LA TEOLOGIA CRISTIANA. APPUNTI PER UN CORSO SISTEMATICO

A cura di: Vito Sibilio
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SACRUM ORDO
Elementi di teologia dell’Ordine Sacro

Tutto ciò che legherete sulla terra
sarà legato nei cieli;
tutto ciò che scioglierete sulla terra
sarà sciolto nei cieli.

(Il Signore ai XII Apostoli)

Chi ascolta voi, ascolta Me.
Chi disprezza voi, disprezza Me.
Chi disprezza Me, disprezza Colui Che
Mi ha mandato.

(Il Signore ai LXXII Discepoli)

Per loro Io consacro Me stesso:
perché siano consacrati nella Verità.

(Il Signore nella Preghiera Sacerdotale)

Cercate uomini di buona reputazione…
ai quali affideremo quest’incarico

(Gli Apostoli alla scelta dei VII Diaconi)

I Sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio sono detti “Sacramenti di Servizio alla Comunione”; essi infatti sono ordinati alla salvezza degli altri, mediante la quale colui che li ha ricevuti salva anche se stesso. Sono cioè atti a svolgere una funzione sociale o, meglio ancora, ecclesiale, intesa come generativa. Se il Matrimonio crea la Chiesa Domestica della Famiglia, l’Ordine “crea” la Chiesa in quanto tale perché colui che lo riceve, svolgendo una funzione sacerdotale, edifica il Corpo Mistico, attraverso la celebrazione di tutti gli altri Sacramenti (potere di Ordine propriamente detto), l’insegnamento della verità e la condanna dell’errore (potere di Magistero) e l’imposizione dei doveri necessari al raggiungimento della salvezza eterna (potere di Giurisdizione). Colui che riceve l’Ordine o sacerdote – ossia colui che dona il sacro, particolarmente presbiteri e vescovi - agisce per conto di Cristo stesso, ne è anzi mimesi, metessi e parusia. Il Sacramento dell’Ordine quindi è ecclesiogenetico, non in senso fontale, ma in senso strumentale. Vediamone da vicino le caratteristiche fondamentali.

IL SACERDOZIO LEGALE

Nella Chiesa esistono due tipi di Sacerdozio, il Reale e il Legale. Il primo è conferito tramite il Battesimo e confermato nella Cresima. Non è sacramentale in se stesso ma è l’esplicazione del carattere sacramentale dei due Segni salvifici che lo conferiscono. Come insegna la Lumen Gentium, la Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, tutti i battezzati sono Sacerdoti, Re e Profeti. Sacerdoti, perché consacrano a Dio tramite Cristo, a Cui sono incorporati, ogni realtà profana con cui vengono a contatto, offrendo così il Sacrificio di Lode in ogni luogo e situazione, nella gioia e nel dolore. Re, perché, membra del Cristo Signore dell’Universo, finalizzando tutte le cose alla Gloria di Dio – ossia alla realizzazione in se stessi della Grazia e di sé nella Trinità, sia in questa vita che in quella futura – partecipano della Sua sovranità sul mondo e sono essi stessi dominatori di esso, pur fuggendone dallo spirito perverso. Profeti, perché con la loro vita sono annunciatori e segno vivente del Vangelo. Questo è appunto il Sacerdozio Reale, proprio della nazione eletta, del popolo santo, del Regno dei Sacerdoti che, nel Cristo Totale, regnano e regneranno sulla Terra. Esso non santifica gli altri, se non indirettamente.

Il Sacerdozio Legale è invece quello conferito dal Sacramento dell’Ordine, perché costituito secondo la Nuova Legge; esso prosegue la missione affidata da Cristo agli Apostoli, fino alla fine dei secoli; tale missione è la pienezza dell’azione svolta da Cristo stesso, per cui il Sacerdozio Legale è lo strumento più importante di cui il Redentore si serve per santificarci, fino ad usarne per rendersi presente nel Pane e nel Vino. Tale Sacerdozio esprime la comunione gerarchica che costituisce il Corpo del Cristo, per cui è esso stesso articolato in tre gradi: Episcopato, Presbiterato e Diaconato, di cui sono insigniti rispettivamente i Vescovi, i Presbiteri e i Diaconi (1), i cui nomi significano sorveglianti, anziani e servitori. Dell’aspetto ecclesiologico dei tre Ordini ho già detto parlando della Chiesa nella monografia Christus Totus; qui vediamone quello sacramentale (2).

Anzitutto va detto che il nome del Sacramento, Ordine, Ordo, Taxis, indica l’inserimento in una realtà la cui pienezza è conferita progressivamente e non a tutti nella stessa maniera. I gradi o ordines sono i livelli mediante cui Dio regge il mondo terrestre nella vita spirituale, la prosecuzione in terra dei Cori angelici, il prolungamento mistico e visibile della Signoria universale del Redentore. In tali Ordini si entra appunto mediante una Ordinazione, detta anche Consacrazione, che è conferita a chi è chiamato ed eletto da Cristo, predestinato a tale compito. Per entrarvi, si deve essere cooptati: coloro che già possiedono l’Ordine in pienezza, i Vescovi, insigniti dell’Episcopato, sono i ministri del Sacramento dell’Ordine; devono imporre le mani e pronunziare la preghiera consacratoria, fornendo così la materia e la forma sacramentali. Solo nella Successione apostolica – ossia nella catena ininterrotta di consacrazioni legittimamente compiute a partire dai Dodici Apostoli – si trova la vera fonte del Sacerdozio, risalente a Cristo stesso. Essa si è conservata solo nella Chiesa Cattolica, in quella Ortodossa e nelle Antiche Chiese Orientali (3). Fuori di esse vi è solo sacerdozio reale, e gli stessi cristiani evangelici non considerano l’Ordine un Sacramento ma solo un ministero, un ufficio, una funzione. Addirittura nelle Chiese Evangeliche non luterane si è persa anche la natura gerarchica dei ministeri, ridotti ad uno solo, il presbiterato (4).

Ma Cristo invece volle che il Suo Unico ed Eterno Sacerdozio, tipicamente espresso in quello di Melchisedek, Sacerdote e Re di Salem che offrì Pane e Vino, fosse comunicato sacramentalmente e gradualmente. Volle conferire una reale autorità ai Suoi ministri e costituirli in specifiche potestà, a partire da un vertice sacerdotale (5) , mediante cui Egli comunica i Suoi poteri a tutti coloro che si è scelti, i Chierici, chiamati così perché parte scelta o Clero. Volle preannunziarlo nel Sacerdozio di Aronne e della Tribù di Levi, distinguendo il Sommo Sacerdote dai Sacerdoti e questi dai Leviti; dando loro abiti, usi, costumi, diritti e doveri, istruzioni e funzioni, poteri e incombenze; a questi però non conferì il potere Suo proprio di offrire la Vittima di Espiazione, ossia Lui stesso. Tale potere è quello del Sacerdozio cristiano, della Nuova ed Eterna Alleanza, che ha soppiantato la mosaica – della quale infatti non vi è più il sacerdozio – ma che non sarà mai sostituito da alcun altro ministero.

In ragione di ciò, il Sacerdozio cristiano opera nella Persona di Cristo Capo del Mistico Corpo, non solo ufficialmente e simbolicamente, ma realmente e metafisicamente. Gli atti sacramentali – battesimo, confermazione, transustanziazione, assoluzione, unzione – e liturgici, quelli magisteriali e quelli giurisdizionali sono realmente atti del Redentore, validi ex opere operato Christi, per l’opera compiuta da Cristo stesso, indipendentemente dalla dignità morale del ministro, ammesso che qualcuno possa essere degno di agire in luogo del Signore. In questo senso si comprende come il Sacerdote, specie il Vescovo, sia l’Immagine sacramentale di Dio Padre, perché Questi è reso visibile in Cristo, di Cui il Vescovo è ministro e icona; si comprende che il Sacerdozio è ministero, officium, diakonia, perché servizio di altissima e insostituibile responsabilità; si comprende che tale ruolo, di obiettivo potere, non è finalizzato al dominio ma alla guida; si comprende infine che colui che è Sacerdote deve assolutamente vivere di Cristo e che la sua responsabilità personale è immensa, tremenda, avendo egli la più alta dignità in terra. Essendo il Sacerdote membro eletto del Mistico Corpo, non solo rappresenta Cristo ai nostri occhi materiali e spirituali, ma anche noi stessi, come organismo unitario e complesso, agli occhi di Dio medesimo. A Lui offre infatti la Vittima Santa, Suo Figlio, nello Spirito Santo. Ma a tale proposito basti quanto dicemmo nelle monografie Sacra Liturgia e Mysterium Eucharisticum; e in ordine ai loro effetti quanto esposto nella monografia Christus Redemptor (6)

EPISCOPATO, PRESBITERATO E DIACONATO

Sono i tre Ordini Maggiori, chiamati così perché istituiti da Gesù Cristo e dagli Apostoli. Il Signore scelse i XII Apostoli e i LXXII Discepoli, fondando l’Episcopato e il Presbiterato, anche se la successione e l’onomastica fu inaugurata dagli Apostoli. Gli Apostoli, delegando una parte dei poteri ricevuti in pienezza, istituirono il Diaconato con i primi Sette Diaconi; essendosi la Rivelazione chiusasi con gli Apostoli si può tuttavia affermare l’origine divina di questo terzo Ordine, avendo essi agito per divina mozione. Il modo in cui il Signore ha conferito i Suoi poteri sacerdotali ai primi due Ordini lo abbiamo visto trattando dei vari Sacramenti; in senso tecnico solo questi Ordini sono sacerdotali, perché amministrano in modo esclusivo i Sacramenti; in quanto ai Diaconi, sono collaboratori del Sacerdozio. La disposizione degli Ordini maggiori, dall’alto al basso, costituisce appunto la prima delle Tre Gerarchie degli altrettanti Poteri della Chiesa, quella di Ordine, la fondamentale, cui compete l’Ufficio di Santificare.

