|
|
CHRISTIANA ORATIO
“La preghiera è il gran mezzo della salvezza.
(Sant'Alfonso Maria de' Liguori) La preghiera occupa un posto fondamentale nella vita cristiana, intendendo con essa non solo la liturgia, che è la preghiera di Cristo stesso alla quale siamo uniti noi, i Beati, i Defunti, gli Angeli e la Vergine Maria, ma anche e soprattutto la preghiera individuale, personale, di gruppo, che fiorisce ai margini, sulle sponde del grande fiume della Grazia che scorre dall'altare cattolico. Essa è il respiro dell'anima, il sostegno della volontà, la luce dell'intelletto, il fuoco dei sentimenti. E' l'esigenza più profonda dell'essere umano, che con essa rompe la propria solitudine esistenziale entrando in comunione con Dio. Sostanzia di sé ogni situazione di vita, apre la natura al mondo metafisico su cui essa si fonda, innalza l'uomo a un quotidiano soprannaturale. E' l'atto umano più elevato e il ponte tra il Cielo e la Terra che sorge nel nostro Io. Ci unisce immediatamente con Dio, con Cristo, con la Vergine, i Santi, gli Angeli e i Defunti. Ci fa prendere cura di chiunque, ovunque e in ogni circostanza. Intervenendo nella disputa sulla Grazia, il grande dottore moralista Alfonso Maria de' Liguori (1696-1797) sostenne che la preghiera è il grande e facilissimo mezzo per raggiungere la salvezza. Bypassando le dispute tra tomisti e molinisti, il Santo evidenzio' una doppia efficacia della Grazia, una intrinseca e l'altra estrinseca. Quest'ultima è quella della Grazia comune, accordata a tutti gli uomini, i quali in forza di essa adempiono i precetti più semplici e a quello della preghiera; quest'ultimo poi, nel momento in cui è adempiuto, ottiene a ciascuno con sicurezza le Grazie intrinsecamente efficaci – o speciali- che Dio non nega mai a chi lo prega, per l'adempimento dei precetti più difficili. In ragione di ciò, la preghiera è la condizione mediante la quale ognuno di noi ottiene da Dio ciò di cui ha bisogno, sia per la propria costanza e fede, sia per la fedeltà di Dio stesso. Vediamo allora più da vicino cos'è la preghiera, la cui trattazione è tecnicamente una eucologia. NATURA E COMPITO DELLA PREGHIERA La preghiera è un dono di Dio, perché scaturisce dalla Grazia estrinseca. E' l'elevazione dell'anima a Dio e la domanda a Lui di beni convenienti. Essa si fonda sull'umiltà, senza la quale nessuno può ricevere questo dono gratuito di Dio e farlo fruttificare. Non siamo noi che cerchiamo Dio nella preghiera, ma è Lui stesso che ci muove verso di Se' perché Gli parliamo confidentemente: è questa l'acqua viva che il Cristo offre alla Samaritana, qualora essa voglia chiedergliela, dopo che Lui stesso le ha detto di farlo, in quanto Egli è l'unico che può darla. Una volta che Dio ha instillato il germe della preghiera nell'uomo, egli prega nella sua totalità, con gesti e parole, mentali o proferite, facendola scaturire dal sacrario in cui il Signore l'ha seminata: il cuore, ossia la sede della persona, il suo centro insondabile dove risiede l'io, dove solo il Creatore può scendere, vedere, operare, il luogo della verità e della scelta per essa o contro di essa, il luogo dell'incontro, il nostro amore personale operante. In ragione di ciò, dando il nostro cuore a Dio e ricevendoLo in esso, la preghiera diviene atto operante della nostra eterna Alleanza con Lui. In essa, noi parliamo a Dio come ad un Padre, a Cristo come a un fratello e a un Capo, allo Spirito come all'anima nostra; per cui la Trinità si unisce a noi interamente nella preghiera stessa. La vita di preghiera consiste quindi nello stare stabilmente alla presenza di Dio e in comunione con Lui, in conseguenza del Battesimo. Essa è cristiana, perché è innanzitutto comunione con Cristo nella Chiesa Suo Corpo. La preghiera è stata progressivamente rivelata. L'uomo è, come l'angelo, capace di pregare. Egli ne ha bisogno perché in essa trova quel Dio che costantemente cerca. Tale bisogno rimane intatto anche dopo il Peccato originale e quelli attuali. Ed è sempre Dio stesso che chiama l'uomo alla preghiera, sia prima che dopo la Caduta, sia prima che dopo la Redenzione. E' un atto d'amore in cui il primo passo lo fa il Signore. L'offerta del giusto Abele rappresenta il modo in cui la Creazione partecipa alla preghiera; l'invocazione pubblica di Enoc ne mostra la natura sociale, il sacrificio di Noè mostra che la preghiera del giusto è gradita a Dio in qualsiasi professione di religiosità naturale, anche oltre i confini della Fede rivelata. Abramo, pregando con le azioni, con il silenzio, mostra che essi possono esprimere una Fede totale, anche se essa è messa alla prova sempre dall'attesa dell'esaudimento di Dio. La sua preghiera assume già le qualità dell'ascesi: è cammino con Dio, è alleanza con Lui, è conseguenza della Fede; perciò diviene preludio e preparazione