LA TEOLOGIA CRISTIANA. APPUNTI PER UN CORSO SISTEMATICO

A cura di: Vito Sibilio
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NON MOECHABERIS
Appunti di teologia morale del VI Comandamento

“Non moechaberis”

“Ou moikhèuseis”

(Il Signore Dio a Mosè)

“Avete inteso che fu detto agli antichi:
Non commettere adulterio.
Ma Io vi dico: chiunque guarda una donna
per desiderarla
ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.”

(Nostro Signore Gesù Cristo)

Il VI Comandamento prescrive di non commettere adulterio, ma è ampiamente integrato dalle norme di purità morale del Levitico; per questa regolamentazione della sfera sessuale, il cui cardine è appunto la proibizione del tradimento coniugale, esso è entrato nella catechesi della Chiesa nella formulazione classica che recita: “Non commettere atti impuri”.

E' un Comandamento molto impopolare oggi, a causa del libertinaggio imperante, ma non più difficile da praticare degli altri. Esso è il presupposto della grande beatitudine che glorifica i puri di cuore.

CIO' CHE PRESCRIVE IL SESTO COMANDAMENTO

Per comprendere il senso etico del VI Comandamento bisogna partire dal fatto che Dio ha creato l'uomo maschio e femmina (Gv 1, 27) e che in questa pluralità di genere nell'unità della specie non solo vi ha messo un riflesso della Molteplicità che Egli ha nella Sua stessa Natura, ma ha anche impresso il sigillo della fecondità, per cui essi sono interfecondi e destinati a realizzarsi nella complementarietà fisica che porta alla generazione e alla continuità della specie. Da qui il comando di popolare la terra (Gn 1,28).

La prima conseguenza è la censura dottrinale e morale della teoria dei gender. Infatti il sesso è una identità biopsichica, in cui al corpo corrisponde la mente; invece la teoria dei gender implica l'esistenza, accanto ai sessi, di cinque orientamenti sessuali fondamentali (eterosessuale, omosessuale maschile, omosessuale femminile, bisessuale, orientamenti misti), partendo dal presupposto erroneo che l'identità di genere si costruisca culturalmente e in modo non necessariamente collegato al sesso biologico (1).

La sessualità determina la personalità umana nel suo complesso, in particolare nella vita affettiva e nella funzione procreativa, nonché nell'attitudine a relazionarsi con gli altri. Ogni uomo e ogni donna dunque, per essere felici con se stessi, non hanno altra possibilità che di accettare la propria identità sessuale. Differenze e complementarietà fisiche, morali, psichiche, spirituali tra maschio e femmina sono la prova che solo i due sessi sono nati per completarsi nella diversità. Ovviamente sia il maschio che la femmina sono fatti, in quanto uomo, ad immagine di Dio. La loro unione è una imitazione parziale della fecondità divina. Essa non è solo una copula biologica né un contratto né una commistione affettiva o una stimolazione della volizione: è una carne nuova (Gn 2, 24), ossia biblicamente una persona nuova, che sussiste proprio per la relazione che lega i suoi due membri. Ciò sia umanamente, perché appunto l'uomo è di entrambi i generi e quindi ogni coppia è un uomo completo, sia soprannaturalmente, perché la Grazia unisce metafisicamente coloro che contraggono il patto nuziale. Il Peccato ha corrotto la natura e reso provvisoriamente accettabile che il matrimonio fosse solubile, ma Dio non ha mai negato la Grazia matrimoniale a chi ha vissuto almeno in parte l'indissolubilità e l'unità sponsale, fino a restaurarla pienamente nelle Sacre Nozze di Maria e Giuseppe e a ripromulgarla definitivamente per mezzo di Cristo, Che rende possibile il ritorno alla perfezione originaria del matrimonio, mediante la Sua azione salvifica. Egli, unendo in sé tutti gli uomini, ha rotto la solitudine creaturale degli individui e ha reso ogni anima sposa del Cristo, per cui l'identità di genere ha assunto una connotazione soprannaturale, il cui sigillo è la castità, virtù universale perché tutti, sia pure in modo diverso, sono tenuti a praticarla. Infatti per l'uomo, creato maschio e femmina, solo la castità è la via che realizza la perfetta integrazione della sessualità nella persona, la piena e conseguente unità interiore, la conciliazione del corpo e dell'anima nel primato della seconda. La prima istanza della castità è che la sessualità diviene pienamente umana solo se integrata nella relazione interpersonale, espressa come dono irreversibile dell'uomo e della donna l'uno all'altra. Essa perciò esclude ogni relazione sessuale al di fuori del vincolo sacrale del Matrimonio cristiano e, umanamente, al di fuori di un contratto nuziale legittimamente stipulato. La castità conserva integre le forze vitali e di amore della persona che la pratica; esige l'acquisizione del dominio di sé, perché o l'uomo domina le proprie passioni o ne sarà asservito; implica che il battezzato usi i mezzi spirituali necessari per rodarsi e consolidarsi in essa (conoscenza di sé, pratica di ascesi adatta alla propria situazione di vita, obbedienza alla Legge divina, esercizio delle virtù morali cardinali e particolarmente della temperanza, preghiera, assiduità coi Sacramenti). Ovviamente il dominio di sé è opera che, per essere raggiunta, esige un continuo lavoro che miri a risultati anche su lungo tempo; esso non sarà mai acquisito definitivamente, esige più sforzi in alcune fasi della vita umana – come l'adolescenza – e deve continuamente ricominciare, perché quotidianamente l'uomo virtuoso sceglie il bene in ogni situazione, crescendo progressivamente verso la virtù e, se cade, ricominciando senza esitazione. La castità esige anche il supporto sociale ed è legata ad uno sforzo culturale, per cui la società stessa ha il dovere di rispettare l'attitudine dell'uomo, come specie e come singolo, alla purità sessuale, attraverso soprattutto una retta educazione, una vera informazione, una sana forma di intrattenimento. Ovviamente, nel mondo contemporaneo avviene tutto il contrario, soprattutto per inerzia dei cristiani. Tuttavia anche oggi, con più sforzo e maggior merito, si può essere casti, perché la castità non è solo una virtù umana ma anche e soprattutto una grazia di Dio, un frutto dello Spirito Santo (Gal 5,22). Il suo scopo è la carità: l'uomo padrone di sé si può donare non solo nell'amore sponsale ma anche in quello dell'amicizia; l'integrità del corpo è segno dell'immortalità futura. Tutti i cristiani sono chiamati alla castità, anche se in forme diverse. I religiosi sono tenuti per voto ad una castità totale dei pensieri e delle azioni; i chierici al celibato consacrato; i laici non sposati alla continenza, come i vedovi e le vedove che non si risposino; gli sposi all'astinenza periodica e ad una giusta ed equilibrata moderazione, compatibile con le legittime esigenze della loro vita affettiva. I fidanzati sono tenuti a riservare ai tempi delle nozze le forme della sessualità genitale e copulativa, mentre hanno facoltà di esprimere la loro tenerezza con le forme proprie della sua manifestazione umana (2).