L’Episcopato, proprio dei Vescovi, è la pienezza del Sacerdozio. Il Vescovo è il maestro e il pastore, il giudice e il governante, il Pontefice – etimologicamente “colui che getta il ponte” tra Dio e l’uomo (7) - e il Capo (Ordinario) della Comunità a lui affidata (Diocesi), colui che presiede (presule) e che sovrintende (prelato) alla sua Chiesa locale, parte integrante e inscindibile della Chiesa Universale. Ogni Vescovo porta la sollecitudine di tutta la Chiesa, a partire però dal potere che esercita nella sua Chiesa particolare, sebbene oggi sia invalso l’uso dell’abdicazione dei presuli al settantacinquesimo anno. Tuttavia essendo tale disposizione umana e non divina, non inficia il mandato che ogni presule riceve per tutta la Chiesa e che perdura anche quando finisce l’incarico canonico. Questa sollecitudine è tuttavia condivisa pariteticamente con gli altri Vescovi, in quel Sacro Collegio Episcopale che è il naturale proseguimento del Sacro Collegio Apostolico, e si costituisce sotto e insieme al Successore di Pietro, il Vescovo di Roma. L’ingresso nel Collegio avviene sacramentalmente mediante la consacrazione, compiuta da almeno altri tre prelati.

Nella sua Chiesa il Vescovo consacra i presbiteri e i diaconi; amministra tutti i Sacramenti; conferma i fedeli col Sacro Crisma; celebra l’Eucarestia; custodisce e diffonde la pura dottrina; veglia sulla santificazione del Clero, dei Religiosi e dei Laici, approvandone o respingendone le forme di vita cristiana; presiede solennemente al Culto Divino; istruisce le Cause per la Beatificazione e la Canonizzazione dei Servi di Dio; legifera, giudica e interpreta autenticamente i canoni nella sua competenza; assolve e condanna, nella sua sfera, nel foro interno ed esterno; concede secondo il suo potere Indulgenze e autorizza forme cultuali; vigila sulla formazione dei candidati al Sacerdozio; promuove la formazione cristiana del Popolo di Dio; incoraggia le opere di giustizia, carità e pace della Chiesa; permea del Vangelo la cultura, la politica e la vita sociale mediante l’esercizio della sua potestà indiretta nelle realtà temporali, che è di spettanza di tutto l’Episcopato sotto il Pontefice Romano; coltiva le relazioni con le autorità civili; amministra i beni della Chiesa, che sono un solo patrimonio sotto la sua responsabilità, e li custodisce; tutela e conserva i beni culturali ecclesiastici; all’occorrenza impone le tasse ecclesiastiche; opportunamente, ai tempi di oggi, promuove il dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale nella sua Diocesi.

Il Vescovo è eletto e investito (ossia abilitato all’esercizio del potere in un territorio), nella Chiesa Latina, dal Sommo Pontefice, e consacrato su suo mandato (8); nelle Chiese orientali è scelto secondo le loro leggi particolari, ma sempre confermato dal Pontefice Romano. La comunione con lui è infatti indispensabile per entrare a pieno titolo nel Collegio Episcopale, sebbene nessuna ordinazione scismatica renda nulla la trasmissione dei poteri sacerdotali (9).

In seno all’Episcopato si articola la Gerarchia del Potere di Magistero e quella del Potere di Giurisdizione della Chiesa (10).

La Gerarchia di Giurisdizione svolge l’Ufficio di Governare, ossia regge il popolo con il consiglio, la persuasione, l’autorità e la potestà, fondando il Diritto Canonico che regola la vita della Chiesa in vista della salvezza eterna dei suoi membri. Al vertice di questa complessa piramide c’è il Papa, il quale, in quanto Vescovo di Roma, è il Successore di San Pietro, Principe degli Apostoli, e l’erede della sua suprema potestà di “legare e sciogliere (Mt 16, 18-19) (11)”, ossia appunto di governare, conferitagli da Gesù Cristo, perché agisse in Sua vece. Il Papa dunque, in quanto Pontefice Romano (12), è Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo in Terra, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Capo Visibile della Chiesa Cattolica, Pastore Supremo e Universale. Il suo è l’Episcopato Universale, in quanto egli può comandare in Nome di Dio a tutti e a ciascuno, anche se con uno scopo paterno e di servizio alle anime, per cui lo chiamiamo Santo Padre e Servo dei Servi di Dio. Infatti ciò che Egli scioglie in Terra è sciolto in Cielo, e ciò che lega in Terra è legato in Cielo (13). Perciò lo chiamiamo anche Vescovo dei Vescovi. Rappresentante in Terra di Colui Che è la Santità stessa, ci rivolgiamo a lui col titolo di Sua Santità, e di Santo Signore Nostro. Siccome poi il Primato di Pietro, ossia la sua preminenza, è legato alla sua Sede, quella Romana appunto, detta antonomasticamente Santa Sede o Sede Apostolica, la sua Chiesa è essa stessa associata a tale funzione (14). Perciò il Papa si serve, per consuetudine, di una serie di collaboratori, ai quali, per diritto divino, può delegare l’azione in sua vece. Essi sono i membri del Sacro Collegio dei Cardinali (15) e della Curia Romana (16). Il primo è costituito dai Vescovi delle Diocesi vicine a Roma, dai Parroci della Città e dai Diaconi dell’Urbe (17); essi formano una sorta di Senato ecclesiastico, nel quale da secoli siedono, in segno di comunione con la Chiesa Romana, i maggiori prelati del mondo, e nel quale il Papa sceglie i suoi collaboratori più stretti; ad essi spetta, per legge canonica, l’esclusiva elezione del Papa, per ispirazione dello Spirito Santo (18). La seconda è l’insieme dei dicasteri e degli organismi che coadiuvano il Papa nell’esercizio della sua missione; tali uffici sono spesso presieduti e formati dai Cardinali. Dalla Curia Romana dipendono i prelati che agiscono in nome e mandato del Papa: i Nunzi e i Delegati Apostolici, che rappresentano la Santa Sede presso le potenze secolari e le Chiese locali; i Legati Apostolici, che svolgono funzioni specifiche e spesso rispondono al solo Pontefice direttamente (Legati a latere); i Visitatori Apostolici, che svolgono funzioni ispettive (19).

In quanto Successori degli Apostoli, i Vescovi sono essi stessi soggetti di giurisdizione. Anche a loro Gesù Cristo diede il potere di legare e sciogliere, insieme a san Pietro (Mt 18, 18). Perciò essi costituiscono il già menzionato Sacro Collegio Episcopale, il cui Capo è il Papa; esso, sempre con Pietro e sotto di lui, ha la suprema potestà su tutta la Chiesa, quella potestà che il Pontefice Romano ha tutta quanta anche da solo (20). Tale collegialità subentra a quella analoga che contraddistinse il potere degli Apostoli: è perciò di diritto divino. Le modalità di esercizio di tale collegialità spesso esigono una riunione formale, il Concilio o Sinodo. Sull’esempio del Concilio di Gerusalemme (At 15, 4-35), tenuto dagli Apostoli sotto la presidenza di San Pietro, la Chiesa ha strutturato tutte le sue assemblee episcopali. La più importante è il Concilio Ecumenico o Universale, al quale partecipano tutti i prelati del mondo; esso è la più alta assise della Chiesa, ed è legittimo solo se convocato o almeno ratificato dal Sommo Pontefice (21). Quando questi riunisce tutti i presuli delle Chiese direttamente a lui sottoposte si ha invece un Concilio Generale (22). Di recente è stato istituito il Sinodo dei Vescovi allo scopo di aiutare il Papa nel governo della Chiesa con il suo referenziato consiglio (23). Ne fanno parte membri eletti e qualificati dell’Episcopato mondiale. Le sue Sessioni si tengono, ogni quattro anni, in forma generale ordinaria e, ogni qualvolta il Papa voglia, in forma generale straordinaria; inoltre spesso se ne sono convocate assemblee speciali per singole aree geografiche – come quelle continentali, già ripetute più volte.

