbero più sforzi per essere esplorati e chiariti. 11. Per questo San Paolo parla della carne come fomite del male e dell’uomo psichico come colui che vive solo per l’esistenza mortale. 12. Le teorie freudiane dell’inesistenza del soggetto psichico sono erronee. Analogamente il predominio della parte pulsionale, specie erotica, nell’uomo è una tesi infondata sia nel campo naturale che soprannaturale. L’uomo però è preda dell’istinto libidinoso, anche a livello inconsapevole, a causa della colpa originale. 13. Dio, fedele alle Sue promesse, senza il Cui consenso nulla accade nell’Universo, anche se formalmente contrario ai Suoi comandi morali, crea e immette le anime anche negli esseri umani generati in vitro ed eventualmente soggetti a modificazioni genetiche. Se la generazione umana fosse possibile per clonazione, anche nel clone Dio immetterebbe l’anima. Il gamete fecondato, l’embrione e il feto sono realmente animati e umani, sebbene essi non siano ancora capaci di permettere all’anima di agire tramite essi. 14. L’essere dell’uomo è limitato ma reale come quello di Dio a Cui è analogo. Il suo essere è fondato in se stesso, per volere di Dio. Egli ha liberamente unito all’essenza di ognuno l’esistenza, con un atto irreformabile. 15. Il pensiero è esso stesso esistente, quindi è inferiore all’essere. L’idea hegeliana dell’uomo come spirito, ossia come soggetto pensante consapevole che si autocostituisce come assoluto, producendo l’oggetto, è eretica, perché attribuisce all’uomo il potere di Dio, e all’essere assegna la subordinazione al pensiero. 16. L’uomo non è prodotto di un Volere cieco di schopenhaueriana memoria, né la Volontà è superiore all’Intelletto e all’Essere. Essa è ed è subordinato ontologicamente al pensiero. Dio è, pensa e vuole. Così l’uomo. Diversamente, il mondo sarebbe irrazionale, e ciò contraddice l’evidenza della sua intellegibilità. 17. Le spetta solo la definizione dello spirito e la precisazione che la materia è ontologicamente diversa da esso. Può in questo senso pronunziarsi sulla definizione di materia data da scienziati e filosofi, in quanto congruente con la sua funzione di interprete delle verità rivelate e di ciò che è loro connesso. 18. Non esistono i gender. Sono una giustificazione delle inclinazioni sessuali perverse dell’uomo, suscitate dal peccato e non dalla natura. E’ immorale l’unione dell’uomo con l’uomo e della donna con la donna, perché non è feconda e non vi è complementarietà tra le identità biopsichiche di due uguali. 19. Così di recente anche Pio XII nella Humani Generis Unitas. 20. Non vi è alterità o contrapposizione tra la logica umana e la divina. La prima è uno specchio fedele anche se parziale della seconda. 21. La capacità dell’uomo di parlare esprimendo così concetti che a loro volta esplicano le essenze delle cose fa si che egli sia un animale metafisico. Come hanno messo in luce Watkins e Wojtyla, ogni linguaggio ha un fondamento metafisico, perché il suo senso riposa sulla realtà oggettiva di ciò che descrive, e quindi su entità metafisiche. 22. Ogni atto conoscitivo è essenzialmente contemplativo, sia teorico sia pratico. Tutto il conoscere è un itinerarium mentis in Deum. L’homo faber compie anch’esso, in quanto artefice, il suo cammino verso Colui Che è Artefice di ogni cosa. 23. L’uomo ha una vocazione ecologica perché è il responsabile del creato. Egli attribuisce il nome ad ogni vivente, perché deve conoscere i segreti della natura; deve lavorare e soggiogare la terra, perché l’universo materiale è a sua disposizione; ma deve anche custodirne l’integrità. Il peccato ricade sulla natura che attende anch’essa la piena redenzione; per ora essa è ostile all’uomo, che ha tradito il Creatore; ma egli può prevalere. 24. La natura creata è essa stessa, come l’uomo, una epifania di Dio. Ma non è Dio. 25. L’uomo è un essere sociale, come altri animali, sin da prima del Peccato d’Origine. Interagisce con i suoi simili e con Dio stesso anche tramite la società. La socialità è tutta nella naturalità, perché naturale è la famiglia, il popolo, la nazione, la corporazione, lo Stato; naturali sono anche i diritti che tali società tutelano: quello alla vita, alla dignità, alla libertà di movimento, pensiero, espressione, religione e di coscienza, alla proprietà, oltre che quelli loro propri. La somma di tali diritti e dei doveri che li limitano costituisce il diritto naturale, scritto da Dio nella ragione umana ed esemplificato nei Dieci Comandamenti, che è il modello del diritto positivo. Le leggi contrarie ad esso, anche se condivise, sono essenzialmente tirannide e intrinsecamente invalide. Non esiste infatti un diritto civile, creato dai cittadini, ma solo un diritto naturale recepito liberamente e consapevolmente dall’uomo. La politica è la capacità di reggere lo Stato sulla base del diritto, perché esso in terra rispecchi l’ordine celeste sulla base di una saggia legislazione, indipendentemente dal modo in cui è governato. Le forme di governo sono infatti invenzione umana; solo la sovranità conta, ed essa è trasmessa da Dio all’uomo, in quanto egli non ha il potere né di governare se stesso né i suoi simili. Il soggetto, individuale o collettivo, che la esercita è il sovrano. Tale trasmissione è legittima se avviene in modo conforme alla legge, umana e divina, o se è riconosciuta tale dall’autorità competente superiore – se esiste – e soprattutto se esercitata secondo il diritto naturale e divino. 26. La teologia estetica è una via per la comprensione di Dio e dell’uomo. La consapevolezza del Bello spinge verso la Bellezza. All’uomo è concesso di fruirne, contemplandone l’Artefice, e di riprodurlo, trasformando la realtà materiale o addirittura producendo a partire dai suoi elementi spirituali. Questo avviene con le arti. Tra di esse, quelle sacre portano nell’alveo del culto gli elementi inanimati e astratti – forme e materie delle pitture, sculture, architetture, musiche e letterature- facendo sì che essi partecipino all’onore del Creatore. 27. La teologia della storia ben illustra come avviene il percorso provvidenziale dell’esistenza collettiva. 28. La morale razionale porta l’uomo a realizzare se stesso, vivendo secondo la coscienza che scopre i valori immutabili. In tal senso, l’esse segue l’agere, perché è ciò che l’uomo fa che lo rende tale. La persona è dunque un atto, un compiersi, un passare da una potenzialità ad una attualità sulla base di essenze valoriali comprensibili alla luce della sua capacità di trascendersi. Questo processo illustra e tutela l’immutabile dignità di ogni uomo, di cui nemmeno il singolo può disporre, e che lo accompagna in ogni situazione, dal concepimento alla morte. Questa antropologia è stata ampiamente esposta nella produzione filosofica di Karol Wojtyla, prima che diventasse papa. 29. Sebbene le religioni non cristiane siano essenzialmente false e le religioni pagane antiche spesso di origine demoniaca, la religiosità naturale – credere in Dio e nell’anima, onorare Dio stesso, praticare il bene in vista del Suo Giudizio – è iscritta nel cuore umano. La teologia della religione illustra come progressivamente anche se non ordinatamente varie fedi comprendono aspetti profondi della vita dello spirito, non senza l’aiuto divino. Theorèin - Ottobre 2010 |