Ovviamente svariate sono le colpe che possono essere compiute contro la castità. Esse in genere si esprimono nel vizio capitale della lussuria, ossia nel desiderio disordinato e nella fruizione sregolata del piacere venereo, e negli atti ad essa collegati. Qualunque atto sessuale, se non ha in sé la finalità dell'unione (perché fuori delle nozze) e della procreazione (come la copula sodomitica o quella orale), è quindi peccato mortale (3). La masturbazione, ossia l'eccitazione volontaria degli organi sessuali al fine di ottenere un piacere venereo, non solo non è utile per la salute come erroneamente insegna certa scienza -confondendo il bisogno con il bene- ma è peccato grave, anche se nella sua valutazione vanno considerate l'immaturità affettiva, la forza delle abitudini contratte, lo stato di angoscia e altri fattori psichici e sociali che possono finanche azzerare la responsabilità individuale. La fornicazione è l'unione carnale tra un uomo e una donna liberi fuori del matrimonio. Siccome non realizza né il bene dell'unione sponsale né, presumibilmente, quello della generazione e all'educazione della prole – che se nasce è involontaria – essa è gravemente peccaminosa; se vi è corruzione dei giovani è scandalo; se vi è seduzione di vergini il Levitico prescrive il matrimonio riparatore; se avviene tra persone innamorate o fidanzate è sicuramente meno grave di quando accada tra persone senza alcun legame affettivo, in circostanze casuali, per mero diletto. La pornografia è, etimologicamente, la rappresentazione degli atti sessuali e dell'intimità di coloro che li compiono per esibirli a terzi. Il suffisso porno, da porneia che indica la prostituzione, lascia intendere ciò che oggi è drammaticamente diffuso: il guadagno che chi si presta a tale attività ricava. Vi sono varie soglie di gravità della pornografia, che però è sempre colpa mortale. La sua mescolanza alla violenza reale, spinta fino all'omicidio, la rappresentazione di varie degradanti oscenità e perversioni, l'abuso su minori e addirittura sui bambini rende questo peccato particolarmente disgustoso. In genere la pornografia, oggi particolarmente diffusa mercè i mezzi di comunicazione di massa, è profondamente lesiva della dignità umana di chi la rappresenta, di chi la diffonde e di chi ne fruisce, perché li rende simili alle bestie e li riduce al rango di squallidi strumenti di sordido piacere; peraltro essa dà della sessualità umana una rappresentazione irripetibile nella realtà quotidiana, per cui contribuisce a snaturare la prassi sessuale dei suoi fruitori, creando dipendenza, stimolando perversioni, rendendo difficile se non impossibile la normale vita erotica e sentimentale. La pornografia, come del resto la grave violenza, dovrebbe essere proibita per legge nei mezzi di comunicazione, invece che presentata come una forma artistica, come uno strumento di emancipazione sessuale e come una manifestazione della libertà umana, perché è l'esatto contrario di queste tre cose, quale trionfo del disgustoso, mezzo di schiavitù sensuale e strumento per soggiogare la libertà dell'individuo. L'erotismo, nei mezzi di comunicazione di massa, nella divulgazione di contenuti lascivi o inutilmente provocanti, è anch'esso un peccato grave, perché spinge quanto meno al peccato di pensiero, se non quando conduce all'autoerotismo o ad altre cattive azioni. Tuttavia nel privato della coppia un erotismo sano e naturale mantiene viva la giusta intimità e l'attrazione sessuale che sono un basamento della felicità di coppia. La prostituzione è la compravendita di piacere sessuale, generalmente in ordine alle copule. Peccato grave anch'esso, degrada chi si prostituisce al rango di oggetto di piacere; chi ne fruisce sfrutta l'altra persona senza nessun rispetto alla sua intimità, anche se la prostituzione è volontaria, perché nessuno può disporre del proprio corpo contro la morale, che a sua volta ci insegna che il sesso è sempre legato al sentimento ed entrambi sono destinati al matrimonio. Molte persone si prostituiscono per necessità e vanno compatiti, altri sono costretti a farlo da terzi: in questi casi la responsabilità può essere attenuata. Lo sfruttamento della prostituzione è ovviamente l'aspetto più disgustoso di questo peccato, perché asserve altre persone per scopi venali, spesso con mezzi abietti e malvagi, tra violenze di ogni genere: i lenoni e i prosseneti sono come delle bestie. Oggi purtroppo questa forma di sfruttamento è enormemente diffusa e ha dimensioni planetarie. Sono necessarie misure severe per arginare questo schiavismo sessuale. Altrettanto orribile è il turismo sessuale compiuto dalla gente viziosa dei Paesi ricchi in quelli poveri. Raccapricciante è la disponibilità delle famiglie a far prostituire i figli e le figlie, specie se piccoli: la miseria è una condizione che non sempre attenua questa grave colpa. In ogni caso bisogna impedire questo turismo, punire chi compie queste azioni schifose e aiutare coloro che per indigenza sono spinti a vendere i propri figli. Sottrarre una prostituta alla sua misera vita è un grande merito. Prostituirsi volontariamente con piacere è invece una perversione morale e psichica (4). Lo stupro è l'entrata per effrazione, con violenza, nell'intimità sessuale di una persona. E' un peccato molto grave, spesso aggravato dalla serialità, dalla consanguineità, dalla familiarità, dal fatto di essere perpetrato su inermi e minori, se non bambini. Contrario alla giustizia e alla carità, lede l'integrità psicofisica della persona e la segna per la vita. L'omosessualità è il peccato di chi compie atti sessuali con persone dello stesso sesso. Sempre gravi, anche se in modo progressivo fino alla copula o al suo surrogato, questi atti sono contro natura perché realizzano l'unione fisica tra chi non ha la complementarietà biologica necessaria né all'unione stessa né tantomeno alla procreazione. Si tratta del peccato impuro contro natura per eccellenza, essendo l'uomo fatto per la donna e viceversa, anche se non è il solo né necessariamente il più grave. La genesi dell'omosessualità, oggi oggetto di accanito dibattito, non inficia, qualunque essa sia, la valutazione morale dell'atto stesso: culturale, psicologica, morale, genetica che sia la sua matrice, esso è proibito e, a meno che non vi sia una coazione invincibile di tipo patologico, non deve essere compiuto; l'omosessuale quindi è chiamato alla castità. Può essere un sacrificio grande, ma è senz'altro meritevole, specie per chi è nato con questa inclinazione, la quale di per sé non è cattiva come non lo è nessun istinto che non venga assecondato, anche se potrebbe spingere ad azioni malvagie. La persona omosessuale va dunque trattata col rispetto e la delicatezza che toccano a tutti gli uomini. La loro condizione non è foriera né di particolari diritti, né di particolari tutele, ma nemmeno implica ingiuste discriminazioni o legittima forme di scherno, dileggio, violenza e disprezzo scaturenti da una esaltazione della virilità impudica che non è assolutamente più cristiana dell'omosessualità stessa (5). La cattiva impostazione del problema morale dell'omosessualità, trasformato in questione sociale a partire dal movimento dell'emancipazione sessuale, ha creato molti problemi nell'ordine etico, giuridico, culturale, politico, scientifico e religioso: non è vero che l'omosessualità è discriminata dall'eterosessualità, ma è vero piuttosto che l'una non può equivalere all'altra nell'ordine della socialità umana, in quanto la generazione umana e la stessa vita di coppia dipendono dall'eterosessualità e non da altri atteggiamenti erotici. In ragione di ciò non ha fondamento, anzi è contro la ragione naturale, che si conceda agli omosessuali lo statuto legale di coppia, a qualunque titolo, come anche la possibilità di adottare quei figli che la natura non ha concesso loro di generare e a cui non potrebbero fornire i modelli educativi ambosessi di cui hanno bisogno; appare fuorviante che tale questione sia parte integrante della lotta politica, attraverso la nascita del movimento omosessualista, sempre ostilissimo al Cristianesimo e alla Chiesa, volto a bollare come omofobia qualunque obiezione morale all'omosessualità stessa e a considerare discriminatoria qualunque legislazione che si basi sul diritto naturale, quasi che fosse indispensabile riconoscere lo statuto giuridico delle coppie omosessuali e non piuttosto la conseguenza di una volontà opinabile fondata su una concezione contrattualista del diritto; è infondata la sua legittimazione etica attraverso una eziologia medica che escluda la matrice patologica del fenomeno, in quanto si tratta di una questione morale e non clinica; è blasfemo porre il problema del matrimonio religioso degli omosessuali, della loro ordinazione religiosa, dell'emendamento della Scrittura che esplicitamente proscrive l'omosessualità come un abominio. La pretesa di individuare addirittura una matrice omosessuale della cultura umana, contrapposta a quella eterosessuale, è completamente priva di fondamento. Fondamentale è la questione dell'educazione dei giovani, il cui sviluppo biopsichico va orientato, per quanto possibile, all'eterosessualità. Da ricordare che in molti casi è possibile, per chi lo vuole, modificare l'orientamento omosessuale in un orientamento eterosessuale. Oltre all'omosessualità, le perversioni sessuali sono comportamenti che addivengono alla soddisfazione erotica in modi contrari alla ragione e alla natura. Essi sono tutti peccati mortali. Vergognosamente diffuse dai mezzi di comunicazione di massa, veicolate come forme alternative della sessualità genitale, possono essere risolte da opportune terapie mediche, hanno quasi sempre un'origine patologica, è bene spesso che siano punite dalla legge civile. Tra di esse particolarmente odioso è il peccato della pedofilia, quando oggetto dell'atto sessuale sono bambini con meno di tredici anni, sessualmente immaturi, attraverso molestie di vario genere che arrivano alla copula, generalmente con inganno e violenza, spesso tragicamente coronate dall'omicidio. Questo peccato è spesso seriale; la produzione e la fruizione di materiale pedopornografico lo rende disgustoso; spregevole è la pedofilia del genitore, del parente, dell'educatore, del sacerdote. Si parla di pederastia quando vi è atto sessuale con un bambino dello stesso sesso del seduttore. La scomparsa della pedofilia pedagogica, abominio della civiltà greca, è un merito da ascrivere al Cristianesimo (6). L'incesto è l'abominevole unione sessuale che avviene tra consanguinei - condannata nel Levitico, contraria alla natura di queste relazioni familiari, atta a contaminare il patrimonio genetico - più precisamente con i genitori, i fratelli e le sorelle, i figli, i nipoti, gli avi, gli ascendenti e i discendenti, le matrigne e i patrigni, le sorellastre e i fratellastri, i fratelli e le sorelle dei genitori coi rispettivi consorti, le nuore, i generi, i cognati e le cognate. Questi comportamenti dovrebbero essere puniti dalla legge civile, anche se avviene sempre di meno. Potente mezzo di diffusione dell'incesto sono certe soap opera di diffusione mondiale. Per il matrimonio tra cugini è richiesta la dispensa canonica.

