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A cura di: Vito Sibilio
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HASTHENOUNTAS THERAPEUETE
Elementi di teologia dell’Unzione degli Infermi

“Guarite gli infermi!”

(Nostro Signore Gesù Cristo agli Apostoli)

“I Dodici.. partiti…
ungevano di olio
molti infermi
e li guarivano”

(Mc VI, 12)

“Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa
e preghino su di lui dopo averlo unto con olio,
nel Nome del Signore. E la preghiera fatta con fede
salverà il malato: il Signore lo rialzerà
e se ha commesso peccati
gli saranno perdonati”

(San Giacomo il Minore)

“Guarite i malati!”, ordinò Nostro Signore ai Dodici, inviandoli a due a due nei luoghi dove stava per recarsi. Conferì loro a tale scopo molti poteri, sia taumaturgici che sacramentali, dando loro autorità sulla salute e sulla vita stessa dell’anima e del corpo, nonché sui demoni (1).

In questa frase e nella prassi che ne seguì, nel corso della stessa missione apostolica – nella quale i Dodici ungevano di olio gli infermi guarendoli – noi riscontriamo l’istituzione del Sacramento dell’Unzione degli Infermi, detta anche Olio Santo o Estrema Unzione. Esso è quindi istituito, come tutti gli altri segni salvifici, dal Signore. La piena promulgazione della Volontà Divina su questo Sacramento è tuttavia avvenuta nella Lettera di San Giacomo (5,14-15), dove l’Apostolo prescrive quanto aveva ricevuto dal Signore, ossia che i malati chiamino al proprio capezzale i presbiteri per esserne unti con olio per ricevere la salvezza in quel momento estremo, di sicuro nell’anima – mediante il perdono – e poi all’occorrenza nel corpo, se l’Unzione è ricevuta con la dovuta fede e se ciò è conforme al Volere di Dio.

Questo Sacramento è dunque mirabile negli effetti, ma negletto, sia nella vita del singolo cristiano – per soverchie superstizioni che lo associano all’idea della morte, in conseguenza della quale è scaramanticamente evitato – sia nella storia della Chiesa – in cui appare come la Cenerentola dei segni salvifici. In ragione di ciò, andiamo ad esporre i cardini della Fede su questo argomento, sperando di favorire una retta comprensione di esso e una sua più fervente pratica sacramentale.

ELEMENTI DI TEOLOGIA DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI

Come la Confessione, questo Sacramento è di guarigione. Ma esso è legato alla condizione della malattia. Perciò s’impone una serie di considerazioni. Anzitutto, va ricordato che il Signore ha una cura particolare per i malati. Essi vivono una condizione dalla quale nessuno può esimersi e che prima o poi tocca a tutti. E’ la conseguenza del Peccato d’Origine, che ha creato distonia tra l’Uomo, fatto per la vita, e la sua stessa natura, vulnerata dalla colpa; è la conseguenza dei peccati attuali, meritevoli di sanzione anche nel corso dell’esistenza terrena (2) e di correzione (3); è infine il passaggio obbligato dei viventi corporei, soggetti alla corruttibilità e alla fragilità dell’elemento materiale, che prima o poi deve cessare di esistere, ossia deve morire.

I malati sono spesso messi alla prova nella loro vita interiore, abbandonati a se stessi, di fronte ad un destino duro e ineluttabile, a volte tentati e allontanati da Dio in seguito alla sofferenza. Gesù, Che Si è caricato di tutti i nostri peccati e quindi anche delle loro conseguenze, non vuole che il malato e il sofferente si sentano soli: la Sua Passione e Morte, rimuovendo la causa prima del dolore e della morte, ossia il peccato, hanno la potenza terapeutica anche di rimuoverne gli effetti, anche se la piena emancipazione dell’Uomo dalla caducità avverrà nell’altra vita e alla Resurrezione dei Corpi. Il Signore, se da un lato vuole associare i Suoi fedeli alla Sua sofferenza salvifica - dando così al dolore umano una valenza nuova, per la quale colui che soffre è un prescelto da Dio, quanto maggiori sono le sue sofferenze e la sua innocenza, nonché la sua capacità di offrire in conformità al Volere Divino, per la salvezza del mondo - dall’altra non vuole infliggere loro dolori inutili, soverchi o troppo pesanti - amando esercitare la Sua Misericordia, che guarisce anima e corpo - né desidera che essi siano soli nel portare la croce (4). La guarigione fisica, da Lui spesso concessa nel Vangelo e anche oggi in circostanze specifiche, è sempre legata a quella spirituale (5). Anzi, Egli mostra la Sua autorità di legare e sciogliere dal vincolo del peccato proprio sanando malati umanamente incurabili: ciechi, sordi, muti, paralitici, zoppi, lebbrosi e ogni altra sorta di infermi. Ad essi chiede solo come condizione la Fede (6). In virtù di essa, risana il corpo e l’anima.