Come dicevamo, i Vescovi sono i Pastori delle Chiese locali o Diocesi (24); della loro successione apostolica si è detto, come anche della loro giurisdizione ordinaria sui fedeli incardinati nella loro circoscrizione. Quando abdicano per ragioni di età sono detti Emeriti. Sono tutti uguali tra loro; generalmente eletti e investiti dal Papa e consacrati su suo mandato, in Oriente sono chiamati Eparchi e le loro circoscrizioni Eparchie. Tali partizioni amministrative possono essere istituite, divise, modificate, accorpate o soppresse solo dal Papa. Ad essi sono equiparati alcuni gerarchi particolari: i Vicari e i Prefetti Apostolici, che sono gli Ordinari delle Diocesi missionari, anche se spesso non sono consacrati Vescovi; gli Esarchi Apostolici, eletti dal Papa per fedeli spesso di rito orientale, sprovvisti di loro presuli; gli Amministratori Apostolici, nominati dal Pontefice, o Diocesani, eletti dal clero locale, per reggere le Diocesi in attesa di un nuovo Vescovo; i Prelati Personali, che governano i fedeli appartenenti ad una circoscrizione non territoriale, la Prelatura; infine alcuni hanno il titolo onorifico di Arcivescovo. Accanto all’Ordinario, nelle Diocesi più grandi vi sono gli Ausiliari, spesso con diritto di successione, che lo aiutano nel governo, e i Coadiutori, che collaborano solo per la vita liturgica. I Vescovi, secondo la Tradizione degli Apostoli, si costituiscono in organismi collegiali locali, per collaborare. Più Diocesi si riuniscono in una Provincia Ecclesiastica, retta da un Arcivescovo Metropolita, o semplicemente Metropolita nelle Chiese Orientali, che esercita tale autorità di raccordo in nome del Pontefice, dal quale riceve simbolicamente la stola o pallio; i suoi Vescovi sono detti suffraganei, perché danno il suffragio o voto nei Concili provinciali convocati dal Metropolita ai sensi del Diritto Canonico. Più Province formano una Regione ecclesiastica, i cui Vescovi sono stabilmente riuniti in una Conferenza Episcopale Regionale, presieduta in genere dal Metropolita più importante, e che li raccorda per la loro attività. Essa è una specie di Sinodo con meno poteri e più stabilità. L’Arcivescovo più importante di una nazione è chiamato Primate, è spesso Cardinale ed esercita una preminenza più o meno onorifica, sempre in nome del Papa, anche se per diritto consuetudinario, a meno che non gli vengano conferiti poteri particolari. I Vescovi sono riuniti stabilmente nelle Conferenze Episcopali Nazionali – a volte di più nazioni – per coordinarsi; esse hanno un Presidente, un Segretario Generale – nominati dal Papa – un Consiglio di Presidenza formato dai Presidenti delle Regioni Ecclesiastiche e si riuniscono nelle Assemblee periodiche dette plenarie. Tali Conferenze sono raccordate in Unioni continentali molto blande. Senza periodicità si riuniscono Concili Regionali o Nazionali (25). I Patriarchi sono invece i Vescovi delle Diocesi fondate direttamente dagli Apostoli e che, in Oriente, esercitano un primato giuridico sugli altri presuli della loro circoscrizione. Capi del Popolo di Dio sulla loro terra, i Patriarchi orientali presiedono Chiese autonome, con un proprio Rito e una proprio Diritto Canonico, diverso da quelli della Chiesa Latina (26). Eletti dai loro Vescovi, i Patriarchi entrano subito in carica, nonostante debbano entrare in comunione con Roma, a segno della loro apostolicità. Il mandato di governare i propri Vescovi viene però dall’autorità di Pietro. Alcune Chiese Orientali sono rette da Arcivescovi Maggiori (27), anch’essi eletti dai propri Vescovi ma bisognosi della conferma papale. I Patriarchi orientali governano con l’ausilio di un Sinodo Permanente, hanno la loro Curia, nominano all’occorrenza i loro Vicari ed Esarchi. Essi convocano i Concili Generali delle loro Chiese. Anche gli Arcivescovi Maggiori hanno strutture simili. Presso le Chiese Patriarcali non vi sono però Metropoliti. Quelli di diritto orientale sono infatti autonomi: eletti dai loro Concili, sono confermati dal Papa (28).

Il Potere di Magistero insegna la verità e condanna l’errore; perciò è connesso all’Ufficio di insegnare. Esso custodisce il Deposito della Fede. Il Magistero straordinario dichiara, pronunzia e definisce i Dogmi di Fede, ossia le verità rivelate e quindi indiscutibili, ed è infallibile e indefettibile. Il Papa, in quanto munito del potere di “legare e sciogliere” in Terra e Cielo, quando definisce un dogma riguardante la Fede o la morale, è infallibile e indefettibile, per l’azione dello Spirito Santo, per cui le sue decisioni sono irreformabili, indipendentemente dal consenso della Chiesa (29). Tali definizioni sono dette ex Cathedra Petri. Il Pontefice esercita inoltre il magistero ordinario, sia supremo e definitivo, sia transitorio. Il Collegio Episcopale è anch’esso infallibile nell’esercizio del Magistero, sia nel Concilio Ecumenico che in quello Generale, purchè i suoi Dogmi siano ratificati dal Papa (30). Anche il Concilio Ecumenico ovviamente ha un magistero ordinario. Fino ad ora, il Sinodo dei Vescovi, in tutte le sue forme, ha sempre svolto un magistero ordinario, conformemente alla sua natura consultiva, e i suoi insegnamenti sono esposti in documenti pontifici. In genere, tutti i Concili – generali, nazionali, regionali, provinciali, patriarcali – sono soggetti di magistero ordinario, e sulla loro falsariga lo sono anche le Conferenze Episcopali, nazionali e regionali. Infine, ogni Vescovo è il maestro ordinario della sua Diocesi; egli associa a questo suo insegnamento il suo Sinodo diocesano. La parola di ogni presule, quanto più illuminata, edifica ben oltre i confini della sua giurisdizione.

In quanto al Magistero, il grande dono dello Spirito Santo all’Episcopato, esso, come facoltà dell’insegnare, è proprio della Chiesa docente, la quale, in virtù di tale dono, svolge la sua funzione nei confronti di quella discente. La prima è costituita appunto dall’Episcopato, la seconda da tutti gli altri fedeli. All’Episcopato e solo ad esso, i cui membri sono i successori degli Apostoli, perché da qualsiasi vescovo si può risalire, di ordinazione in ordinazione, a uno dei XII, in virtù della successione apostolica, si applica la promessa di Gesù ai suoi discepoli eletti: “Chi ascolta voi, ascolta me (Lc 10, 16)”.

Questo magistero può essere appunto esercitato da tutti i Vescovi nel loro complesso, guidati dal loro capo, il Vescovo di Roma, oppure dal Papa soltanto. Agli Apostoli tutti insieme e al solo Pietro, poi primo Vescovo di Roma, del quale sono successori tutti gli altri Vescovi della città dopo di lui, Cristo disse, rispettivamente: “Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato nei cieli; tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto nei cieli (Mt 18, 18)”; “Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli; tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli (Mt 16,19)”. Nel linguaggio rabbinico, legare e sciogliere indica proprio l’atto di imporre dei doveri agli uomini e di insegnare loro la verità divina, da cui promanano tali doveri. E’ cioè una assicurazione di infallibilità. Naturalmente, non essendo finita la Chiesa, non è finita neanche la validità della promessa (31). Ma tale promessa si articola su due livelli: quella del magistero ordinario e quello del magistero straordinario.

L’ordinario svolge l’ammaestramento dei fedeli continuamente (32). Esso è infallibile solo indirettamente:

  1. quando è universale – ossia del Papa da solo o di lui con tutti i Vescovi (33)– e propone a credere una dottrina di fede come divinamente rivelata (34);
  2. quando propone a credere in modo definitivo una verità di fede o dei costumi(35) (ossia morale), anche se non contenute nella Rivelazione, purchè ad essa connessa (36);
  3. non è invece infallibile (37), quando esplicitamente non vuol porre un atto definitivo di insegnamento (38), e ammaestra in merito ad un approfondimento o ad una esplicitazione della Rivelazione (39), o alla conformità o difformità di una dottrina alla fede cattolica (40);
  4. non è neanche infallibile quando interviene su questioni dibattute in cui sono presenti elementi congetturali o contingenti (41).

Agli insegnamenti formulati nel primo caso, è dovuta la fede teologale, ossia la fede che salva e che si rivolge alla Parola di Dio, così esplicitata e interpretata. A quelli del secondo, bisogna riservare un’accettazione ferma e una conseguente conservazione (42). All’insegnamento del terzo si deve l’ossequio religioso della volontà e dell’intelligenza. A quello del quarto, la volontà di ossequio leale. Il fatto che gli insegnamenti del terzo e quarto tipo siano infatti di per sé fallibili non significa che siano falsi. Significa solo che per il tipo di argomento che trattano non hanno ricevuto dallo Spirito Santo il crisma dell’infallibilità immediata, legata o alla forma o alla materia dell’insegnamento, perché non ne hanno bisogno (43).

Il magistero infallibile e indefettibile propriamente detto è, come dicevo, quello straordinario, che per definizione si adopera per chiudere una grave controversia o per suggellare un processo di comprensione dottrinale (44). Esso implica la definizione di un dogma, ossia la dichiarazione che una data dottrina, debitamente formulata, è contenuta nella Rivelazione e non può essere oggetto di dubbio alcuno (45). Tale magistero può essere esercitato dal Papa o dai Vescovi con lui, generalmente in Concilio Ecumenico (46). Il magistero papale infallibile è detto ex cathedra, perché formulato dalla cattedra di Pietro, lo scranno metaforico dal quale egli insegna.

Il magistero è in un rapporto particolare con la Rivelazione e con la Tradizione. I loro tre contenuti coincidono. Perciò il magistero è, nella sua materia, parte della Tradizione stessa. L’insegnamento dei dottori e dei padri fu infatti in origine insegnamento di vescovi, e quindi magisteriale. C’è dunque un nesso tra Tradizione e magistero a livello di contenuti, e la costanza del magistero fallibile è essa stessa una parte qualificante della Tradizione.