Antidoto a questi orrori è il talamo onorato, l'amore sponsale, la sana appagante e piena sessualità del Matrimonio. In esso l'atto sessuale raggiunge i suoi due fini, l'unitivo e il procreativo, il cui vincolo inscindibile è criterio di giudizio etico per ogni questione che lo riguardi. L'atto sessuale è segno e pegno dell'unione spirituale all'interno del Matrimonio. Tra i battezzati il vincolo nuziale è santificato dal Sacramento. Gli atti sessuali compiuti in esso, nella sua casta intimità, sono onorevoli, degni, causa e segno della donazione reciproca nonché della felicità degli sposi. Il piacere del sesso, voluto dal Creatore, non solo non è malvagio ma buono, perché è uno dei doni che Dio ha concesso agli sposati. Essi hanno il diritto di cercarne e di volerne; a loro si chiedono i limiti di una giusta moderazione, nel rispetto delle leggi di natura, di quelle morali, delle virtù cristiane ma anche delle condizioni soggettive del corpo e della mente del marito e della moglie. E' bene educare gli sposi ad un sano erotismo matrimoniale, gratificante in ogni età, che crei una profonda sintonia tra loro e non li spinga a cercare altrove soddisfazioni illecite. Va sottolineato che il sesso naturale, con la copula genitale, può e dev'essere non solo piacevole e bello, ma anche fantasioso e originale, perché la castità non è la negazione della passionalità, ma la sua depurazione, e la monogamia con la fedeltà non uccide, ma rafforza e dà sensi sempre nuovi all'eros.