Questo legame tra sofferenza fisica e spirituale rimane vivo anche nel mandato di guarigione da Cristo concesso agli Apostoli e ai Discepoli, capostipiti della Successione sacerdotale sia dei Vescovi che dei Presbiteri. Ai Suoi più intimi seguaci infatti il Signore conferisce il potere di guarire i malati. I malati a cui fa riferimento il Signore sono coloro che sono duramente colpiti, che sono sulla soglia dell’eternità, che sono in uno stato di permanente dolore: quelli cioè che a causa della loro infermità sono in pericolo di vita, sia fisica che, conseguenzialmente, morale (7). Il termine greco hasthenountes indica proprio coloro che sono indeboliti, abbattutti, prostrati. E il comando therapeuete indica la capacità di guarire non solo il corpo ma anche l’anima, che è lenita e sanata dalle Piaghe del Redentore. Perciò noi senza ombra di dubbio troviamo in Mt 10,8 e in Mc 6,11-13 il racconto dell’istituzione di questo Sacramento da parte di Cristo. Esso, come insegna il Concilio di Trento, è qui in effetti accennato, ma realmente istituito, con una modalità perfezionata, promulgata e raccomandata dall’Apostolo Giacomo, il fratello del Signore (Gc 5, 14-15) (8).

Il Signore ha voluto questo Sacramento perché non solo la malattia è conseguenza del peccato, ma soprattutto perché al suo insorgere, facendo capolino la morte, il cristiano possa più intimamente essere uniformato, unito e conformato a Lui sofferente e morto; in ragione di ciò, nello stretto guado del soffrire, l’Uomo non è lasciato solo, ma è sorretto nella battaglia decisiva. La sua malattia diventa occasione di salute; il suo morire sfocia nella Vita Eterna. Non è un Sacramento iatrico, che supplisce alla medicina, ma è un Sacramento salvifico, che nel momento cruciale dell’esistenza sopperisce all’umana debolezza e conferisce una grazia speciale di guarigione, all’occorrenza anche esteriore, specie se ricevuto con Fede (9). Per questo la Chiesa raccomanda di riceverlo a chiunque, anche solo per ragioni anagrafiche, sia già in predicato di morte. Esso non è indispensabile per la salvezza, ma fortemente consigliato e opportuno. Infatti completa l’equiparazione tra momenti naturali e soprannaturali della vita cristiana. Come la Confessione, anche l’Unzione degli Infermi rappresenta un bagno purificatore nel Sangue di Cristo. In ragione di ciò, il nome Unzione degli Infermi è sicuramente quello più adatto a definirne la natura. La vecchia dizione, Estrema Unzione, rimane tuttavia valida in considerazione del fatto che essa è l’ultima da conferire, non solo e tanto cronologicamente, ma quanto e soprattutto soteriologicamente, perché frutto estremo dell’azione salvifica applicata del Cristo, ultima scaturigine della Sua Misericordia redentrice, Sacramento speculare ed esplicativo nei confronti del Battesimo, essendo questi di entrata nella Grazia in questo mondo e quello di uscita dalla vita terrena, quello di entrata nella vita celeste e questo di uscita dalla morte del peccato, entrambi in modo definitivo, sebbene l’uno imprima il sigillo e l’altro operi solo in chi l’ha ricevuto. In un modo quindi tutto speciale questo Sacramento unisce alla Morte di Cristo, consegnando corpo e anima del fedele alla Sua Sepoltura e conformandolo alla Sua Resurrezione direttamente nell’altra vita, con un effetto che qui, negli ultimi momenti dell’esistenza, ha solo il suo pallido ma efficace inizio. E’ perciò chiamato Sacramento degli Uscenti.

Questo Sacramento ha il suo ministro o nel Vescovo o nel Presbitero, secondo quanto abbiamo detto, leggendo Matteo, Marco e Giacomo. La materia è appunto l’unzione con l’olio, d’oliva o vegetale, mediante imposizione delle mani (10). Essa avviene, conformemente alla credenza biblica nel potere curativo naturale dell’olio stesso, sulla fronte e sulle mani, secondo quanto recentemente precisato dal Magistero della Chiesa (11), una volta sola. Naturalmente la Grazia onnipotente di Cristo conferisce a questo rimedio medico un potere che non potrebbe mai avere da solo. Esso è sancito dalla forma, anch’essa ricondotta alla sua espressione tradizionale centrale: “Per questa Santa Unzione e per la Sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la Grazia dello Spirito Santo e, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella Sua bontà ti sollevi.” (12) In ragione di ciò, tale formula è oggi scandita una volta sola. Questo Sacramento, proprio perché di guarigione, può essere ovviamente ricevuto più volte. Inoltre, dal modo in cui viene impartito, si comprende la ragione per cui è chiamato anche Olio Santo (13). Come tutti i Sacramenti, va ricevuto con le debite disposizioni: pentimento, proposito, pietà, devozione, fede.