Un tema particolarmente importante è quello del fondamento dell’infallibilità magisteriale. Nella Chiesa Cattolica, per evitare che tale infallibilità sia svuotata di reale contenuto, si parla di un fondamento ex sese, di per sé, per la persona o l’istituzione che ne gode. E’ una concezione teologica che si sostanzia di un elemento giuridico forte: il Papa o il Concilio sono infallibili anche se nessuno crede a quello che essi insegnano. Nella Chiesa Ortodossa si sottolinea la necessità della recezione nella fede delle verità definite, parlando di infallibilità ex consensu Ecclesiae. Ossia è la totalità del popolo fedele che ratifica il magistero realmente illuminato. In effetti, il magistero è al servizio della Chiesa, e non il contrario, ed esiste per essa. Ma come ignorare che nel corso dei secoli ampie porzioni di Chiesa hanno abbracciato altre fedi, creando scismi ed eresie? Cosa è dunque il consenso e chi lo esprime? Le due visioni si possono a mio avviso conciliare se consideriamo il consenso non come punto di arrivo, ma di partenza: una fede universale, ritenuta già in modo almeno implicito, che fonda e motiva il magistero, il quale, sebbene infallibile per sé, mai potrebbe essere dissonante dal sentire dei fedeli, per cui inevitabilmente troverà in essi anche il consenso posteriore alla sua definizione. Una distonia è impossibile, e ogni magistero infallibile rifiutato produce scisma, come ogni consenso negato ad una dottrina mai produrrà un magistero opposto.

Continuando la descrizione della Gerarchia di Ordine, diciamo che i Presbiteri o Preti sono costituiti nel Presbiterato. Sono collaboratori dei Vescovi e da loro ordinati; in tale funzione sono i Successori dei LXXII Discepoli del Signore. Essi compiono le azioni liturgiche più comuni, per potere proprio (celebrare l’Eucarestia e ungere gli Infermi; battezzare, come ogni cristiano; celebrare le Nozze; recitare la Liturgia delle Ore (47)) o per delega del Vescovo (confessare e assolvere, confermare; con lui imporre le mani ai nuovi preti), da cui, nell’ordinazione, ricevono il loro munus sacramentale, come partecipazione meno perfetta ma autentica al Sacerdozio, per cui essi stessi sono Sacerdoti della Nuova Alleanza. Il loro nome, come spiegavo, etimologicamente vuol dire “anziani” e rimanda alla funzione dell’educazione, che spetta a chi ha lo Spirito di Dio. Infatti nella Bibbia la saggezza senile non è legata all’età ma al dono di Grazia. Essi sono strutturalmente e sacramentalmente uniti ai Vescovi, e con ciascuno dei loro presuli costituiscono un Presbiterio che porta la sollecitudine della propria Chiesa locale. In ragione di ciò, ognuno di essi e tutti loro insieme sono ordinati ad un ministero valido per tutta la Chiesa, partecipi a loro modo non completo della missione apostolica autentica. Ciò avviene soprattutto nell’Eucarestia, dove agendo in Persona Christi e proclamando il Suo Sacrificio, uniscono i voti dei fedeli all’immolazione del Capo e ne applicano i meriti in tutti i tempi e luoghi per tutti e ognuno.

Nelle comunità loro affidate rappresentano il Vescovo, a cui promettono obbedienza, amore e sentire comune, e da cui sono eletti e investiti nei loro incarichi.

Se solo i Vescovi esercitano una piena giurisdizione perché possono legiferare e istruire processi canonici, esiste tuttavia anche una Gerarchia sub episcopale di giurisdizione. Anzitutto ogni Vescovo emana dalla sua autorità apostolica alcuni organismi che lo aiutano nel governo: la Curia diocesana, il Collegio dei Consultori – al cui qualificato parere si rivolge per vari responsi – il Capitolo Cattedrale – che riunisce come in un Senato diocesano i sacerdoti che officiano nella Chiesa Cattedrale della Diocesi, i quali sono detti Canonici, perché vivono secondo dei canoni o leggi comuni (48) - il Consiglio Presbiteriale – in cui siedono i rappresentanti eletti dei suoi Preti. Il primo collaboratore del Vescovo è il Vicario Generale, ossia il coordinatore del governo diocesano. Inoltre, ogni Diocesi è divisa in Parrocchie, caratterizzate da Chiese in cui si amministrano tutti i sacramenti, retti da Presbiteri Parroci, che applicano la giurisdizione episcopale ai fedeli laici di cui si occupano (49). Il Parroco agisce su mandato del Vescovo, che gli affida una porzione della Diocesi, e può affiancargli un Vicario Parrocchiale; quando il clero di una Parrocchia, specie se assai antica, è numeroso, viene costituito in un Capitolo Collegiale, retto da un Arciprete. Questi può svolgere anche funzioni ispettive su più Parrocchie o Chiese rurali. Le Chiese in cui non si può battezzare sono sussidiarie delle Parrocchie e sono guidate da Rettori o Vicari. Tutto il clero di una Diocesi si riunisce, senza calendarizzazioni, in Sinodi diocesani, così come i Presbiteri di Gerusalemme si riunirono con gli Apostoli nel Concilio (50).

Il Diaconato è l’Ordine in cui sono innestati i Diaconi, che compiono etimologicamente un “ufficio di servizio”, ossia collaborano con Vescovi e Presbiteri nella santificazione del popolo mediante azioni sussidiarie. Essi sono i Successori dei Sette Diaconi istituiti dagli Apostoli agli inizi della loro missione e devono essere anch’essi ordinati dai Vescovi, senza alcuna partecipazione dei Presbiteri, perché il potere diaconale, sebbene inferiore, emana solo dal Presule. Il Diacono assiste Vescovi e Presbiteri nella celebrazione eucaristica, distribuisce la Comunione, assiste e benedice il Matrimonio, proclama il Vangelo e predica, presiede i funerali e si dedica alla carità. Nella Chiesa Orientale è sempre esistito – e in quella Occidentale è stato ripristinato da Paolo VI – il Diaconato permanente, in cui è ordinato chi non passerà mai agli Ordini superiori (51).

Tutti coloro che ricevono gli Ordini Maggiori hanno un sigillo o carattere indelebile, come nel Battesimo e nella Cresima: motivo di gloria in Cielo e di vergogna agli Inferi, per i salvi e i dannati, li fa Ministri di Cristo (52). Nella Chiesa Latina, tutti costoro fanno voto di castità per ricevere l’ordinazione; nelle Chiese Orientali i Vescovi sono scelti tra i monaci e perciò sono gli unici, in quanto tali, ad essere votati al celibato (53). Il Cristo, Che ha sposato la Chiesa e ha dato la Vita per lei, e Che non ha generato nuovi figli ma ha rigenerato i vecchi figli di Adamo innestandoli in Sé, è il modello della castità sacerdotale, che da un lato rende nullo ogni matrimonio rato dopo l’Ordinazione sacerdotale stessa, e dall’altra dà una forte motivazione ascetica al celibato.

Accanto a questi tre Ordini Maggiori, si collocano gli Ordini Minori, istituiti dalla Chiesa. Essi preparano i chierici a ricevere il Sacerdozio, ma possono essere conferiti anche solo ai laici per permettere la loro collaborazione all’apostolato della Gerarchia; in tale prospettiva sono chiamati Ministeri. Essi sono, dall’alto verso il basso: l’Accolitato, proprio degli Accoliti, i principali collaboratori dei Diaconi (54); il Lettorato, in cui si collocano i Lettori, che possono proclamare la Parola di Dio nell’assemblea liturgica; l’Esorcistato, di cui sono insigniti gli Esorcisti, alla cui preghiera di intercessione è affidato il compito di scacciare l’influsso demoniaco; l’Ostiariato, i cui membri sono gli Ostiari, che hanno il potere di custodire le porte delle Chiesa.

VOCAZIONE E FORMAZIONE

Conformemente a Cristo, Sommo Sacerdote maschio, Immagine Visibile del Dio Invisibile, Figlio del Padre, solo i maschi della razza umana possono essere ordinati sacerdoti nei vari gradi sacramentali. Infatti il Cristo chiamò Apostoli e Discepoli solo tra uomini. L’Uomo Cristo non fu maschio in modo apparente ma reale: Egli portava nella mascolinità l’immagine visibile della Natura di Dio e della Persona del Figlio. Il Figlio è generato dal Padre Che genera come datore di forma; il Figlio conserva attivamente tale forma, che è la Divinità stessa. Ciò è possibile contemplarlo, anche se in modo limitato come in tutte le dimensioni creaturali, solo nella mascolinità umana, attiva nella generazione. Il Sacerdote, che è immagine del Cristo, deve dunque essere solamente maschio. Analogamente, dev’essere maschio, perché Cristo lo fu, in quanto il maschio è il primo tra due uguali, lui stesso e la femmina, sin dalla Creazione di Adamo e Eva. Ciò esprime il primato del Sacerdozio di Cristo, di cui Adamo è figura. Infine, siccome Cristo, Nuovo Adamo, fu maschio, così i Sacerdoti, che sono suoi strumenti nella rigenerazione dell’Umanità, sono maschi anch’essi e mai femmine. Nessuno infatti può chiedere di essere Sacerdote, ma Dio sceglie chi dev’esserlo. E ha in primo luogo scelto i maschi. Le donne ordinate sono prive di qualunque potere, soprannaturalmente incapaci di ricevere il Sacramento dell’Ordine, oltre che spesso consacrate in Chiese prive della Successione apostolica, che nelle donne ordinate in ogni caso cessa di perpetuarsi (55). Vi è dunque una ragione cristologica, soteriologica e antropologica della esclusione delle donne dal Sacerdozio.

