LA TEOLOGIA CRISTIANA. APPUNTI PER UN CORSO SISTEMATICO

A cura di: Vito Sibilio
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ORATIO DOMINICA
Breve parafrasi del Padre Nostro

"Signore, insegnaci a pregare"

(Gli apostoli a Gesù)

Noi cristiani abbiamo la nostra preghiera più bella nel Padre Nostro, in latino Pater Noster, detta anche Orazione domenicale, laddove domenicale è aggettivo latineggiante riferito al Signore, in latino appunto Dominus. Sulle nostre labbra deve sempre fiorire questa preghiera stupenda, in tutte le lingue, anche di più di quelle, innumerevoli, in cui essa è scritta sulle maioliche della Chiesa ad essa dedicata sul Monte degli Ulivi, laddove Gesù la insegnò. Quel che segue tenta di spiegarne i significati essenziali. Ricordandoci sempre che quando chiamiamo Dio col nome di Padre, Egli è felice. La nostra preghiera, per Sua benignità, è emanazione della Sua beatitudine.

IL PADRE NOSTRO: CIO’ CHE GESU’ CI DICE DI SUO PADRE

Impropriamente chiamiamo l’AT era del Padre e il NT era del Figlio, quasi che nell’AT il Padre fosse già rivelato. In realtà Dio Padre ci diviene noto solo quando Dio Figlio viene nel mondo. Un Padre non è tale se non in relazione al Figlio, e le Due Persone divine non sono esenti da questa regola. Come dice Gesù, nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Questo Padre, che è una cosa sola col Figlio, che mostra al Figlio tutto ciò che deve fare e gli fa udire cosa deve insegnare, è mostrato all’uomo dal Figlio; chi ha infatti visto il Figlio ha visto il Padre, come Gesù disse a Tommaso nei monumentali discorsi dell’Ultima Cena. Essi sono consostanziali, e il Figlio è impronta della sua sostanza e irradiazione della sua luce, per usare le espressioni di San Paolo.

L’amore, che rifulge nel Figlio, ha la sua scaturigine nel Padre. E’ il Padre infatti che invia il Figlio nel mondo per salvarlo, e accetta di sacrificarlo per gli uomini ingrati. Un padre che accetta di vedere un figlio sacrificarsi per amore di gente malvagia, appare eroico nel suo altruismo; ancor più deve colpirci il dono che il Padre fa del Figlio a ognuno di noi. Spesso il Figlio appare come la vittima immolata al Padre, quasi che l’Uno ami e l’Altro cerchi solo una vittima su cui sfogare il suo furore; ma il Figlio è la vittima del Padre, la vittima che il Padre offre alla giustizia della Trinità, che è la sua giustizia ma anche quella del Figlio e dello Spirito, per l’amore che ha per l’uomo, un amore che lo accomuna al Figlio e allo Spirito. Al Padre tocca ricevere il sacrificio del Figlio, perché è infinitamente giusto, ma è dal Padre che inizia anche il dono dell’amore redentivo, perché è Lui che chiede alle Persone a Lui consostanziali: “Chi andrà per noi?”, ed è a Lui, per obbedienza, che il Figlio dice: “Ecco, manda Me !”. Nel voler mandare Uno della Trinità a soffrire nella Carne, il Padre pone dunque un’istanza che è simultaneamente di giustizia e carità. Di giustizia, per espiare; di carità, per salvare. Non di giustizia soltanto, perché per essa sarebbe bastato dannare tutta l’umanità, ma di giustizia e amore insieme, per concedere il perdono e la salvezza meritatamente.

Dunque, come l’amore nasce, nel circuito trinitario, dal Padre, così anche quello redentivo, destinato ad esondare dalla Trinità, nasce da Lui; specularmente la giustizia, che esige il sacrificio e lo riceve, inizia dal Padre, che la comunica alle altre Persone. A Lui arriva la soddisfazione del sacrificio e Lui la comunica alle altre Due Persone.

Gesù dice cose bellissime della Prima Persona Divina. E’ Lui che la chiama Padre. Questo andrebbe ricordato dai teologi e dalle teologhe che considerano la paternità divina una elaborazione culturale o peggio una forma intellettuale di tipo sessista: il nome e la funzione di Padre sono provenienti direttamente dal mondo metafisico, dal seno della Trinità, dal quale il Figlio è uscito, per comunicarcelo. Padre non è determinazione di genere sessuale, ma funzione personale, datrice di forma, attivamente generante. Padre è termine che ricorda la funzione fontale della Prima Persona Divina, da cui tutto deriva. Un Padre il cui amore la Bibbia definisce non solo paterno, ma anche materno, e addirittura più che materno: infatti ogni maternità e paternità terrene vengono dalla Paternità Divina, senza distinzione di genere. Ed essa è più di un Uno platonico, è appunto generatrice: dà vita per amore.

A questo Padre non basta tuttavia dare la vita a suo Figlio e far procedere da Sé e da Lui il Suo Spirito. Egli è creatore di un mondo non necessario, voluto per amore gratuito, ed è Padre nostro, perché non si limita a creare il mondo, ma adotta come suoi veri figli gli uomini, redenti da Cristo, in modo altrettanto gratuito. E come ogni Padre, nel momento in cui si mostra tale, mostra a se stessi i suoi figli, che assumono la propria identità proprio in relazione a Lui: noi siamo creature di Dio, e figli di Dio Padre, fratelli di Cristo, tempio dello Spirito. La natura trinitaria dell’uomo, fatto di intelligenza, volere e amore, si eleva al soprannaturale. L’uomo è chiamato a vivere come il Padre gli insegna, per essere santo come Lui e vivere con Lui in eterno. A Lui possiamo rivolgerci non più come creature al Creatore, ma come figli: umili e confidenti, con determinata tenacia, con assoluto abbandono, con sconcertante sicurezza, grazie alle quali il nostro sguardo si fissa in Dio stesso. Dal momento che Lo chiamiamo Padre, siamo in comunione con Lui. Ma siamo in comunione tra noi, perché nessuno può dire che il Padre abbia adottato solo lui, o lui separatamente: Egli è Padre nostro, perché tutti siamo innestati in Cristo, suo unico vero Figlio. L’atto dell’adozione divina non è giuridico: è metafisico; la natura umana si riveste di quella di Cristo, spogliandosi di quella di Adamo. Per questo siamo tutti partecipi di questa adozione, anche se non tutti perseveriamo in essa, e non possiamo separarci gli uni dagli altri. Chi crede di poter essere figlio di Dio senza essere fratello dei battezzati non è generato da Dio, ma da Satana. Non è solo una disposizione alla carità, ma la consapevolezza di una mistica unione, più forte di ogni unione naturale, che ci aggrega tutti. Essa ci vincola anche quando il fratello, con una lacerazione, si stacca da noi, perché noi rimaniamo uniti a lui proprio tramite il Padre comune. Noi siamo figli del Padre perché membra vive del Corpo Mistico del Figlio, ossia del prolungamento della sua Natura Umana, a sua volta unita in una sola Persona a quella Divina, che è la stessa del Padre. Nessuna filiazione umana e terrena ha un rapporto tanto stretto con la rispettiva paternità. Noi siamo figli e più che figli, perché membra vive dell’Unico Figlio.