Nel Matrimonio il consenso dei coniugi è irrevocabile; perciò essi, uniti da Dio, non possono mai legittimamente rompere la fedeltà. L'adulterio, ossia l'infedeltà coniugale, anche se solo avvenuto col desiderio, rompe questa fedeltà attraverso l'ingiustizia: nessuna persona sposata può lecitamente unirsi a chi non è sua legittima consorte; se l'adulterio è commesso tra due persone entrambe sposate è ancora più grave. Se stabile od occasionale, se con prole illegittima o senza, esso assume gravità differenti, ma sempre si deve ammantare di menzogna, perché ferisce l'intimità più profonda del tradito. Ha implicazioni sulla serena educazione dei figli. Attenta al vincolo contrattuale e profana quello sacramentale del Matrimonio. Il divorzio è contrario alla volontà originaria del Creatore, restaurata da Cristo. Tra i battezzati cattolici il Matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, se non la morte. In caso di impedimenti, il Matrimonio può risultare illecito o nullo e quindi può essere soggetto ad annullamento, ma mai a divorzio, che suppone invece che le nozze siano legittime. Il divorzio non solo è in contrasto con la legge soprannaturale della Grazia, conferita dal Sacramento, ma anche con la legge naturale, che prevede che il vincolo nuziale sia perpetuo, perché solo nella perennità può realizzare sia l'unione degli sposi che la cura della prole. L'instaurazione della economia della Grazia fa sì che, anche fuori del Sacramento per i non battezzati, ci sia la possibilità che le nozze durino tutta la vita, perciò non solo è male che il Matrimonio sacramentale sia sciolto ai sensi della legge civile laddove sia riconosciuto, ma anche che la legislazione secolare, specie nei Paesi cristiani, non garantisca l'indissolubilità del Matrimonio contrattuale. Perciò chi divorzia commette adulterio e chi sposa un divorziato commette adulterio (7). Ovviamente colpevole è chi chiede il divorzio, non chi lo subisce, spesso per automatismi della legge civile. Il divorzio umilia il coniuge abbandonato, ferisce i figli e attenta alla loro educazione. La sua diffusione è una piaga sociale che mette una seria ipoteca negativa sulla possibilità di durata delle coppie animate dalle migliori intenzioni. Coloro che divorziano volontariamente, essendo in stato di peccato mortale fino a quando non ritornano con il loro sposo, non possono adire ai Sacramenti. La separazione è contemplata in alcuni casi gravi dal diritto canonico, ma il vincolo sacramentale non può essere sciolto. Il divorzio civile può essere tollerato quando è l'extrema ratio per garantire la cura dei figli o la tutela del patrimonio, a patto che chi lo tollera conservi la fede nell'indissolubilità del proprio vincolo sacramentale. Altre colpe contro il Matrimonio unico e indissolubile sono la poligamia (unione di un uomo con tante donne, permesso nell'AT e abolito da Gesù) e la poliandria (unione di una donna con molti uomini), a cui chi si converte al Cristianesimo deve rinunciare, anche se può costargli in termini affettivi, perché l'uomo e la donna sono eguali e si uniscono solo in coppia, fermi restanti i doveri di giustizia verso quelle persone con le quali fino a quel momento, si era condivisa la vita, oltre che verso la prole nata da queste unioni. La libera unione o concubinato è la convivenza senza vincoli giuridici e sacramentali, in cui la mancanza di quest'impegno è la ragione della colpa. Il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, presente nella legislazione di alcuni Stati, è una violazione del diritto naturale perché inutile e maldestra duplicazione dello stato giuridico delle nozze, che può concedersi solo a chi vuole prendere un impegno consapevole e pieno. Quando questo riconoscimento o addirittura le nozze sono concesse agli omosessuali allora la colpa appare ancora più riprovevole e la frattura dell'ordinamento giudiziario ancor più grave. La convivenza prima del Matrimonio, come rodaggio e prova, non è moralmente accettabile perché l'unione della coppia non solo non è intermittente, ma può avvenire solo nel Matrimonio.