Coloro che, tra i maschi, sono sacerdoti non hanno scelto loro il Signore, ma Lui ha scelto loro. Li ha chiamati mediante la cosiddetta vocazione. Egli sceglie chi vuole – spesso tra persone meno fortunate socialmente - e conferisce loro una missione. Gli eletti al Sacerdozio hanno anzitutto delle buone disposizioni, conferite loro dallo Spirito Santo: l’intenzione sincera di cooperare con Cristo alla salvezza delle anime; l’entusiasmo di affrontare con coraggio le lotte e i sacrifici per il bene altrui; l’amore per la preghiera e il servizio di Dio; l’attitudine per gli studi sacri. Colui che sente il desiderio di consacrare la sua vita al servizio della Chiesa deve confidarsi col Confessore o col Parroco o altro Sacerdote, che lo aiuti a vedere meglio nel suo animo. Dovrà pregare molto perché Dio gli mostri la Sua Volontà. Il candidato andrà poi a prepararsi alla grande missione nel Seminario (56), per ricevervi una formazione spirituale e una istruzione adeguata, ma anche per essere valutato nelle sue inclinazioni. Alla fine è il Vescovo a valutare le attitudini del candidato, emettendo un verdetto definitivo. Perché le vocazioni siano numerose, tutti noi dobbiamo pregare, sacrificarci, incoraggiare chi crede di essere chiamato e sostenere materialmente le strutture per la pastorale vocazionale e la formazione sacerdotale. Coloro che hanno percorso i vari Ordini minori, una volta ricevuto il Diaconato, adiscono subito dopo al Presbiterato. Tra i Presbiteri è il Santo Padre, almeno nella Chiesa Latina, ad eleggere i candidati degni, per indole, capacità e virtù, all’Episcopato, per cui tale ordinazione non avviene senza il concorso dello Spirito nella scelta. Quando ci si trova Sacerdoti o Vescovi indegni, allora vuol dire che il ministro sacro non ha saputo corrispondere alle grazie offertegli; Dio può permetterlo per i Suoi disegni. In ogni caso, la Chiesa deve discernere con attenzione i candidati ai Sacri Ordini.

La formazione sacerdotale è perpetua, sia nella cultura che, soprattutto, nella spiritualità. E’ indispensabile che il Sacerdote sia santo. Dice l’Imitazione di Cristo che il Sacerdote dev’essere ornato di ogni virtù e deve offrire agli altri esempi di vita santa. San Paolo ricorda la necessità che il Vescovo sia irreprensibile, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito a vizi, mite e pacifico, benevolo, disinteressato; che non sia un neofita e che abbia una buona reputazione anche presso chi non è credente. Del Diacono dice che dev’essere dignitoso, senza doppiezza, senza vizi e avarizia, con una pura coscienza. Le stesse virtù si esigono per il Presbitero. Il Sacerdote deve vivere nell’umile consapevolezza di essere un altro Cristo: la sua conversazione dev’essere con gli Angeli; la sua consolazione nei Santi, che devono fungergli da modello; la sua fiducia e la sua tenerezza per la Madre del Verbo; la sua paternità modellata su quella del Padre Eterno; la sua anima dev’essere tempio dello Spirito; egli deve vedere, sentire, volere, agire, amare, capire, camminare come e con Cristo, in Lui e per Lui, trovando nel Suo amore il solo e pieno appagamento della vita, la ragione dell’esistenza. Altrimenti non potrà affrontare le prove del suo ministero. La sua celebrazione dev’essere devota e raccolta; la sua parola santa, costante, paziente; la sua carità operosa; la fede ardente; la speranza salda; forte e prudente, temperante e giusto, il Sacerdote dev’essere pieno dei Doni dello Spirito Santo e deve sentire il grande anelito alla salvezza e alla santificazione di tutti, alla realizzazione delle intenzioni di Cristo, alla comunione sacrificale con Lui, alla donazione cosmica, a raggiungere con la preghiera del suffragio il Purgatorio. Come insegnano le Litanie di Cristo, Sacerdote e Vittima, il Sacerdote dev’essere lui per primo unito al Santo Sacrificio che celebra almeno una volta al giorno; consapevole della dignità eterna che ricopre, secondo l’ordine di Melchisedek, deve essere realizzato nella regalità sacerdotale di pace e giustizia, mediante l’offerta del Pane e del Vino; deve andare ad evangelizzare i poveri, bisognosi nel corpo e nell’anima; deve avere presente che celebra il Sacrificio perenne istituito nell’Ultima Cena. Deve sempre considerare che è uniformato al Sacerdote Eterno che sempre intercede per noi e fare altrettanto; che è stato unto dal Padre in Cristo di Spirito Santo e forza; che è stato scelto tra gli uomini e per essi costituito; che è tra i pastori della nostra Confessione. Deve meditare sul fatto che la dignità del Sacerdozio di Cristo è superiore a quella del sacerdozio mosaico; che presiede al Vero Tabernacolo, il Corpo di Cristo; che è dispensatore dei beni futuri; perciò dev’essere santo, innocente e senza macchia, fedele e misericordioso, pieno di zelo per Dio e le anime; deve aspirare alla perfezione eterna, a dare il suo sangue per entrare in Cielo, a percorrere lui per primo innanzi al Popolo la via nuova inaugurata da Cristo; deve ricordare che Cristo lo ha amato e lo ha lavato dai suoi peccati nel Suo Sangue e che di tale Sangue lui è ministro nei Sacramenti, specie del perdono. Deve consegnarsi con Cristo quale oblazione e ostia, per Dio e gli uomini, in modo santo, immacolato, pacifico, con spirito di lode e propiziazione, di riconciliazione e pace, di fiducia e di riparazione, per vivere con Lui per tutti i secoli dei secoli. Si guardi il Sacerdote dall’entrare nel Clero temerariamente, da ogni sacrilegio, dall’incontinenza, dall’avarizia, dalla simonia che cerca doni dalle mani dall’ossequio e dalla lingua, dalla dispensazione indegna delle cose ecclesiastiche, dall’amore del mondo e dalla vanità, dall’indegna celebrazione dei Misteri. Viva il Sacerdote per l’unzione sacerdotale ricevuta dal Padre, per lo spirito sacerdotale donatogli; viva per il ministero che il Cristo ha illustrato in terra per il Padre Suo, per la Sua cruenta immolazione, per il Sacrificio eucaristico, per la divina potestà che esercita in Nome di Lui. Preghi il popolo cristiano perché tutto l’Ordine sacerdotale rimanga nella vera fede, perché Dio ci mandi pastori secondo il Suo Cuore, perché li riempia del Suo Spirito, perché mandi operai nella Sua messe, perché essi siano numerosi, perché siano perseveranti nella Sua Volontà, perché siano mansueti nel ministero, solerti nell’azione, costanti nella preghiera, perché promuovano il Culto eucaristico, perché siano, al termine della vita, accolti in Cielo.

I fedeli poi, in ottemperanza al Precetto generale della Chiesa che impone di sostenerla secondo le leggi e le usanze, offrano al proprio Clero ciò di cui ha bisogno per vivere. I chierici infatti sono dediti solo al culto e non possono lavorare servilmente. La Chiesa, che ha il diritto soprannaturale a finanziarsi, sostiene – o sosteneva- gli uffici, con o senza cura d’anime, dei chierici di ogni ordine e grado costituendo presso ognuno di essi un beneficio o patrimonio, la cui rendita mantiene il titolare. La somma dei benefici – maggiori per l’alto clero, minori per il basso – costituisce il patrimonio ecclesiastico, che è sotto la responsabilità del Vescovo a livello locale e del Papa a livello mondiale. A questa forma di sovvenzione oggi si affiancano o si sono sostituite altre forme nuove di sostentamento.

LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO

Così leggiamo nella Costituzione Apostolica Pontificalis Romani di Paolo VI (1968), che ha ristrutturato il rito di Ordinazione rendendolo più semplice:

“Nell'Ordinazione dei Diaconi la materia è l'imposizione delle mani del Vescovo, che viene fatta in silenzio su ogni singolo ordinando, prima della preghiera di ordinazione; la forma è costituita dalle parole della medesima preghiera di ordinazione, della quale sono essenziali e perciò richieste per la validità, queste parole: Ti supplichiamo, o Signore, effondi in lοrο lo Spirito Santo, che li fortifichi con i sette doni della tua grazia, perché compiano fedelmente l'opera del ministero.

Nell'Ordinazione dei Presbiteri la materia è parimenti l'imposizione delle mani, che viene fatta in silenzio dal Vescovo su ogni singolo ordinando, prima della preghiera di ordinazione; la forma è costituita dalle parole della medesima preghiera di ordinazione, della quale sono essenziali, e perciò richieste per la validità, queste parole: Dona, Padre onnipotente, a questi tuoi figli la dignità del Presbiterato. Rinnova in lοrο l'effusione del tuo Spirito di santità; adempiano fedelmente, o Signore, il ministero del secondo grado sacerdotale da te ricevuto e con il loro esempio guidino tutti a un'integra condotta di vita.

Infine, nell'Ordinazione del Vescovo la materia è l'imposizione delle mani sul capo dell'Εletto, che viene fatta in silenzio dai Vescovi consacranti, o almeno dal consacrante principale, prima della preghiera di ordinazione; la forma è costituita dalle parole della medesima preghiera di ordinazione, della quale sono essenziali, e perciò richieste per la validità, queste parole: Effondi ora sopra questo Eletto la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida: tu lo hai dato al tuo diletto Figlio Gesù Cristo ed egli lo ha trasmesso ai santi Apostoli che nelle diverse parti della terra hanno fondato la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode perenne del tuo nome.”