all'accoglienza personale di Lui alle Querce di Mamre; una volta che ha creato intimità, può divenire intercessione, per sé e gli altri, come nel caso di Sodoma e Gomorra. La vetta della preghiera nella Fede di Abramo è il sacrificio del figlio, avuto dopo decenni di confidente attesa. Dio risparmia Isacco per la Fede di Abramo, che sapeva che Dio poteva restituirglielo dai morti. La preghiera diviene poi benedizione con Isacco che la impartisce a Giacobbe anziché ad Esaù. Giacobbe poi lotta con Dio al guado dello Iabbok nella notte, simboleggiando la battaglia della preghiera con il Signore Che ne viene addirittura vinto: infatti lo Sconosciuto non viene lasciato andare dal Patriarca se non dopo che lo abbia benedetto. E lo Sconosciuto gli cambia il nome: si chiamerà Israele, ossia Combattente con Dio. Mosè mostra la preghiera nella sua forza mediatrice, vive la sua dimensione di amicizia con Dio, ascende alla sua vetta di mistica intimità con il Signore che per due volte lo chiama a contemplare la Sua essenza unitaria, attesta che solo la supplica ottiene la vittoria nelle grandi battaglie per entrare nella Terra Promessa, simbolo delle battaglie contro i nemici dell'uomo e delle prove che tutte vanno affrontate con l'arma della prece. Samuele mostra la disponibilità che dev'esserci nella preghiera alle richieste di Dio. David, nei Salmi, prega, in quanto Re, per tutte le situazioni di vita sia sue che del popolo, con un afflato profetico, lasciando a noi tutti delle meravigliose composizioni, che sono la preghiera ufficiale della Chiesa, da cui traspaiono il desiderio di Dio, la bontà della Creazione, la situazione difficile di chi confida solo in Dio, la certezza del Suo amore, l'affidamento al Suo volere. Salomone, fondando il Tempio, dà alla preghiera il suo luogo specifico, che è figura della Chiesa e delle chiese in cui tutti dobbiamo e possiamo pregare. I Profeti, contro il ritualismo che ha fatto degenerare la preghiera templare, mostrano l'aspetto individuale, solitario, intimo della preghiera. Elia compie prodigi di misericordia e di giustizia pregando, arriva a contemplare l'Essenza unitaria di Dio sull' Oreb come Mosè, cerca il Suo Volto e, come Mosè, viene esaudito dopo la morte vedendo, nella Trasfigurazione, l'immagine visibile del Dio invisibile, il Verbo nella Sua Gloria. Nel Nuovo Testamento Gesù mostra il modo più autentico della preghiera: quello filiale. Egli prega, in quanto Uomo, prima di ogni evento importante, delle scelte fondamentali, dei grandi miracoli; prega soprattutto di notte e da solo; insegna a pregare col Pater Noster; prega per lodare e ringraziare, per offrire e intercedere; prega per anticipare sacramentalmente il Sacrificio nell'Eucarestia; prega dopo di essa per la consacrazione dei Suoi fedeli; prega per accettare la Passione; prega intimamente durante il suo svolgimento; prega nel suo apice, con le Sue Sette Parole e citando il Salmo XXII. La Sua preghiera è esaudita: Egli è Risuscitato, è Assunto in Cielo (in quanto Uomo, perché di queste azioni è soggetto agente la Sua Persona diofisita), ottiene in bottino genti infinite. Come dicevamo, insegna a pregare: bisogna anzitutto convertirsi, riconciliandosi coi fratelli, per pregare in modo gradito, purificando il cuore, pregando per i nemici; bisogna avere Fede, perché a chi bussa sarà aperto, chi cerca trova e chi chiede ottiene, perché con un granellino di senapa di Fede si smuovono le montagne, perché qualunque cosa si chiede a Dio in Nome di Gesù si ottiene; bisogna avere audacia, perché Gesù a volte resiste e apparentemente rifiuta, mentre esige una confidenza che vada oltre i limiti umani; bisogna volersi disporre a fare la volontà divina con e attraverso la preghiera; bisogna vigilare in essa in attesa dell'incontro con Dio nella morte; bisogna pregare con l'umiltà del Pubblicano, con la pazienza della Vedova e con la insistenza dell'amico importuno; bisogna infine pregare in Cristo stesso, unendoci alla Sua prece, e chiedere lo Spirito Santo. Gesù prega per noi come nostro Sacerdote, in noi come nostro Capo, da noi come nostro Dio. Gesù esaudisce la preghiera che gli viene rivolta con Fede. Associa alla Sua e alla nostra preghiera quella della Madre, quella dei Santi, quella degli Angeli. Nella Chiesa, sin dalla Pentecoste, la preghiera è assidua e fraterna, liturgica e devozionale. Essa ha alcune forme fondamentali, che sono normative. La prima è la benedizione, con cui Dio viene appunto benedetto per Se' Stesso e i Suoi doni, e ricambia con la Sua benedizione. Essa esprime e produce l'appagamento della gratitudine. La seconda è l'adorazione, ossia l'omaggio umile e totale della persona umana che con tutte le sue forze riconosce Dio quale Essere Supremo e Perfetto, Creatore e Signore. Essa ci immerge nella Grandezza di Dio e porta il