LA CELEBRAZIONE LITURGICA DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI

Come tutti i Sacramenti, l’Unzione degli Infermi è un atto comunitario, anche se celebrato fuori dalla chiesa e solo per il malato. E’ opportuno che sia celebrato nella Messa, o almeno preceduto dalla Confessione e seguito dall’Eucarestia. Infatti, dopo l’Olio Santo, se il fedele può riceverla, è bene amministrare la Comunione, in quanto Viatico o Sacramento dell’ultima strada, quella che ogni uomo deve percorrere; questa Comunione è, in verità, la più solenne della vita cristiana, quella che realmente unisce in modo totale alla Morte e alla Resurrezione di Cristo. Tornando al Sacramento dell’Unzione, dopo il Saluto del Celebrante, vi è l’Atto penitenziale e la Liturgia della Parola; segue il Rito sacramentale essenziale, con l’Imposizione delle Mani in silenzio, la Preghiera sul malato o Epiclesi, l’Unzione con l’Olio. Penitenza, Unzione ed Eucarestia sono il trittico dei Sacramenti che preparano alla Patria Eterna.

EFFETTI SOTERIOLOGICI DELL’OLIO SANTO

Meravigliosi sono gli effetti di questo ultimo Sacramento:

  1. Viene conferita la Grazia sacramentale del conforto, della pace e del coraggio nella malattia e nella vecchiaia, nonchè di difesa dalla tentazione estrema;
  2. Vengono rimessi i peccati, qualora non siano stati perdonati in Confessione, alle medesime condizioni richieste da quel Sacramento, se l’infermo non può adirvi;
  3. Viene conformato al Cristo sofferente e morto il fedele così unto, tanto da essere consacrato all’azione di partecipazione alla Redenzione;
  4. Viene messo in circolo, nel Mistico Corpo, tutto il merito acquisito dal morente così conformato a Cristo; il malato riceve poi il vantaggio dell’intercessione della Chiesa a suo vantaggio;
  5. Viene preparato l’ultimo passaggio per il malato, da questo mondo al Padre;
  6. Viene concessa guarigione, salute e vita, se è conforme al Divino Volere e se c’è fede a sufficienza.

L’UNZIONE DEGLI INFERMI NELLA TRADIZIONE

Proprio per confutare l’erronea concezione di una nascita tardiva e non chiara di questo Sacramento, è bene indicare come esso sia stato sempre presente nella Tradizione. Sin dalla Lettera di Giacomo, abbiamo la prova dell’esistenza e della prassi dell’Unzione degli Infermi, sia nella Chiesa Giudaico-Cristiana, cui è indirizzata, sia ovviamente in quella ex gentibus, che pure ricevette la missiva come scrittura ispirata. Molte sono le attestazioni nelle Liturgie dell’Occidente e dell’Oriente. Tuttavia il Sacramento rimase in ombra per diverse ragioni: la prassi diffusa nell’Occidente a praticare la Penitenza sacramentale una volta sola, con suo differimento al punto di morte (V sec.) e la prassi di rimandare lo stesso Battesimo al momento finale (IV sec.). Avendo l’uno e l’altro Sacramento il potere di rimettere le colpe, addirittura in radice il secondo, l’Unzione degli Infermi fu trascurata, ma non dimenticata. Fu papa sant’Innocenzo I (402-417), scrivendo a Decenzio vescovo di Gubbio, a ricordare che i Sacramenti sono Sette e che tra essi si annovera anche l’Unzione degli Infermi (Si instituta ecclesiastica, 416). Il Sacramento è attestato nel VI sec. sia in Gallia che Spagna. San Cesario di Arles (470-543) esorta i malati ad andare in chiesa, comunicarsi, farsi ungere. All’Olio Santo è attribuito anche il potere di guarire ed esorcizzare (14), ed era a tale scopo consegnato ai fedeli. L’antica preghiera per la consacrazione dell’Olio apposito, la “Effondi Signore il Tuo Santo Spirito Paraclito”, fu inserita nella Preghiera Eucaristica ed è attestata sia nel Sacramentario Gregoriano (VII sec.) che nella Traditio Apostolica di sant’Ippolito (III sec.), ed è ancora in uso. Essa attesta ovviamente l’esistenza del Sacramento per cui l’Olio è consacrato.