Questi sono dunque i riti essenziali del Sacramento. Da celebrarsi sempre nella Santa Messa – alla cui celebrazione si associa poi il neo-ordinato – e con concorso di popolo, preferibilmente di domenica e in Cattedrale, l’amministrazione del Sacramento è nelle varie liturgie arricchito da altri riti. In quello latino, sono previsti i Riti di Introduzione: Presentazione ed Elezione dell’ordinando; Omelia del Vescovo; interrogazione dell’ordinando (essi esprimono la gratuità della chiamata divina, la sua sanzione da parte della Chiesa, la consapevolezza dell’ortodossia del candidato); Litanie dei Santi (invocati a tutela dell’ordinando). Esse precedono il Rito Essenziale. Dopo l’Ordinazione, per la consacrazione episcopale sono poi previste l’Unzione col Sacro Crisma (segno dell’effusione dello Spirito), la consegna del Vangelo (con l’obbligo di annunciarlo), dell’Anello (che indica il matrimonio mistico con la Chiesa), della Mitria e del Pastorale (che esprime il compito di pascere il gregge). Per la consacrazione presbiterale, dopo l’Ordinazione abbiamo l’unzione col Crisma – per ragioni analoghe a quella fatta al Vescovo – la consegna della patena e del calice – che indicano l’offerta del Popolo santo che il Presbitero offrirà a Dio. Per la consacrazione diaconale, sempre dopo l’Ordinazione, al Diacono viene consegnato il Vangelo che egli dovrà annunziare.

EFFETTI DEL SACRAMENTO DELL’ORDINE

Gli effetti sono meravigliosi negli Ordinati. Essi sono conformati a Cristo Sacerdote. Il Vescovo riceve una conformità nella fortezza, per guidare, difendere e reggere la Chiesa, nonché per annunciare il Vangelo, per essere modello dei fedeli, per precederli nel cammino del Cielo. Ovviamente, riceve i poteri sacerdotali suoi propri. Il Presbitero riceve la grazia di poter essere irreprensibile, di annunciare il Vangelo, di compiere i doveri del suo ministero con i poteri annessi. Il Diacono riceve la grazia per servire nella Liturgia, nella Parola e nella carità.


1. In tempi recenti, l’Episcopato è stato oggetto del magistero conciliare attraverso il decreto Christus Dominus del Vaticano II (1962-1965); il Presbiterato invece è stato trattato dal Concilio nei decreti Presbyterorum Ordinis e Optatam Totius – sulla formazione sacerdotale. Il beato Giovanni Paolo II ha pubblicato le esortazioni apostoliche post sinodali Pastores Dabo Vobis (1992), sulla formazione dei sacerdoti, dopo l’VIII Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, e Pastores Gregis sul ministero episcopale (2003) a margine della X Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

2. Disponibile on line nell’archivio del sito www.theorein.it e parte integrante del mio e-book Il Dogma Cattolico edito digitalmente su Amazon.com nel 2010.

3. In verità, anche nella Fraternità San Pio X e – almeno agli inizi- nell’Unione di Utrecht.

4. Erroneamente i Riformati, specie calvinisti, sostengono che la tripartizione dell’Ordine non sia biblica. Già dalle Lettere Pastorali di San Paolo si evince la divisione in tre gradi, anche se, fino a quando gli Apostoli furono vivi o almeno lo furono i loro più stretti collaboratori, in ogni Chiesa poterono esistere più Vescovi e più Presbiteri, essendo i primi ancora inferiori agli Apostoli stessi o a chi ne faceva immediatamente le veci. Scomparsa la generazione apostolica, si distinse in modo netto e universale l’insieme dei Presbiteri dal solo Vescovo, al massimo coadiuvato da altri insigniti del suo stesso ordine, ma in chiave subordinata nelle funzioni di governo. Accanto poi agli uni e all’altro, sin dall’età apostolica, esistevano i Diaconi. La testimonianza patristica e liturgica è costante e universale, sia latina che greca, nonché siriaca d’oriente e d’occidente, copta e etiope, armena, caldea, malabarese e malankarese. La contestazione del Sacerdozio sacramentale avvenne tuttavia più volte nella storia della Chiesa. I Montanisti anteponevano la Profezia e il Carisma al Sacerdozio (II-III secc.). Furono condannati a più riprese, in particolare da papa San Zefirino (199-217) e dal Concilio Niceno (325). I Pauliciani negavano la necessità dell’esistenza del Clero (VII sec.), convinti del primato della povertà e quindi ostili ad ogni forma gerarchica. Furono censurati a più riprese dalla Chiesa Greca. Le eresie di matrice pauperista (valdesi, dolciniani, beghine, eretici del Libero Spirito) e manichea (catari) del Basso Medioevo riprendevano le posizioni pauliciane, le une in nome della riforma dei costumi, le altre per disprezzo a tutto quanto materiale. Queste eresie furono condannate dal III (1179) e dal IV (1216) Concilio Lateranense e dal Concilio di Vienne (1311). John Wycliff (1324-1384) e Jan Hus (1372-1415) ripresero le posizioni dei Valdesi e furono condannati dal Concilio di Costanza (1417). Gli errori di Lutero, Calvino, Zuingli e degli altri riformatori furono anatematizzati dal Concilio di Trento (1545-1563).

5. Tale vertice è il Papa, Vescovo di Roma, in cui risiede tutta e indivisa la Auctoritas Sacrata Pontificum, la Sacra Autorità dei Vescovi, e in comunione con lui e in subordinazione alla sua persona in tutto il Sacro Collegio Episcopale. Proprio per questo il Papa conferisce le singole potestates territoriali ai Vescovi, compresa quella di comandare ai propri confratelli, e questi ai loro Presbiteri e Diaconi.

6. Esse sono consultabili nell’archivio del sito www.theorein.it; l’ultima fa parte anche del mio e-book Il Dogma Cattolico.

7. Il Pontefice era, nella religione romana, “colui che faceva il ponte tra terra e cielo”. Entrato nel linguaggio cristiano, il termine indica il Vescovo.

8. Anticamente i Vescovi erano eletti dal popolo; poi furono eletti dal Clero o dal loro Capitolo Cattedrale. Papa Giovanni XXII (1316-1334) iniziò a riservare alla Santa Sede il privilegio di provvedere alla Successione apostolica nelle varie diocesi, in nome dell’Unità della Chiesa.

9. Lo stesso vale anche per le ordinazioni abusive, fatte a dispetto dei canoni o in modo simoniaco, sebbene esse siano illecite e sanzionabili.

10. I brani che seguono in carattere ridotto sono tratti dal mio libro già menzionato Il Dogma Cattolico, dal capitolo Christus Totus sulla Chiesa e da quello sulla Teologia fondamentale Divina Revelatio, edito in Amazon.com.

11. Legare, nel linguaggio rabbinico, è proprio l’esercizio di un governo; sciogliere è l’atto dell’insegnare. Per questo tali espressioni di Gesù nel Vangelo fondano sia il primato di giurisdizione che l’infallibilità del magistero papale.

12. Il Papa è il Pontefice per eccellenza, ma più propriamente è il Pontefice Romano o il Sommo Pontefice, cioè il capo di tutti i Pontefici, che nell’antica Roma era chiamato anche Pontefice Massimo, un titolo anche usato per il Papa.

13. Cfr. Mt 16, 18-19. L’Episcopato Universale è dogma di fede definito dal Concilio Vaticano I (1870). Esso è la Plenitudo Potestatis Ecclesiasticae o Auctoritas Sacrata Pontificum insegnata dalla Chiesa in relazione al Papato dai Padri, dai Dottori e dagli stessi Pontefici, sin dai tempi di san Clemente I (91-101), la cui Lettera ai Corinzi – in cui è enunciata per la prima volta tale dottrina ed esercitata la potestà connessa - potrebbe tuttavia essere ancora più antica. Il processo di centralizzazione amministrativa, non avvenuto nei primi secc. per via delle persecuzioni dell’Impero Romano, iniziato e interrotto per due volte a causa delle invasioni barbariche (IV-V secc.; IX-X secc.), fu riavviato da san Gregorio VII (1074-1085) e mai più interrotto fino appunto al Concilio Vaticano I.

14. Il Papato non è dunque un ordine sacramentale, ma la più alta dignità in seno all’Episcopato stesso.

15. Sono chiamati così perché sono i chierici su cui si appoggia, come cardini, la Chiesa Romana e quella Universale. Le loro riunioni sono dette, come quelle degli antichi dignitari imperiali, Concistori; essi possono essere pubblici, semipubblici e privati; in alcuni casi possono avere poteri deliberanti, ma sempre sotto l’autorità del Papa.

16. Curia significa “insieme di uomini”; era l’amministrazione della Repubblica Romana. Ora il termine indica l’amministrazione ecclesiastica papale, con il significativo aggettivo “romana”. Ha una storia millenaria, ed è stata ristrutturata da Giovanni Paolo II per l’ultima volta.

17. Si articola perciò in tre Ordini, presieduti da altrettanti Decani; il Decano del primo Ordine è il Capo di tutto il Collegio. I suoi membri sono Principi della Chiesa, per analogia ai Principi del Sacro Romano Impero, e vestono di rosso porpora per indicare la fedeltà al Papa sino all’effusione del sangue. Spetta loro il titolo di Eminenza Reverendissima. Per volere del beato Giovanni XXIII (1958-1963) essi sono tutti consacrati Vescovi, anche quando appartengono ad un Ordine inferiore della Chiesa Romana.