nostro niente nel Suo Tutto. La terza è la domanda. Con essa la nostra fragilità e impotenza creaturale si rivolge alla Provvidenza e alla Bontà di Dio, sottoponendo a Lui ogni necessità. E' la conseguenza della nostra fiducia creaturale e filiale. Domande per eccellenza sono quelle della Grazia, della Salvezza e del Perdono dei peccati, sia nelle colpe che nelle pene, strettamente collegate. La quarta è l'intercessione, per i bisogni di chi amiamo, di chi si affida a noi, di chi ci fa del male, allargando il cuore fino a tutte le necessità della Chiesa e del mondo, prima tra tutte la conversione dei peccatori e dei non credenti, e abbracciando anche l'oltretomba nel suffragio. Possiamo beneficare tutti con la preghiera, anche coloro che non possiamo soccorrere materialmente o personalmente. La quinta è il ringraziamento, con cui tutta l'opera di Dio diventa motivo di azione di grazie, sia nell'ordine naturale che in quello soprannaturale, essendo continua la munificenza del Signore in noi e per noi. La stessa Eucaristia è l'azione di grazie per eccellenza. La sesta è la lode, spontanea e immediata, che sia per la grandezza di Dio di per sé, o per le Sue opere inaspettate, come ad esempio l'Incarnazione e la Redenzione, la Salvezza e l'Eucarestia. Tutte queste forme scaturiscono essenzialmente dalle fonti della preghiera, che sono le stesse della Rivelazione: la Bibbia e la Tradizione. Esse spiegano non solo cos'è la preghiera, ma come pregare e addirittura insegnano a pregare. Per la Tradizione, la Liturgia è fondamentale quale scaturigine della preghiera, non solo perché essa si lega al culto pubblico, ma perché la interiorizza e la prolunga. Per la Bibbia, vale il principio che ogni parte di essa serve per elevarsi a Dio, leggendo per meditare, pregando per contemplare. Il fedele poi esprime pienamente la sua Fede, la sua Speranza e la sua Carità nella preghiera, che quindi assume un carattere essenzialmente teologale, soprannaturale. Essa scandisce i momenti della giornata e del tempo e sacralizza lo spazio. Le ore canoniche delle Lodi, Terza, Sesta e Nona, dei Vespri e della Compieta, indicano momenti giornalieri, assieme a quelli dei pasti. Il ciclo ebdomadario sancisce quello dei tempi dell'anno, culminando nelle Feste liturgiche. I Tempi, sia liturgici che devozionali (i mesi), consacrano momenti particolari a preci particolari. La chiesa e la casa, con il suo angolo predisposto alla preghiera con le Sacre Icone e il Crocifisso, la strada e il luogo di lavoro, in cui ognuno porta il segno visibile della sua Fede addosso, sono gli spazi sacralizzati dalla preghiera, specie laddove è osteso un simbolo sacro. Spesso luogo di preghiera è quello che attraversiamo con il pio viaggio, o pellegrinaggio, verso mete in cui la Grazia ha operato particolarmente, o quello in cui siamo ospiti temporanei o definitivi – in base allo stato di vita scelto- come monasteri e conventi. Così la preghiera intride di Dio ogni cosa e noi stessi. In questi tempi e luoghi, il cristiano prega innanzitutto il Cristo. Già l'invocazione del Suo Nome è preghiera, perché rende presente la Sua Persona salvatrice: la semplice ripetizione del Suo Nome o la Preghiera: Signore Gesù abbi pietà di me peccatore ne sono l'espressione più semplice. Parimenti avviene nell'invocazione del Suo Cuore, mentre assai opportune sono il ricordo della Sua Misericordia e della Sua Passione con la Via Crucis. Pregando Cristo, lasciamo agire lo Spirito Santo in noi; conseguenzialmente, avendo Lui come Ospite, possiamo pregarlo direttamente, quale anima della nostra anima, adorabile come Dio, Che ci illumina, ci guida, fortifica e consola, ci insegna ciò che dobbiamo fare, ci ordina, mentre noi accettiamo tutto ciò che desidera da noi e ci sottomettiamo a quanto fa accadere, per giungere al compimento della Volontà del Dio Trinitario. Centrale nella Tradizione eucologica sulla Terza Persona Divina è il Veni Creator Spiritus. In Cristo mediante lo Spirito possiamo pregare confidenti il Padre: Egli ci vede abitati dal Suo Spirito e uniformati al Figlio divino. Ci mira quindi con occhio benigno e accoglie la preghiera che Gli facciamo per il Nostro amato Redentore. In subordinazione a questa preghiera latreutica, a suo complemento ed esplicitazione, sempre diretta a Cristo Che la rende possibile, vi è l'orazione di venerazione, innanzitutto alla Vergine, poi a San Giuseppe, indi a San Michele e ai Cori angelici, nonché ai Santi, tra cui alcuni sempre ci sono più vicini, e ai Defunti. Essi sono venerabili per i meriti di Cristo, tanto efficaci da suscitare mediatori subordinati, dei quali l'Universale, subordinata solo al Redentore, è la Vergine Maria. Queste preghiere sono dunque necessarie per la salvezza in quanto esplicative di quella a Dio, di per sé evidentemente indispensabile. In