All'interno del Matrimonio si realizza il grande scopo della generazione umana, della procreazione. Il Matrimonio ha nella procreazione il suo fine primario, di cui è complementare quello dell'unione della coppia. Solo in un atto sessuale che unisca gli sposi ci può essere la generazione umana. Qualsiasi surretizia scissione rende immorale l'atto generativo. La prole è il risultato del dono pieno e amorevole degli sposi che così divengono genitori, ossia cooperatori del piano di Dio e cause strumentali di cui Egli si serve per dare la vita. Ovviamente ogni procreazione deve essere responsabile; la regolazione delle nascite spetta ai coniugi (lo Stato può e deve informare in materia ma non imporre), ma deve avvenire per motivi leciti, sia in ordine alla distanziazione delle gravidanze che alla pianificazione, ove possibile, dei figli stessi; i mezzi da adoperarsi per tale regolamentazione devono essere morali. Il criterio di moralità nel controllo delle nascite sta nel fatto che nessun atto sessuale deve scindere l'unione dalla procreazione. Perciò la continenza periodica, l'unione in periodi infecondi della donna e i vari metodi di contraccezione naturale sono leciti, perché ci si unisce senza nocumento della possibilità di procreare, anche se non accadrà. Tutti gli altri metodi, di contraccezione artificiale, meccanici o chimici, sono invece immorali e peccati mortali. Non è lecito, per la donna, la sterilizzazione, l'uso dell'estroprogestinico o pillola (8), dei dispositivi intrauterini e intravaginali, della minipillola, del diaframma, della spugna, della pillola mensile, dell'iniezione. Può invece ricorrere al calcolo del giorno di ovulazione (col grafico della temperatura basale o con il metodo Billings) e all'unione nel tempo di allattamento. L'uomo non può ricorrere al profilattico, alla vasectomia, alla pillola maschile e al coito interrotto, emettendo fuori della vagina della compagna. Per la donna l'uso della pillola e del dispositivo intrauterino del giorno dopo sono mezzi ancor più gravi perché abortivi. L'uso vergognoso dell'aborto come mezzo contraccettivo, mediante chirurgia o farmaco, non ha bisogno di molte parole per essere condannato.

IL VI COMANDAMENTO E LE SUE IMPLICAZIONI BIOETICHE

Come ho avuto modo di scrivere a proposito della trattazione sul V Comandamento, la bioetica è un tema trasversale, concernente sia quel precetto divino che questo di cui stiamo parlando. I continui progressi delle scienze e delle tecniche impongono riflessioni frequenti sulle loro implicazioni morali. La questione più importante di bioetica legata alla sessualità umana è la fecondazione artificiale o medicalmente assistita. Essa è essenzialmente uno strumento per ovviare alle situazioni di infertilità. Può essere omologa, se realizzata con i gameti degli sposi, o eterologa, se almeno uno dei gameti viene da fuori la coppia. L'unione dei gameti avviene in vitro. La Chiesa rifiuta innanzitutto la nozione di fecondazione assistita, perché separa l'atto coniugale unitivo da quello procreativo, mentre quest'ultimo viene scisso a sua volta dalla sua componente sessuale. L'essere umano diviene così soltanto il prodotto di una elaborazione tecnica e privato della sacralità naturale che lo circonda sin dal suo concepimento. In quanto poi ai modi della fecondazione, la masturbazione, indispensabile per raccogliere il seme maschile, è un peccato, quindi non praticabile. Gli ovuli femminili, prodotti in gran quantità, sono stimolati per via ormonale, con rischi per la salute della donna. La fecondazione poi deve generare più embrioni, da impiantarsi nel grembo materno. Di questi embrioni, solo uno attecchirà. Gli altri saranno perduti. Ossia vengono generati per essere inevitabilmente uccisi. Quando non vengono impiantati subito, vengono crioconservati, ossia tenuti in uno stato di sospensione biologica, che non solo impedisce il loro sviluppo – che del resto non può avvenire se non con un aiuto medico e con un apposito impianto in utero – ma addirittura in molti casi, anche terminata la conservazione stessa, non può più avvenire. In tale tecnica vi è dunque la malizia dell'omicidio, scaglionato, differito, mediato, ma sempre malizioso. Vi è inoltre l'altissimo rischio di morte dell'embrione fecondato in vitro che sia riuscito ad attecchire nel grembo materno. In relazione poi alla fecondazione eterologa, essa ha la malizia dell'adulterio, introducendo nella coppia lo sperma o l'ovulo di terzi; inoltre divide, con barbarie tecnologica, la genitorialità biologica da quella educativa (essendo il concepito allevato da una coppia nella quale almeno uno dei due genitori non è biologicamente compatibile con esso) e quindi configurandosi come la convergenza dell'abbandono di un figlio e della sua indebita appropriazione da parte di un terzo. Essa implica la presenza di donatori seriali, che quindi procreano di fatto numerosissimi figli, dei quali alcuni destinati alla morte e altri, in minoranza, che mai sapranno chi è il loro padre biologico o, nel caso di donazione di ovuli, la propria madre. Questa generazione disordinata moltiplica il rischio dell'incesto. Spesso infine la fecondazione eterologa implica la maternità surrogata, ossia la gestazione nell'utero della donna di un embrione generato o da un'altra coppia o da essa stessa con un uomo diverso da suo marito (qualora lo abbia) e destinato ad essere consegnato ad un'altra coppia, dietro compenso (utero in affitto) o anche solo per collaborare a tale fecondazione. Ciò implica la divisione delle funzioni maternali: generativa, gestativa ed educativa, con il risultato che le madri diventano tre e che una di esse, a titolo arbitrario, diviene primaziale sulle altre, che a loro volta vendono o cedono senza alcun titolo a farlo i propri diritti sul nascituro. Il che appare ovviamente immorale e vergognoso; spesso accade che tale maternità surrogata si mescoli con l'incesto, quando l'utero in affitto e l'ovulo fecondato siano appartenenti a persone consanguinee, addirittura in linea retta. Per tutte queste pratiche abominevoli, la fecondazione eterologa, purtroppo consentita in molti Stati, è immorale e dovrebbe essere proibita anche ai sensi della legge. In quanto alla fecondazione omologa, essa non cade in molte di queste azioni orripilanti, ma mantiene sempre la malizia della prassi masturbatoria, della scissione della generazione dall'atto sessuale e soprattutto implica la distruzione degli embrioni. Anche se si mettessero in atto tutte le cautele per eliminare l'impatto abortivo della generazione pluriembrionale e si prescindesse dalla masturbazione per ottenere il seme maschile – cose oggi pressochè impossibili – rimarrebbe sempre una forte negatività morale per questa fecondazione. E' tuttavia positivo che i figli, nati in provetta, siano allevati nella coppia che li ha generati.