Questo Padre è nei Cieli; Gesù specifica proprio questo su di Lui, e nient’altro. Il Cielo è il luogo simbolico della maestà suprema e assoluta, della sublimità inarrivabile e ineffabile; il Cielo è dunque il luogo di Dio perché è la Sua condizione di grandezza altissima, di divinità piena e fontale. Il Padre nei Cieli è il Dio Altissimo dell’AT. E’ l’Essere pieno rivelato a Mosè, le cui caratteristiche la ragione ha scoperto da Parmenide in poi. Ma se il Padre è nei Cieli, anche i figli possono aspirare a raggiungerlo. Già sediamo con Lui nella gloria invisibile della grazia; poi saremo con Lui in quella visibile, oltre la vita terrena.

Al Padre nei Cieli Gesù chiede che il Suo Nome sia santificato. Il Padre appare come la fonte della santità. La santità è la stessa natura divina. Dio concede la santità, chiamando gli uomini a Se’, concedendo l’alto onore di conoscerlo, amarlo e servirlo in terra, per poi goderlo in Cielo. Il Nome del Padre, che è lo stesso mistero della Sua Persona, viene santificato dagli uomini che Lui stesso santifica: in questa domanda il Padre appare come il vero autore della giustificazione degli uomini stessi, avendo deciso di predestinarli alla salvezza, di eleggerli alla dignità della figliolanza, di chiamarli alla fede, di santificarli con la grazia, di glorificarli in cielo. Il Padre ha inviato il Redentore e riceverà gli eletti in Cielo. La Santificazione del Nome del Padre ce lo rivela quale autore della salvezza dell’uomo e, in esso, dell’elevazione del creato all’ordine soprannaturale. In tale santificazione si ricapitola infatti quella santificazione inferiore che il Padre ha deciso di ricevere creando il mondo, il cui splendore è un riflesso, sia pure inconsapevole, della luce divina. Nella Santificazione del Nome rientra anche la gloria che il Padre riceve dagli Angeli, inseriti anch’essi nella giustificazione cosmica, avendo il Padre confermato nella grazia gli spiriti fedeli, rigettando invece quelli ribelli. Il Padre è dunque il Santificatore primordiale e finale, la causa finale e primaria dell’ordine naturale e soprannaturale. Cristo è Colui Che adempie perfettamente al dovere della Santificazione del Padre Suo, divenendo causa di santificazione dei fratelli. Egli è l’unico che, come Uomo, è santo come è santo il Signore suo Dio, che è suo Padre, e che Egli stesso, nel Discorso della Montagna, ha dato come modello agli uomini. La preghiera di Gesù al Padre, sia santificato il Tuo Nome, si realizza in Lui stesso, e la nostra in Lui, quando ci uniamo alla sua intenzione.

La seconda domanda che Gesù fa al Padre, che venga il Suo Regno, ci mostra un ennesimo volto della Prima Persona Divina. Egli è il Reggitore del Cosmo, l’Autocrate – nel senso etimologico, non morale – dell’Universo, l’Artefice di ogni legge. E’ l’Onnipotente, il biblico El Shaddai. Da Lui discende la sovranità sulla terra e nel cielo, come insegna l’Apostolo Paolo. Egli mantiene le leggi di natura, fonda quelle della ragione e della morale, sanziona in esse gli inadempienti. E da Lui scaturisce l’operazione attiva che porta al compimento della salvezza: rimuovendo gli ostacoli che Egli ha permesso che insorgessero contro la Sua sovranità, il Padre realizza la Sua sovranità, trasformando le coscienze, gli uomini, il mondo stesso. Questa Sua Regalità, attiva e trasformante, si compie pienamente in Cristo. Questi è il Regno di Dio, il luogo del Suo dominio incontrastato. Laddove viene il Regno del Padre, lì viene Cristo medesimo. E il Suo Regno siamo dunque noi quando Cristo è in noi con la Grazia e soprattutto con l’Eucaristia, nella cui presenza reale si realizza ciò che insegna la Bibbia: Egli sarà il Dio-con-loro.

La terza domanda, di realizzare la Sua Volontà come in Cielo così in Terra, mostra l’assoluta efficacia della Volontà divina, che sola basta a compiere ogni cosa che sancisce. All’uomo è concesso di uniformarsi ad essa, nel precetto (che prescrive il bene), nella proibizione (che vieta il male) e nel consiglio (che esorta alla perfezione); all’uomo è dato di conoscerne l’ineffabile bellezza e bontà, per cui, uniformandosi – per grazia – ad essa, egli possa raggiungere la piena unità morale con il Padre stesso, così come avviene per i Beati, in cielo. Colui che ha perfettamente compiuto la Volontà Divina, volendo le stesse cose del Padre Suo, e Lui in esse, è sempre Gesù. Questa Volontà si compie proprio nel grande progetto di Dio, che chiama le cose all’essere dal nulla; gli uomini e gli angeli dalla vita naturale alla soprannaturale; i salvati dal peccato alla santità; i santi dalla sofferenza alla beatitudine; i morti dal loro sonno alla vita eterna.

In queste tre domande, Dio Padre è rivelato in relazione a Se stesso: Santo, Sovrano, Determinatore assoluto. Nelle quattro successive, Gesù lo rivela in relazione al mondo.

Chiedendogli di darci oggi il nostro pane quotidiano, Gesù mostra il Padre come la Provvidenza attiva e primaria, che in seno alla Trinità dà inizio e compimento agli atti con cui Dio si occupa, istante dopo istante, con amore e premura, delle sue creature. Il pane per eccellenza che il Padre dà è suo Figlio, attraverso il quale provvede al mondo, e che è nostro autentico nutrimento nell’Eucarestia.

Supplicando di rimettere a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, Gesù mostra il Padre come Colui dal quale inizia il processo di gratuito e benevolo perdono delle colpe dell’uomo, sia come singolo che come genere, storicamente e continuamente. In virtù di tale perdono, Dio Padre mette l’uomo in condizione di perdonare a sua volta. In ragione di ciò, ognuno è obbligato a perdonare, per uniformarsi al dono ricevuto e alla santità del donatore. Nel perdono reciproco, l’uomo imita la gratuità del dono divino e ama come Lui ama. Il Padre perdona l’uomo sempre in Cristo e tramite Lui, e anche noi possiamo perdonare solo grazie a Lui.