queste modalità abbiamo dei modelli e maestri, i Santi, e le loro scuole di spiritualità. Abbiamo dei pedagoghi: i genitori, gli educatori cristiani, i sacri ministri, i religiosi, i direttori spirituali. Abbiamo dei sostegni: i gruppi e i sodalizi di preghiera. Abbiamo cioè tutto quanto è necessario per poter pregare nella coralità della Nuova Umanità redenta, la Santa Chiesa. Anche quando siamo soli, la nostra preghiera è unita a quella di tutti coloro che pregano, dal Cielo al Purgatorio. ESPRESSIONI E SITUAZIONI DELLA PREGHIERA Partendo dal presupposto che il cristiano prega sempre e ha sempre il ricordo di Dio, e rimanendo fermo che ognuno di noi viene condotto dallo Spirito attraverso strade proprie nel percorso della preghiera, dobbiamo dire che esistono tre forme con cui pregare: la preghiera vocale, la meditazione e la contemplazione. La preghiera vocale è appunto una preghiera formulata a voce, sia da soli che in compagnia, all'occorrenza anche mentalmente, in genere con le formule consegnateci dalla Tradizione ma anche con le parole che ci sembrano più adatte per esprimere al Signore quanto abbiamo in animo. Indispensabile perché l'uomo è un animale parlante, il cui stesso pensiero è strutturato secondo il linguaggio, la preghiera vocale non viene tuttavia ascoltata per la quantità di parole ma per il fervore. Essa, coinvolgendo la corporeità, esige, tanto quanto meditazione e contemplazione, all'occorrenza, diverse posture del corpo stesso: in piedi, in ginocchio, seduti, come espressione degli atti che essa significa verbalmente; peraltro si può pregare in qualunque posizione o movimento che non siano sconvenienti o ostativi al raccoglimento. Pregando consapevolmente con le formule che ci sono consegnate dalla Chiesa entriamo in un orizzonte contemplativo. La sua frequenza può coprire tutta la giornata (1), in parallelo con la Liturgia delle Ore (2) con la Benedizione ai pasti, la Preparazione e il Ringraziamento all'Eucarestia (per chi si comunica ogni giorno, sebbene tali atti vadano compiuti anche in Comunioni che abbiano diversa ciclicità), le proprie devozioni private, le frequenti giaculatorie, il devoto e ricorrente pensiero a Dio in ogni luogo e momento; può materiare la settimana, con l'Esame e il Ringraziamento per la Confessione (per chi si confessa settimanalmente, ma anche con altra cadenza questi esercizi sono necessari), l'Adorazione eucaristica, la partecipazione a eventuali gruppi di preghiera e altre devozioni personali (3); si dipana nel mese con le preghiere riparatrici dei Primi Venerdì e Sabati o con altre forme votive (4); si estende all'anno con i giorni e i mesi devozionali, le Novene, i Tridui e le altre preghiere scaglionate nel tempo (5). La meditazione, un tempo detta anche orazione discorsiva, è la riflessione attenta e raccolta, sotto la guida dello Spirito Santo, sulle verità della Fede, sui precetti del Signore, sulle vie attraverso le quali Egli conduce la nostra vita e la Storia, per trarre profitto e vantaggio nella nostra vita spirituale. Vi sono due grandi metodi di esercizio spirituale, l'ignaziano e il sulpiziano, il primo del Fondatore della Compagnia di Gesù (6), il secondo del Monastero di San Sulpizio a Parigi (7). Esige attenzione, per cui inizialmente si può fare sulla Bibbia o in subordine su altri scritti, testi e documenti spirituali; si può anche meditare a partire dalla nostra vita, dalla Storia, dalla Creazione; particolarmente incisivo è il meditare a partire da una Sacra Immagine o addirittura stando innanzi al Santissimo Sacramento. I peccatori trovano nella meditazione la strada della conversione, gli incipienti quella della costanza, i proficienti quella del perfezionamento, i perfetti quella dell'amore, sebbene nessuno degli effetti più elevati sia precluso a chi è in una condizione più bassa. Preghiera vocale di ritmo meditativo è il Santo Rosario della Beata Vergine Maria, con la scansione dei Misteri della Vita di Cristo, e la stessa preghiera con la Scrittura o Lectio divina. Il cristiano non può essere tale se non medita. Gli esercizi spirituali, che possono farsi – e devono farsi da parte dei religiosi e del clero- con profitto con cadenza fissa, sono il trait d'union tra orazione vocale e meditazione. I più famosi sono quelli fatti con il metodo ignaziano. La contemplazione o orazione propriamente detta è l'intimo rapporto di amicizia con Dio mediante cui ci si intrattiene da solo a Solo con Lui. In essa non si medita più, nel senso discorsivo del termine, ma si fissa lo sguardo su Gesù e su Dio. Una volta scelto il tempo e destinata una parte di esso all'orazione, non è bene tornare indietro. Anche perché è sempre possibile contemplare, a differenza della meditazione, per cui è bene insistere anche nelle difficoltà. Ciò perché la contemplazione è un