18. La riunione elettorale avviene in clausura ed è perciò detta Conclave, ossia “sotto chiave”.

19. Tutti questi prelati sono ordinati Vescovi o equiparati giuridicamente ad essi.

20. Il primato dei Vescovi tutti insieme sulla Chiesa è da sempre professato dalla Chiesa e si fonda sulla Scrittura, nella quale gli Apostoli tutti insieme decidono in modo solenne ciò che riguarda la Chiesa. La dottrina del Collegio è stata formulata dal Concilio Vaticano II in modo certo nella Lumen Gentium, anche se non dogmatico. In ragione di essa, ogni forma di Collegialità nella Chiesa, anche parziale, esiste solo in subordine al Papa, ma è realmente efficace e di origine apostolica.

21. L’Ecumene è tutta la terra abitata. I Concili Ecumenici del primo millennio furono sempre convocati dall’Imperatore Romano e ratificati dal Papa. Quelli del secondo millennio sono stati sempre convocati dal Papa e da lui applicati.

22. Per esempio tutti i Vescovi dell’Occidente Latino.

23. Fu Paolo VI a volerlo dal 1967. Da allora si riunisce periodicamente.

24. Il nome viene dalle antiche partizioni amministrative del Tardo Impero Romano.

25. L’auspicio è che i Concili si riuniscano periodicamente per condannare le eresie, promuovere la missione, disciplinare clero, religiosi e fedeli, reprimere gli abusi liturgici e canonici, progettare la pastorale, programmare opere di carità, evangelizzare la società. Si potrebbero convocare i Sinodi provinciali annualmente, quelli Regionali ogni triennio, quelli Nazionali ogni quinquennio. Le Conferenze Episcopali raccorderebbero l’esecuzione dei canoni, debitamente approvati dal Papa, a livello regionale e nazionale, mentre ogni Vescovo li applicherebbe per le sue Diocesi. Auspichiamo anche che i Primati possano controllare la disciplina dei Metropoliti e costoro quella dei Vescovi suffraganei. Contemporaneamente, andrebbero snellite le strutture delle Conferenze Episcopali.

26. Quando parlavamo della ricca molteplicità della Chiesa, ci riferivamo proprio a questo. Accanto alla Chiesa Latina, che custodisce la tradizione liturgico-canonica dell’Apostolo Pietro nella Sede di Roma, si collocano la Chiesa Copta con la Sede di Alessandria d’Egitto, fondata da san Marco Evangelista; la Chiesa Greca Melchita con le Sedi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, appartenente alla tradizione di Costantinopoli inaugurata dall’Apostolo Andrea; la Chiesa Siriaca, con la Sede di Antiochia, fondata da San Pietro prima di arrivare a Roma; la Chiesa Maronita, rientrante nella stessa tradizione antiochiena; la Chiesa Caldea, con la Sede di Babilonia, della tradizione caldea degli Apostoli Taddeo e Simone.

27. Sono l’Ucraina e la Rumena, di tradizione costantinopolitana, e la Malabarese, di tradizione caldea, ma legata alla memoria dell’Apostolo Tommaso in India.

28. Sono quelli delle Chiese Etiope, di tradizione alessandrina, Rutena, di tradizione costantinopolitana, nonché Malankarese, di tradizione antiochiena. Si auspica che aumentino i poteri dei Patriarchi, replicando in piccolo quelli del Papa, e promuovendo gli Arcivescovi Maggiori al rango patriarcale; i Concili presieduti da entrambi potrebbero ricevere maggior prestigio. Sarebbe proficuo, a mio avviso, istituire una riunione periodica del Papa coi Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori d’Oriente. Per rafforzare le gerarchie orientali, si potrebbero restaurare le metropolie nei Patriarcati. Il Papa ha rinunciato al titolo di Patriarca d’Occidente – per la Chiesa di Roma – pur esercitando i poteri patriarcali nel suo ambito di giurisdizione, essendo la Sede di Pietro l’unica Apostolica d’Occidente per tradizione. Il Papa infatti esercita il suo primato pieno e diretto anche su Chiese Occidentali con rito proprio ma con il Diritto Latino. In Spagna abbiamo la tradizione liturgica mozarabica, a Milano quella ambrosiana (esclusiva) e nel Terzo Mondo molti riti ausiliari legati alla cultura locale. Con la costituzione Anglicanorum coetibus del 2008 Benedetto XVI ha concesso a molti Anglicani di unirsi a Roma conservando le proprie particolarità liturgiche e canoniche, creando una sorta di Chiesa autonoma occidentale.

29. Questo potere, usato solo due volte nella storia della Chiesa, è esso stesso oggetto di dogma, definito dal Concilio Vaticano I nel 1870.

30. L’infallibilità del Concilio Ecumenico di per sé, con il Papa, non è mai stato oggetto di dogma ma è verità attestata dalla Scrittura e dalla Tradizione. Il Concilio Generale solo una volta ha definito un Dogma (649) e i critici lo fanno derivare dal magistero papale più che conciliare.

31. Diversamente, la Chiesa non avrebbe possibilità di risolvere le controversie dottrinali che l’accompagnano sempre, il che vorrebbe dire che Dio l’ha volontariamente lasciata nel caos. Il che è palesemente assurdo, come del resto annotava un grande storico dei rapporti tra Cattolicesimo e Riforma protestante, Joseph Lortz, assai sensibile alle ragioni del mondo evangelico.

32. E’ il magistero comune della Chiesa, sia delle autorità universali – Papato e Collegio Episcopale nel suo complesso – sia di quelle locali – gli Episcopati locali e i Vescovi nelle loro diocesi – che hanno solo questo tipo di magistero.

33. Un Concilio Ecumenico può esercitare il proprio magistero in modo anche solamente ordinario. Così il Vaticano II, che munì i suoi decreti del sigillo dell’insegnamento ordinario supremo.

34. Senza definire un dogma, si può tuttavia dare un insegnamento dogmatico da ritenere per fede. Giovanni Paolo II, nella Lettera sul Sacerdozio maschile, dichiarò che l’esclusione delle donne dai Sacri Ordini è stabilita dalla Rivelazione e pertanto ogni disputa sull’argomento è inutile, mentre la questione in quanto tale è chiusa. Papa Benedetto XII (1334-1342) risolse la controversia sulla visione beatifica delle anime dei giusti prima del Giudizio Universale con una Costituzione apostolica, la Benedictus Deus, senza definire alcun dogma. Papa Pio XII (1939-1958) enunciò la dottrina dogmatica della Regalità della B.V.M. in una enciclica, senza nessuna definizione dogmatica. E di esempi del genere se ne possono fare a bizzeffe.

35. Mai nessuna verità sui costumi è stata definita dal magistero infallibile. La loro sicurezza riposa solo sulla costanza del magistero ordinario e sulla chiarezza della tradizione.

36. Alcuni esempi. Non c’è bisogno della Rivelazione per scoprire l’immortalità dell’anima, ma il V Concilio Lateranense (1512-1516) ne formulò una definizione, per condannare l’aristotelismo circolante all’epoca, che invece la negava. La condanna della fecondazione assistita non è desunta dalla Bibbia o dalla Tradizione – essendo tale tecnica contemporanea – ma è postulata dai principi rivelati relativi alla sessualità e alla vita umana. Stesso dicasi dell’eutanasia in relazione alle moderne tecniche mediche. L’affermazione che l’uomo riceve l’anima nel primo istante del concepimento – affermazione relativamente recente come oggetto di ferma convinzione, vincolante per i credenti – non è contenuta nella Rivelazione, ma postulata dalla conoscenza biologica recente, illuminata dalle dottrine della fede. La dichiarazione Nostra Aetate del Vaticano II sulla libertà di coscienza, che risolve il plurisecolare rapporto tra religione cristiana e coercizione, afferma chiaramente sia il fatto che tale tema non è presente nella Rivelazione, sia che esso è tuttavia definitivamente risolto a favore della libertà individuale. Giovanni Paolo II dichiarò che l’insegnamento suo e di Paolo VI sulla contraccezione non era più materia disputabile tra teologi, fornendo così un altro esempio di questo tipo di magistero. Diverso è il discorso dei rapporti tra fede e cultura. Nelle epoche in cui si è ritenuto che il sapere fosse un tutto unitario e gerarchicamente costituito, l’autorità religiosa – compresa quella cristiana-cattolica- è stata considerata competente anche in campo extrareligioso, in base all’interpretazione che si dava delle nozioni profane presenti nel testo sacro. Tale competenza non è mai stata dichiarata parte della Rivelazione, né si è asserito che le fosse collegata. In base poi alle varie correnti culturali, questa accentuazione dei rapporti tra sapere profano e sacro è stato accentuato o ridotto. Per cui, sebbene Agostino e Tommaso credessero che la Bibbia non dovesse essere presa alla lettera nella cosmologia e nella storia naturale, e i loro contemporanei condividessero, in altri periodi scienziati come Galilei o Copernico furono censurati in nome di una recezione letterale delle concezioni scientifiche del testo biblico. Tali condanne non sono assolutamente vincolanti da un punto di vista dottrinale, anche se hanno esercitato – come le aperture di credito – forti influenze sulla cultura in genere.