Chiedendogli di non indurci in tentazione, Gesù mostra il Padre come Colui Che ha il potere di correggere la corrotta natura umana, di sostenere l’uomo nella sua lotta per la santità, di sgominare le forze del peccato nel mondo, di imbrigliare la potenza di Satana; il Padre riduce, sconfigge e azzera la tentazione, e così rende libera l’uomo così come Lui è libero, ossia incapace di compiere il male, perché non può volerlo. Da questa frase si evince che Dio Padre è la causa prima di ogni cosa: anche la tentazione, che Dio non vuole, può avvenire solo col suo consenso, e quindi Egli può sradicarla. La vittoria sul peccato è dono del Padre, non solo conquista dell’uomo. Lo strumento della sconfitta della tentazione è Cristo Redentore, che resistette alle seduzioni di Satana nel deserto e tuttavia pagò sull’albero della Croce le colpe dei peccati in cui non fu indotto. Egli infatti seppe dominare tanto la sua natura umana, immune dalla colpa e dalla corruzione morale, da affrontare gli strazi orribili della passione e morte, realizzando quel compiuto dominio dello spirito sulla materia che è la strada da percorrere per estinguere la tentazione.

Infine Gesù chiede al Padre di liberarci dal male. Il Padre non ha voluto il male nel mondo; il creato ha dei limiti, inclusa la distruzione e la morte, ma sono parte del ciclo cosmico; all’uomo aveva risparmiato morte, sofferenza, ignoranza e passione costituendolo in uno stato primordiale di beatitudine che elevava e nobilitava la natura, togliendole anche ciò che le toccava. Il male è entrato nella vita dell’uomo ed è dilagato nel cosmo per il peccato, che non solo ha sottratto ai figli di Adamo la loro condizione beata, ma ha peggiorato lo stato base della natura umana e addirittura di tutte le cose nel cosmo. Ma tramite il Figlio Egli sconfiggerà il male definitivamente alla fine dei tempi, e già ora lo sconfigge di volta in volta, arginando, limitando, prevenendo, guarendo e sopperendo a disgrazie, malattie, catastrofi, guerre e violenze. Il massimo trionfo del Padre sul male è il miracolo, fatto per la fede dei credenti, derogando alle leggi da Lui stesso fatte, per amore dei suoi figli. Volto a sopprimere i mali morali e fisici, nella guarigione e nella conversione, il Padre mira anche a perfezionare la natura, liberandola un giorno dalla corruttibilità, ossia concedendole uno statuto ontologico più elevato, pur essendo già buono quello di cui gode, anche se meno perfetto. Il male più potente che Dio Padre deve sconfiggere è Satana. In realtà, il diavolo può fare solo ciò che Dio gli permette, e il Padre alla fine dei tempi lo rinchiuderà nell’Inferno, il luogo in cui tutti i malvagi troveranno nel male da loro fatto la propria punizione. L’ultimo nemico da annientare sarà la morte, con la Resurrezione dei corpi. Il Padre compie e compirà la sua vittoria sul male tramite il suo Cristo, che regna in mezzo ai suoi nemici e siederà alla destra del Padre fino a che essi non saranno come sgabello dei suoi piedi. Quando Gesù avrà compiuto la battaglia finale, consegnerà il regno al Padre. Quello sarà l’amen definitivo, con cui finisce ogni Padre Nostro.

ANGELICA SALUTATIO
Breve parafrasi dell'Ave Maria

"Ecco la Tua Madre"

(Gesù dalla Croce a a San Giovanni)

L'Ave Maria è, dopo il Pater Noster, sicuramente la più importante preghiera cristiana. Contenuta nel Vangelo di Luca, rivolta alla Vergine Santissima, è composta dalle parole dell'Arcangelo San Gabriele alla Vergine, con cui La saluta all'Annunciazione -per cui è detta Salutazione Angelica- da quelle di Santa Elisabetta, con cui La saluta alla Visitazione, e da quelle aggiunte dalla Chiesa, Mistico Corpo di Cristo, per ispirazione dello Spirito Santo. Essa, con il suo ricchissimo significato biblico, è la fondazione eucologica del culto mariano, a dispetto delle eresie protestanti. Chi ne esplora il senso, ne vede la profondità. Quel che segue vuole dare un piccolo aiuto in tal senso.

AVE MARIA. LA PREGHIERA ALLA MADRE

La prima parte dell'Ave Maria è composta da queste parole: Ave o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te. Sono le parole dell'Arcangelo Gabriele; vengono direttamente da una Intelligenza celeste che contempla il mistero di Maria direttamente nella Trinità; sono proferite squarciando un silenzio che avvolge la stessa Vergine, ignara di essere stata elevata da Dio a così grande perfezione; la loro linfa è quanto Dio stesso ha rivelato all'Arcangelo, portando il suo intelletto oltre quanto gli era naturalmente possibile, pur essendo egli uno spirito celeste, perchè si facesse Suo tramite per rivelarlo anche a noi. Sono accolte da Maria con una umiltà sovrana e con reverenziale timore, non ravvisando Lei in Sè alcuna ragione per meritare i grandi privilegi che scopriva di aver ricevuto.

Letteralmente il Vangelo di Luca ha queste parole: Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con Te. Alcuni testimoni aggiungono anche: Tu sei benedetta fra le donne. Ma ne diremo dopo.

Ave è la traduzione latina di rallegrati, in greco khaire. Esso è un saluto, esattamente come khaire. Ma il saluto qui non è di circostanza. Khaire vuol dire appunto rallegrati, sii felice, esulta, con tutto il cuore, esattamente come era stato vaticinato dai profeti Sofonia e Zaccaria, che la preconizzano Figlia di Sion, nonchè da Samuele nel Libro di Rut. I motivi sono legati all'elezione singolare di Colei Che è salutata. E anche noi, quando preghiamo, ancora salutiamo la Vergine e la esortiamo ad esultare in Dio per quanto è stato in Lei compiuto. E quando noi salutiamo Lei, Lei saluta noi.

Maria è il sublime nome della Madre del Verbo. Esso è ormai pullulante, e si ripete sui troni e nelle umili dimore. Ma la sua continua reiterazione non è uno svilimento del suo significato. Esso indica una eccelsa, sublime Signora. Il Nome di Maria contiene il Suo mistero. Il saluto al Suo Nome contiene già la ragione per cui Lei debba rallegrarsi, e noi per Lei e con Lei. Sulle labbra dell'Arcangelo non c'è, ma lo Spirito Santo lo ha sempre posto su quello di tutti coloro che pronunziano questa preghiera, perchè a Lei e solo a Lei sia rivolto lo sguardo interiore, a Lei che unica siede Signora nei Cieli, e che ora guarda noi dall'alto esattamente come fu guardata da Gabriele.