dono, una Grazia a cui nessuno può accedere senza essere chiamato, a differenza dei gradi più bassi di preghiera che abbiamo descritto, per cui non va sprecata. Si entra in essa col raccoglimento. Si esprime con essa la nostra figliolanza divina. E' segno di comunione e atto di alleanza con Dio. E' il momento forte della preghiera. Lo sguardo fissato su Gesù e su Dio ci permette di vedere tutto alla Loro luce, di amare tutti col Suo amore, di comprendere e imitare meglio i Misteri della Salvezza. L'orazione è incentrata sulla Parola divina che è così più intimamente obbedita e accettata. E' silenzio, in cui le parole servono solo a ravvivare l'amore. E' unione alla preghiera di Cristo e comunione di carità che porta vita anche agli altri, alimentando la testimonianza. E' detta orazione affettiva nella via illuminativa, perché vi dominano i puri affetti, atti di volontà che esprimono a Dio il nostro amore e il nostro desiderio di glorificarLo. Anche per l'orazione affettiva vi sono due metodi, l'uno ignaziano (8) e l'altro sulpiziano (9). L'orazione di contemplazione – diversa da quella discorsiva degli incipienti e da quella affettiva dei proficienti e tipica della via unitiva- è sotto il predominio dello sguardo contemplativo, se non per tutta la sua durata almeno frequentemente. Gli affetti in essa sono semplificati, come dicevamo, perché non esigono molteplici atti come nell'orazione affettiva dei proficienti, in quanto l'amore riunifica tutti gli altri atti nel suo proprio ed è posto in modo stabile. Mancano da essa anche i ragionamenti dell'orazione discorsiva perché superflui in quanto non necessari per istradarsi e motivarsi nell'amore. Essa è perciò una vista semplice ed affettuosa delle cose divine o di Dio stesso. La contemplazione acquisita, detta anche orazione di semplicità, è ancora più elevata; essa implica gratitudine ed amore; i ragionamenti in essa diminuiscono fino a scomparire; le convinzioni sono ormai tanto radicate da produrre gli affetti; la riflessione è sostituita da uno sguardo intuitivo dell'intelletto; gli affetti si riducono e si concentrano su uno solo, egemone, che può essere ad esempio l'amore per il Crocifisso o quello per l'Eucarestia, ecc. Tale semplificazione si estende a tutta la vita e la riunifica nella glorificazione continua di Dio fatta attraverso tutte le cose. La contemplazione infusa, posta ancora più in alto, è una vista semplice ed intuitiva di Dio e delle cose che Lo riguardano. Essa procede dall'amore e tende ad esso. Dio qui esercita il ruolo principale, chiamando gratuitamente l'anima alla contemplazione, scegliendo momento, modo e durata di essa, operando sull'apice o cima dell'anima -detta anche centro di essa o intimo fondo – e producendovi conoscenza e amore. Più profonda ancora è l'orazione di quiete si ha quando Dio si impossessa dell'anima nel suo apice, lasciando liberi i sensi e le facoltà inferiori dell'anima stessa. Infine, l'orazione di unione piena, detta anche unione piena o semplice delle facoltà interne, è infatti una intimissima unione dell'anima con Dio accompagnata dalla sospensione di tutte le facoltà o potenze interne e la certezza che Dio è nell'anima. Nel corso di essa non vi sono né distrazione né stanchezza, ma grande letizia, zelo, distacco dalle creature, sottomissione a Dio, carità intensa per il prossimo. Pregare tuttavia non è un'azione semplice, che si compie senza ostacoli. Il diavolo, il mondo, la concupiscenza oppongono ostacoli che vanno combattuti per perseverare. L'arma è la preghiera stessa. Anzitutto vanno eliminate le concezioni erronee della preghiera, che ne fanno un'operazione psicologica, uno sforzo di concentrazione per il vuoto mentale, un'attitudine e un insieme di rituali; va eliminato il concetto più erroneo di tutti: che non si abbia il tempo per parlare con Dio. Alcune concezioni erronee sono addirittura foriere di eresia : è l'idea dello Gnosticismo che la salvezza venga dalla conoscenza e non dalla Grazia, per cui la preghiera, se non è atto di conoscenza, è inutile; è quella del Messalianesimo, per cui essa è vera ed efficace quando si consuma nella percezione interiore piacevole e dilettante; è la presunzione di voler imitare nelle forme più elevate la preghiera dei propri modelli raggiungendola da soli; è l'irenismo e il sincretismo orientaleggiante che si serve di tecniche di preghiera non cristiane per imitare le esperienze mistiche cristiane dei Grandi Maestri; che sostituisce a Dio un assoluto informe e senza determinazione, che pretende di scendere in abissi divini anteriori alla Tripersonalità di Dio stesso – e che non esistono; che crede di poter annullare la differenza identitaria tra l'uomo e Dio; che identifica il vuoto di sé, indispensabile per la preghiera, con una mancanza assoluta di rappresentazioni; che cerca