Tra l’VIII e l’XI sec., l’Unzione fu dapprima inserita tra l’imposizione della penitenza e l’assoluzione pubblica del Sacramento della Confessione, per evitare che essa, in un’epoca in cui ancora non era invalsa quella auricolare, fosse trascurata dai fedeli; serviva altresì a garantire il perdono a chi fosse morto improvvisamente. Nel X sec. fu amministrata addirittura dopo l’assoluzione, divenendo Estrema Unzione. Solo la nascita e il diffondersi della Penitenza privata e la preposizione dell’assoluzione alle pratiche espiative tolse l’Olio Santo dall’angolo in cui era stato confinato.

Col passare dei secoli, nella Tradizione liturgica furono precisate, in vario modo, le parti del corpo dell'infermo che dovevano essere unte con l'Olio santo, e furono aggiunte più formule per accompagnare le unzioni, appunto contenute nei libri rituali delle varie Chiese. Durante il Medioevo, nella Chiesa Romana invalse la consuetudine di ungere gli infermi nelle sedi degli organi di senso, con l'uso di questa formula: «Per questa santa Unzione e per la sua misericordia pietosa, il Signore ti perdoni tutto ciò che hai commesso di male», formula che veniva adattata a ciascuno dei sensi.

La dottrina sull’Unzione fu esposta nel Concilio Fiorentino – a fronte dell’Unione con i Greci- e Tridentino, per arginare la contestazione protestante.

Il Concilio Fiorentino descrisse gli elementi essenziali dell'Unzione degli Infermi, nel Decretum pro Armeniis; il Concilio di Trento ne proclamò la divina istituzione, indicando tutto ciò che intorno alla Sacra Unzione è tramandato dall'Epistola di san Giacomo, per quanto riguarda soprattutto la realtà e l'effetto del Sacramento. Merita una citazione testuale, che possa ravvivare la Fede in questo segno salvifico: «Questa realtà è, infatti, la grazia dello Spirito Santo, la Cui unzione lava i delitti, che siano ancora da espiare, toglie i residui del peccato e reca sollievo e conforto all'anima del malato, suscitando in lui una grande fiducia nella misericordia del Signore, per cui l'infermo, così risollevato, sopporta meglio i fastidi e i travagli della malattia e più facilmente resiste alle tentazioni del demonio che gli insidia il calcagno (Gn 3, 15) e riacquista talvolta la stessa salute del corpo, quando ciò convenga alla salute dell'anima (15)» Il medesimo Concilio proclamò che questa Unzione deve esser fatta agli infermi, e soprattutto a coloro che sembrano essere in fin di vita. Da qui l’uso della denominazione Estrema Unzione. Da ultimo, per quanto riguarda il ministro competente, dichiarò che ne è ministro il presbitero.

Il Concilio Vaticano II integrò la dizione "Estrema Unzione" con quella di "Unzione degli infermi", perché ciò a cui si riferisce non è il Sacramento solo di coloro che si trovano in estremo pericolo di vita (16). «Con la sacra unzione degli infermi e con la preghiera dei presbiteri tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché rechi loro sollievo e li salvi (cf Gc 5, 14-16), anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo (cf Rm 8, 17; Col 7, 24; 2 Tm 2, 11-12; 1 Pt 4, 13), per contribuire così al bene del Popolo di Dio (17).” In ragione di ciò, avvenne la revisione del rito della Sacra Unzione, al fine di adattar meglio alle odierne circostanze quegli aspetti che erano stati soggetti a mutamento, perché non essenziali. Fu la cost. ap. Sacram Unctionem Infirmorum di Paolo VI (1972) a realizzarla e l’Ordo concernente l’Unzione degli Infermi e la loro cura pastorale (1974) la mise in pratica.


1. Conformemente alla concezione di 1 Sam 16,14; Gb 18, 13; Sal 91, 6, per cui la malattia è causata anche dalle potenze infernali, i due poteri possono essere collegati.