Piena di Grazia è l'appellativo con cui Gabriele chiama Maria, è l'antonomasia con cui la saluta. Nel testo greco vi è una espressione intraducibile in latino e nelle lingue romanze: kecharitōmènē. Esso è un participio perfetto passivo femminile del verbo charitòō. Indica uno stato iniziato nel passato e che continua stabilmente. Il verbo indica l'azione mediante cui si concede un favore gratuitamente. Perciò andrebbe tradotto: Tu Che sei stata e sei ricolma della Grazia divina. Non a caso infatti la parola greca per indicare la Grazia è charis, la cui radice è la stessa del verbo e quindi del participio. La Grazia di cui Maria è piena non è una grazia particolare o limitata, ma è la Grazia in se' e per sè, il favore divino, la Sua presenza attiva, senza limiti, la Sua forza santificatrice. Maria è Piena di Grazia in senso assoluto, sia perchè nessuna creatura ne ha tanta, sia perchè la Grazia in Lei compie tutto quanto è possibile in un essere umano e la innalza al fastigio soprannaturale più elevato. Maria è Piena di Grazia, per cui è immune da ogni colpa e piena di tutte le virtù. Lo è senza alcuna contaminazione e restrizione, per cui è Immacolata nella Sua Concezione, preservata dal Peccato d'Origine. E' immune dalle conseguenze della colpa, per cui è colma di Potenza, Sapienza e Amore come pienamente redenta; è innalzata alla contemplazione e alla visione divina per quanto a Lei possibile in terra; è immune da ogni passione; è colma di ogni conoscenza; è destinata a uscire dal mondo con una serena Dormizione che trapasserà nell'Assunzione in Anima e Corpo al Cielo.

Il Signore è con Te è il naturale complemento dell'appellativo Piena di Grazia, ne è l'esplicitazione. Il Signore Dio è con Maria senza limitazione nè di tempo, nè di modo, nè di luogo. E' nel senso pieno del verbo essere. Stabilmente e perpetuamente, in un presente che continua ancora oggi, Egli l'ha scelta come Sua Figlia, Sposa e Madre, come Creatura perfetta; è con Lei e in Lei come nella vera ed eterna Arca dell'Alleanza, nella vera Tenda del Convegno, nel vero Tempio. E' con Lei con la pienezza che solo può esserci in un Dio che si fa Suo Figlio, prendendo carne nel Suo grembo per opera dello stesso Spirito Santo. E' con Lei perciò in un modo unico e senza limiti che in ragione di ciò si accresce fino a concretizzarsi nel disegno più alto, l'Incarnazione del Verbo, che rende Maria Madre di Dio. Dio può essere con Lei in questo modo perfetto proprio perchè l'ha resa Piena di Grazia, e può essere Piena di Grazia perchè il Signore rimane stabilmente con Lei, in un presente che non conosce tramonto. Questo del resto è esplicitato dall'Arcangelo poco dopo. Egli è come se dicesse: Rallegrati, Tu che sei e rimani colma della Grazia divina, perchè il Signore è con Te. Infatti i Profeti avevano invitato Maria a rallegrarsi in vaticinio, perchè il Signore aveva deciso di dimorare in Lei. Maria è turbata per questa rivelazione su di Lei e per Lei; crede a Dio che le parla, ma nello stesso tempo è spaventata per l'abisso che separa ogni creatura dal Creatore. Mostra la Sua umiltà e la Sua fede, come conseguenze e nello stesso tempo concause della Sua singolarissima vocazione. E a Lei l'Arcangelo dice quanto noi sottintendiamo nella preghiera mariana: ha trovato Grazia presso Dio ma non per questo deve intimorirsi; concepirà e partorità un Figlio; lo chiamerà Gesù, per cui sarà il Salvatore; sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore gli darà il Trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla Casa di Giacobbe e il Suo Regno non avrà fine. A Maria che oppone non la Sua indisponibilità o incredulità ma il Suo voto di castità nel matrimonio verginale che la lega a Giuseppe, l'Arcangelo annunzia che lo Spirito Santo sarà su di Lei e la Potenza dell'Altissimo la coprirà con la Sua ombra, per cui Chi nascerà sarà Santo e Figlio di Dio. A ciò Maria risponde con la completa sottomissione. Perciò l'intera Annunciazione mostra il senso della pienezza della Grazia in Maria e della presenza di Dio accanto a Lei: sarà Madre verginale, per opera dello Spirito, del Figlio di Dio; Madre del Salvatore, la cui missione può iniziare col Suo assenso; Madre del Re e quindi Regina anch'essa. A Lei, Causa della nostra Letizia e Inizio della nostra Salvezza, noi diciamo tutto questo ogni volta che la salutiamo nell'Ave Maria. Salutiamo la Sua pienezza di Grazia, perchè da essa deriva la parte di Grazia predestinataci; la salutiamo accompagnata dal Signore, perchè in quell'accompagnamento vi è anche la parte di vicinanza con Dio che ci tocca; la invitiamo a rallegrarsi, perchè nella Sua gioia vi è la causa della nostra.

La seconda parte dell'Ave Maria è composta dalle parole di Santa Elisabetta, nella sua eulogia acclamante: Benedetta Tu fra le donne e benedetto il frutto del Tuo seno. Esse nella preghiera divengono Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del Tuo seno Gesù.

Elisabetta le pronuncia sotto l'impulso dello Spirito Santo, Che arriva in Lei udendo le parole di Maria, come nell'AT arrivava udendo le parole di Dio. Benedetta Tu fra le donne indica una benedizione totale, piena, assoluta, unica fra le donne appunto; Benedetto il frutto del Tuo seno Gesù indica che ciò che Maria è tra le donne, Cristo lo è tra tutti gli esseri umani e tutte le creature. Si crea così una equiparazione, un'equazione: Maria è benedetta tra le donne come Gesù lo è tra tutti e al di sopra di tutti; Ella è benedetta tanto quanto lo è il Figlio e in relazione subordinata a Lui. Ciò che in Cristo è sommamente presente in Maria lo è in modo da perfetta copia conforme. Lui Santo e Innocente, Lei Immacolata e Tutta Santa; Lui casto Lei Sempre Vergine; Lui Figlio di Dio e Lei Sua Madre; Lui Redentore e Lei Corredentrice; Lui Risorto e Lei Assunta; Lui Re e Lei Regina; Lui Mediatore e Lei Mediatrice. Le parole di Elisabetta sono un climax: Maria è benedetta fra le donne e Gesù lo è in assoluto; la cugina della Vergine saluta Maria come Madre del Signore e si reputa indegna della sua visita; pone nella Fede la ragione della beatitudine di Maria. Ed è quello che noi diciamo a Maria salutandola Benedetta e salutando in Lei quel Figlio Benedetto Che siede su di Lei come su di un Trono e da cui è ogni nostra speranza.