con tecniche di sopperire o forzare il dono gratuito di Dio nella preghiera. A queste concezioni va opposta la vera dottrina eucologica: la preghiera investe tutta la persona e non solo la sfera psichica, non cerca il vuoto ma la pienezza di Dio, non scaturisce da un'attitudine ma è questa che viene fuori dal suo esercizio, non si esplica nei riti ma al massimo se ne serve, non mendica il tempo ma ne è la trama esistenziale; la preghiera non è conoscenza ma carità; non avviene solo nelle sensazioni gradevoli ma anche in quelle indifferenti o dolorose perché si regge sulla volontà e sulla Grazia, che sola dà l'unione reale con Dio; non ha la presunzione di imitare la perfezione dei Santi perché solo Dio la concede e non certo con trucchi provenienti da religioni false; mira alla comunione con Dio in Tre Persone e non cerca uno stadio divino più profondo e fallace; non pretende di copiare gli schemi di preghiera mistica così come sono stati vissuti dai Santi se Dio non concede gratuitamente la Grazia. Le sensazioni di luce e calore che spesso accompagnano l'uso delle tecniche orientali non sono segno di buona preghiera, ma solo stati psicofisici che addirittura possono sviare dalla retta via dell'unione con Dio. Il cristiano non cerca gli effetti speciali nella preghiera, ma accetta quanto Dio gli concede. Poi vanno corrette le mentalità mondane, che negano la realtà del mondo sovrasensibile e l'efficacia dei mezzi che ci mettono in contatto con esso; che misurano tutto in produzione e rendimento; che cercano solo comodità e sensualità; che considerano la preghiera una fuga dal mondo. Infine vanno sgominati i nostri insuccessi nella preghiera, superandoli o non tenendone conto: scoraggiamento dinanzi all'aridità e all'accidia – di cui diremo tra breve- tristezza di non dare tutto a Dio per l'attaccamento ai nostri beni; delusione per il mancato esaudimento; orgoglio ferito nella considerazione della nostra colpevolezza morale; rifiuto della gratuità della preghiera, ecc. Umiltà, fiducia e perseveranza ci permetteranno di superare gli ostacoli. Perseverando nella preghiera, dovremo confrontarci con ciò che la inficia mentre la si compie. Anzitutto la distrazione, che esige la riaffermazione della centralità di Dio nell'atto che compiamo, specie attraverso la vigilanza su tutta la nostra vita e in particolare nel momento del colloquio con il Signore. Poi l'aridità, che specialmente nell'orazione si esprime come insensibilità del cuore, disgusto o mancanza di gusto per i pensieri spirituali e altre refrattarietà interiori che esigono una saldezza di volontà per essere superate, una preghiera che passi attraverso il Mistero dell'Agonia del Gethsemani. Indi l'accidia, ossia la pigrizia spirituale, che spesso scaturisce dalla presunzione di chi crede di essere già avanti nella vita interiore o dallo scoraggiamento di chi invece si vede troppo indietro. Essa esige una costanza di proposito e un rassodamento dell'ascesi. Infine la mancanza di Fede, sia come presunta preminenza di altre occupazioni sulla preghiera, sia come finto o addirittura mancato affidamento a Dio e alla Sua Provvidenza, fino alla mancata adesione alla Sua sconvolgente Parola: Nulla è impossibile a chi crede. Tale mancanza di Fede spesso sembra giustificata dal fatto che non veniamo esauditi o veniamo esauditi tardi. Ma, a parte che la perseveranza è una fonte di merito e quindi l'attesa è una forma di prova che Dio ci infligge, bisogna dire che spesso non veniamo esauditi o perché chiediamo una cosa cattiva o meno buona rispetto a quanto Dio ha preparato, o perché chiediamo in modo scorretto, irriverente e incostante, o perché chiediamo in stato di peccato grave o in una condizione morale non atta a quanto pretendiamo. Da qui la necessità dell'umiltà, della fiducia, del fervore. In ogni caso la preghiera è sempre efficace, per noi e per gli altri, in modi che non sempre capiamo. Perciò noi figli di Dio preghiamo sempre nell'amore, perché sappiamo che pregare è possibile in qualunque istante, che è una necessità vitale naturale e soprannaturale, che la nostra vita cristiana è impossibile senza la preghiera. 