37. La non –infallibilità non è necessariamente una fallibilità, perché in ogni insegnamento della Chiesa deve esserci un nocciolo di verità. Concerne piuttosto la riformabilità del paradigma teologico che lo sottende. Una precisa teologia regolava i rapporti tra fedele e Chiesa nell’epoca dell’Inquisizione, che però oggi è stato superato attraverso una serie di integrazioni e precisazioni, spesso in rapporto a riflessioni non connesse alla verità rivelata in quanto tale, e quindi suscettibili di sviluppo storico. Così il rapporto tra Chiesa e Sinagoga, o con le altre fedi in genere, o tra Fede e violenza nelle Crociate, ecc.

38. Come l’importantissima enciclica di Pio XII, Humani Generis, che evitò di fulminare condanne sulle nuove tendenze teologiche dell’epoca, definendole solo opinioni e non errori.

39. Pensiamo al corpo di dottrine denominate Dottrina Sociale della Chiesa.

40. Tutto il magistero di condanna nei confronti delle dottrine sociali, politiche e filosofiche nel corso dei secoli. Esso non è infallibile, non perché siano sbagliate le condanne, ma perché ha un oggetto per sua natura contingente: la verità negata in un modo sempre parziale e suscettibile di modifica. Perciò, se la Chiesa condanna il materialismo storico, non è infallibile, non perché esso sia vero, ma perché tale dottrina è falsa nella misura in cui erroneamente contraddice la verità rivelata. Spesso tale misura di contraddizione si può cogliere solo nel tempo.

41. Le condanne dei Diritti dell’Uomo nell’Ottocento, perché concepiti in chiave laica e antireligiosa – si pensi al Sillabo di Pio IX (1846-1878)– ne sono un esempio.

42. Non fede teologale, perché non sono rivelate da Dio.

43. Il tipo di magistero non si distingue solo da atto ad atto, ma spesso da passo a passo di singoli atti. La ripetizione di una forma magisteriale, di per sé fallibile, in modo costante e unanime nel tempo, è garanzia di infallibilità, non di forma, ma di contenuto.

44. Tutti i dogmi della fede, ad eccezione dell’Immacolata Concezione, dell’Assunzione e dell’Infallibilità Papale, sono stati definiti per chiudere una controversia. Questi tre hanno suggellato delle dottrine sempre più unanimemente condivise.

45. Infallibile è perciò in senso stretto solo la definizione, e non le argomentazioni, anche se esse ne sono il presupposto argomentativo. Cambiate perciò le argomentazioni, la definizione rimane valida.

46. I Papi hanno definito solo due dogmi: l’Immacolata Concezione (Pio IX, 1854) e l’Assunzione (Pio XII, 1954). Tutti gli altri li ha definiti il Concilio Ecumenico. Il dogma della Perpetua Verginità di Maria è stato definito da un Concilio Generale dell’Occidente presieduto dal Papa, Martino I (649-653; 649). Esso è considerato emanazione del magistero papale, ma può a mio avviso essere considerato anche prolungamento del magistero dell’Episcopato sub Petro per la sua ratifica da parte degli episcopati che non vi parteciparono, quindi per un assenso passivo. Storicamente, molte controversie sono state chiuse o segnate da pronunciamenti di Concili non ecumenici, ma recepiti da tutta la Chiesa, perché approvati dal Papa – almeno implicitamente - e quindi partecipi della sua autorità su tutta la Chiesa. Importanti dispute sulla Grazia furono composte da Sinodi generali nell’Alto Medioevo, e furono normativi tali atti, fino a quando non furono rimessi in discussione dai Protestanti e nuovamente promulgati dal Concilio di Trento.

47. Cosa a cui sono tenuti tutti i Chierici.

48. Dotato di grande prestigio, il Capitolo ha quattro dignità, l’Arcidiacono, l’Arciprete, il Penitenziere, il Primicerio, con varie funzioni, amministrative, giudiziarie, liturgiche e sacramentali, oggi in parte decadute. Il Capitolo è retto da un Presidente. I Canonici sono nominati dal Papa per indicazione del Vescovo.

49. Parrocchia e Parroco sono parole greche che indicano la vicinanza alla casa dei fedeli.

50. La disciplina del clero e l’incremento della vita religiosa esigerebbero una convocazione del Sinodo più frequente, almeno due volte l’anno. Analogamente, i poteri degli Arcipreti sui propri canonici o sulla propria giurisdizione, come quelli dei Parroci sui loro chierici, potrebbero essere rafforzati per la tutela della disciplina canonica.

51. Tecnicamente si può passare dal Diaconato all’Episcopato, ma non avviene quasi più. In teoria si può anche conferire direttamente l’Episcopato ad un laico, ma è meglio conferire l’Ordine per gradi.

52. I Sacri ministri possono subire molte censure: interdizioni parziali del loro ufficio; sospensione totale di esso a divinis iudiciis – ossia in attesa del giudizio divino- deposizione dai loro benefici o cariche; degradazione a un ordine inferiore; scomunica; riduzione allo stato laicale – per cui sono considerati come i laici – ma non possono essere spogliati mai della loro dignità sacramentale. Nessuno può farlo, perché solo Dio la concede e in modo irreversibile. Perciò, in casi di estrema necessità, come il pericolo di morte, anche un prete scomunicato può impartire i Sacramenti senza permesso.

53. La regola è attestata dal IV sec. (decretale di San Siricio Papa [384-399]), ribadita da Sergio I (687-701) e con forza dall’XI sec. (Benedetto VIII, 1012-1024; Leone IX, 1049-1054; Vittore II, 1055-1056; Stefano IX, 1056-1058; Niccolò II, 1058-1061; Alessandro II, 1061-1073; Gregorio VII, 1073-1085; Vittore III, 1086-1087; Urbano II, 1088-1099; Pasquale II, 1100-1118) e reimposta nei vari momenti di riforma della Chiesa (Concili Lateranense I [1123], II [1139], IV [1216], di Vienne [1311], di Costanza [1415-1417], Lateranense V [1511-1516], Tridentino [1545-1563], Vaticano II [1962-1965]). Paolo VI con l’enc. Sacerdotalis Caelibatus ha ribadito la necessità del celibato sacerdotale (1967). Nell’età apostolica anche i Vescovi erano sposati. Sebbene non sia da addebitare solo al celibato la crisi vocazionale, non sarebbe forse errato praticare la facoltatività del voto di castità in aree geografiche dove il Sacerdozio è culturalmente e precristianamente ancora unito all’idea del Matrimonio; addirittura, sospendendolo in alcune zone o per qualche tempo, si potrebbe vedere se le vocazioni aumentano. Un Presbiterato permanente per il clero uxorato eliminerebbe il rischio di Vescovi ammogliati. Mai sarà possibile abolire, commutandolo, il voto di castità già pronunziato. E in ogni caso mai è stato possibile contrarre matrimonio dopo l’Ordinazione. E’ poi errata la convinzione che attribuisce al voto di castità – salvo casi specifici patologici – la causa delle devianze sessuali spesso riscontrate nel Clero anche di recente: le statistiche lo smentiscono, trovando in altre categorie sociali, anche uxorate, le stesse devianze. In ogni caso, nessuno può adire ai Sacri Ordini se portatore di tendenze sessuali distorte, anche se non seguite. In tempi recenti questa vigilanza si è allentata, con gravi conseguenze, a cui sta ovviando la legislazione riformatrice di papa Benedetto XVI (lett. ap. motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela [2001] e le annesse Normae de gravioribus delictis di competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede; Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda [2010]; Lettera Circolare alle Conferenze Episcopali della Congregazione della Dottrina della Fede[2011] e numerosi altri discorsi, omelie, allocuzioni papali e documenti curiali ed episcopali), nonché discorsi del beato Giovanni Paolo II nel 2002.

54. Un tempo esisteva il grado intermedio del Suddiaconato, proprio dei Suddiaconi, i primi collaboratori dei Diaconi, il cui stadio introduceva al Sacerdozio ordinato fondato da Cristo. Gli Accoliti erano i collaboratori dei Suddiaconi, ma il papa Paolo VI abolì l’Ordine, per marcare la differenza tra i Ministeri e gli Ordini. Forse potrebbe essere restaurato.

55. La lettera apostolica Ordinatio Sacerdotalis del 1994 di papa Giovanni Paolo II ha solennemente ribadito l’inammissibilità delle donne al sacerdozio, insegnata solennemente da sempre dal Magistero, sulla base della Bibbia e della Tradizione, come anche è ritenuto dalle Chiese Orientali e fu ritenuto da quelle Evangeliche, che solo in questo secolo e in minima parte hanno apostatato questo insegnamento del Cristo. Tale errore è scaturito dall’erronea lettura dei rapporti uomo-donna, considerata nella dialettica servo-padrone filtrata dalla nozione di lotta di classe, alla luce dello spirito sessantottino, e non dalla considerazione biblica di tale rapporto, di complementarietà e ausilio, non di contrapposizione.

56. Istituito dal Concilio di Trento, il Seminario è il luogo di formazione ordinario del Clero, specie per le vocazioni giovanili. Il Seminario minore è quello di ogni Diocesi; il Maggiore è delle Regioni ecclesiastiche. La formazione accademica continua nelle Facoltà Teologiche, negli Atenei, nelle Università e negli Istituti di studi ecclesiastici. Tra essi, i più prestigiosi sono quelli di diritto pontificio, spesso con annessi dei Collegi, magari distinti per nazionalità degli ospiti. Urge una riforma della disciplina dei Seminari. Papa Benedetto


Theorèin - Giugno 2011