La terza parte è quella che, tra le tante clausole inserite per secoli dopo le prime due, divenne quella definitiva.

Santa Maria è l'appellativo sobrio e icastico che saluta la perfezione virtuosa, di carità e innocenza, della Nostra Signora.

Madre di Dio è la dignità altissima, reale, a cui è stata chiamata, e in vista della quale è stata ed è Santa, Piena di Grazia, Benedetta. Per essa il Signore è con Lei in modo assolutamente differente da quanto lo è con chiunque.

Prega per noi peccatori è la supplica umile e totale con cui chiediamo sempre e comunque la sua intercessione per noi che, concepiti nella colpa e sopraffatti dalle miserie, cerchiamo nella Sua pietà e misericordia l'aiuto di cui necessitiamo, quali figli, sebbene ingrati e indegni.

Adesso indica l'inquietudine e la fugacità della vita presente, le cui tutte ambasce noi mettiamo nelle sue mani.

Nell'ora della nostra morte è il momento supremo della nostra esistenza, quando tutto ciò che Maria e Cristo hanno fatto per noi deve arrivare a compimento, per cui nella Sua maternità troviamo motivo di fiducia maggiore di quanto ne abbiamo in noi stessi.

Amen è l'atto di fiducia che traduce nella nostra vita ciò che è fiorito sulle nostre labbra, come concretizzazione della nostra Fede e della nostra Speranza.

STORIA DELL'AVE MARIA

L'Ave Maria confonde la sua preistoria con quella del Rosario (1). L'uso devozionale delle prime due parti dell'Ave risale addirittura al IV sec., in Oriente, e dal VI sec. lo troviamo anche in Occidente. L'uso penitenziale di recitare tutto il salterio a scopo penitenziale viene, tra l'VIII e il X sec., commutato, specie per gli analfabeti, in quello della recita di 150 Pater, validi anche per sopperire a penitenze fisiche. Di commutazione in commutazione, si arrivò alla recita di 150 Ave, o salterio mariano. Sostenuta dalla predicazione dei monaci irlandesi, la pia pratica superò l'anno mille, dopo il quale divenne fenomeno di massa. Nel XII sec. era una preghiera assai comune, nel XIII san Domenico di Guzman (1170-1221) iniziò a predicarla, con un gesto che l'ordine dei Predicatori considerò un esempio da imitare, e che creò la particolare sinergia tra i domenicani e il Rosario.

Non a caso avvenne l'apparizione della Vergine allo stesso Domenico di Guzman, in cui questi ricevette il precetto di predicare il salterio mariano; non a caso lo si diffuse in mezzo alle regioni abitate da eretici, come strumento di ricattolicizzazione, impresa in cui i Predicatori erano immersi fino al collo; non a caso i maggiori innovatori della pratica furono spesso domenicani. La divisione in quindici decine fu di Enrico di Kalkar (sec. XIV), e solo il beato Giovanni Paolo II (1978-2005) l'ha modificata, inserendone altre cinque nell'ottobre 2002, e segnando la definitiva separazione del rosario dal salterio, visto che le Ave ora sono più dei salmi. Fu invece il b.Alano de la Roche (1428-1475) a predicare il Rosario nel XV sec., disseminando nei suoi scritti quelle "promesse della Madonna ai devoti del suo rosario" che hanno costituito la consolazione di decine e decine di generazioni di fedeli.

In effetti, poche devozioni hanno avuto tanta rilevanza nella storia del costume come il Rosario: milioni di persone l'hanno recitato e lo recitano ogni giorno, o durante la settimana o il mese, e in genere nelle più svariate occasioni. Preghiera contemplativa per eccellenza, ha insegnato a milioni di persone una forma semplice ma soda di meditazione, e ha fatto da catechismo con la proposizione quasi visiva dei quadri misterici in successione. Su di esso inoltre si sono formate decine di altre corone devozionali, per duplicazione, e non solo mariane. Si tratta in effetti di un vero e proprio fenomeno sociologico mariano, capace di innestarsi in tutte le culture, e che anzi trova parecchi corrispettivi in altre religioni, come l'Islam e il buddismo, anch'essi coi loro rosari basati sull'ossessiva e cadenzata ripetizione di formule. Eppure il rosario non ha subito modificazioni di rilievo dal '400, quando anche l'Ave Maria ha assunto la sua forma definitiva, con l'aggiunta del "Sancta Maria" (1483): è una bella prova di vitalità plurisecolare.

Legate allo sforzo di sacralizzare il tempo nella successione dei suoi momenti, sono le fioriture di altre devozioni mariane legate all'Ave Maria, che scandiscono le giornate, le settimane, gli anni. Tra le prime a proporne ci fu s. Matilde di Hackeborne (1241-1299), che aveva insegnato a salutare la Vergine mattina e sera con tre Ave, per venerare i suoi legami con la SS. Trinità. Tale pratica, ricevuta in visione dalla santa, prometteva l'intercessione mariana in punto di morte. Ma di gran lunga più importante è quella dell'Angelus Domini, ancora oggi fiorente (2). Già dal 1197 i Concili provinciali invitano a recitare le Ave in certi momenti della giornata. Dal 1263 i Minori, guidati da San Bonaventura (1217/21-1274), nel loro Capitolo generale, iniziano a salutare la Vergine a compieta con più Ave: è una duplicazione mariologica dell'ufficio delle ore, e la scelta della sera come primo momento rivela un bisogno collettivo di protezione materna, da parte di adulti senza affetti privati, alle soglie della notte, che sempre fa paura all'uomo. Da quest'iniziativa, l'Angelus primordiale si diffonde in parrocchie e abbazie. La concessione dell'indulgenza a questa pia pratica da parte di Giovanni XXII (1316-1334), e la sua volontà di introdurla in Roma, attestano nel '300 la diffusione della devozione, sostenuta da vescovi e prelati.

In quanto poi all'Angelus mattutino, l'uso rimonta alla Congregazione cassinese (1285-1288) e si diffonde pienamente nel XIV sec. Puntualmente arrivò l'indulgenza, da Bonifacio IX (1389-1405). Nel XIV sec., l' Angelus mattutino si era generalizzato. Ibrido tra i due usi, nasce poi l'Angelus del mezzogiorno, per esplicita volontà di Callisto III (1455-1458), in preparazione della Crociata, con la bolla Cum his superioribus annis (1455). I Francesi, tutt'altro che favorevoli alla sconfitta dei Turchi, preferirono recitare la preghiera solo per la pace. Tale uso fu approvato e indulgenziato da Sisto IV (1471-1484), nel 1476. Fu invece Alessandro VI (1492-1503), nipote di Callisto, che nel 1500 rinnovò il precetto dello zio. Infine, Leone X (1513-1521), per la sua devozione mariana, estese il precetto dell'Angelus meridiano. Per cui, alle soglie dell'età moderna, l'Angelus si era definito.