2. Es 11,4; Nm 12, 9-13; Sal 38, 3-9; Lc 13, 16; Gv 5, 14; 9, 2; 1 Cor 11, 30; Rm 8, 20.

3. Gv 11, 4; 2 Cor 12, 7.

4. La sofferenza ha un posto unico nella teologia cristiana. Unita a quella di Cristo sullo sfondo epistemologico della soteriologia, è un elemento dell’ascetica, della mistica e anche dell’etica. Oggetto di costante riflessione magisteriale, è al centro di una pastorale particolare, detta appunto degli Infermi, che oggi si è sviluppata in modo autonomo e completo grazie allo sviluppo della medicina. Di recente un’ampia sintesi sul valore salvifico della sofferenza cristiana e tutto il suo significato si è avuta nella Salvifici Doloris del beato Giovanni Paolo II (1984). Essa descrive il vasto mondo della sofferenza umana; ne cerca il significato; lo rintraccia nell’Amore di Cristo, che la vince e la trasforma in azione salvifica. Per cui la sofferenza diventa Vangelo e il Buon Samaritano il tipo del cristiano che aiuta chi soffre. In essa si trova un chiaro riferimento alla Mediazione Materna che Maria, Salute dei Malati, svolge verso i suoi figli. Tale dottrina è antica quanto la Chiesa. La Vergine, come del resto in tutti i Sacramenti, intercede, media e coopera al compimento della Grazia del segno salvifico.

5. Nell’AT Dio è ad un tempo Colui Che infligge la malattia – direttamente o indirettamente- e Che guarisce. Lv 26, 26; Dt 28, 22; 2 Sam 24, 16; 2 Re 19, 35; Gb 2, 7. Nel NT invece la Sua azione è essenzialmente guaritrice, essendo il Figlio venuto a redimere l’uomo e quindi a farsi carico delle conseguenze del Peccato. Mt 1, 21; 17,11; 20, 28; Mc 10, 45; Lc 2, 11.21.30; 15, 1; 19, 10; 21, 28; Gv 1, 17; 3, 17; 4, 12.42; 6, 38; 12, 32.47; 18, 9 ecc.

6. La Fede - espressa dalla preghiera - è condizione di guarigione nell’AT, assieme al digiuno e ai sacrifici: 2 Re 20, 3 ss.; Sal 38, 41; 2 Sam 12, 16 ss.; Nm 25, 8. Anche nel NT è espressa in 2 Cor 12, 8. La preghiera per il malato diviene poi la forma stessa del Sacramento, come vedremo.

7. Sebbene la prassi della Chiesa sia infatti quella di conferire il Sacramento a chi, avendo una grave malattia, è in pericolo di morte fisica, male non sarebbe, a mio avviso, di conferirlo anche a chi, avendo una malattia grave ma non immediatamente mortale, è tuttavia in pericolo di morte spirituale, perché provato e tentato a causa della durezza del suo destino.

8. Non vi è in effetti alcun fondamento nella tesi delle Chiese evangeliche, come dei Vecchi Cattolici e dei Razionalisti moderni, che l’Unzione degli Infermi non sia stato istituito da Cristo o addirittura non sia Sacramento.

9. In ciò trovano compimento le concezioni veterotestamentarie per le quali Dio è il vero e solo guaritore, ma del corpo in vista dell’anima, in uno spirito tipico della Nuova Alleanza. Cfr. Es 15, 26; Os 11, 3; Sal 6, 3; Gb 5, 18.

10.L’olio in quanto tale è materia remota; l’unzione mediante imposizione delle mani è prossima. Di recente, non essendo specificato nella Bibbia che olio adoperare, in ragione del fatto che in alcune regioni della terra l’olio d’oliva è difficile da reperire, è stato concesso di usare altri oli, purchè vegetali. Il Signore preparò all’uso della materia sacramentale guarendo più volte per mezzi materiali simbolici: Lc 10, 34; Gv 5, 3 ecc.

11.Paolo VI (1963-1978) ha riformato l’amministrazione del Sacramento con la Cost. Ap. Sacram Unctionem Infirmorum (1972). Prima si ungevano più parti del corpo, in corrispondenza con le aree motorie e sensitive. Sfrondando il rito delle sue duplicazioni invalse nel Medioevo, il Papa ha prescritto, secondo la Tradizione, la sola unzione della fronte e delle mani. In caso di necessità, sulla sola fronte o in altra parte del corpo che possa essere unta.

12.La formula precedente faceva riferimento ai vari luoghi del corpo che erano via via unti ed era ripetuta.

13.L’Olio adoperato è quello degli Infermi, benedetto dal Vescovo nella Messa Crismale del Giovedì Santo, insieme a quello Crismale e a quello dei Catecumeni.

14.Per il nesso tra presenza infernale e malattia di cui dicevamo.

15.Conc. Tridentino, Sess. XIV, De extr. unct., cap. II:

16.Conc. Vaticano II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 73.

17.Cost. dogm. Lumen Gentium.


Theorèin - Maggio 2011