Strettamente connessi a questo argomento si pongono le tematiche di cui andiamo a dire, sulle quali si è recentemente pronunziata, a nome del Santo Padre, la Sacra Congregazione della Dottrina della Fede nel 2008 con l'istruzione Dignitas Personae. Oltre a ribadire l'appello, che fu del beato Giovanni Paolo II (1978-2005), a porre fine alla generazione di migliaia di embrioni umani destinati allo sterminio – asettico genocidio le cui vittime sono ignare – l'istruzione approva l'uso di tecniche contro la sterilità che non pregiudichino né l'unità matrimoniale, né il diritto alla vita del generato, né i valori umani della sessualità. Rigetta però l'Intra Cytoplasmic Sperm Injection, che è di fatto una forma di fecondazione assistita in cui l'atto sessuale è scisso dalla sua funzione procreativa. Condanna l'uso disumano di destinare gli embrioni crioconservati alla ricerca o all'uso terapeutico, quasi fossero mero materiale organico e non già persona umana; anche l'ipotesi di utilizzarli, una volta scongelati, senza riattivarli, ha in sé la malizia dell'omicidio. La loro eventuale utilizzazione per la terapia per coppie infertili ricadrebbe nelle obiezioni generali alla fecondazione eterologa assistita, della quale dovrebbe replicare le modalità ordinarie in ordine alla maternità surrogata e alla molteplicità di embrioni; obiezioni consimili possono essere mosse anche al progetto, in sé lodevole, di adozione prenatale con conseguente impianto. Sembra che attualmente la situazione di ingiustizia in cui gli embrioni sovrannumerari si trovano sia irreparabile. In ordine poi alla loro utilizzazione nella fecondazione assistita, anche il congelamento degli ovuli – come le banche spermatiche – sono definite immorali. La riduzione embrionale, ossia l'eliminazione degli embrioni attecchiti in sovrannumero nell'utero in cui sono stati iniettati, è rigettata in quanto aborto, praticato allo scopo di evitare le gravidanze multiple. La diagnosi pre-impiantatoria, se finalizzata ad individuare gli embrioni da eliminare per questioni eugenetiche, è anch'essa censurata, perché foriera di una selezione sulla base delle caratteristiche fisiche e psichiche, a nocumento della dignità personale degli ignari portatori di malattie e malformazioni. Le tecniche di intecezione o di contragestione, che rispettivamente intercettano l'embrione prima che si impianti nell'utero e lo eliminano appena impiantato, sono respinte perché omicide. La terapia genica si adopera per prevenire le malattie ereditarie, anche se di recente la si sta adoperando per altre patologie come il cancro. Può essere somatica o germinale, se adoperata su cellule non riproduttive o su cellule della linea germinale; può avvenire sul feto nell'utero o nel bambino e nell'adulto. Intervenendo sulle cellule germinali, le modificazioni genetiche si trasmettono agli eredi. Gli interventi sulle cellule somatiche con finalità strettamente terapeutica sono in linea di principio moralmente leciti. Tali interventi intendono ripristinare la normale configurazione genetica del soggetto oppure contrastare i danni derivanti da anomalie genetiche presenti o da altre patologie correlate. Dato che la terapia genica può comportare rischi significativi per il paziente, è necessario assicurare previamente che il soggetto trattato non sia esposto a rischi per la sua salute o per l’integrità fisica, che siano eccessivi o sproporzionati rispetto alla gravità della patologia che si vuole curare. È anche richiesto il consenso informato del paziente o di un suo legittimo rappresentante. Diversa è la valutazione morale della terapia genica germinale. Qualunque modifica genetica apportata alle cellule germinali di un soggetto sarebbe trasmessa alla sua eventuale discendenza. Poiché i rischi legati ad ogni manipolazione genetica sono significativi e ancora poco controllabili, allo stato attuale della ricerca non è moralmente ammissibile agire in modo che i potenziali danni derivanti si diffondano nella progenie. Nell’ipotesi dell’applicazione della terapia genica sull’embrione, poi, occorre aggiungere che essa necessita di essere attuata in un contesto tecnico di fecondazione in vitro, andando incontro quindi a tutte le obiezioni etiche relative a tali procedure. Per queste ragioni, quindi, si deve affermare che, allo stato attuale, la terapia genica germinale, in tutte le sue forme, è moralmente illecita. L'applicazione dell'ingegneria genetica a scopi non terapeutici, per selezionare a piacimento le caratteristiche del nascituro, è condannata per eugenismo, oltre che per le connessioni con la fecondazione artificiale. Viene ribadita la condanna della clonazione umana riproduttiva. L'uso terapeutico delle cellule staminali è valutato eticamente in ordine al modo di prelevarle e ai rischi di uso. Sono da considerarsi lecite quelle metodiche che non procurano un grave danno al soggetto da cui si estraggono le cellule staminali. Tale condizione si verifica, generalmente, nel caso di prelievo dai tessuti di un organismo adulto, dal sangue del cordone ombelicale al momento del parto, dai tessuti di feti morti di morte naturale. Il prelievo di cellule staminali dall’embrione umano vivente, al contrario, causa inevitabilmente la sua distruzione, risultando di conseguenza gravemente illecito. Recentemente sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule somatiche umane – generalmente chiamata clonazione ibrida –, al fine di estrarre cellule staminali embrionali dai risultanti embrioni, senza dover ricorrere all’uso di ovociti umani. Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignità dell’essere umano, a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l’identità specifica dell’uomo. L’eventuale uso delle cellule staminali, estratte da tali embrioni, comporterebbe inoltre dei rischi sanitari aggiuntivi, ancora del tutto sconosciuti, per la presenza di materiale genetico animale nel loro citoplasma. Esporre consapevolmente un essere umano a questi rischi è inaccettabile. L'uso di materiale biologico di origine illecita, ossia da embrioni e feti morti, illecitamente mutilati, o per mitosi cellulare appositamente avviata per la generazione di embrioni, non è consentito, né con la tutela della legge civile né quando lo sperimentatore sia persona diversa da chi ha procurato il materiale stesso e sia quindi innocente dell'omicidio connesso.