Generalmente dopo il Rosario si recitano le Litanie della Beata Vergine. Del resto, sin dal V secolo, sono attestate invocazioni litaniche dei santi, che si allungano molto dall'VIII secolo, riservando alla Vergine alcune invocazioni. Diffuse dai monaci irlandesi, le Litanie ebbero, attorno al 1000, svariati formulari, o in prosa o in rima. Dal XII sec. fioriscono litanie mariane autonome, classificate in quattro tipi: veneziane, lauretane, deprecatorie, magontine. Le veneziane sono attestate dal XII sec., come del resto le lauretane. Queste ultime riecheggiano la liturgia, la teologia, gli omiliari carolingi e persino autori remoti come Venanzio Fortunato, o Efrem Siro. Le magontine sono coeve, ma hanno una struttura più composita, m quanto comprendono deprecazioni, versetti, orazioni, rime ternarie e altro ancora. Le deprecatorie sono legate invece ad una struttura, e non ad un luogo: si basano infatti sulla richiesta d'intercessione. A partire da un manoscritto magontino del XII sec., se ne conoscono parecchie versioni fino al XV sec. Diffuse da Ordini e Confraternite, che introducevano le proprie litanie spesso in alternative ad antifone, tropari e laudi, queste forme di preghiera mariana conobbero una pluralità di tipi che perdurò fino alla Controriforma, quando, per estinguere gli abusi e prevenirli, i grandi riformatori imposero le lauretane, il cui successo era legato alla fioritura del santuario marchigiano. Esse passarono a concludere la recita del Rosario, ricca di spunti poetici, specie nelle numerose clausole aggiunte alla salutazione angelica dopo il nome "Jesus".

ORATE SEMPER
Piccolo prontuario di preghiere cristiane

"La preghiera è il mio respiro"

(B. Giovanni XXIII)

BREVE ELENCO DI PREGHIERE DEL CRISTIANO

Il Segno della Croce apre e chiude le preghiere del cristiano, benedice le sue azioni, le sue cose, le persone, legando la Santissima Trinità al Sacrificio che Uno delle Sue Persone compì nella Carne. Esso, fatto con fede, è arma potente contro il demonio.

Nel Nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

In Nomine Patris et Filii et Spiritui Sancti. Amen.

En Onomati tou Patrou kai tou Uiou kai tou Pneumatos Aghiou. Amen.

Si fa con tre dita in Occidente per simboleggiare le Tre Persone Consustanziali, e con due in Oriente per indicare le Due Nature dell'unico Verbo.

Abbiamo già commentato il Pater Noster.

Pater noster Qui es in coelis, sanctificetur Nomen Tuum, adveniat regnum Tuum, fiat voluntas Tua sicut in coelo et in terra; panem nostrum quotidianum da nobis hodie, et dimitte nobis debita nostra sicut et nos dimittimus debitoribus nostris, et ne nos inducas in tentationem sed libera nos a malo. Amen.

Lo stesso abbiamo fatto con l'Ave Maria.

Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum. Tu es benedicta in mulieribus et benedictus fructus ventris Tui Iesus. Sancta Maria Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen.

Il Gloria Patri o Dossologia minore è la benedizione alla Santissima Trinità che conclude i Salmi nella Liturgia delle Ore, e che può essere adoperata sempre per tale scopo.

Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Com'era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Per onorare l'Angelo Custode si recita solitamente l'Angelo di Dio:

Angele Dei qui es custos mei, illumina, custodi, rege et guberna, me tibi tradito a Pietate Superna. Amen.

Angelo di Dio che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla Pietà Celeste. Amen.

La sua forma moderna è

Angelo di Dio che sei il mio custode, illumina e proteggi la mia vita, guida i miei passi verso il Signore.

Per suffragare i defunti si recita il Requiem Aeternam o Eterno Riposo.

Requiem aeternam dona eis Domine, et lux perpetua luceat eis. Requiescant in pace. Amen.

L'eterno riposo dona loro o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen.

Per salutare la Beata Vergine Regina dell'Universo si recita o canta la Salve Regina.

Salve Regina, Mater Misericordiae. Vita, dulcedo et spes nostra salve. Ad Te clamamus exules filii Evae, ad Te suspiramus gementes et flentes in hac lacrymarum valle. Eja ergo Advocata nostra, illos Tuos misericordes oculos ad nos converte, et Iesum, fructum ventris Tui, nobis post hoc exilium ostende. O clemens o pia o dulcis Virgo Maria.

Salve Regina, Madre di Misericordia. Vita, dolcezza, speranza nostra salve. A Te ricorriamo noi esuli figli di Eva, a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù dunque Avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi Tuoi misericordiosi, e mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del Tuo seno. O clemente o pia o dolce Vergine Maria.

La più antica preghiera mariana è il Sub tuum praesidium:

Sotto la Tua protezione troviamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

Professiamo la nostra fede con il Credo o Simbolo degli Apostoli.

Io credo in Dio Padre Onnipotente, Creatore del Cielo e della Terra. Ed in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore, il Quale fu concepito di Spirito Santo (si fa un inchino mentre si recita), nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì, fu sepolto, discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte, salì al Cielo, siede alla destra di Dio Padre Onnipotente e di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo. Nella Santa Chiesa Cattolica. Nella Comunione dei Santi. Nella vita eterna. Amen.

Compiamo atti di ciascuna virtù corrispettiva recitando le seguenti preghiere:

Atto di dolore (forma nuova). Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perchè peccando ho meritato i Tuoi castighi e molto più perchè ho offeso Te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col Tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore, misericordia, perdonami.

Atto di dolore (forma vecchia). Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, li odio e li detesto quale offesa della Vostra maestà infinita, cagione della Morte del Vostro Figlio Divino Gesù e mia spirituale rovina. Non voglio più commetterne per l'avvenire. Propongo di fuggirne le occasioni. Signore, misericordia, perdonami.

Atto di riparazione. Eterno Padre, per le mani di Maria SS. Addolorata ti offro il Sacro Cuore di Gesù con tutto il Suo amore, con tutte le Sue sofferenze e con tutti i Suoi meriti, per espiare tutti i peccati commessi oggi e durante la mia vita passata, per purificare il bene mal fatto oggi e durante la mia vita passata, per supplire al bene trascurato di fare oggi e durante la mia vita passata. Si recitano poi tre Gloria.

Atto di fede. Mio Dio, perchè sei Verità Infallibile, credo fermamente tutto quello che Tu ci hai rivelato e che la Santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in Te, unico vero Dio, in Tre Persone uguali e distinte. E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnato e morto per noi, il Quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Signore, aumenta la mia fede. Amen.