1. Nella giornata, in parallelo alle Lodi e alla Compieta, abbiamo le antichissime Preghiere del mattino e della sera – composte da più orazioni, liberamente scelte - risalenti all'età patriarcale. Conviene al mattino recitare, oltre la Preghiera del mattino propriamente detta, il Pater all'Eterno Padre, l'Offerta dell'Apostolato della Preghiera o della Riparazione al Sacro Cuore di Gesù, la Preghiera allo Spirito Santo e il Gloria alla SS. Trinità. Indi onorare la Vergine con le Tre Ave Maria da Lei richieste a Santa Matilde mattina e sera in onore della Potenza, della Sapienza e dell'Amore di cui è stata colmata dalle Tre Persone Divine, promettendo in cambio la Sua materna intercessione in punto di morte e quindi la perseveranza finale. Poi tre Gloria al Patriarca San Giuseppe con una pia invocazione (p. es: quella della Pia Unione del Transito di San Giuseppe); l'Angelo di Dio all'Angelo Custode; un Eterno Riposo ai Defunti in genere e uno ai propri; la Preghiera di Leone XIII a San Michele Arcangelo, che vale come esorcismo; un Gloria al Santo del giorno. Infine gli Atti delle Virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. Alla sera si può recitare la Preghiera della sera, il Pater, il Gloria; le Tre Ave Maria; un Gloria a San Giuseppe, l'Angelo di Dio, ancora i due Requiem, la Preghiera a San Michele; fondamentale, dopo l'esame di coscienza, l'Atto di dolore dei peccati commessi e l'Atto di Riparazione che può preservare dal Purgatorio; la Preghiera a Gesù, Giuseppe e Maria per la buona morte; una pia invocazione al Sacro Cuore e alla Divina Misericordia; un ultimo responsorio come difesa dal diavolo. Alle Lodi, all'Ora sesta e al Vespro si può recitare la preghiera mariana dell'Angelus Domini, sostituita in tempo di Pasqua dal Regina Coeli. Essa è ricordata dal suono delle campane. L'Angelus pomeridiano può introdurre il Santo Rosario, che nei suoi venti misteri gaudiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi – cinque al giorno- permette di ripercorrere in una settimana le tappe della Vita di Cristo e di Maria. Esso surroga e integra l'intero Salterio. Angelus e Rosario sono preghiere anche comunitarie, che si recitano nelle chiese. Sono ricche di indulgenze; il Rosario è seguite dalle Litanie della Beata Vergine Maria, specie nella forma lauretana. Sul modello del Rosario si sono formate le innumerevoli corone devozionali recitate nel mondo cristiano: quella alla Divina Misericordia, quella alle Sante Piaghe, quella allo Spirito Santo, il Rosario del Padre. E' bene recitare il Rosario intero il sabato, giorno mariano. Alle Tre pomeridiane si può onorare la Divina Misericordia, come richiesto da Gesù stesso nelle Rivelazioni autenticate a Santa Faustina Kowalska, magari con l'adorazione o con il Rosario o la Via Crucis. Essa è il ripercorrimento della Passione e Morte di Cristo a partire dalla Condanna fino alla Sepoltura, attraverso quattordici stazioni. Ricca anch'essa di indulgenze, la Via Crucis ha una forma moderna che ingloba tutta la Passione. Vi è una quindicesima stazione della Resurrezione. Anche questo pio esercizio si recita in comunità, specie nei Venerdì di Quaresima. Sul modello della Via Crucis esiste la Via Lucis, che ripercorre i quadri della Resurrezione fino al Ritorno di Cristo alla fine del mondo. E' bene leggere quotidianamente la Bibbia e libri di ascetica o spirituali, come anche visitare il Santissimo Sacramento e la Vergine in una chiesa. Alcune anime pregano, potendo, anche di notte.
2. Il singolo giorno è scandito dalle Ore canoniche, celebrate dalla Liturgia omonima, composta di inni e salmi ripartiti tra Lodi, Ora terza, sesta, nona, Ufficio delle Letture, Vespri e Compieta, corrispondenti all’alba, alle nove, alle dodici, alle quindici, al tramonto e alla notte; esse, nella liturgia latina, si dispiegano in un ciclo ordinario di quattro settimane, che integra l’ufficio proprio delle giornate più solenni. Obbligatorie per i chierici e i religiosi, queste preghiere sono l’orazione ufficiale della Chiesa, mediante cui essa intercede per i suoi figli. Perciò tutti sono esortati ad associarvisi, senza tralasciare le proprie devozioni. Ogni giorno, in genere, nelle chiese vi è una Messa delle Lodi e una del Vespro. La domenica comincia, canonicamente parlando, dal tramonto del sabato o Primo Vespro; per cui essa ha due Vespri, come tutte le feste ad essa equiparate. Questa liturgia è ormai diffusa tra i laici per cui vale la pena di ricordarla nella teologia della preghiera oltre che in quella liturgica propriamente detta.
3. Nella settimana, la devozione tradizionale santificava, con apposite preghiere ed opere pie, il Lunedì per i Defunti, il Martedì all'Angelo Custode, il Mercoledì a San Giuseppe, il Venerdì al Sacro Cuore e alla Passione di Cristo, il Sabato alla Madonna. Alcuni Santi molto popolari hanno i loro giorni, come il Martedì per Sant'Antonio e il Giovedì per Santa Rita.
4. Nel mese, il Primo Venerdì è, su Sua esplicita richiesta a Santa Margherita Maria Alacoque, per il Sacro Cuore. L'ultimo Venerdì è per il Preziosissimo Sangue. In essi si compiono atti di riparazione e consacrazione, legati al culto eucaristico, sia pubblico che privato. Il Primo Sabato è per il Cuore Immacolato di Maria, come da Lei chiesto a Fatima. Il Venticinque del mese è, in alcune chiese, solennizzato dalle Litanie del Santo Bambino; il Ventisette dalla Preghiera all'Immacolata della Medaglia miracolosa. Esistono ovviamente altre pratiche minori.