1. Se la condanna di questa teoria scientifica rientra nel Magistero sull'antropologia, la sua valutazione etica pertiene questo ambito. La Chiesa ovviamente non nega l'esistenza di orientamenti sessuali molteplici, ma li considera una conseguenza del disordine creato dal Peccato originale, non al pluralismo dell'azione del Creatore. Li attribuisce – quando volontari – alla cattiva scelta della volontà umana, non al suo legittimo libero arbitrio. Rigetta l'idea che essi siano tutti simili per il semplice fatto che esistano, quasi che la semplice constatazione dell'esistenza di certe pratiche sessuali implichi la loro bontà morale, come spesso si asserisce travisando il concetto di ordine naturale. Contesta infatti la loro naturalità alla luce della distonia che essi creano tra sesso biologico, comportamento sessuale e identità di genere, che invece sono un tutt'uno, come attesta il fatto che quando sono coerenti esprimono una piena armonia fenomenica, che diversamente non c'è. Colui che ha una identità di genere conforme al proprio sesso biologico ha comportamenti sessuali conformi totalmente alla propria struttura anatomica, mentre chi ha una identità difforme vive con grande sofferenza perché non può realizzare pienamente tutti i suoi desideri affettivi, non per ostilità ambientale – o non solo per essa – ma per impossibilità biologica. Ciò perché invece di seguire l'ordine naturale, che implica l'unione dei tre elementi, si è avventurata su strade differenti. La Chiesa constata peraltro che qualsiasi schematizzazione degli orientamenti sessuali non è mai esaustiva, né potrà mai esserlo perché l'introduzione della fondazione culturale dell'identità di genere al posto di quella fisiologica e ontologica non può che implicare una proliferazione di fatto di azioni e comportamenti che, per il semplice fatto di esistere, non possono essere più oggetto di valutazione né etica né scientifica, per cui la natura sessuale dell'uomo diventa una nebulosa di opzioni interscambiabili prive di qualunque determinazione fondamentale. A questa anarchia sessuale e identitaria la Chiesa oppone l'insegnamento chiaro e immediato della Bibbia: due sono i generi perché due sono i sessi; diversamente vi è abominio, ciò che erra lontano dall'uomo così come egli è. Non a caso, dinanzi all'evidenza di questa realtà naturale, il potere mondano tenta di imporre il pensiero unico, accusando di fobia coloro che senza reticenza condannano l'errore morale e rigettano quello scientifico e religioso. Tale marchio, espresso da un nuovo fraudolento vocabolario e suggellato da una scienza spesso ideologizzata, non va temuto. Omologarsi al pensiero dominante è un'abdicazione all'identità cristiana, l'unica nella quale tutte le altre, comprese le sessuali, giungono a piena unità.

2. Un tempo il comune sentire dei teologi, senza indicazioni magisteriali, escludeva forme di tenerezza più appassionate. Oggi la diversa situazione pastorale ha indotto ad una riflessione che ha messo da parte le antiche casistiche sui baci e sulle altre forme affettive dei fidanzati, adattandosi, nell'unico ambito possibile, alle mutate circostanze sociali e culturali del mondo odierno, e facendo proprie le istanze delle scienze umane sulla edificazione della sessualità umana al di fuori degli schemi invivibili della fobia.