Atto di speranza. Mio Dio, spero dalla Tua bontà, per le Tue promesse e per i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere che io debbo e voglio fare. Amen.

Atto di carità. Mio Dio, Ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, perchè sei bene infinito e nostra eterna felicità. E per amor Tuo amo il mio prossimo come me stesso e perdono le offese ricevute. Signore, che io Ti ami sempre più. Amen.

Al mattino, possiamo salutare Dio con la Preghiera del Mattino.

Ti adoro mio Dio e Ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte. Ti offro le azioni della giornata: fa' che siano tutte secondo la Tua santa volontà e per la maggior Tua gloria. Preservami dal peccato e da ogni male. La Tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen.

Alla sera, possiamo salutare Dio con la Preghiera della Sera.

Ti adoro mio Dio e Ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questo giorno. Perdonami il male oggi commesso e se qualche bene ho compiuto, accettalo. Custodiscimi nel riposo e liberami dai pericoli. La Tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen.

Al mattino, possiamo offrire al Sacro Cuore di Gesù la nostra giornata con l'Offerta dell'Apostolato della Preghiera.

Cuore di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, Madre della Chiesa, in unione al Sacrificio Eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioe e le sofferenze di questo giorno, in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo e a gloria del Divin Padre. In particolare Te l'offro ... (si possono formulare le intenzioni particolari dell'Apostolato della Preghiera, date dal Papa, dai Vescovi, la mariana e la missionaria, e le proprie).

Allo Spirito Santo possiamo rivolgerci dicendo:

Spirito Santo, anima della mia anima, io Ti adoro; illuminami, guidami, fortificami, consolami, insegnami ciò che devo fare, dammi i Tuoi ordini. Ti prometto di accettare tutto ciò che Tu desideri da me e di sottomettermi a tutto ciò che desidererai mi accada. Fammi solo conoscere la Tua volontà. Amen.

Possiamo implorare la buona morte pregando:

Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia.

Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nell'ultima agonia.

Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con Voi l'anima mia.

A Gesù Crocifisso si può recitare la Preghiera a Lui dedicata:

Eccomi, o mio amato e buon Gesù, che alla santissima Tua presenza prostrato Ti prego col fervore più vivo di stampare nel mio cuore sentimenti di fede, di speranza, di carità, di dolore dei miei peccati e di proponimento di non più offenderti, mentre io, con tutto l'amore e tutta la compassione, vado considerando le Tue Cinque Piaghe, cominciando da ciò che disse di Te, o Gesù mio, il santo profeta David: Hanno trapassato le Mie mani e i Miei piedi, hanno contato tutte le Mie ossa. Amen. Si recitano poi un Pater, Ave, Gloria.

A Gesù, anche dopo la Comunione, si può recitare l'Anima Christi:

Anima di Cristo, santificami. Corpo di Cristo, salvami. Sangue di Cristo, inebriami. Acqua del Costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, confortami. O Buon Gesù, esaudiscimi. Dentro le Tue Piaghe nascondimi. Dal maligno nemico difendimi. Non permettere che io mi separi mai da Te. Nell'ora della mia morte chiamami. Fa' che io venga a Te a lodarTi coi Tuoi Angeli e Santi nei secoli dei secoli. Amen.

Buona e santa la pratica della Comunione spirituale:

Vieni vieni Gesù mio nel possesso del mio cuore, tutto infiammalo d'amore onde viva sol per Te. Come giunto a me Ti stringo, o Celeste mio Tesoro, or cogli Angeli Ti adoro e Ti voglio sempre in me.

E' bene recitare questa Preghiera a San Michele Arcangelo, come esorcismo mattina e sera.

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia. Sii tu il nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo. Che Dio eserciti il Suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli. E tu, Principe della Milizia Celeste, con la potenza divina, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni, i quali errano nel mondo per perdere le anime. Amen.

Infine, con questa preghiera invochiamo San Giuseppe:

San Giuseppe, Padre putativo di Gesù e vero Sposo di Maria, pregate per noi e per gli agonizzanti di questo giorno.

Oppure utilizzando l'orazione A Te o Beato Giuseppe:

A Te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa. Per quel sacro vincolo di carità, che Ti strinse all'Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, e per l'amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, Te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo Sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.

Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l'eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l'eterna beatitudine in cielo. Amen.

In riparazione delle bestemmie si possono recitare le seguenti invocazioni:

Dio sia benedetto. Benedetto il Suo Santo Nome. Benedetto Gesù Cristo, Vero Dio e Vero Uomo. Benedetto il Nome di Gesù. Benedetto il Suo Sacratissimo Cuore. Benedetto il Suo Preziosissimo Sangue. Benedetto Gesù nel Santissimo Sacramento dell'Altare. Benedetto lo Spirito Santo Paraclito. Benedetta la Gran Madre di Dio, Maria Santissima. Benedetta la Sua Santa e Immacolata Concezione. Benedetta la Sua gloriosa Assunzione. Benedetto il Nome di Maria, Vergine e Madre. Benedetto San Giuseppe Suo castissimo Sposo. Benedetto Dio nei Suoi Angeli e nei Suoi Santi.

Da essa si possono trarre pie giaculatorie, da recitare nella giornata. Oppure sceglierne altre. Alcune sono:

Gesù, Maria, Vi amo! Salvate le anime ! Essa ogni volta ripara per mille bestemmie e ottiene la salvezza di un'anima. E poi ancora: Gesù mio misericordia; Gesù mite e umile di cuore fa' il cuor mio simile al Tuo; Misericordia di Dio confido in Te; Santo Bambino Gesù benedicimi; Sacro Cuore di Gesù confido e spero in Te; Dolce Cuor del mio Gesù fa' che io T'ami sempre più, Dolce Cuore di Maria siate la salvezza dell'anima mia; Sia sempre benedetto e ringraziato Gesù che col Suo Sangue ci ha salvato; Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento; Eterno Padre Ti offro le Piaghe di Nostro Signore Gesù Cristo per guarire quelle delle anime nostre: Gesù mio perdono e misericordia per i meriti delle Tue Sante Piaghe; O Maria concepita senza peccato pregate per noi che ricorriamo a Voi; ecc.

Quando ci rechiamo in chiesa, salutiamo il Santissimo Sacramento con la Visita al Santissimo Sacramento, e la Vergine con la Visita a Maria Santissima. Si possono rintracciare nei libri di devozione.

Il venerdì, specie di Quaresima, si può recitare la Via Crucis (3).