5. Nell'anno, vi sono i mesi devozionali e le preghiere cicliche preparatorie alle Solennità, entrambi sia pubblici che privati. Marzo a San Giuseppe, Maggio all'Immacolata, Giugno al Sacro Cuore, Luglio al Preziosissimo Sangue, Settembre all'Addolorata, Ottobre alla Madonna del Rosario e per le Missioni, Novembre ai Defunti, Dicembre al Santo Bambino. Alcuni dedicano Gennaio al Padre Eterno. Al centro di questi mesi spesso ci sono Solennità liturgiche che conferiscono loro il tema devozionale. In quanto alle preghiere cicliche, sono soprattutto novene e tridui. Le più importanti dell'anno liturgico sono la Novena all'Immacolata, quella di Natale, quella a San Giuseppe (anche se nelle chiese si fa il triduo, perchè meno solenne in occasione della Quaresima, nella quale cade la solennità del Santo), quella alla Divina Misericordia, quella di Pentecoste, quella – meno nota e non pubblica – del Corpus Domini, quella del Sacro Cuore, quella del Cuore Immacolato, quella del Sangue Sparso, quella dell'Assunzione, quella del Santo Bambino di Praga, quella dei Defunti, quella – anch'essa poco praticata – di Cristo Re. Vi sono poi novene ai Santi e in particolare la Tredicina – di tredici giorni – a Sant'Antonio. Esistono anche i Settenari – come quello all'Addolorata. L'Ottavario è tipico dei Defunti.
6. ñ Lo schema è il seguente. Anzitutto il Preludio, con il richiamo della verità da meditare, la composizione del luogo per immaginazione, la domanda di Grazia conforme all'oggetto. Poi il corpo della meditazione, attraverso la memoria, che richiama il soggetto con le principali circostanze; l'intelletto, che si domanda:
7. Lo schema è questo: vi è la Preparazione prossima da fare il giorno prima scegliendo il soggetto o virtù, determinando considerazioni, domande e risoluzioni da fare, fissando quanto andrà considerato in Gesù; poi segue la Preparazione Immediata, mettendosi alla presenza di Dio che è ovunque e quindi anche in noi, umiliandosi innanzi a Lui con contrizione e recita del Confiteor, riconoscendosi incapaci di saper pregare e invocando lo Spirito Santo con il Veni Sancte Spiritus. Poi viene il corpo della meditazione, con l'adorazione di Gesù mediante la considerazione in Dio, in Gesù o in un Santo dell'oggetto, e col porgere adorazione, ammirazione, lodi, ringraziamenti, amore, gioia e compassione; la comunione con Gesù, convincendosi della necessità della virtù considerata, riflettendo su se stesso con contrizione per il passato, confusione per il presente e desiderio per l'avvenire, domandando la virtù su cui meditiamo; la cooperazione, prendendo una risoluzione e rinnovando l'esame particolare sulla virtù che si vuole acquisire. Si conclude ringraziando, chiedendo perdono e benedizione, formando il mazzolino spirituale e offrendo tutto alla Vergine.
8. Il metodo ignaziano prevede tre forme di orazione affettiva: la contemplazione (da non confondersi con l'orazione di contemplazione), l'applicazione dei sensi, la seconda maniera di pregare. La contemplazione può farsi sia su di un mistero sia su di un attributo divino. Facendola su di un mistero, si contemplano le persone che ne furono protagoniste, se ne ascoltano le parole, se ne considerano le azioni, si prende parte attiva ad esso e se ne cerca un risultato pratico per la vita interiore. Si formulano, nel corso di essa, tutti gli atti affettivi possibili e congruenti (adorazione, riconoscenza, amore, compassione, ecc.) e si prega per sé e per gli altri. Facendola su un attributo divino, lo si considera con sentimenti di adorazione, lode ed amore. L'applicazione dei sensi implica appunto l'uso di essi, in modo immaginativo e spirituale, su un qualche mistero della Vita di Cristo e della Vergine; si conclude con pii colloqui con Gesù e Maria, chiedendo la Grazia conforme all'orazione fatta. La seconda maniera di pregare consiste nel ripetere adagio una preghiera vocale, gustando ogni parola e soffermandosi su ognuna finchè suggerisce elementi di contemplazione, anche per tutto il tempo stabilito, per poi passare oltre. Se ne trae una conclusione pratica e si prega di avere la Grazia di eseguirla.
9. Il metodo sulpiziano è lo stesso che nella meditazione, solo che qui l'adorazione si dilata fino a coprire la metà dell'orazione, sostanziandosi di affetti; la comunione diviene anch'essa quasi completamente affettiva; la cooperazione è infine anch'essa più fondata su motivazioni di affetti e implica una applicazione per amore di Gesù. Si conclude con il mazzolino spirituale.
10. In merito si è pronunziata la Congregazione per la Dottrina della Fede con la Lettera “Alcuni aspetti della meditazione cristiana” del 1989, approvata dal Beato Giovanni Paolo II (1978-2005).
Theorèin - Ottobre 2012 |