3. La moderna civiltà tecnologica ha reso possibili forme di lussuria prima inedite, mediante le forme della comunicazione sociale. Questi barbari surrogati, che spingono a contatti disumani e degradanti a distanza o combinano incontri perversi sono ovviamente particolarmente gravi e pericolosi per la stabilità morale e psichica della persona umana.

4. Per secoli, considerando la prostituzione un male inevitabile se non uno sfogo per chi non avesse una compagna stabile, la teologia morale ha considerato lecito non l'atto del prostituirsi ma la sua regolamentazione legale; in tempi recenti, mettendo in evidenza più la dignità della donna che la parziale utilità sociale della prostituzione organizzata, la teologia morale ha sostenuto l'opportunità del ritiro dello Stato da tale regolamentazione e la conseguente chiusura delle case di piacere. Va tuttavia registrato, almeno a mio parere, che la fine della prostituzione legalizzata non ha favorito la promozione della dignità della donna, perché ormai il meretricio è diffusissimo nelle forme più disparate e nelle condizioni peggiori. Forse bisognerebbe considerare caso per caso la possibilità, nei vari Stati, di regolamentare la prostituzione stessa.

5. Sulla scorta del Levitico e del diritto romano, fino a tempi recenti quasi ovunque nei Paesi cristiani l'omosessualità era passibile di sanzioni giuridiche, che in tempi trascorsi non escludevano, anche se non ovunque applicavano, la pena capitale. L'emancipazione degli omosessuali ha fatto sì che tali leggi spesso decadessero formalmente, così come erano di fatto decadute. E' conforme alla Rivelazione che l'omosessualità sia punita per legge civile, ma non è una istituzione di diritto divino che debba per forza essere osservata.

6. Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – IV edizione, esistono otto gruppi di perversioni o parafilie, delle quali la pedofilia è solo una. Il quadro diagnostico è simile – con l'eccezione dell'omosessualità, non considerata dal DSM IV- a quello etico della dottrina cattolica. Abbiamo dunque l'esibizionismo, che fa esibire i propri genitali allo scopo di provar piacere; il feticismo, che esige la presenza di determinati oggetti per raggiungere il piacere; il frotteurismo, che ottiene la soddisfazione erotica mediante la strofinatura o il toccamento di persone terze non consenzienti, di solito in ambienti affollati; il masochismo, in cui il piacere viene raggiunto in seguito a sofferenze fisiche autoinflitte o imposte da terzi, come anche a maltrattamenti verbali e ad altre umiliazioni; il sadismo, che raggiunge il piacere mediante la sofferenza inflitta ad una vittima, consenziente o meno; il travestitismo, in cui la soddisfazione erotica si ha indossando abiti propri dell'altro sesso (devianza stigmatizzata sin dal Levitico); il voyeurismo, che fa osservare e spiare terzi ignari nella nudità e nell'intimità per addivenire all'orgasmo. Tra le forme non classificate abbiamo la scatologia telefonica, che si soddisfa attraverso la coprolalia e le frasi oscene dette a telefono, con le forme analoghe della scatologia contestuale agli atti sessuali; la necrofilia, che spinge alla copula coi cadaveri; la gerontofilia, che realizza il piacere solo con persone vecchie; il parzialismo, che localizza l'attenzione erotica su di una sola parte del corpo; la zoofilia, che fa copulare con gli animali (devianza condannata anche nel Levitico); la coprofilia, che cerca l'eccitazione con le feci; la clismafilia, che a tale scopo usa i clisteri; l'urofilia, che lo raggiunge con le urine; l'ipossifilia, che induce l'ipossia per accrescere l'orgasmo. Molte perversioni, adattate ai tempi, viaggiano attraverso le linee di internet, servendosi peccaminosamente delle nuove tecnologie multimediali, o adattandosi a forme nuove, come l'eccitazione raggiunta tramite chat o la pratica del sesso virtuale. Il transessualismo non è annoverato in questo elenco patologico. Esso è lo stato per cui una persona non si riconosce nella propria corporeità. Di origine controversa, spinge alla correzione chirurgica della propria identità sessuale. In alcuni casi può essere curato. Erroneamente viene considerata una condizione di genere addirittura da tutelare. La Chiesa insegna che nessuna modifica chirurgica può modificare l'identità biologica ed incoraggia ognuno ad accettare, per quanto possibile, la propria struttura biopsichica sintonizzando mente e corpo, mentre scoraggia il ricorso alle operazioni. Condanna altresì i comportamenti peccaminosi connessi a tale condizione, come travestitismo, omosessualità, prostituzione, invitando a controllarsi le persone che hanno questo desiderio di cambiamento sessuale, per quanto sia loro possibile. La commistione di comportamenti sessuali omosessuali ed eterosessuali, nel bisessualismo (in cui essi sono coesistenti) o in quelle perversioni per cui una persona passa da un orientamento all'altro, anch'esse erroneamente presentate a volte come condizioni di genere da riconoscere e tutelare, è contraria alla legge morale perché le sono contrarie le sue componenti.

7. Gesù fa una sola eccezione, il concubinato. Il termine greco porneia indica anche la convivenza libera. Gli ortodossi leggono moechia, ossia adulterio, e considerano il tradimento causa legittima di scioglimento delle nozze. Ma la Chiesa Cattolica rigetta questa esegesi.

8. La Chiesa ha autorizzato l'uso della pillola solo per quelle donne, come le suore, che hanno il fondato rischio della violenza carnale e quindi della gravidanza. In questo caso non vi è separazione dell'unione dalla procreazione perché non vi è alcuna intenzione né di unirsi né di generare.


Theorèin - Marzo 2012