SCHEMA DELLA LITURGIA DELLE ORE

Atto liturgico, la Liturgia delle Ore è ormai parte della pietà di tanti fedeli. Ne dò quindi una sommaria descrizione. Anzitutto va detto che l'antico Breviario ha un ciclo ordinario e uno proprio dei vari tempi liturgici. Il ciclo ordinario consta di quattro settimane, che inizia sempre con la Prima domenica di Avvento, con la Prima settimana del Tempo Ordinario, con la Prima domenica di Quaresima e con la Pasqua. Ogni volta si tralasciano le settimane non completate e si comincia da capo. Le orazioni che si recitano sono sempre tratte dal Proprio del Tempo.

L'Invitatorio si recita all'inizio della Liturgia delle Ore, premettendolo o alle Lodi o all'Ufficio delle Letture, se si inizia con l'una o con l'altro. Consta di un responsorio e del Salmo XCIV, con un'antifona, all'occorrenza sostituito dai Salmi XCIX, LXVI o XXIII.

Le Lodi mattutine, che corrispondono all'ora solare dell'alba, hanno un rito di introduzione con un responsorio e un Gloria. Segue l'inno, dal comune o dal proprio in base alle indicazioni; indi la salmodia, formata da un salmo, da un cantico del VT e da un salmo di lode, con le rispettive antifone, prese dal comune o dal proprio secondo indicazione. Poi si legge la Lettura breve, scelta sempre dall'uno o dall'altro secondo norma. Essa può essere lunga, e seguita da omelia, nella celebrazione comunitaria. Segue il responsorio breve e il Benedictus con l'antifona, generalmente del proprio. Poi si recitano le invocazioni di intercessione seguite dal Pater. Infine vi è l'orazione conclusiva e il rito di congedo, diverso a seconda se la celebrazione è comunitaria o privata, e se presieduta da un presbitero, un diacono o da un laico.

L'Ora media è terza, sesta e nona, se celebrata rispettivamente dalle nove alle dodici, dalle dodici alle quindici, dalle quindici alle diciotto. Si può scegliere una di esse. Esse hanno un medesimo rito di introduzione, simile a quello delle Lodi; un inno per ognuna, da scegliere tra proprio e comune secondo norma; la salmodia, che è di tre salmi e si divide in ordinaria – unica - e complementare – in tre forme- scegliendosi la prima per una delle tre Ore e le rispettive forme delle altre per le rimanenti. Segue la lettura breve con un responsorio per ognuna delle Ore medie. Si conclude con l'orazione conclusiva e il rito di congedo, diverso nella forma comunitaria e in quella privata.

I Vespri si recitano al tramonto. Consta di un rito di introduzione simile a quello delle Lodi, di un inno scelto come al mattino, di una salmodia composta da due salmi e un cantico del NT con le rispettive antifone scelte anch'esse come le Lodi, da una lettura breve scelta dal proprio o dal comune, che può essere lunga e seguita da omelia nella celebrazione comunitaria, il responsorio breve, il Magnificat con la sua antifona, generalmente dal proprio, le intercessioni con il Pater, l'orazione conclusiva e il rito di congedo, diverso alla stessa maniera delle Lodi. La domenica si recitano due vespri: i Primi, il sabato pomeriggio; i Secondi, la domenica pomeriggio. Così anche nelle solennità.

La Compieta si recita sul ciglio del letto. Ha un rito introduttivo simile a quello delle altre ore; segue un esame di coscienza; indi l'inno; la salmodia con uno o due salmi secondo uno schema settimanale; la lettura breve, anch'essa giornaliera; il responsorio breve; il Nunc dimittis con l'antifona della Compieta; l'orazione, che è diversa per tutti i giorni della settimana; la benedizione; una antifona mariana a scelta.

L'Ufficio delle Letture può farsi in qualsiasi momento del giorno. Consta di un rito introduttivo; un inno dal proprio o dal comune, diverso anche se recitato al mattino o alla sera; una salmodia di uno o più salmi, dal comune o dal proprio, con le antifone; una lettura biblica, di solito continuata da un libro della Bibbia per tutti i giorni necessari; una lettura patristica, ecclesiastica o agiografica per le feste dei Santi, fatta a scelta; un cantico evangelico e brani del Vangelo, generalmente sulla Resurrezione, solo nelle vigilie delle feste e delle domeniche; il Te Deum nelle domeniche e solennità; l'orazione finale.


1. Esso si recita con un Pater, dieci Ave e un Gloria per ognuno dei venti misteri, seguito sempre dalla Preghiera rivelata dall'Angelo ai Beati Pastorelli di Fatima nelle visioni avvenute nel 1917. I misteri sono divisi in quattro gruppi di cinque ciascuno: i gaudiosi, i luminosi, i dolorosi, i gloriosi. I gaudiosi (Annunciazione dell'Angelo a Maria, Visitazione della Beata Vergine, Nascita di Gesù, Presentazione del Signore, Ritrovamento di Gesù nel Tempio) si recitano il lunedi e il sabato; i luminosi (Battesimo del Signore, Nozze di Cana, Predicazione di Gesù, Trasfigurazione del Signore, Ultima Cena) il giovedi; i dolorosi (Agonia di Gesù nel Gethsemani, Flagellazione di Gesù alla Colonna, Coronazione di Spine di Gesù, Viaggio al Calvario di Gesù caricato della Croce, Crocifissione e Morte di Gesù) il martedi e il venerdi; i gloriosi (Resurrezione di Gesù, Ascensione di Gesù, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione della Vergine al Cielo, Incoronazione della Vergine e Gloria degli Angeli e dei Santi) il mercoledi e la domenica. Essi possono essere recitati tutti insieme, magari il primo sabato del mese. Offrono una contemplazione continuata di tutto il mistero della Vita di Cristo e di Maria. Al Rosario seguono le Litanie lauretane e, per lucrare le Indulgenze, la preghiera per le intenzioni del Papa.

2. Si tratta di tre responsori intervallati da altrettante Ave, seguite da una orazione finale, da un Gloria e da tre Requiem. Nel Tempo di Pasqua è sostituito dal Regina Coeli, che prende le mosse dall'apparizione dell'Arcangelo Michele a san Gregorio Magno (590-604).

3. Nella forma classica prevede Quindici Stazioni, introdotte dall'enunciazione del titolo, seguita da un responsorio, eventualmente da una lettura biblica, certamente da una meditazione, indi conclusa all'occorrenza con un Pater Ave e Gloria, di certo con una strofa di canto penitenziale all'Addolorata e se è il caso con una dello Stabat. Segue alla fine un Pater Ave e Gloria per le Indulgenze, secondo le intenzioni del Papa. Le Stazioni sono: Gesù condannato a morte, caricato della Croce, che cade la prima volta, che incontra Sua Madre, aiutato dal Cireneo, asciugato dalla Veronica, che cade la seconda volta, che incontra le Pie Donne, che cade la terza volta, inchiodato sulla Croce, che muore sulla Croce, deposto dalla Croce, deposto nel Sepolcro, che resuscita dai Morti.


Theorèin - Novembre 2012